Premessa sulla assistenza tecnica obbligatoria nelle controversie tributarie
L’articolo 9 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156 (Misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario, in attuazione degli articoli 6, comma 6, e 10, comma 1, lettere a) e b) della legge 11 marzo 2014, n. 23), rubricato “Modifiche al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546”, ha integralmente sostituito l’articolo 12 del Codice del processo tributario, riguardante l’assistenza tecnica.
Nuove regole, in vigore dal 1° gennaio 2016, sono state dettate, invero, per la difesa delle parti dinanzi alle Commissioni tributarie.
La norma di riferimento della legge delega n. 23 del 2014 è l’articolo 10, quale disposizione avente, tra l’altro, come scopo quello della revisione delle soglie in relazione alle quali il contribuente può stare in giudizio personalmente e l’ampliamento dei soggetti abilitati a rappresentare i contribuenti davanti alle Commissioni tributarie (comma 1, lettera b), n. 3).
In realtà, il legislatore delegato non ha fatto altro che seguire l’impostazione già avviata con la riforma del 1992. Infatti, con il decreto legislativo n. 546 del 1992 è stata dettata, per la difesa nel processo tributario, una disciplina autonoma e diversa da quella prevista per il giudizio civile dalla legge processuale civile. Non è previsto, precisamente, l’obbligo del ministero di un difensore ma l’obbligo per la parte privata di assistenza tecnica da parte di un difensore abilitato.
La riforma, come di seguito meglio specificato, ha rivisto (in aumento) le soglie in relazione alle quali il contribuente può stare in giudizio personalmente; ha previsto che l’obbligo di assistenza tecnica non sia imposto agli enti impositori, agli agenti della riscossione e ai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (i c.d. concessionari locali); ha ampliato, rispetto al passato, l’elenco dei soggetti abilitati alla difesa.
Obbligatorietà dell’assistenza tecnica nelle controversie tributarie e i casi di esonero
L’articolo 12 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nella nuova formulazione risultante dalle modifiche introdotte con il decreto legislativo n. 156 . del 2015, fissa, al primo comma, il principio generale in base al quale tutte le parti devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato:
“le parti, diverse dagli enti impositori, dagli agenti della riscossione e dai soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato”.
All’interno del primo comma si introduce, quindi, la prima eccezione al principio generale, costituita dalle ipotesi di esonero soggettivo: gli enti impositori, gli agenti della riscossione e i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 (i c.d. concessionari locali) hanno la possibilità di essere assistiti da propri funzionari senza necessità di ricorrere ad un difensore abilitato.
Secondo la previgente norma, la difesa diretta spettava alle Agenzie ed agli enti locali. Attualmente, invece, è consentita anche agli Agenti della riscossione ed ai c.d. concessionari locali, ossia a quei soggetti privati, iscritti nello specifico albo, abilitati all’accertamento e alla liquidazione dei tributi.
Dunque, ad eccezione delle suddette categorie, l’assistenza tecnica in giudizio è obbligatoria per tutte le parti private, sia ricorrenti che resistenti, fisiche o giuridiche. Pertanto, gli uffici delle Agenzie delle Entrate, dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli e l’ufficio dell’Agente della riscossione non hanno obbligo di assistenza, come pure le cancellerie e segreterie degli uffici giudiziari limitatamente alle contestazioni in materia di contributo unificato. Gli uffici delle Agenzie delle Entrate e dell’Agenzia Dogane e Monopoli possono essere difesi in giudizio dall’Avvocatura dello Stato, ai sensi del comma 8 della disposizione normativa in esame.
Anche gli enti locali, parti resistenti nel processo tributario, titolari però della pretesa tributaria fatta valere con l’atto impositivo o riscossivo impugnato, non hanno l’obbligo di assistenza in giudizio. Di contro, quando i suddetti enti assumono la veste di ricorrenti avverso un atto emesso dall’Agenzia fiscale, gli stessi devono essere assistiti da un difensore abilitato.
All’interno del comma 2 dell’articolo 12 si rinviene, invece, la seconda eccezione al citato principio generale, costituita dalle ipotesi di esonero oggettivo: il contribuente può stare in giudizio senza assistenza tecnica per le controversie fino a tremila euro (le cosiddette controversie minori).
Viene elevata, insomma, da 2.582,28 a 3.000,00 euro la soglia al di sotto della quale il contribuente può stare in giudizio personalmente.
In questo caso la parte può sottoscrivere il ricorso personalmente o a mezzo del proprio legale rappresentante e compiere tutti gli atti necessari senza l’assistenza di un difensore.
In ciò sta l’ulteriore differenza con il processo civile, ma in realtà anche con il processo amministrativo. In quest’ultimo, la parte non può stare in
giudizio da sola, ma deve necessariamente munirsi di assistenza tecnica. Nel giudizio civile, ai sensi dell’articolo 82 del codice di procedura civile, la parte può stare in giudizio personalmente, davanti al giudice di pace, solo nelle cause di importo inferiore o pari ad euro 1.100,00. Il giudice di pace, tuttavia, in considerazione della natura e dell’entità della causa, può, con decreto emesso su istanza anche verbale della parte, autorizzarla a stare in giudizio di persona.
Al fine di verificare la sussistenza dell’obbligo dell’assistenza tecnica nel processo tributario occorre, quindi, determinare il valore della lite con riferimento all’oggetto della controversia.
Per l’individuazione del valore della lite si conferma il criterio in base al quale, se la causa ha ad oggetto un atto di imposizione, il valore è determinato dall’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. Se invece la causa concerne esclusivamente un atto di irrogazione di sanzioni, si ha riguardo alla somma delle sanzioni medesime.
Nell’ipotesi in cui con il ricorso si impugna un atto che accerta una pluralità di tributi, secondo l’orientamento ministeriale la determinazione del valore della controversia va fatta, a pena di inammissibilità del ricorso, con riferimento alla somma dei tributi oggetto della causa (criterio del cumulo giuridico).
Nell’ipotesi di riunione di più ricorsi, ai fini della determinazione del valore della controversia, invece, il valore della lite deve essere separatamente determinato sulla base dell’importo del tributo accertato in ciascuno degli atti impugnati e dunque di ciascun ricorso.
Chiaramente, colui che, per motivi professionali, ha una precisa competenza non avrà bisogno di munirsi del difensore. Il comma 9 dell’articolo 12 del decreto legislativo n. 546 del 1992 stabilisce, infatti, che i soggetti in possesso dei requisiti richiesti dai commi 3, 5 e 6 possono stare in giudizio personalmente, ferme restando le limitazioni all’oggetto della loro attività previste nei medesimi commi.
La parte che sta in giudizio personalmente, se ne è in possesso, deve indicare il proprio indirizzo di PEC al quale ricevere le comunicazioni. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per il difensore nominato, la mancata indicazione non comporta conseguenze negative per la parte.
Il presente contributo sulla assistenza tecnica obbligatoria è tratto da “Casi e questioni di diritto processuale tributario” di Nicola Graziano e Domenico Pagliuca.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento