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La vicenda
Il condominio Alfa proponeva ricorso per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva revocato il decreto ingiuntivo emesso su sua richiesta nei confronti della società Beta per il pagamento della somma di euro 6.915,88, pari alla metà delle spese dallo stesso sostenute per i lavori di manutenzione dell’area di ingresso e di impianti comuni con l’immobile di proprietà dell’ingiunta. I giudici di merito motivavano la conclusione di accoglimento dell’opposizione rilevando che:
- i beni oggetto dei lavori dovevano considerarsi compresi nel supercondominio in essere tra le parti;
- non essendo stati i lavori deliberati dalla relativa assemblea, il condominio opposto avrebbe dovuto provare, ai fini del diritto di credito azionato, l’urgenza degli stessi, ai sensi dell’art. 1134 cod. civ.;
- detta prova non era invece stata offerta, né fornita e la domanda avanzata in via subordinata dallo stesso condominio di pagamento di un indennizzo per arricchimento senza causa era inammissibile, poiché proposta per la prima volta in comparsa conclusionale.
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I motivi di ricorso
Con la prima censura, il condominio lamentava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2033 c.c., assumendo che la Corte territoriale aveva erroneamente richiamato l’art. 1134 c.c. e dunque respinto la pretesa fatta valere dal condominio per mancata prova dell’urgenza dei lavori; contrariamente, avrebbe dovuto rilevare che il condominio, sopportando per intero il costo dei lavori, aveva pagato un debito gravante sulla controparte, pertanto aveva diritto alla sua ripetizione, ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Con la seconda censura, il ricorrente deduceva la violazione e la falsa applicazione dell’art. 183 c.p.c., assumendo che la sentenza impugnata aveva dichiarato inammissibile la domanda di arricchimento senza causa sulla base dell’erroneo presupposto che essa era stata avanzata per la prima volta in comparsa conclusionale.
La soluzione
Gli Ermellini specificavano che i giudici d’appello, ritenendo che i beni oggetto dei lavori cadessero nel supercondominio in essere fra le parti, avevano correttamente asserito che in assenza di delibera della relativa assemblea, il diritto al rimborso di parte della spesa poteva sorgere in favore del condominio soltanto in ipotesi di comprovata urgenza dei lavori stessi, ai sensi dell’art. 1134 c.c.
Il requisito dell’urgenza dei lavori integra un presupposto del diritto al rimborso del condomino che vi abbia provveduto di sua iniziativa e sopportato la spesa, pertanto in difetto di detto presupposto, non sorge alcun debito a carico degli altri condòmini.
Secondo i giudici di piazza Cavour, la figura della ripetizione di indebito si configura esclusivamente qualora il pagamento riguardi un debito effettivamente esistente a carico di un terzo, cosa che nel caso in esame non poteva trovare applicazione.
In ordine alla seconda censura sollevata dal condominio ricorrente, il Tribunale Supremo richiamava consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “Al condomino cui non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell’urgenza all’uopo richiesto dall’art. 1134 c.c., non spetta neppure il rimedio sussidiario dell’azione di arricchimento ex art. 2041 cod. civ., non potendo essa essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti”.
In virtù dei suddetti principi, la Suprema Corte rigettava il ricorso e condannava il condominio al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.
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