I concorsi pubblici di natura selettiva
Il meccanismo del concorso pubblico selettivo è finalizzato a garantire uguali possibilità di accesso a determinate posizioni, attraverso una valutazione oggettiva della capacità di svolgere determinati attività e, dunque, su base esclusivamente meritocratica, evitando che la scelta sia influenzata da favoritismi di vario genere.
Pratiche di selezione simili sono state di recente introdotte nell’accesso ad alcune facoltà universitarie e scuole di alta formazione secondaria che, per caratteristiche proprie di formazione, ovvero per aspetti legati all’ambito lavorativo, richiedono una frequenza ridotta e il conseguente accesso, di anno in anno, a numero programmato.
L’ambito formativo e professionale che più di tutti, negli ultimi anni, è stato improntato a una logica selettiva è stato sicuramente quello medico. Esso, infatti, attualmente prevede tre differenti passaggi selettivi: il primo per accedere alla facoltà universitaria di medicina e odontoiatria ubicate su tutto il territorio nazionale; il secondo, post laurea, per accedere alle differenti Scuole di specializzazione di area sanitaria (di durata triennale), che permettono di assumere competenze concrete in uno specifico ambito medico; e il terzo (facoltativo) per prestare il proprio servizio all’interno del Servizio Sanitario Nazionale.
Tali test di selezione risultano essere molto stringenti e ogni anno sono soggetti a numerosi ricorsi da parte dei concorrenti che non superano la selezione, come si evince analizzando anche quanto accaduto nel corso del 2019[1].
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La sentenza del Consiglio di Stato, sezione III, del 29 ottobre 2019, n. 7410 e il differente orientamento della sezione VI
Proprio trattando il caso di sei dottori in medicina che avevano impugnato la graduatoria unica del concorso per l’ammissione al corso triennale di formazione in medicina generale per il triennio 2014/2017, la recente sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato[2] ha affermato che, nei concorsi a natura selettiva, qualora intervenga un provvedimento cautelare che permetta all’istante di frequentare corsi e sostenere esami in vista dell’acquisizione di un titolo o di un’abilitazione, l’affidamento nel percorso intrapreso viene meno dinnanzi al rigetto della pretesa giudiziale, anche qualora sia trascorso un lungo lasso di tempo, il percorso sia portato a compimento e il titolo conseguito. Va sottolineato che questa sentenza è intervenuta circa sei anni dopo la prima pronuncia cautelare, dopo che i ricorrenti avevano frequentato per intero il corso triennale, avevano preso parte attivamente alle attività didattiche, sostenuto con profitto gli esami e conseguito il diploma di formazione specifica in medicina generale.
Il Collegio giudicante è giunto a tale decisione considerando che l’eventuale tutela concessa all’affidamento ingenerato nella precedente pronuncia cautelare avrebbe leso “in modo inaccettabile il principio della par condicio, e ancor prima il principio del pubblico concorso, posto che si genererebbe, in forza di una mera delibazione del fumus e del periculum in mora in sede giudiziaria, una corsia parallela di accesso, pur quanto la sentenza definitiva, nel pieno contraddittorio tra le parti, abbia infine accertato che le ragioni del ricorrente, beneficiario della tutela cautelare, siano del tutto infondate” e di conseguenza, pur essendo lampanti gli effetti concreti che essa ha avuto sui ricorrenti, (i quali hanno visto vanificati gli sforzi professionali e accademici degli ultimi anni di vita): “l’ammissione con riserva, anche quando il concorrente abbia superato le prove e risulti vincitore del concorso, è un provvedimento cautelare che non fa venir meno l’interesse alla definizione del ricorso nel merito, poiché tale ammissione è, appunto, subordinata alla verifica della fondatezza delle sue ragioni e, cioè, con riserva di accertarne la definitiva fondatezza nel merito, senza, però, pregiudicare nel frattempo la sua legittima aspirazione a sostenere le prove, aspirazione che sarebbe irrimediabilmente frustrata se la sentenza a lui favorevole sopraggiungesse all’esaurimento della procedura concorsuale e fosse quindi, a quel punto, inutiliter data, vanificando l’effettività della tutela giurisdizionale”[3].
Ciò che però lascia perplessi nella risoluzione di questa controversia è certamente il fatto che tale sentenza, pur richiamando diversi precedenti[4], abbia totalmente rovesciato quanto affermato in due pronunce della sezione VI del Consiglio di Stato, risalenti a pochi mesi prima[5]. Queste ultime due sentenze, occupandosi di casi analoghi relativi al Concorso unico nazionale per l’ammissione al Corso di laurea in Medicina e Chirurgia e al Corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria del 2016, avevano affermato che “il notevole decorso del tempo e il superamento di un rilevante numero di esami universitari costituiscono elementi che giustificano, in modo più che consistente, l’applicazione del principio di certezza del diritto e che, quindi, in casi del genere, vi sia una situazione di affidamento, con avvio in buona fede di un articolato percorso di studio”[6] che va tutelata mantenendo la situazione giuridica e di fatto concretizzatasi.
La necessità di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
E’ evidente quindi, come due diverse sezioni del Coniglio di Stato, decidendo su delle posizioni soggettive pressoché equivalenti, abbiano dato peso e qualificazione diversa all’affidamento dei ricorrenti. Ciò non può che produrre una situazione di palese incongruità nell’ordinamento e conseguente violazione del principio di certezza del diritto.
Nella Sentenza n. 7410, la terza sezione del Consiglio di Stato ha dichiarato che la concessione fatta dalla sesta sezione in virtù dell’affidamento sulla cristallizzazione dei fatti ingeneratosi negli studenti di medicina, “non possa essere considerata espressiva di un principio generale che giunga a estendere in via analogica la prescrizione” anche al caso di specie.
La tutela dell’affidamento[7] è però ormai pacificamente ritenuta “uno dei principi cardine del pensiero giuridico occidentale”[8]. Più volte ribadito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che lo ha ormai qualificato come uno dei principi fondamentali dell’Unione[9] ed è indubbio che questa possa fondarsi anche su decisioni giudiziali. Il largo lasso temporale trascorso, la conclusione del percorso di studi e il conseguimento del titolo, fanno dubitare fortemente che si possa agire sulle posizioni acquisite dai ricorrenti cancellandole del tutto. Per cui, una tale azione giurisprudenziale rischia fortemente di far sorgere dubbi di giustizia sostanziale se non accompagnata da un orientamento chiaro e uniforme.
Pare inevitabile per evidenti necessità di certezza e sicurezza delle decisioni giuridiche, che quanto prima intervenga il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria per chiarire e meglio specificare le tutele offerte dall’ordinamento sull’affidamento ingenerato dalle pronunce cautelari in ambito concorsuale.
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Note
[1] “Test Medicina, rischio maxiricorso da 18mila potenziali contenziosi” in scuola24.ilsole24ore.com;
[2] Cons. di Stato, sez. III, del 29 ottobre 2019, n. 7410 in giustizia-amministrativa.it;
[3] Ibidem.
[4] Cons. di Stato, sez. III, 8 giugno 2016, n. 2448; Cons. Stato, III, 6 maggio 2016, n. 1839; Cons. Stato, sez. III, 16 giugno 2015, n. 3038 tutte in giustizia-amministrativa.it.;
[5] Cons. di Stato, sez. VI, 25/07/2019, (ud. 18/07/2019, dep. 25/07/2019), n.5263 e Cons. di Sato, sez. VI, n. 2155/2019, entrambe in giustizia-amministrativa.it.
[6] Consiglio di Stato sez. VI, 25/07/2019, (ud. 18/07/2019, dep. 25/07/2019), n.5263 cit.
[7] Cfr. G. GRASSO, Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la Pubblica Amministrazione.
[8] F. MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni “Trenta” all’”Alternanza”, Giuffrè, Milano, 2001, cit. p. 8.
[9] Ex multis: Corte di Giustizia, 3 maggio 1978, C 112/77; Corte di Giustizia, 21 settembre 1983 in cause riunite C 205-215/82; Corte di Giustizia, 19 maggio 1983, C 289/81; Corte di Giustizia, 17 aprile 1997, C-90/95, tutte in curia.europa.eu.
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