Pertanto, tali norme non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione.
L’Adunanza Plenaria, inoltre, statuisce che anche laddove siano intervenuti atti di proroga delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative rilasciati dalla Pubblica Amministrazione deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo ai concessionari, in quanto non vengono al riguardo in rilievo i poteri di autotutela decisoria della P.A. poichè l’effetto di cui si discute è direttamente disposto dalla legge, che ha legificato i provvedimenti di concessione prorogandone i termini di durata.
Dalla disapplicazione della legge provvedimento consegue che gli effetti da essa prodotti sulle concessioni già rilasciate debbano parimenti ritenersi tamquam non esset, senza che rilevi la presenza o meno di un atto dichiarativo dell’effetto legale di proroga adottato dalla P.A. o l’esistenza di un giudicato.
Infine, l’Adunanza Plenaria dispone che al fine di evitare il significativo impatto socioeconomico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative in essere, e per consentire alle Amministrazioni di proseguire con le procedure di gara, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023.
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La rimessione all’Adunanza Plenaria
La pronuncia consegue alla rimessione del Consiglio di Stato, decreto 24 maggio 2021, n. 160 sulla soluzione di diversi quesiti interpretativi connessi alla proroga della durata delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative. In particolare, visto il complesso contesto applicativo delle norme in materia di concessioni demaniali marittime ed alla luce dei principi europei oramai granitici sulla necessità della gara e delle contrapposte disposizioni nazionali, sono rimesse all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le seguenti questioni:
1) se sia doverosa, o no, la disapplicazione, da parte della Repubblica Italiana, delle leggi statali (art. 1, comma 683, l. n. 145 del 2018) o regionali che prevedano proroghe automatiche e generalizzate delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative; in particolare, se, per l’apparato amministrativo e per i funzionari dello Stato membro sussista, o no, l’obbligo di disapplicare la norma nazionale confliggente col diritto dell’Unione europea e se detto obbligo, qualora sussistente, si estenda a tutte le articolazioni dello Stato membro, compresi gli enti territoriali, gli enti pubblici in genere e i soggetti ad essi equiparati, nonché se, nel caso di direttiva self-excuting, l’attività interpretativa prodromica al rilievo del conflitto e all’accertamento dell’efficacia della fonte sia riservata unicamente agli organi della giurisdizione nazionale o spetti anche agli organi di amministrazione attiva;
2) nel caso di risposta affermativa al precedente quesito, se, in adempimento del predetto obbligo disapplicativo, l’amministrazione dello Stato membro sia tenuta all’annullamento d’ufficio del provvedimento emanato in contrasto con la normativa dell’Unione europea o, comunque, al suo riesame ai sensi e per gli effetti dell’art. 21-octies, l. n. 241 del 1990 e s.m.i., nonché se, e in quali casi, la circostanza che sul provvedimento sia intervenuto un giudicato favorevole costituisca ostacolo all’annullamento d’ufficio;
3) se, con riferimento alla moratoria introdotta dall’art. 182, comma 2, d.l. 19 maggio 2020, n. 34, come modificato dalla legge di conversione 17 luglio 2020, n. 77, qualora la predetta moratoria non risulti inapplicabile per contrasto col diritto dell’Unione europea, debbano intendersi quali “aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” anche le aree soggette a concessione scaduta al momento dell’entrata in vigore della moratoria, ma il cui termine rientri nel disposto dell’art. 1, commi 682 e seguenti, l. 30 dicembre 2018, n. 145.
La necessità di esperire le procedure ad evidenza Pubblica
La nota sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 2016 (in cause riunite C-458/14, Promoimpresa S.r.l., e C-67/15, Mario Melis e altri) ha chiarito la corretta interpretazione in tema di rilascio delle concessioni demaniali marittime alla luce delle Direttive europee, formulando il granitico principio in conformità del quale L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.
La Corte di giustizia chiamata a pronunciarsi sulla portata dell’art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. Direttiva Bolkestein o Direttiva servizi), ha affermato che le concessioni demaniali marittime a uso turistico-ricreativo rientrano in linea di principio nel campo di applicazione della direttiva, restando rimessa al giudice nazionale la valutazione circa la natura “scarsa” o meno della risorsa naturale attribuita in concessione.
Le spiagge sono beni naturali il cui numero è ontologicamente limitato in ragione della scarsità delle risorse naturali (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 febbraio 2021, n. 1416). Le concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali la spiaggia è infatti un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione.
L’incompatibilità della moratoria emergenziale con il diritto dell’Unione Europea
L’Adunanza Plenaria statuisce che anche la moratoria emergenziale prevista dall’art. 182, comma 2, d.l. 34 del 2020 presenta profili di incompatibilità comunitaria. Non vi è quindi alcuna ragionevole connessione tra la proroga delle concessioni e le conseguenze economiche derivanti dalla pandemia.
L’obbligo di non applicare la legge anticomunitaria in capo alla Pubblica Amministrazione
L’Adunanza Plenaria statuisce, inoltre, che l’obbligo di non applicare la legge anticomunitaria gravi, oltre che in capo al giudice, in capo all’apparato amministrativo, anche nei casi in cui il contrasto riguardi una direttiva self-executing. Ipotizzare in maniera diversa, significherebbe autorizzare la Pubblica Amministrazione ad adottare atti amministrativi illegittimi per violazione del diritto dell’Unione, destinati ad essere annullati in sede giurisdizionale, con grave compromissione del principio di legalità, oltre che di elementari esigenze di certezza del diritto.
Autotutela e giudicato
L’Adunanza plenaria ritiene che l’atto di proroga sia un atto meramente ricognitivo di un effetto prodotto automaticamente dalla legge e quindi alla stessa direttamente riconducibile (cfr. Consiglio di Stato, Sezione VI, 18 novembre 2019, n.7874). La proroga del termine avviene, quindi, automaticamente, in via generalizzata dalla legge, senza l’intermediazione di alcun potere amministrativo. Si tratta, in pertanto, di una legge-provvedimento che non dispone in via generale e astratta, ma, intervenendo su un numero delimitato di situazioni concrete, recepisce e “legifica”, prorogandone il termine, le concessioni demaniali già rilasciate.
Seguendo questa impostazione, ne discende, allora, che l’effetto della proroga deve considerarsi tamquam non esset, come se non si fosse mai prodotto. Per tale motivo l’Amministrazione non esercita alcun potere di autotutela se l’atto adottato dall’amministrazione svolge la sola funzione ricognitiva, mentre l’effetto autoritativo è prodotto direttamente dalla legge, la non applicabilità di quest’ultima impedisce il prodursi dell’effetto autoritativo della proroga.
Analoghe considerazioni valgono anche nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole al concessionario demaniale.
In conclusione, pertanto, l’incompatibilità comunitaria della legge nazionale che ha disposto la proroga ex lege delle concessioni demaniali produce come effetto, anche nei casi in cui siano stati adottati formali atti di proroga e nei casi in cui sia intervenuto un giudicato favorevole, il venir meno degli effetti della concessione, in conseguenza della non applicazione della disciplina interna.
La graduazione degli effetti della pronuncia
A causa dell’incertezza normativa, che sarebbe aggravata nel caso di immediata cessazione di tutti i rapporti concessori in atto, l’Adunanza Plenaria, applicando principi analoghi a quelli già espressi nella sentenza n. 13 del 2017, ritiene che sussistano i presupposti per modulare gli effetti temporali della propria decisione.
Nel caso di specie, la graduazione degli effetti è resa necessaria dalla constatazione che la regola in base alla quale le concessioni balneari debbono essere affidate in seguito a procedura pubblica e imparziale richiede di prevedere un intervallo di tempo necessario per svolgere la competizione, nell’ambito del quale i rapporti concessori continueranno a essere regolati dalla concessione già rilasciata.
L’Adunanza Plenaria auspica, inoltre, che l’organo legislativo emani una normativa che possa riordinare la materia e disciplinare in conformità con l’ordinamento comunitario il sistema di rilascio delle concessioni demaniali.
Pertanto, l’Adunanza plenaria, consapevole della portata nomofilattica della decisione, della necessità di assicurare alle amministrazioni un ragionevole lasso di tempo per intraprendere sin d’ora le operazioni funzionali all’indizione di procedure di gara, nonché degli effetti ad ampio spettro che inevitabilmente deriveranno su una moltitudine di rapporti concessori, ritiene che l’intervallo temporale per l’operatività degli effetti della presente decisione possa essere congruamente individuato al 31 dicembre 2023.
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