In particolare, ogni partecipante al condominio ha la possibilità di ricavare da una parte comune utilità aggiuntive rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterarne la destinazione (cioè di non incidere sulla sostanza e struttura del bene) e di non impedirne l’altrui pari uso.
Del resto, qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti non facciano un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’utilizzo di una parte condominiale, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.
In ogni caso, si deve tenere conto dello sviluppo delle esigenze abitative e valorizzare la proprietà del singolo, ammettendo quelle modifiche che costituiscono uso più intenso della cosa comune da parte dello stesso, anche in assenza di un beneficio collettivo derivante dalla modificazione.
Di conseguenza non è ammissibile impedire al proprietario del sottotetto di modificare il tetto, installando un lucernario o abbaino, solo perché il proprietario di un piano intermedio non possa fare altrettanto Cass. civ., Sez. II, 03/08/2012, n. 14107.
Il problema regolamento di condominio
Naturalmente il singolo condomino non potrà aprire un lucernario (o abbaino) qualora nel regolamento si trovi una clausola che impedisca qualsiasi opera esterna capace di modificare l’architettura e l’estetica del fabbricato e delle parti comuni o vieti tutte quelle opere che, anche senza arrecare danno o pregiudizio, siano tali da modificare (in qualsiasi senso, anche migliorativo) le originarie linee architettoniche dell’edificio o la sua estetica e simmetria.
In base a tali disposizioni regolamentari, pertanto, una qualsiasi opera che incida sull’originario assetto architettonico dell’edificio sarà illegittima indipendentemente dal fatto che dette opere siano visibili o meno, oppure dal fatto che vi sia lesione o meno dell’estetica del caseggiato: le opere realizzate sono comunque in contrasto con il regolamento che vieta qualsiasi opera modificatrice, anche migliorativa, senza necessità di ulteriori indagini.
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I limiti all’apertura di un lucernario
L’intervento in questione non può comportare modifiche significative della consistenza del bene in rapporto alla sua estensione e deve essere attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dalla porzione del tetto demolita (Cass. civ, Sez. II, 25 gennaio 2018, n. 1850).
Allo stesso modo i lucernari realizzati su lastrici solari devono essere realizzati a regola d’arte e non incidere in misura significativa sulla superficie della copertura, specie se tale manufatto sia dotato di sola guaina e, quindi, di una calpestabilità non effettiva.
Naturalmente, in sede giudiziale, il riscontro dei limiti imposti dall’art.1102 c.c. è frutto di un’indagine di fatto, mediata dalla valutazione delle risultanze probatorie, che non può essere sollecitata ulteriormente tramite il ricorso per cassazione.
In altre parole, l’accertamento circa la non significatività della demolizione del tetto, praticato per innestarvi il lucernario, nonché circa l’adeguatezza delle opere eseguite per salvaguardare la funzione di copertura e protezione dapprima svolta dalla copertura, è riservato al giudice di merito e, come tale, non è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 1102 c.c., ma soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.c. (Cass. civ, Sez. II, 15/01/2019, n. 857).
Un caso recente
Un Comune respingeva l’istanza di sanatoria presentata da una condomina per la conservazione di abbaini realizzati in difformità rispetto alla denuncia di inizio attività poiché l’assemblea condominiale non aveva approvato l’intervento con le maggioranze previste per le innovazioni. La condomina impugnava il provvedimento facendo presente che le opere oggetto della domanda di sanatoria non erano qualificabili come innovazioni di parti comuni ex art. 1120; del resto, si notava anche come l’amministrazione non avesse valutato quanto previsto dal regolamento di condominio (che consentiva al condomino proprietario del piano sottostante al tetto comune di aprire su di esso degli abbaini senza necessità di autorizzazione condominiale), nonché la delibera autorizzativa assunta con una maggioranza di 600 millesimi. Secondo il TAR – che ha dato ragione alla condomina – poiché gli abbaini in questione – pur incidendo su parti comuni dell’edificio – hanno un’innegabile natura pertinenziale rispetto all’appartamento in condominio e non determinano, per la loro oggettiva consistenza, alcuna diminuzione dell’uso comune, l’assenso dell’assemblea condominiale è stato illegittimamente richiesto (T.A.R. Piemonte, Sezione II, 2 luglio 2021, n. 686, inedita).
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