Introduzione
Può succedere che tra conviventi more uxorio si mettano a disposizione delle somme per poter intraprendere una convivenza stabile. Somme, ad esempio, che vengono impiegate per l’acquisto del terreno e per la costruzione della casa che costituirà dimora familiare.
Ma cosa succede se dopo aver erogato la somma per i relativi acquisti, la convivenza si scioglie? Il convivente che ha dato la somma per costruire la casa familiare sul terreno di proprietà dell’altro convivente, di cui non risulti traccia in un atto scritto, può ottenere la restituzione della somma se a risultare unico intestatario della casa è l’altro convivente?
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Guida pratica ai contratti di convivenza
La Legge 76 del 2016 disciplina il contratto di convivenza, definito come l’accordo mediante il quale i partner decidono di regolamentare gli aspetti economici della convivenza.Questa nuovissima opera esplica la forma, il contenuto e gli aspetti patrimoniali del contratto di convivenza e chiarisce tutte le criticità del nuovo istituto, fornendo soluzioni ai dubbi più ricorrenti.Completato da un’utile appendice normativa, il testo si pone come uno strumento agile e di immediata utilità per quanti chiamati a confrontarsi con la redazione dei suddetti contratti.Matteo Santini Svolge l’attività di avvocato in Roma, prevalentemente in materia di diritto familiare. Organizzatore e relatore di convegni su argomenti riguardanti la famiglia e i minori.Presidente nazionale del Centro Studi e Ricerche sul Diritto della Famiglia e dei Minori. Autore di numerose pubblicazioni giuridiche. Collabora con diverse riviste giuridiche del settore famiglia.
a cua cura di Matteo Santini | 2017 Maggioli Editore
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Le somme spese per l’acquisto di un terreno e per la costruzione della casa sopra di esso sostenute anche dal convivente non intestatario rientrano nelle obbligazioni naturali?
E’ normale che in una coppia di conviventi, così come nelle coppie sposate si mettano a disposizione della famiglia delle somme di danaro al fine di contribuire alle spese che la vita familiare richiede. Essa infatti necessita diverse spese, basti pensare alle spese per l’affitto, alle spese per il mutuo, alle spese per le bollette ecc..
Quando però la dazione di denaro ad opera del convivente, che è servita per acquistare il terreno e per costruirvi la casa da adibire a dimora familiare, risulta essere piuttosto ingente, ciò complica non poco la questione, se la convivenza cessa, i due si separano e l’altro convivente si rifiuta di restituire le somme versate. Il convivente potrebbe infatti rifiutarsi di restituire le somme date dall’altro convivente adducendo che trattasi di gesto rientrante nel comune dovere morale di contribuire a tutte le spese che fanno parte della vita familiare. Situazione questa non infrequente fra le coppie moderne di oggi che sono soliti compiere queste dazioni così come nel lasciarsi.
L’acquisto di un terreno e della relativa casa possono trovare la loro giusta causa negli obblighi morali così come previsti nelle obbligazioni naturali? L’arricchimento di un soggetto a danno dell’altro costituisce una giusta causa o costituisce una situazione d’indebito?
La giusta causa nella donazione e nell’obbligazione naturale
Prima di giungere alla soluzione, la questione impone d’individuare la giusta causa mettendo a confronto due istituti giuridici: la donazione e l’obbligazione naturale.
La donazione è prevista e disciplinata all’art. 769 c.c., secondo tale articolo si può parlare di donazione quando una parte arricchisce l’altra per spirito di liberalità. Due sono gli elementi essenziali. Il primo è che vi deve essere un incremento nel patrimonio del donatario con conseguente depauperamento del patrimonio del donante e il secondo attiene invece allo spirito di liberalità poiché l’attribuzione del vantaggio patrimoniale o l’arricchimento altrui deve avvenire in piena spontaneità ossia per soddisfare dei propri interessi non patrimoniali. La giusta causa della donazione risiede allora nell’attribuzione spontanea senza che vi sia un corrispettivo, per effetto del solo animus donandi. La differente causa, sarebbe allora ciò che distingue la donazione dall’ obbligazione naturale, in quanto se la dazione in danaro è avvenuta non con spontaneità ma in esecuzione di un dovere morale si è in presenza di un’obbligazione naturale. In questo caso la giusta causa va individuata nell’animus solvendi, ossia nell’esigenza di adempiere ad un obbligo morale che impone di rispettare dei principi etici.
Le obbligazioni naturali sono disciplinate dall’art. 2034 c.c. e non costituiscono degli obblighi giuridici. Ciò significa che non si è tenuti ad adempiere agli obblighi morali ma se nonostante ciò si da esecuzione ad un dovere morale non è poi possibile ottenere la restituzione di quanto spontaneamente prestato.
L’ingiustizia dell’arricchimento quando si può configurare?
Sulla questione in esame è intervenuta la sentenza della Cassazione Civ., Sez. III, n. 14732/18, 7 giugno 2018, che ha introdotto dei precisi parametri di riferimento. Vediamo in cosa consistono.
La Cassazione ha chiarito che nell’ambito della convivenza more uxorio si deve escludere che possa costituire giusta causa l’arricchimento di un convivente avvenuto a seguito di prestazioni che esulano il mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza. Questo significa che un dovere morale può sussistere per ciò che attiene al pagamento delle spese relative all’affitto, alle spese per le bollette, a quelle alimentari e per quelle d’abbigliamento ecc.. ma quando le spese sostenute sono state ingenti rispetto alla condizione economico-patrimoniale del convivente, la notevole sproporzione fa ritenere di aver travalicato il principio della proporzionalità e adeguatezza. (Nella specie, la sentenza n. 14732/18, 7 giugno 2018, la S. C. ha ritenuto operante il principio dell’indebito arricchimento in relazione ai conferimenti di denaro e del proprio tempo libero impegnato in ore di lavoro per la costruzione della casa che doveva essere la dimora comune, conferimenti effettuati da uno dei due partner in vista della instaurazione della futura convivenza. Ciò in considerazione del fatto che il conferimento volontario non era indirizzato a vantaggio esclusivo dell’altro partner che se ne è giovato dopo lo scioglimento del rapporto sentimentale in ragione del principio dell’accessione, principio secondo il quale è possibile incorporare la casa con la proprietà del terreno). Sulla base dunque di quanto espresso dalla S.C. tali spese non possono farsi rientrare nel dovere di solidarietà e di affetto che si è nutrito verso il convivente poiché tali spese sono state sostenute in vista di un progetto comune, per quella che doveva essere la dimora e al fine d’intraprendere una futura convivenza insieme, non quindi con l’intento di avvantaggiare esclusivamente l’altro partner. Viene così di fatto ribaltata la sent. Cass n. 1277 del 22 gennaio 2014 che considerava le somme corrisposte al convivente come un caso di obbligazione naturale.
Si legga anche:”Arricchimento senza causa e prescrizione “
Conclusione
Per le ragioni suddette, per la mancanza dunque di una giusta causa nella diminuzione patrimoniale del convivente, si ritiene che la questione vada fatta rientrare nell’ipotesi d’ingiustificato arricchimento, così come previsto dall’art. 2041 c.c., “Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”. Situazione questa che darà diritto al convivente di rientrare in possesso delle somme da lui corrisposte all’altro convivente.
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Note
- Civ. Sez. III, sentenza n. 14732, 7 giugno 2018.
- Colli, F. Ferri, S. Gennari, I codici civile e penale, ed. la Tribuna 2019.
- Trabucchi, Istituzioni di diritto civile, ed. Cedam 1990.
- Cass Civ. Sez. I, sentenza n. 1277, 22 gennaio 2014
(www.ricercagiuridica.com/sentenze/sentenza.php?num=4149)
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