Con la sentenza n. 11868 del 17 maggio 2016 pubblicata il 9 giugno 2016, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha stabilito il principio secondo cui “… ai rapporti di lavoro disciplinati dal d.lgs. 30.3.2001 n. 165, art. 2, non si applicano le modifiche apportate dalla legge 28.6.2012 n. 92 all’art. 18 della legge 20.5.1970 n. 300, per cui la tutela del dipendente pubblico in caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva alla entrata in vigore della richiamata legge n. 92 del 2012 resta quella prevista dall’art. 18 della legge n. 300 del 1970 nel testo antecedente alla riforma…”.
In materia di tutela del dipendente pubblico in caso di licenziamento illegittimo, i Giudici di legittimità prendono atto che sulla questione si sono formati in giurisprudenza e in dottrina orientamenti contrastanti che, per giungere ad affermare o a negare l’applicabilità della nuova disciplina ex L. 92/2012 ai rapporti di pubblico impiego contrattualizzato, hanno valorizzato, da un lato, il rinvio del D.Lgs. 165/2001 art. 51 alle disposizioni della L. 300/1970 e la necessità di garantire uniformità di trattamento fra impiego pubblico e privato; dall’altro, la L. 92/2012 art. 1 commi 7 e 8 nonché l’inconciliabilità della riforma con il regime imperativo dettato dagli artt. 54 e ss. delle norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione.
Ebbene, secondo il Supremo Collegio, plurime ragioni inducono ad escludere che il nuovo regime delle tutele in caso di licenziamento illegittimo possa essere applicato anche ai rapporti di lavoro ex D.Lgs. 165/2001 art. 2.
La L. 92/2012 art. 1, infatti, dopo aver previsto al comma 7 che “Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all’articolo 3 del medesimo decreto legislativo.“, al comma 8 aggiunge che “Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche“.
Pertanto, assume particolare rilievo il rinvio ad un successivo intervento normativo demandato al Ministro della Funzione Pubblica, previa consultazione delle organizzazioni sindacali, di assumere le iniziative necessarie per armonizzare la disciplina del pubblico impiego con la nuova normativa, pacificamente applicabile al solo impiego privato.
Dunque, in difetto di una espressa previsione normativa, non si estendono ai dipendenti della Pubblica Amministrazione le modifiche apportate all’art. 18 della Legge 300/1970, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma.
Dette conclusioni risultano avvalorate da considerazioni di ordine logico e sistematico, per cui le finalità della L. 92/2012 art. 1 comma 1 ed il nuovo art. 18 della Legge 300/1970 sembrano riferirsi soltanto al settore privato, mentre il Legislatore ha dettato una disciplina inderogabile per il settore pubblico contrattualizzato.
Invero, la nuova disciplina sul licenziamento ex art. 18 cit. appare inconciliabile con le disposizioni del D.Lgs. 165/2001, in particolare in relazione al licenziamento intimato senza il necessario rispetto delle garanzie procedimentali: occorre ricordare, infatti, che il comma 6 dell’art. 18 cit. fa riferimento al solo art. 7 della L. 300/1970 sul procedimento disciplinare nel settore privato.
Inoltre, secondo la sentenza n. 351/2008 della Corte Costituzionale, nel settore pubblico il potere di risolvere il rapporto di lavoro è circondato da garanzie e limiti che sono posti soprattutto a protezione di generali interessi collettivi ai sensi dell’art. 97 Cost., il quale impone di assicurare il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione.
In più, il Supremo Collegio ha osservato che il Legislatore, nel rendere applicabile l’art. 18 cit. a tutte le amministrazioni pubbliche, a prescindere dal numero dei dipendenti, ha confermato la tutela reale nell’ipotesi di licenziamento illegittimo, anche per quelle amministrazioni per le quali sarebbe stata altrimenti applicabile la tutela obbligatoria prevista dall’art. 8 della legge n. 604 dei 1966.
In via conclusiva, la Suprema Corte ha ritenuto che l’art. 18 della legge n. 300 del 1970 sia tuttora in vigore limitatamente ai rapporti di lavoro di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Per le considerazioni sopra esposte, è comprensibile la perplessità di tutti coloro che ritengono contraria all’art. 3 Cost. la scelta, evidentemente ideologica, del Legislatore di tutelare in modo diverso i dipendenti del settore pubblico e del settore privato illegittimamente licenziati.
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