L’art. 16 del decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012 (“Crescita 2.0”) contiene disposizioni in materia di comunicazioni e notifiche telematiche di cancelleria che, per la verità, non brillano per semplicità espositiva; proviamo, quindi, ad esaminarne i passi principali.
Comma 4: “Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.”
La norma è perentoria: le cancellerie devono usare “esclusivamente” la PEC per comunicazioni e notifiche. Ma quali PEC devono essere utilizzate? L’art. 16 individua le PEC destinatarie delle comunicazioni telematiche non attraverso un riferimento specifico al registro generale degli indirizzi elettronici del processo telematico (c.d. REGINDE), ma mediante un riferimento più generico a “pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni”, secondo la normativa generale sul documento informatico. Pertanto, in base a tale ultimo riferimento, sono già individuabili i seguenti pubblici elenchi: PEC iscritte nel registro delle imprese; PEC che i professionisti comunicano ai propri ordini; PEC di pubbliche amministrazioni iscritte nell’IPA; CEC-PAC di cittadini (occorre peraltro considerare anche le novità introdotte proprio dal decreto Crescita 2.0 e, in particolare, gli istituendi elenchi di cui agli articoli 4 e 5).
Nonostante il REGINDE non sia espressamente citato, per i soggetti abilitati esterni del processo telematico (come gli avvocati) vi sarà comunque una coincidenza tra le PEC comunicate all’ordine e le PEC iscritte nel REGINDE.
Comma 6: “Le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente
mediante deposito in cancelleria.”
La norma si può riferire non solo agli avvocati, ma anche ai CTU che, essendo iscritti in albi, hanno l’obbligo di dotarsi di PEC e comunicarla al proprio ordine professionale (peraltro i CTU potrebbero anche iscriversi autonomamente al REGINDE, qualora il loro ordine non abbia trasmesso l’albo informatico). La norma, tuttavia, avrebbe dovuto sanzionare con il deposito in cancelleria i soggetti che non hanno istituito “e” comunicato la propria PEC, non i soggetti che non hanno istituito “o” comunicato la PEC, perché è ovvio (ed è previsto dalla legge) che non è sufficiente “istituire” la PEC, ma bisogna anche comunicarla.
Comma 7: “Nei procedimenti civili nei quali sta in giudizio personalmente la parte il cui indirizzo di posta elettronica certificata non risulta da pubblici elenchi, la stessa può indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale vuole ricevere le comunicazioni e notificazioni relative al procedimento.”
Si tratta, quindi, di ipotesi in cui l’indirizzo PEC della parte, che sta in giudizio personalmente, non figura in un elenco pubblico: la norma non specifica, peraltro, con quali modalità la parte debba indicare il suo indirizzo PEC che, comunque, sarà utilizzabile solo ai fini di quel singolo procedimento.
Il comma 9 dispone un’articolata decorrenza dell’efficacia delle suddette disposizioni, distinguendo quattro ipotesi:
a) decorrenza dalla data di entrata in vigore del decreto, per comunicazioni e notifiche ai difensori relative ai procedimenti civili pendenti dinanzi a tribunali e corti d’appello che, alla predetta data, sono già stati individuati dai decreti ministeriali previsti dall’art. 51, comma 2, del D.L. 112/2008 (decreti che quindi hanno già accertato la funzionalità dei servizi di comunicazioni telematiche);
b) decorrenza dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione, per comunicazioni e notifiche relative ai procedimenti civili pendenti dinanzi a tribunali e corti di appello che, alla data di entrata in vigore del decreto, non sono stati individuati dai decreti ex art. 51: questi uffici giudiziari, quindi, hanno un tempo maggiore per prepararsi alla esclusività delle comunicazioni tramite PEC, anche perché non sono rodati da precedenti decreti ex art. 51. Da rilevare, anche se l’art. 16 (colpevolmente) non lo precisa, che occorrerà comunque far riferimento, in questi casi, ai decreti emessi ai sensi dell’art. 35 del D.M. n. 44/2001 (regole tecniche del processo telematico) per l’accertarmento della funzionalità dei servizi di comunicazione e l’attivazione dell’indirizzo PEC dell’ufficio;
c) decorrenza dal trecentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione, per comunicazioni e notifiche dirette a destinatari diversi dai difensori nei procedimenti civili pendenti dinanzi a tribunali e corti di appello;
d) decorrenza dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione dei decreti previsti dal successivo comma 10, per le notificazioni nel processo penale a persona diversa dall’imputato e per gli uffici giudiziari diversi da tribunali e corti d’appello.
Il comma 10, quindi, rinvia a successivi decreti del Ministro della giustizia per accertare, previa verifica tecnica, la funzionalità dei servizi di comunicazione delle categorie di uffici di cui alla precedente lettera d), e cioè:
a) uffici giudiziari diversi da tribunali e corti di appello;
b) uffici giudiziari per notificazioni a persona diversa dall’imputato nel processo penale.
Il decreto Crescita 2.0, come sopra precisato, sancisce il principio della esclusività delle comunicazioni telematiche tramite PEC; pertanto, viene meno anche la necessità di mantenere le precedenti analoghe disposizioni di cui all’art. 51 del D.L. 112/2008 che, infatti, sono abrogate dal comma 11 del decreto.
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