Il primo comma dell’art. 198 c.d.s. stabilisce infatti: “salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative pecuniarie, o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave aumentata fino al triplo.”
Tale disposizione estende al settore delle sanzioni amministrative il sistema del cumulo giuridico, tipizzato in sede penale, con la limitazione che tale disciplina non è applicabile nei casi di plurime violazioni commesse con altrettante condotte (Cass. Civ. n. 5252/2011; Cass. Civ. n. 24655/2008). Agli illeciti amministrativi non si applica quindi la continuazione, così come disciplinata dall’art. 81 del codice penale.
La Corte di Cassazione ha infatti ribadito che: “in materia di sanzioni amministrative, non e’ applicabile, allorche’ siano poste in essere inequivocabilmente (Corte Cost. 14/2007) piu’ condotte realizzatrici della medesima violazione, l’art. 81 cod. pen. relativo alla continuazione, ma esclusivamente il concorso formale, in quanto espressamente previsto nell’art. 8 legge 689/81, che richiede l’unicità dell’azione od omissione produttiva della pluralita’ di violazioni” (C. Cass. Civ. n. 26434/14).
L’applicazione dell’art. 198, 1° comma, c.d.s., deve essere interpretata rigorosamente e non può allargare le maglie all’istituto della continuazione.
La Corte di Cassazione ha stabilito altresì che: “in tema di sanzioni amministrative relative alla circolazione stradale, ove venga commessa, con una sola azione o omissione, la violazione di diverse disposizioni del codice della strada, a ciascuna delle quali consegua la decurtazione dei punti dalla patente di guida, non opera il meccanismo previsto dall’art. 198, comma primo, di detto codice” (Cass. Civ. n. 3940/2012).
In materia di pubblicità, si può prevedere sia l’applicazione dell’art. 23 c.d.s., che vieta l’affissione pubblicitaria non autorizzata sulle strade, sia dell’art. 25 c.d.s. avente per oggetto l’occupazione non autorizzata della proprietà stradale. Gli interessi tutelati sono in questo caso diversi, pertanto la previsione di cui all’art. 25 c.d.s. non può ritenersi assorbita in quella di cui all’art. 23. Quindi un impianto pubblicitario, collocato sul suolo pubblico, privo di ogni autorizzazione, viola entrambe le disposizioni, che possono essere legittimamente applicate in modo concorrente (Cass. Civ. n. 5412/07). Non è possibile neppure in questo caso ipotizzare il cumulo giuridico e applicare l’art. 198, 1° co., c.d.s..
Viene così delineato un quadro giurisprudenziale in cui l’art. 198 , 1° co., c.d.s. va applicato limitatamente a quelle situazioni in cui sia effettivamente accertato, anche mediante prova indiziaria o presuntiva, l’unicità della condotta del trasgressore in rapporto alla violazione della medesima norma. Nell’istruttoria mirata all’accertamento della condotta del trasgressore l’elemento della temporalità delle azioni (prolungate o interrotte) e della pluralità (o meno) dei luoghi, in cui vengono commesse le violazioni, giocheranno un ruolo fondamentale nello stabilire se il trasgressore abbia: “posto in essere inequivocabilmente piu’ condotte realizzatrici della medesima violazione.”
In termini generali, l’onere della prova degli elementi costitutivi dell’illecito amministrativo grava sull’Amministrazione (C. Cass. Civ. n. 4898/2015). L’ente accertatore può tuttavia anche non essere presente al momento dell’infrazione, come nel caso delle affissioni pubblicitarie non autorizzate. L’onere di dimostrare i presupposti di applicazione del disposto di cui all’art. 198 , 1° co., c.d.s. graverà quindi su chi introduce, con la relativa azione, la richiesta di applicazione del cumulo giuridico. Tale interpretazione è avallata dalla circolare del Ministero dell’interno del 17/11/2003, che riporta al trasgressore la facoltà di richiedere l’applicazione dell’art. 198 c.d.s.: “l‘organo di polizia stradale dovrà contestare le singole violazioni, indicando per ciascuna infrazione la relativa sanzione, salva la facoltà per il trasgressore di richiedere successivamente al Prefetto l’applicazione dell’art 198 C.d.S., in caso di concorso formale.”
Occorre infine evidenziare che, invocando l’applicazione dell’art 198, I° co., c.d.s. (sanzione prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo), potrebbe, in alcuni casi, risultare anche disciplina meno favorevole rispetto a quella relativa alla sanzione già applicata dall’amministrazione, determinando così un margine di incertezza nella richiesta. La forbice tra il minimo ed il massimo edittale della sanzione aumentata sino al triplo, potrebbe portare a sanzioni maggiori di quelle già applicate o comunque condurre allo stesso risultato di partenza, senza l’applicazione del cumulo giuridico. Spetterà in questo caso all’autorità giudicante rideterminare la sanzione, in applicazione dell’art. 198, I° co., c.d.s., anche in rapporto alle valutazioni effettuate sulla gravità dell’infrazione commessa, così come emerso nel corso del giudizio.
Un’interpretazione rigorosa dell’art. 198 del c.d.s. è confermata anche dal tenore letterale del secondo comma secondo cui: “in deroga a quanto disposto nel comma 1, nell’ambito delle aree pedonali urbane e nelle zone a traffico limitato, il trasgressore ai divieti di accesso e agli altri singoli obblighi e divieti o limitazioni soggiace alle sanzioni previste per ogni singola violazione”.
Sul secondo comma dell’art. 198 c.d.s., che deroga al principio del cumulo giuridico in relazione a determinate fattispecie (aree urbane e zone a traffico limitato), è stata sollevata più di una questione di legittimità costituzionale. Ne è scaturita un’ordinanza interpretativa della Corte Costituzionale secondo cui: “non ad ogni accertamento deve necessariamente corrispondere una contravvenzione, trattandosi di condotta di durata” (C. Cost. ordinanza n. 14/2007). Ci si riferisce, in particolare, alle violazioni commesse all’interno delle zone ZTL, in ipotesi di contravvenzioni elevate a distanza di un brevissimo lasso di tempo (nel caso di specie, in cui è stata sottoposto alla Corte il vaglio di costituzionalità della norma, si trattava di violazioni commesse a distanza di 31 secondi l’una dall’altra).
Ribadita l’inapplicabilità dell’istituto della continuazione da parte della Corte di Cassazione (C. Cass. Civ. n. 26434/14), tale ordinanza può forse essere diretta a distinguere solamente quelle peculiari fattispecie in cui sussista un brevissimo lasso temporale tra un’azione e l’altra, da quelle ipotesi in cui, diversamente, le violazioni vengono rilevate con un maggiore margine temporale o addirittura in luoghi diversi.
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