L’affidamento diretto del decreto semplificazioni: una risorsa per i comuni in tempo di crisi

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Emergenza incassi

L’emergenza epidemiologica non ancora superata ha provocato una crisi economica che ha colpito trasversalmente privati cittadini, imprese ed enti pubblici.

Tra questi ultimi, i Comuni sono quelli che si ritrovano dinnanzi ad una carenza di risorse pressochè paralizzante per il loro funzionamento.

Considerando la situazione economica non rosea che caratterizzava molti enti locali già prima della diffusione del Covid-19, ad oggi il quadro si rivela particolarmente complicato: il susseguirsi della decretazione d’urgenza degli ultimi mesi ha rallentato o sospeso, in una babele normativa a cui ancora oggi si fatica a dare un senso, i versamenti da parte dei contribuenti nonché le vere e proprie attività di accertamento e di riscossione coattiva.

Il panorama sopra illustrato ha portato a casse comunali contenenti importi sempre più esigui, motivo per cui diventa essenziale il recupero di risorse economiche.

La gestione delle attività di accertamento e riscossione

Attualmente i Comuni possono gestire le attività di accertamento e riscossione in tre diverse modalità: amministrare internamente i servizi, affidarli all’Agente nazionale della riscossione (Ader) oppure ai soggetti iscritti all’Albo di cui all’articolo 53 del D.Lgs. 446/1997, conosciuti come concessionari della riscossione. Negli ultimi anni sempre più Comuni hanno optato proprio per questa ultima soluzione, ricorrendo a seconda dei casi all’affidamento diretto (per importi inferiori a 40.000 euro) o individuando il concessionario grazie all’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica.

In questo momento storico, però, in cui la tempestività nel recupero di risorse diviene di vitale importanza, bandire e gestire tutte le fasi di una gara d’appalto rappresenta una strada sicuramente non celere da intraprendere, oltre che dispendiosa. L’affidamento diretto rappresenta indubbiamente una soluzione più agevole, ma talvolta gli importi da affidare in accertamento o in riscossione non sono tali da poter procedere in tal senso, visto che per legge questo istituto deve essere inferiore alla soglia di 40.000 euro, come sopra anticipato.

Ma il Decreto Semplificazioni appena entrato in vigore, come si illustrerà a breve, ha sparigliato le carte con le disposizioni introdotte dall’articolo 1.

 

L’affidamento diretto nel Decreto Semplificazioni

In data 17.07.2020 è entrato in vigore il D.L. 76/2020 (cd. Semplificazioni), che ha sancito, all’articolo 1, rilevanti novità in materia di contratti pubblici sotto soglia comunitaria. In questa sede analizzeremo esclusivamente le modifiche apportate alla disciplina dell’affidamento diretto, istituto regolamentato dal 2016 dall’articolo 36, comma 2, lettera a) del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016).

L’articolo 1 del Decreto Semplificazioni, al primo comma, chiarisce fin da subito le motivazioni che hanno portato ad una revisione del meccanismo di aggiudicazione dei contratti sotto soglia, specificando poi che la durata della norma è limitata nel tempo: “Al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del COVID-19, in deroga agli articoli 36, comma 2, e 157, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50, recante Codice dei contratti pubblici, si applicano le procedure di affidamento di cui ai commi 2, 3 e 4, qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 31 luglio 2021.”.

Il Decreto interviene quindi in materia di contratti pubblici, per far fronte all’emergenza economica in corso, con una norma applicabile fino al 31.07.2021 (di fatto, l’efficacia nel tempo è di poco più di un anno).

La disposizione prevede poi al secondo comma che “Fermo quanto previsto dagli articoli 37 e 38 del decreto legislativo n. 50 del 2016, le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture, nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di importo inferiore alle soglie di cui all’articolo 35 del decreto legislativo n. 50 del 2016 secondo le seguenti modalità: a) affidamento diretto per lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 150.000 euro e, comunque, per servizi e forniture nei limiti delle soglie di cui al citato articolo 35;”: l’affidamento diretto, storicamente applicabile per importi inferiori a 40.000 euro, vede quindi temporaneamente innalzata la sua soglia fino ad importi inferiori a 150.000 euro (quasi quadruplicata). L’unica eccezione sembrerebbe rappresentata dagli “appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell’allegato III” (articolo 35, comma 1, lettera b, del Codice dei contratti pubblici): questa tipologia di appalti, infatti, è l’unica tra quelle elencate dall’articolo 35 a recare una soglia inferiore a 150.000 euro, ed è questo il solo caso che pare conciliarsi con l’inciso conclusivo (e non felicissimo, nella sua formulazione) della sopra riportata lettera a (“e, comunque, per servizi e forniture nei limiti delle soglie di cui al citato articolo 35”).

La portata della norma è notevole, soprattutto se si considera la stessa in relazione agli appalti di servizi concernenti le attività di accertamento e riscossione, visto che i volumi delle liste di carico che potranno essere affidati ad un concessionario esterno, se il Comune opterà per questa soluzione, aumenteranno esponenzialmente.

Tempistiche di aggiudicazione, responsabilità del RUP e dell’operatore economico

Un ulteriore aspetto da mettere in luce è quello relativo alle tempistiche di aggiudicazione previste dal Decreto. La disposizione si apre sancendo che “In tali casi” (vale a dire quelli disciplinati dai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 1, tra i quali rientra anche l’innalzamento temporaneo della soglia dell’affidamento diretto) “salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, l’aggiudicazione o l’individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di due mesi dalla data di adozione dell’atto di avvio del procedimento, aumentati a quattro mesi nei casi di cui al comma 2, lettera b)” (vale a dire i casi di procedura negoziata senza bando). La norma prosegue con un’importante ammonizione: “Il mancato rispetto dei termini di cui al secondo periodo, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell’esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all’operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell’operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto”.

Le disposizioni sopra riportate, di fatto, prevedono tempistiche di aggiudicazione o di individuazione definitiva del contraente molto ristrette, e ciò si spiega facilmente in relazione ad uno degli obiettivi primari dell’articolo 1, che è pur sempre quello di incentivare e velocizzare le procedure sotto soglia per far fronte ad un’emergenza economica che ha determinato una fase di stallo negli appalti pubblici.

Il Decreto, per il mancato rispetto delle tempistiche in discorso, prevede importanti risvolti in termini di responsabilità sia per la stazione appaltante che per l’operatore economico: nel primo caso, infatti, può essere valutata la responsabilità del RUP per danno erariale, mentre l’operatore economico rischia l’esclusione dalla procedura o, conseguenza ben più grave, un’immediata risoluzione del contratto per inadempimento. Il legislatore fornisce quindi a stazione appaltanti ed operatori economici importanti strumenti per incentivare i contratti pubblici sotto soglia, ma d’altro canto richiede ad entrambi i soggetti un attento rispetto delle tempistiche.

L’affidamento diretto come risorsa in tempi di crisi

L’evidente volontà del Governo è quella di dare la possibilità alle stazioni appaltanti (e quindi anche ai Comuni) di velocizzare gli affidamenti senza dover necessariamente ricorrere a percorsi di gara spesso labirintici e dall’imprevedibile durata, proprio in considerazione dell’emergenza economica di cui si scriveva in apertura. Ciò appare confermato anche dalla durata della norma, limitata fino alla data del 31.07.2021. Calando le disposizioni in discorso nel mondo dell’accertamento e della riscossione, l’innalzamento dell’affidamento diretto a 150.000 euro assume un significato ancora più importante, visto che il Comune ha la possibilità di ricorrere ad una procedura semplificata per esternalizzare servizi dall’immediato impatto sulle casse comunali. Effettuare un affidamento celere si traduce in una tempestiva esecuzione delle attività di accertamento e di riscossione, che naturalmente porta a sua volta al conseguimento di incassi che diventano di vitale importanza per l’Ente.

Anche se trattasi di considerazione lapalissiana, è bene ricordare che anche al netto delle novità normative sopra illustrate non viene meno l’obbligo del Comune di motivare la sua decisione nella determinazione di affidamento: trattandosi di un atto di natura amministrativa, la determina deve infatti indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno portato  alla decisione dell’amministrazione, secondo quanto stabilito dalla L. 241/1990.

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