Le clausole vessatorie nei contratti del consumatore

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 Indice:

  1. Le clausole vessatorie nel codice civile
  2. L’utilizzo delle clausole vessatorie tra consumatore e professionista
  3. La presunzione di vessatorietà (salvo prova contraria)
  4. La presunzione assoluta di vessatorietà
  5. Le clausole non vessatorie
  6. Le sorti del contratto

 

  1. Le clausole vessatorie nel codice civile.

L’articolo 1322 del Codice civile prevede che le parti possano liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge, anche al di fuori dei tipi previsti, purché realizzino interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Tale libertà contrattuale ha consentito, con il passare del tempo, una costante utilizzazione dei contratti predisposti attraverso lo strumento di moduli o formulari. Si è poi osservato che in tale tipi di contratti si viene a creare uno squilibrio contrattuale in quanto la parte “forte” del rapporto impone l’accettazione di una normativa precostituita[1].

In materia di condizioni generali di contratto, l’articolo 1341 del Codice civile prevede che tali condizioni sono efficaci nei confronti dell’altro contraente solo se, al momento della conclusione del contratto, questi le ha conosciute o le avrebbe dovuto conoscere usando l’ordinaria diligenza; si prevede, altresì, che, ai fini dell’efficacia, talune clausole più gravose per l’aderente (c.d. vessatorie) vengano approvate specificatamente per iscritto.

Si tratta, precisamente, di clausole che stabiliscono, a favore di chi le ha predisposte, che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, “limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”.

  1. L’utilizzo delle clausole vessatorie tra consumatore e professionista

In particolar modo in ambito commerciale, la contrattazione standardizzata ha acquisito carattere prevalente soprattutto in ragione della esigenza di uniformare i rapporti inerenti gli scambi e l’utilizzazione di beni e servizi[2].

Il Codice del Consumo, pertanto, dedica gli articoli da 33 a 36 alla disciplina delle clausole vessatorie tra consumatore e professionista.

Ai sensi dell’articolo 33, comma 1 del Codice si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Al fine di individuare la vessatorietà delle clausole, la dottrina si è a lungo interrogata sul significato da attribuire alla locuzione “malgrado buona fede”.

Secondo l’orientamento maggioritario l’espressione si riferisce alla buona fede in senso oggettivo con la conseguenza che la locuzione “malgrado buona fede” vada intesa come contrasto tra la clausola abusiva ed il dovere di lealtà e correttezza che le parti sono tenute a rispettare nelle fasi del rapporto contrattuale[3].

La valutazione in merito alla sussistenza dello squilibrio di diritti ed obblighi derivanti dal contratto deve avere natura giuridica e non natura economica; l’assunto trova conferma nell’articolo 34, comma 1, del Codice del Consumo a norma del quale la vessatorietà di una clausola è valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione ed alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende. Precisamente la valutazione deve riguardare i diritti e gli obblighi delle parti, atteso che la vessatorietà esula dalla determinazione dell’oggetto del contratto o dall’adeguatezza del corrispettivo, purché tali elementi siano individuati in modo chiaro e comprensibile[4]. L’intento del legislatore è stato quindi rivolto affinché il consumatore fosse messo nella condizione di intendere compiutamente il senso delle regole contrattuali[5]. L’articolo 35, all’uopo, prevede che “in caso di clausola dubbia, l’interpretazione della stessa è nel senso più favorevole per il consumatore perché è onere del professionista redigerle nel modo più chiaro e comprensibile”.

Vanno, pertanto, sanzionate le clausole che determinano un obiettivo aggravio della posizione del consumatore all’interno del sinallagma contrattuale e che, parimenti, garantiscono al professionista una serie di “guarentigie[6]”, di natura prettamente qualitativa rispetto al contraente debole[7].

  1. La presunzione di vessatorietà (salvo prova contraria).

L’articolo 33, comma 2, del Codice del Consumo – da ultimo modificato dal d.lgs. n. 130/2015 – fornisce un elenco di clausole che si presumono vessatorie salvo prova contraria, ossia dimostrando l’assenza del significativo squilibrio di cui al precedente comma 1.

La citata lista assolve il compito di agevolare l’opera del giudice, atteso che, qualora venga accertata la riconducibilità della clausola contestata all’interno della stessa, ne va dichiarata la nullità, a nulla rilevando le valutazioni in merito al significativo squilibrio o alla buona fede. E’ fatto salvo al predisponente dimostrare che tali clausole non presentino il carattere della vessatorietà. Viceversa, qualora la clausola non appartenga all’elenco, sarà onere del consumatore provare che la stessa determina un significativo squilibrio, non applicandosi in tal caso l’inversione dell’onere probatorio[8].

Si tratta comunque di un elenco avente carattere puramente indicativo: lascia infatti aperta la possibilità di considerare vessatorie delle clausole in essa non contenute[9].

Particolare attenzione merita la lettera u) del predetto elenco, la quale prevede una presunzione di vessatorietà delle clausole che abbiano come oggetto o per effetto quello di stabilire come sede del foro competente sulle controversie tra consumatore e professionista, un luogo diverso da quello di residenza o domicilio elettivo del consumatore. L’orientamento consolidato sul punto ritiene che la volontà del legislatore di prevedere un foro esclusivo del consumatore possa essere derogata dalle parti: secondo i giudici di legittimità, infatti, il c.d. foro del consumatore è esclusivo, ma derogabile, altresì precisandosi che la presunzione di vessatorietà della clausola di relativa deroga è superabile, ad onere del professionista, solamente con la dimostrazione dell’essere la medesima stata oggetto di specifica trattativa[10]“. Di conseguenza, “spetta al professionista che invochi la relativa inapplicabilità dare la prova del fatto positivo dello svolgimento della trattativa e della relativa idoneità (…) ad atteggiarsi ad oggettivo presupposto di esclusione dell’applicazione della normativa in argomento[11].

  1. La presunzione assoluta di vessatorietà

L’articolo 36, comma 2, prevede un secondo elenco di clausole (c.d. lista nera) che, anche se oggetto di trattative individuali, vanno considerate in ogni caso vessatorie e di conseguenza dichiarate nulle. Si tratta di clausole per le quali vige una presunzione assoluta di vessatorietà e che hanno per oggetto o per effetto di:

a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;

b) escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;

c) prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto[12].

La norma in esame riveste carattere eccezionale in quanto si pone a tutela del consumatore che negozia individualmente il contenuto del contratto; l’elenco in essa contenuto è suscettibile di interpretazione estensiva, ma non analogica.

Va osservato che la predetta disposizione contiene tre clausole che sono già contenute nella lista di cui all’articolo 33, comma 2 del Codice, rispettivamente alle lettere a), b) ed l). Tuttavia la c.d. lista nera riguarda soltanto le clausole oggetto di trattativa individuale (le quali sono nulle in senso assoluto vigendo la presunzione assoluta di vessatorietà). Ne consegue che le tre clausole in esame, sono sempre vessatorie se oggetto di negoziazione individuale, mentre vige una presunzione relativa di vessatorietà qualora siano preformulate.

  1. Le clausole non vessatorie.

L’opera dell’interprete nella individuazione delle clausole in esame è agevolata dalla espressa previsione di non vessatorietà delle clausole che riproducono disposizioni di legge o convenzioni internazionali ratificate[13]. Con riferimento a tale previsione parte della giurisprudenza ritiene che possano sottrarsi al controllo di vessatorietà non solo le clausole che riproducono disposizioni di legge in senso formale, ma anche norme regolamentari, comprese quelle emanate dalle autorità indipendenti[14].

Sono parimenti non vessatorie le clausole che sono state oggetto di specifica trattativa individuale[15]. Va precisato, tuttavia, che nell’ipotesi di contratto concluso mediante moduli o formulari spetta al professionista provare che le clausole (o gli elementi di clausola),siano stati oggetto di trattativa individuale[16].

Come ha avuto modo di precisare la Suprema Corte la trattativa deve presentare le caratteristiche della individualità, serietà ed effettività. La individualità indica la necessità di avere riguardo “alle clausole o agli elementi di clausola costituenti il contenuto dell’accordo, presi in considerazione singolarmente e nel significato che assumono nel complessivo tenore del contratto. La serietà, invece, esige che le parti abbiano assunto un comportamento obiettivamente idoneo a raggiungere il risultato cui la trattativa è diretta[17]”. Inoltre la trattativa deve presentare l’ulteriore requisito della effettività, ovvero deve essere effettuata “non solo storicamente ma anche in termini sostanziali […] nel rispetto della autonomia privata delle parti, riguardata non solo nel senso di libertà di concludere il contratto ma anche nel suo significato di libertà e concreta possibilità – anche -per il consumatore di determinare il contenuto del contratto[18].

Pare comunque condivisibile la tesi di certa dottrina secondo cui il carattere vessatorio di una clausola va individuato nella presenza di un “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto” piuttosto che dall’assenza o la presenza di una trattativa individuale. Quest’ultimo elemento, infatti, non sarebbe un fattore costitutivo della vessatorietà di una clausola, ma un semplice presupposto ai fini dell’operatività della disciplina in materia[19].

  1. Le sorti del contratto

L’articolo 36, comma 1, del Codice del Consumo dispone che le clausole considerate vessatorie ai sensi degli articoli 33 e 34 sono nulle mentre il contratto rimane valido per il resto.

Tale norma opera una vistosa deroga ai principi sanciti dall’articolo 1419 del Codice civile il quale prevede, come regola generale, che la nullità di singole clausole comporti la nullità dell’intero contratto. Il secondo comma della citata disposizione dispone altresì che la nullità delle singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative. Nei contratti tra consumatore e professionista, invece, la conservazione del valore dell’atto prescinde dal sindacato in merito all’apprezzamento dell’intento ipotetico delle parti e non richiede l’esistenza di norme imperative sostitutive della pattuizione nulla[20].

Un ulteriore elemento che caratterizza la nullità dei contratti del consumatore è dato dalla sua rilevabilità d’ufficio. Tale nullità, infatti, benché rilevabile d’ufficio, è operativa solo nei confronti del consumatore, assumendo la qualifica di “nullità di protezione”. Attenta giurisprudenza ha evidenziato che “in materia di contratti stipulati tra professionista e consumatore, la inequivoca manifestazione, anche tacita, di volontà di quest’ultimo di volersi avvalere della clausola in astratto vessatoria preclude la rilevabilità d’ufficio della nullità della clausola medesima[21].

Ne consegue che, qualora nel corso del giudizio, il consumatore manifesti, anche per implicito, una volontà contraria all’attuazione di tale rimedio, al giudice sarà preclusa la rilevabilità d’ufficio[22].

Volume consigliato

Note

[1] P. Rescigno: Manuale di diritto privato, Novene, Napoli, 1986.

[2] Antonella d’Agostini: Economia degli scambi internazionali: Teoria e tecnica, Egea, 2012.

[3] R. Pardolesi: Clausole abusive (nei contratti dei consumatori): una direttiva abusata?, in www.foro.it, 1994.

[4] Si veda articolo 34, comma 2, d.lgs. 206/2005.

[5] Alessandro Palumbo: La disciplina delle clausole vessatorie, 2017, in www.iusinitinere.it.

[6] Luciano Guaglione: Il contratto: sistema del diritto civile, Giappichelli, 2018.

[7].Caringella, de Marzo: I contratti dei consumatori, Utet Giuridica, 2007.

[8] Cass. civ, n. 19591/2004 in pluris-cedam.utetgiuridica.it.

[9] Vincenzo Cuffaro: op. citata.

[10]Cass. Civ., n. 17083/2013, in pluris-cedam.utetgiuridica.it.

[11] Ivi.

[12] Si veda articolo 36, comma 2, d.lgs. 205/2006.

[13] Si veda articolo 34, comma 3, d.lgs. 206/2005.

[14] Trib. Bari, 21-10-1999, in Corti Bari, Lecce e Potenza, 2000, I, 326; Trib. Roma, 02-08-1997, in Foro it., 1997, I,

3010, con nota di Lener.

[15] Si veda articolo 34, comma 4, d.lgs. 206/2005.

[16] Si veda articolo 34, comma 5, d.lgs. 206/2005.

[17] Cass. civ., n. 24262/2008, in pluris-cedam.utetgiuridica.it.

[18] Ivi.

[19] L.A. Scarano, sub art. 1469-ter, 4°comma, in Le clausole vessatorie nei contratti con i consumatori. Articoli 1469-bis – 1469-sexies del Codice Civile, a cura di G. Alpa – S. PATTI, cit., p. 941 ss..

[20] Ivi..

[21] Trib. Terni, 22.01.2007, GI, 2007, II, 2746.

[22] Paolo Cendon: Commentario al Codice civile, Giuffrè, 2010.

Raffaele Nugnes

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