L’articolo 29 Costituzione e il lemma Famiglia. Quale significato?
Nelle prime bellissime pagine di Introduzione al pensiero giuridico di Karl Engisch: “… per le norme che dominano il diritto e mediante le quali il diritto esercita il suo dominio, ci si aspetta sempre che esse abbiano una validità universale, come le leggi di natura, e si rimane profondamente delusi se ciò non si verifica”. Pascal ha classicamente espresso tale delusione con altre parole: “Non vi è quasi nulla di giusto o di ingiusto che non muta la sua natura con il mutare delle costellazioni. Basta uno spostamento di tre gradi di latitudine per sovvertire l’intera giurisprudenza. Un meridiano decide della verità. Per pochi anni di possesso mutano le norme fondamentali. Il diritto ha le sue epoche. Una buffa giustizia, quella che è limitata da un fiume o da un monte. La verità al di qua dei Pirenei. L’errore al di là”.
Nell’unico articolo composto di ben 69 commi della l. 20 maggio 2016, n. 76 pubblicata sulla G.U. 21 maggio 2016, n. 118 e in vigore dal 5 giugno 2016 viene illustrata la disciplina di tre istituti diversi (e in relazione ai quali si articolerà lo sviluppo del presente trattato), vale a dire le “unioni civili” (artt. da 1 a 35), le convivenze di fatto (artt. da 36 a 49) ed i contratti di convivenza (artt. da 50 a 64 con esclusione del solo art. 55 afferente alla materia del trattamento dei dati personali). Legge con una gestazione molto tormentata e forse, non ancora definitivamente compiuta e sebbene la tutela delle unioni omosessuali sia culminata con il loro riconoscimento legislativo, ciò è avvenuto con molti anni di ritardo, a differenza di quanto è avvenuto in gran parte dei paesi europei. in spagna e in Olanda le coppie same sex potevano sposarsi e in Italia no.
Come non dare ragione a Pascal? “Il diritto ha le sue epoche. Una buffa giustizia, quella che è limitata da un fiume o da un monte. La verità al di qua dei Pirenei. L’errore al di là”.
Le difficili mediazioni (di carattere non ideologico, ma politico), forse chiariscono, ma non giustificano, la rinuncia, anche in sede di seconda lettura, di qualsivoglia sforzo di miglioramento della sua qualità, peggiore delle precedenti riforme in tema di diritto di famiglia.
Inevitabilmente, le parole famiglia e matrimonio smuovono sensibilità assai diverse e scatenano opinioni anche molto discordi fra loro per ragioni che sono certamente legate al confronto tra diverse concezioni del mondo e all’esasperarsi, con l’intensificarsi dei flussi migratori, del contrasto tra valori religiosi, etici e culturali profondamente divergenti che pongono in discussione l’unicità del modello familiare, ma che sono soprattutto dovute all’incalzare di esigenze più immediate e pressanti, che attengono strettamente alla funzione sociale della famiglia e, in particolare, al tradizionale contributo che essa ha storicamente fornito all’ordine, alla stabilità e all’inclusione sociale e che non sembra più in grado di garantire.
Il diritto comunitario e la famiglia
Nell’affrontare la delicata questione delle unioni civili è doveroso fare un sintetico cenno alla concorrenza tra ordinamento nazionale e ordinamento europeo, e gioco forza non ci si può sottrarre dal mettere a fuoco il tema del rapporto fra il diritto nazionale, la convenzione dei diritti dell’uomo (Cedu) e il diritto dell’UE.
Alla fine degli anni Sessanta, si è fatta strada la consapevolezza di come le questioni familiari siano intimamente connesse a quelle economiche e lavorative e, di conseguenza, si è sottolineata l’esigenza di provvedere legislativamente al problema della famiglia del lavoratore migrante.
A partire dagli anni Novanta, raggiunto l’obiettivo della creazione di un mercato unico nel territorio comunitario, si è fatta strada l’idea di elaborare una specifica ed autonoma politica comunitaria nel campo del diritto di famiglia, non più funzionalmente collegata al raggiungimento degli obiettivi economici.
Con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht, il 7 febbraio 1992 l’Unione Europea ha dichiarato di voler affrontare precisi compiti anche per le questioni relative ai diritti della persona e alla disciplina dei rapporti di carattere familiare, mentre con il Trattato di Amsterdam del 1997 avviene la vera svolta istituzionale perché c’è il riconoscimento del valore delle
Politiche sociali a sostegno della famiglia. Le poche cose dette fanno intendere come l’unione europea abbia sempre agito senza alcuno specifico riferimento normativo in materia di diritto di famiglia: gli interventi operati, in verità, hanno riguardato settori affini ad esso ed, in generale, le politiche sociali volte a promuovere la famiglia e la parità di diritti tra i suoi componenti. Queste misure solo di riflesso hanno inciso sul diritto di famiglia “stricto sensu”, e cioè, su istituti come il matrimonio o la filiazione, ma certamente hanno concorso a incrementare il dibattito intorno a questi temi.
Il Parlamento europeo non ha tenuto una linea conservativa volta ad assicurare il rispetto e la tutela dell’unità familiare, come nucleo originario di ciascun ordinamento sociale, ma ha gradatamente adottato posizioni “progressiste”, cercando di ampliare il concetto di famiglia attraverso la rielaborazione delle nozioni di matrimonio e coniuge.
Gli ordinamenti degli Stati membri conoscono e mettono alla base della vita familiare e sociale il rapporto di coppia fondato sul matrimonio. per quel che concerne il contenuto dei rapporti matrimoniali, un problema riguarda la possibilità di includere all’interno della nozione di matrimonio le unioni tra persone dello stesso sesso.
Il grave pregiudizio ed il decreto ex art. 342 ter c.c.
Le azioni cautelari contro la violenza fisica o morale ovvero contro le condotte pregiudizievoli alla libertà (9) si applicano anche agli uniti civilmente.
È prevista una piena estensione delle speciali azioni, che precedono lo scioglimento, in caso di violenza fisica o morale o condotte che violano la libertà di una delle parti dell’unione civile, con piena applicazione dell’art. 343 ter c.c.; tecnicamente sarebbe stato forse utile richiamare anche l’art. 342 bis c.c.
Con un procedimento di natura camerale, il giudice può dare misure idonee a tutelare l’unito civilmente nel caso in cui l’altra parte dell’unione civile sia causa di grave pregiudizio all’integrità fisica e morale ovvero alla libertà. per cui il giudice può ordinare alla parte, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e disporre l’allontanamento dalla casa familiare dell’unito civilmente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall’istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d’origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro.
Il giudice può disporre, altresì, ove occorra, l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati; il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti, rimangono prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che la somma sia versata direttamente all’avente diritto dal datore di lavoro dell’obbligato, detraendola dalla retribuzione allo stesso spettante. Tali tutele sono limitate nella durata, non possono essere superiori a un anno e possono essere prorogate, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi per il tempo strettamente necessario.
Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all’esecuzione, lo stesso giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l’attuazione, ivi compreso l’ausilio della forza pubblica e dell’ufficiale sanitario.
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