precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 27233 del 4/12/2013
La vicenda
L’assemblea deliberava di non consentire ai condomini l’accesso ad una terrazza comune. La ragione alla base della decisione era la seguente: il parapetto della detta area comune era troppo basso e non conforme al regolamento edilizio e, quindi, esponeva i condomini al pericolo di cadute.
Un condomino che aveva l’appartamento vicino alla terrazza, impugnava tale decisione che riteneva invalida per eccesso di potere in quanto aveva delimitato l’area comune a tempo indeterminato e senza considerare la possibilità di alternative valide ai divieto d’uso; di conseguenza riteneva che, in palese violazione dell’articolo 1102 c.c., fosse ingiustamente impedito totalmente il diritto d’uso di una parte comune.
Il condominio si costituiva in giudizio per contestare le considerazioni del condomino, notando come il terrazzo, nonostante la limitazione deliberata, potesse essere ancora usato. In ogni caso chiedeva che il condomino a sua volta togliesse i vasi, i fili per stendere, nonché le telecamere che in violazione delle norme sulla privacy puntavano sulle parti comuni,
Dopo l’inizio della causa l’assemblea deliberava la realizzazione e quindi l’esecuzione delle opere di rifacimento della ringhiera, determinando quindi sul punto la cessazione della materia del contendere.
La questione
E’ legittima la decisione dell’assemblea che per ragioni di sicurezza impedisce l’accesso alla terrazza condominiale priva di un parapetto conforme al regolamento edilizio comunale?
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La soluzione
Il Tribunale ha dato ragione ai condomini.
In via preliminare il Tribunale ha ricordato che, ai sensi dell’art. 2377 c.c. – dettato in tema di società di capitali ma applicabile anche in materia di condominio – la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia de! contendere.
Questa situazione si è verificata nel caso in esame.
Infatti i condomini, dopo aver deciso di impedire l’accesso alla terrazza comune a tempo indeterminato, in una successiva delibera hanno deciso di installare una nuova ringhiera a norma di legge, determinando una carenza di interesse del condomino ad una decisione sul punto.
In ogni caso secondo il Tribunale (che si è pronunciato per decidere sulle spese legali) è valida e non viziata da eccesso di potere la decisione dell’assemblea condominiale che, per preservare la sicurezza dei condomini, ha imposto alla collettività condominiale di non accedere ad una area comune priva di parapetto conforme al regolamento edilizio comunale.
Le riflessioni conclusive
L’art 1102 c.c., nel prescrivere che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne ugualmente uso, non pone una norma inderogabile.
Ne consegue che, i suddetti limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale, o da delibere assembleari adottate con i “quorum” prescritti dalla legge, fermo restando che non è consentita l’introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni (Cass. civ., sez. II, 04/12/2013, n. 27233).
Così si può affermare che l’unico limite della legittima “autodisciplina condominiale” è rappresentato dalla previsione del divieto sostanziale di utilizzazione generalizzata delle parti comuni; nel caso in cui, invece, l’assemblea condominiale adotti (per ragioni di sicurezza) una delibera che vieti soltanto un uso specifico (ad esempio l’apertura di nuovi accessi nel muro comune), la stessa deliberazione deve ritenersi legittima.
Del resto va ricordato che — in prospettiva “negativa” — si è ritenuto che l’assemblea abbia il potere di deliberare la cessazione di una determinata modalità di utilizzo del cortile comune.
Così si è ritenuto che l’assemblea potesse deliberare a maggioranza la rimozione dal cortile comune delle bombole del gas collegate alle cucine dei condòmini la cui posa era stata in precedenza autorizzata dall’assemblea (Cass. civ., sez. II, 29/03/2007, n. 7711).
Allo stesso modo è valida la decisione dell’assemblea condominiale che, per preservare la sicurezza dei condomini, ha imposto alla collettività condominiale di non accedere ad una area comune priva di parapetto conforme al regolamento edilizio comunale.
Tale delibere non sono invalide per eccesso di potere.
Del resto il sindacato dell’autorità giurisdizionale sulle decisioni condominiali – che di norma non può estendersi al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei condomini – deve limitarsi al riscontro della legittimità, la quale, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, comprende anche l’eccesso di potere, che ricorre nel caso in cui la decisione sia deviata dal suo modo di essere; infatti in tal caso il giudice non è chiamato a controllare l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve stabilire soltanto se essa costituisca o meno il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante.
Per quanto sopra non può essere impugnata quella decisione che approva un preventivo di spesa per lavoro straordinario più oneroso rispetto ad altro più vantaggioso: in tal caso l’unico modo per contestare l’operato della maggioranza dei condomini è provare un contrasto tra il contenuto della delibera e le norme di legge e del regolamento, in quanto risulta evidente che l’assemblea può aver deciso di scegliere un’impresa il cui preventivo sia più elevato sulla considerazione di una maggiore affidabilità.
Alle stesse conclusioni si deve pervenire anche nel caso in cui l’assemblea decida di provvedere alla manutenzione di una parte comune dichiarata pericolante da un tecnico e non pericolante da un altro tecnico, in quanto rientra nel campo delle decisioni che implicano valutazioni di merito per le quali l’assemblea è sovrana e la volontà della maggioranza vincola la minoranza dissenziente.
La figura dell’eccesso di potere nel diritto privato ha la funzione di superare i limiti di un controllo di mera legittimità sulle espressioni di volontà riferibili ad enti collettivi (società o condominii), che potrebbero lasciare prive di tutela situazioni di non consentito predominio della maggioranza nei confronti del singolo; essa presuppone, tuttavia, la sussistenza di un interesse dell’ente collettivo, che sarebbe leso insieme all’interesse del singolo.
Così la Cassazione ha ritenuto valida la decisione dell’assemblea, che nella scelta del conduttore di locali condominiali, non si era pronunciata a favore dell’offerta più elevata, ma aveva invece preferito le qualità della persona prescelta rispetto all’entità del canone che la stessa offriva (Cass. civ., sez. VI, 21/02/2014, n. 4216).
La Cassazione è giunta alla conclusione che non si poteva sostenere l’esistenza di un pregiudizio della cosa comune (costituita dai locali in precedenza adibiti a portineria e poi posti in locazione) in quanto il mutamento dell’utilizzazione era stato oggetto di una apposita delibera ed era stata sindacata la minore redditività tratta dal bene comune attraverso la libera scelta di una offerta, in cui la persona dell’offerente, nella valutazione discrezionale operata dall’assemblea, giocava un ruolo preminente nella scelta finale.
E’ possibile però che l’assemblea deliberi un intervento di manutenzione straordinaria sulla copertura del fabbricato, contestualmente nominando una “commissione” formata da tre condomini, incaricata di procurarsi preventivi di spesa presso ditte specializzate entro una certa data.
Successivamente potrebbe con delibera stabilire di “soprassedere sui lavori deliberati” di rifacimento del tetto, incaricando due condomini di cercare altre ditte edili cui richiedere preventivi di prezzo delle opere, e dando mandato all’amministratore di convocare al più presto (non appena ricevuti i preventivi) una nuova riunione.
Tale decisione è viziata da eccesso di potere, in quanto gravemente pregiudizievole della proprietà comune.
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