di Mirco Minardi
Sommario
Introduzione
Il contenuto del controricorso
Il deposito diretto del controricorso
1.
Nel giudizio di cassazione l’attività difensiva della parte intimata si realizza attraverso un atto denominato «controricorso», da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso principale (art. 370, 1° co., c.p.c.) e quindi, in pratica, entro quaranta giorni dalla notificazione di quest’ultimo.
Nel caso di notifica reiterata nei confronti della medesima parte ricorrente, il termine di quaranta giorni decorre dalla data della prima notifica, a meno che questa non debba considerarsi viziata da nullità, nel qual caso il termine stesso decorrerà dalla data della seconda notifica[1].
Il controricorso può essere semplicemente diretto a contrastare il ricorso principale[2], oppure contenere, a sua volta, un’impugnazione incidentale (cfr. art. 371 c.p.c.).
[1] Cass., 09/01/2019 , n. 298. In questo senso già v. Cass., S.U., 04/02/1997, n. 1049. Da ultimo, v. Cass., 09/01/2019 , n. 298.
[2] Per comodità in questo articolo lo indicheremo come «mero controricorso».
2. Il contenuto del controricorso
Con riferimento al contenuto, il codice richiama in entrambi i casi gli artt. 365 e 366 c.p.c., ma la Suprema Corte ha ribadito anche di recente che l’esposizione sommaria dei fatti di cui al n. 3) dell’art. 366 c.p.c. non rappresenta un requisito indispensabile del «mero controricorso», mancando un legame logico indispensabile tra questo stesso requisito e la sua funzione di mezzo di contraddizione dell’altrui impugnazione[3]. Al contrario, nei casi in cui il controricorrente proponga un’impugnazione incidentale, il controricorso dovrà contenere, in ragione della sua autonomia rispetto al ricorso principale, l’esposizione sommaria dei fatti della causa. È pertanto inammissibile l’atto che si limiti ad un mero rinvio all’esposizione contenuta nel ricorso principale, qualora non sia possibile, nel contesto dell’impugnazione, rinvenire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti[4].
Sebbene il «mero controricorso» abbia una struttura semplice, consistendo in una risposta al ricorso principale, non si deve sottovalutarne la funzione, che non consiste nella mera “partecipazione al giudizio” della parte intimata, dovendo esso comunque contenere i contro-motivi in iure rispetto ai motivi di impugnazione formulati dal ricorrente. Per tale ragione la Suprema Corte ha dichiarato l’inammissibilità di un atto denominato “atto di costituzione”, siccome ritenuto non qualificabile come controricorso, sostanziandosi il relativo contenuto nella semplice dichiarazione di costituirsi in giudizio “al solo fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1”[5].
Occorre poi rammentare che anche per il «mero controricorso» valgono le regole sull’autosufficienza. È stato, infatti, affermato che qualora il controricorrente sollevi eccezioni sull’ammissibilità del ricorso che implichino una valutazione del materiale documentale delle fasi di merito, il controricorso dovrà contenere una sufficiente ed autonoma esposizione dei fatti di causa inerenti a dette eccezioni, in modo da consentire alla Corte di verificarne la portata dalla sola lettura dell’atto. Nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto inammissibile l’eccezione sollevata dal controricorrente che aveva a sua volta eccepito l’inammissibilità del ricorso in ragione dell’assunto passaggio in giudicato di alcuni capi della sentenza di primo grado, riportando però la motivazione solo per estratto, in modo ritenuto inidoneo ad apprezzare se le frasi trascritte integrassero vere e proprie rationes decidendi“[6].
Secondo la più recente giurisprudenza, la notifica di un valido controricorso costituisce poi la condizione indispensabile per poter depositare la memoria ex artt. 380 bis e 380 bis.1 c.p.c. nei procedimenti camerali in cui il ricorso principale sia stato depositato dopo il 30 ottobre 2016, data in cui sono entrate in vigore le modifiche apportate dal d.l. n. 168 del 2016, convertito con modificazioni dalla l. n. 196 dello stesso anno. Difatti, alla parte intimata che non abbia depositato un controricorso, ovvero che abbia deposito un atto non qualificabile come tale, nel periodo che va dalla scadenza del termine per il deposito del controricorso alla data fissata per la discussione del ricorso è preclusa qualsiasi attività processuale, sia essa diretta alla costituzione in giudizio o alla produzione di documenti e memorie ai sensi degli artt. 372 e 378 c.p.c.[7].
Al contrario, relativamente ai ricorsi già depositati alla data del 30 ottobre 2016 e per i quali venga successivamente fissata adunanza camerale, la parte intimata che non abbia provveduto a notificare e a depositare il controricorso nei termini di cui all’art. 370 c.p.c. ma che, in base alla pregressa normativa, avrebbe avuto la possibilità di partecipare alla discussione orale, per sopperire al venir meno di siffatta facoltà è consentita la presentazione della memoria, previo rilascio di procura speciale, nei medesimi termini entro i quali può farlo il controricorrente, trovando in tali casi applicazione l’art. 1 del Protocollo di intesa sulla trattazione dei ricorsi presso le Sezioni civili della Corte di cassazione, intervenuto in data 15 dicembre 2016 tra il Consiglio Nazionale Forense, l’Avvocatura generale dello Stato e la Corte di cassazione[8]. A tale conclusione, la S.C. è giunta sulla scorta di una interpretazione dell’articolo 1-bis, comma 2, del citato decreto legge n. 168/2016, conforme agli articoli 24 e 111 della Costituzione, privilegiando una soluzione volta a contemperare la diretta applicazione al giudizio di legittimità della nuova disciplina processuale dell’adunanza non partecipata, prevista dagli articoli 380 bis e 380 bis.1 c.p.c. con l’esigenza di salvaguardia del diritto di difesa della parte che non aveva ritenuto opportuno notificare il controricorso, confidando – incolpevolmente – nella disciplina processuale, al tempo vigente, che consentiva di svolgere le proprie difese anche nella discussione della udienza pubblica. È apparso pertanto coerente con la salvaguardia del principio del contraddittorio mantenere alla parte processuale la preesistente opzione difensiva attraverso la facoltà di depositare – anche in assenza di controricorso – memoria illustrativa.
Nei casi in cui sia prevista l’udienza pubblica di discussione, il deposito delle memorie exart. 378 c.p.c. nell’ipotesi in cui il controricorso sia stato depositato tardivamente, è sottoposto alla condizione che la parte intimata partecipi alla discussione orale[9]. Ad avviso della Corte, infatti, tale partecipazione costituisce condizione indefettibile ai fini della sanatoria dell’attività processuale irritualmente compiuta nel lasso di tempo intercorso tra la scadenza del termine per la proposizione del controricorso e l’udienza predetta.
[3] In questo senso già v. Cass., S.U., 04/02/1997, n. 1049. Da ultimo, v. Cass., 09/01/2019 , n. 298.
[4] Cass., 06/03/2019 , n. 6550.
[5] Cass., 10/04/2019, n.9983.
[6] Cass., 17/01/2019, n. 1150.
[7] Cass, 18/04/2019, n. 10813.
[8] Cass., 14/05/2019 , n. 12803.
[9] Cass., 28/02/2019, n.5798; Cass., 27/5/2009, n. 12381; Cass., 30/9/2011, n. 20029.
Va poi nuovamente ricordato che il controricorso, prima di essere depositato, va notificato al ricorrente nei luoghi indicati dall’art. 366 c.p.c. E’ pertanto inammissibile il deposito diretto in cancelleria di una “memoria di costituzione” dopo la scadenza del termine di cui all’art. 370 c.p.c., poiché ciò non è sufficiente affinché l’atto possa svolgere la sua funzione di strumento di attivazione del contraddittorio rispetto alla parte ricorrente, la quale soltanto avendone acquisito legale conoscenza è in condizioni di presentare le sue osservazioni nelle forme previste dall’art. 378 c.p.c. Da ciò consegue, peraltro, che la procura speciale rilasciata in calce all’anzidetta memoria non può ritenersi valida, restando priva di efficacia l’autenticazione del difensore, il cui potere certificativo è limitato agli atti specificamente indicati nell’art. 83, comma 3, c.p.c.[10].
[10] Cass., 10/04/2019, n.10019.
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