Le direttive dell’ Organizzazione Mondiale della Sanità
Sin dagli Anni Quaranta del Novecento, l’ Organizzazione Mondiale della Sanità ( OMS ) ha meticolosamente monitorato e supervisionato l’ uso potenziale delle droghe vegetali lecite nell’ ambito della Farmacologia. Dunque, anche l’ OMS ha sempre distinto e distingue, nel contesto dei preparati psicotropi, il normale utilizzo terapeutico, da un lato, e, dal lato opposto, il fuorviante impiego ludico-ricreativo. In buona sostanza, come dichiarato dall’ OMS, nel 1978, durante la Conferenza di Alma Ata, “ non si può prescindere dalla considerazione che gran parte della popolazione dei Paesi in via di sviluppo, circa l’ 80 %, non ha accesso ai farmaci della medicina ufficiale per motivi economici, logistici e culturali, e per questo ricorre ai rimedi della medicina tradizionale “. Quindi, sin dagli Anni Settanta del Novecento, la ratio perseguita dall’ OMS non è quella di eliminare la coltivazione e la produzione chimica degli stupefacenti tradizionali, bensì la finalità ultima consiste nel veicolare, se e quando possibile, le droghe vegetali all’ interno del contesto serio e scientifico della medicina ufficiale; e ciò alla luce della considerazione che, in ultima analisi, la maggior parte dei prodotti medicinali, compresi quelli da banco, è costituita da smart drugs legalizzate. A tal fine, la XXXI Assemblea mondiale della sanità, sempre nel 1978, ha incaricato il Direttore generale dell’ OMS di classificare le droghe vegetali primitive, rituali o semi-tribali al fine di poter estrarre farmaci ordinari da piante con effetti psicoattivi benefici e non solamente ludico-ricreativi. D’ altronde, basti pensare alle centinaia di preparati curativi estraibili dal papavero da oppio coltivato in Asia. Ogni stupefacente erbaceo di solito nasconde delle buone peculiarità impiegabili in un normale contesto medico. A tutt’ oggi, l’ OMS e, più specificamente, il Comitato per le piante medicinali, ha catalogato circa 230 piante non nocive in ambito medico e sono in corso di analisi altre 12.000 specie vegetali munite di un probabile discreto effetto terapeutico. In altre parole, come specificato dall’ OMS, nel 1980, durante la Conferenza di Pechino, è definibile come pianta medicinale “ ogni vegetale che contiene, in uno o più dei suoi organi, sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici o preventivi, o che sono precursori di emi-sintesi chemio-farmaceutiche “. Pertanto, la medicina scientifico-sperimentale non demonizza le smart drugs, a condizione che esse non siano unicamente volte alla soddisfazione, inutile e pure pericolosa, di finalità tossicovoluttuarie auto-lesive anziché curative o positivamente sedative. L’ OMS, nell’ ultima cinquantina d’ anni, ha effettuato una mappatura pressoché onnicomprensiva delle herbal ecstasy psicotrope asiatiche, soprattutto grazie all’ archivio informatico Napralert, predisposto dall’ Università dell’ Illinois. P.e., grazie al “ saving lives by saving plants “, la medicina verde tradizionale della Thailandia e delle Filippine è stata epurata dagli inutili profili magico-rituali e questo ha consentito la (ri)scoperta di stupefacenti assai utili sotto il profilo terapeutico ed analgesico. L’ importante, come sottolineato dall’ OMS nel Congresso di Manila del 1993, “ è selezionare le piante dotate di efficacia e di sicurezza tali da essere utilizzate dai sistemi sanitari nazionali, in particolare nei Paesi poveri, nei quali le medicine naturali sono spesso le uniche reperibili “. Nel 1991 e nel 1996, l’ OMS ha pubblicato le cc.dd. “linee guida per la buona fabbricazione dei medicinali vegetali “. Ciò dimostra che la Farmacologia occidentale e nord-americana non è aprioristicamente contraria alle smart drugs, purché il loro utilizzo, la loro sintesi, il loro taglio ed il loro dosaggio siano svincolati dalle suggestioni inutili della magia e della ritualità. P.e., esistono, in epoca attuale, ottimi usi antidolorifici dei precursori della cocaina, ma tale realtà è ormai completamente sciolta dalle superstizioni psico-fisicamente dannose degli antichi popoli pre-colombiani. Analoga osservazione vale pure per la morfina, per l’ efedrina e per un gran numero di vegetali anticamente connessi al mondo della stregoneria primitiva. Sempre a tal proposito, nell’ ambito delle droghe vegetali, le linee guida dell’ OMS del 1993 hanno proposto “ seri criteri per stabilire la qualità del materiale vegetale, per determinare la [ eventuale ] tossicità delle piante e per condurre studi farmacologici, farmaco-dinamici e clinici “. Nel 2004, la “ medicina verde “ è stata ulteriormente regolamentata, sempre a cura dell’ OMS, grazie alle “ Guideline for assessing the safety and quality of herbal medicines with reference to contaminants and residues “.
La Legislazione dell’ Unione Europea.
Come nel caso dell’ OMS, anche l’ UE non reca alcun pregiudizio nei confronti delle erbe psicotrope con finalità terapeutiche. Tale atteggiamento scientificamente inclusivo è confermato, nell’ UE, dalle centinaia di migliaia di fitofarmaci muniti di regolare autorizzazione all’ immissione in commercio ( AIC ). In origine, nel Diritto Comunitario europeo, la Direttiva 65/65/CEE ha abbozzato il primo prototipo di AIC afferente alle cc.dd. “ specialità medicinali di origine vegetale“, ma la di poco successiva Direttiva 75/318/CEE ha introdotto criteri financo troppo rigidi, ogniqualvolta l’ erba medicinale psicoattiva e/o le miscele di droghe vegetali si dimostrino non sufficientemente sicure sotto il profilo degli eventuali effetti collaterali indesiderati. In effetti, come rimarcato, nel 1995, dall’ European Medicine Evaluation Agency, “ è noto che i farmaci vegetali, per la complessità e la variabilità della loro composizione chimica, presentano problemi di standardizzazione e di riproducibilità degli effetti biologici, dipendenti dalla loro stessa natura. Accanto ai vantaggi del fitocomplesso si evidenziano spesso problemi legati alla qualità delle materie prime vegetali, in particolare per la presenza di contaminanti ( aflatossine, antiparassitari, metalli pesanti e radionuclidi ), impurezze che possono non essere contemplate dalle monografie della Farmacopea Europea [ … ]. Per contro, moltissime droghe vegetali hanno un impiego tradizionale consolidato ed hanno dimostrato validità terapeutica anche in assenza di studi clinici specifici “. Ognimmodo, a livello di ratio, le Direttive UE 65/65/CEE e 75/318/CEE sono comunque state basilari nell’ ammettere, più o meno esplicitamente, che è innegabile il ruolo prezioso degli stupefacenti vegetali legali per usi medici. La popolazione europea, specialmente negli Anni Duemila, ha manifestato un notevole interesse nei confronti dei prodotti erboristici psicotropi, i quali, in effetti, non recano soltanto un mero ruolo ludico-ricreativo o tossicovoluttuario. Più specificamente, molti hanno fatto notare che l’ erboristeria ha un ruolo privilegiato nel contesto sociale della Germania, ove il tessuto nazional-popolare predilige le cure alternative a base di erbe medicinali, con e senza effetti psicoattivi. Oppure ancora, sempre nel contesto del Diritto Comunitario, si ponga mente al Commitee for Proprietary Medicinal Products ( CPMP ), il quale, in applicazione della Direttiva 75/318/CEE, ha legalizzato un numero enorme di “ erbe curative “ contenenti stupefacenti molto utili dal punto di vista terapeutico, analgesico o ricostituente. La popolazione europea, anche in epoca contemporanea, reca un’ attenzione non secondaria e non deprecabile nei confronti delle droghe vegetali legalizzate e munite di regolare AIC. Il problema di fondo rimane, in ogni caso, l’ accertamento preventivo degli effetti collaterali, ma un’ eccessiva prudenza rischia di frustrare l’ enorme mercato connesso alla commercializzazione dei medicinali “ verdi “, che non sono sempre o solo nocivi, come dimostra il gigantesco e legittimo settore delle erboristerie professionali munite di regolare licenza. Finalmente, il Parlamento europeo, con la Risoluzione recante data 16/10/1987, accoglieva e giuridificava gli entusiasmi popolari nei confronti delle fitomedicine, che assurgevano al rango di veri e propri farmaci, dispensabili sia nelle farmacie sia nelle parafarmacie. Inoltre, nel 1989, la Commissione delle Comunità Europee ha dato piena realizzazione alla Direttiva 75/318/CEE, con la conseguente legalizzazione delle “ vegetables drugs prepations “. Dopo quasi mezzo secolo di inutile proibizionismo, l’ UE riconosceva il diritto del cittadino all’ auto-medicazione a base di sostanze psicotrope alternative, con il solo limite della presentazione di ricetta medica nel caso delle droghe vegetali potenzialmente accompagnate da controindicazioni serie e pesanti. Anche la nuova Direttiva 89/341/CEE liberalizzava i farmaci vegetali, in tanto in quanto il consociato non reca il dovere di sottomettersi ad una medicina tradizionalista e dittatoriale che mortifica la libera scelta in ambito curativo. A tal proposito, il diritto alla medicazione alternativa o c.d. “ green “ è stato sancito pure nella Sentenza della Corte di Giustizia europea del 28/10/1992, la quale asserisce che “ bisogna inquadrare gli herbal remedies tra i medicinali in senso proprio [ … ] un prodotto vegetale, raccomandato o descritto con attività profilattica o terapeutica, deve essere considerato un medicinale, anche se viene generalmente utilizzato in campo alimentare e non sono ancora stati dimostrati effetti terapeutici “. Viceversa, purtroppo, la Legislazione e la Giurisprudenza di legittimità, nell’ Ordinamento giuridico italiano, tendono a dilatare ultra vires i diritti del consumatore, ma, in definitiva, mortificano poi le legittime istanze di autonomia del paziente che intenda percorrere un cammino terapeutico non tradizionale. L’ Italia dei diritti per tutti confonde, in tema di droghe vegetali curative, la prudenza con la paura, nel nome di una medicina spavalda ed onnipotente.
Il Diritto europeo degli Anni Duemila in tema di sostanze stupefacenti vegetali legali ed impiegabili per usi terapeutici. ( Direttive 2001/83/CE, 2003/63/CE e 2004/24/CE )
Dopo una trentina d’ anni di aporie interpretative, finalmente, in data 06/11/2001, a seguito della Direttiva 2001/83/CE, è stato predisposto il Codice Comunitario dei medicinali per uso umano, che giuridifica, anzitutto e soprattutto, le sostanze psicoattive “ herbal “ per uso medico. Anzi, per disposizione espressa della Direttiva 2001/83/CE, tale Codice ha abrogato le confuse e malcoordinate Normazioni comunitarie pregresse. Un paio d’ anni dopo, il predetto Codice è stato novellato dall’ altrettanto basilare Direttiva 2003/63/CE, la quale ha disposto che “ per i medicinali a base di erbe, dettagliate informazioni devono essere fornite dal richiedente, riguardo alla nomenclatura della sostanza o del preparato a base di erbe, indicando eventuali solventi di estrazione, la forma fisica, la descrizione dei componenti con riconosciute proprietà terapeutiche o dei marcatori ( formula molecolare, massa molecolare relativa, formula di struttura, compresa la stereochimica relativa ed assoluta ) e di eventuali altri componenti “. In buona sostanza, per massimizzare la tutela del consumatore, la Direttiva 2003/63/CE impone che l’ etichetta nonché il foglio illustrativo del farmaco a base di erbe potenzialmente / sistematicamente psicoattive indichino, con la massima trasparenza:
- le generalità del fabbricante ( nome, indirizzo, sede sociale, nominativo degli eventuali appaltatori, sede degli impianti di trasformazione e luogo di fabbricazione e di confezionamento )
- le informazioni cc.dd. “ adeguate “ sulla produzione e sulla raccolta della pianta ( luogo d’ origine, metodi di coltivazione, modi di raccolta, essiccazione e conservazione )
- lo sviluppo delle medicine a base di erbe ( vie di somministrazione e di uso proposto, composizione fitochimica della/delle sostanza/e e principi attivi presenti nel fitofarmaco )
- l’ indicazione completa delle materia prime vegetali [ realmente, ndr ] presenti nella medicina erboristica
- l’ indicazione numerica o alfanumerica del lotto, per rendere più agevoli eventuali ritiri dal mercato delle farmacie e/o delle parafarmacie
- l’ indicazione farmacologica e chimica dei principi attivi della fitomedicina e il riassunto completo dei possibili effetti collaterali.
Senza dubbio, la Direttiva 2003/63/CE reca il lodevole merito di aver equiparato la medicina “verde“ a quella fondata su principi attivi non vegetali, in tanto in quanto anche un farmaco di origine erboristica è in grado di generare effetti, curativi o meno, di tipo stupefacente, psicotropo, psicoattivo o allucinogeno. Anzi, la Direttiva 2004/24/CE ha esteso i predetti obblighi, ex Direttiva 2003/63/CE, anche ai cc.dd. “ medicinali vegetali tradizionali “, che, sino al 2004, si nascondevano, più o meno esplicitamente, dietro la fasulla equazione “ green: dunque non dannoso“. Le Direttive 2001/83/CE, 2003/63/CE e 2004/24/CE recano l’ encomiabile merito di aver riconosciuto la natura medica dei preparati alternativi di origine erboristica, giacché la composizione vegetale di un farmaco non è per nulla sinonimo di innocuità tossicologica. P.e., sia consentito a chi scrive, a titolo paradigmatico, di far notare che anche il papavero da oppio è, a tutti gli effetti, un’ ordinaria pianta perfettamente coltivabile ed altrettanto perfettamente trasformabile.
Tuttavia, la Direttiva 2004/24/CE ha dovuto affrontare, a livello sia definitorio-autentico sia pragmatico-operativo, lo spinoso problema dei medicinali vegetali tradizionali, che, ai sensi della predetta Direttiva 2004/24/CE, “ sono [ popolarmente ed erroneamente, ndr ] concepiti come medicinali di auto-medicazione, somministrabili solo per uso orale, esterno od inalatorio, [ … ] [ e un medicinale vegetale tradizionale ] è definibile come tradizionale quando questo prodotto è impiegato da oltre 30 anni, di cui almeno 15 nell’ ambito dei Paesi dell’ UE. Durante questo periodo [ ex Direttiva 2004/24/CE ] il prodotto deve aver dimostrato di non essere nocivo, nelle condizioni d’ uso indicate, e i suoi effetti farmacologici o la sua efficacia devono risultare verosimili in base alla composizione dichiarata e all’ impiego di lunga durata. L’ AIC sarà rilasciata dall’ autorità competente dello Stato membro interessato a richiedenti stabiliti nell’ Unione Europea “. Giustamente e pertinentemente, come già nel caso delle Direttive 2001/83/CE e 2003/63/CE, anche i medicinali vegetali cc.dd. “ tradizionali “, ai sensi della Direttiva 2004/24/CE, sono equiparati a qualunque altro preparato stupefacente erboristico ad uso terapeutico o preventivo. Per conseguenza, la richiesta di AIC deve sempre contemplare l’ indirizzo del produttore, il foglio illustrativo, al descrizione dei metodi di fabbricazione, i risultati delle prove chimiche, biologiche e microbiologiche, la certificazione di una commissione medica e, come normale, l’ indicazione dei possibili effetti collaterali. Di nuovo, dunque, si conferma la perfetta e prudente equipollenza medico-legale tra medicinali di sintesi e medicinali vegetali, in tanto in quanto la natura erboristica del prodotto non significa che esso sia automaticamente ed apoditticamente privo di eventuali effetti indesiderati.
La nuova Normazione introdotta dalla Direttiva 2004/24/CE ha imposto, per tutti i fitofarmaci, che il foglio illustrativo rechi la seguente formula: “ questo prodotto è un medicinale vegetale [ … ] da utilizzare per una o più indicazioni specifiche [ … ] l’ utilizzatore dovrebbe consultare un medico o un operatore sanitario qualificato nel caso di persistenza dei sintomi durante l’ impiego del medicinale in questione o qualora insorgano effetti collaterali negativi non riportati nel foglietto illustrativo “. Come si può notare, la Direttiva 2004/24/CE, di nuovo, sempre e comunque, demolisce il mito fuorviante e new age dei prodotti erboristici ontologicamente privi di controindicazioni soltanto perché contenenti sostanze vegetali. Il farmaco “ herbal “ può essere anch’ esso gravemente dannoso, al pari delle preparazioni terapeutiche sintetiche. In effetti, la Direttiva 2004/24/CE ha appositamente istituito il Comitato europeo dei medicinali vegetali ( HMPC ), composto da medici nominati da ciascuno Stato membro dell’ UE. Come previsto dalle Norme statutarie, l’ HMPC “ redige le monografie comunitarie per i prodotti di origine vegetale [ … ] per l’ armonizzazione dei requisiti in materia di qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali di origine vegetale [ … ]. Il Comitato ha il compito di redigere un elenco comunitario di droghe vegetali i cui requisiti consentono l’ accesso all’ AIC “.
Sempre per ri-affermare l’ equipollenza tra medicina verde e medicina jure stricto, può essere utile la definizione del lemma “ medicinale “ contenuta nell’ Art. 1 Direttiva 2004/27/CE ( Gazzetta Ufficiale dell’ UE – 30/04/2004 ). Ovverosia:
“ Medicinale [ non ad uso veterinario, ndr ] è
- ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o
profilattiche delle malattie umane; o
- ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’ uomo o
somministrata sull’ uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni
fisiologiche, esercitando un’ azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di
stabilire una diagnosi medica “
Dall’ Art. 1 Direttiva 2004/27/CE emerge la perfetta coscienza medico-forense del Legislatore europeo circa i potenziali pericoli tossicologici dei medicinali stupefacenti di origine erboristica. Non esistono medicinali “ bio “ o “ naturals “ privi di conseguenze psicofisiche. D’ altronde, nei propri Lavori Preparatori, la stessa Direttiva 2004/27/CE afferma, senza mezzi termini, che “ ogni sostanza vegetale di cui sia documentabile un uso medicinale per un periodo prolungato deve essere inquadrata tra i medicinali e non tra gli alimenti [ … ] bisogna avere dei riferimenti certi nel tracciare una linea di demarcazione tra il settore alimentare e l’ area medicinale [ … ] l’ UE deve favorire l’ uso razionale dei farmaci vegetali, caratterizzati e valutati in maniera adeguata alla loro natura [ … ] per permettere, nell’ UE, la libera circolazione di prodotti vegetali più sicuri, con vantaggio sia per i produttori sia per la salute dei cittadini “.
Le nazioni europee “ apripista “ in tema di medicina verde: la Germania, la Francia ed il Regno Unito.
La Germania è senza dubbio lo Stato con la più radicata tradizione nazional-popolare in tema di medicina verde. L’ utilizzo di sostanze psicotrope di origine erboristica è considerato perfettamente ordinario, non ozioso e legittimo. La prima giuridificazione dei fitofarmaci risale all’ Arzneimittelgesetz del 1978, la quale imponeva la registrazione formale dei farmaci vegetali, tradizionali e non, entro il 1990. In tale anno, l’ Ordinamento tedesco ha istituito anche la Kommission E, composta da 24 medici specializzati in terapie alternative con medicinali non sintetici. La predetta Commissione di vigilanza ha curato ben 300 monografie in tema di droghe erboristiche. Ogni sostanza è stata studiata a livello di costituzione chimica, proprietà farmacologiche, farmacocinetica, tossicologia, indicazioni, controindicazioni, effetti indesiderati, interazioni con altre sostanze, posologia e modalità d’ impiego. Queste 300 monografie della Kommission E sono periodicamente aggiornate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale federale. Esse costituiscono uno strumento pratico tutt’ oggi imprescindibile per medici, farmacisti ed erboristi laureati, specialmente perché, nel contesto sociale tedesco, la medicina verde è percepita come una disciplina utile e non velleitaria. Qualora la smart drug non sia stata ancora sufficientemente censita, il foglio illustrativo reca la seguente formula: “ non essendo dimostrata l’ attività di questa droga per le indicazioni proposte, non può essere sostenuto l’ impiego terapeutico “. Ognimmodo, nella Medicina Legale tedesca, sono poche le sostanze psicoattive vegetali radicalmente e categoricamente vietate. Grazie alle Ricerche della Kommission E, oggi, nelle farmacie e nelle parafarmacie tedesche, sono commerciabili circa 148.000 herbal remedies. Con la nuova Normativa del 1994, altre 5.000 droghe vegetali sono state immesse nel commercio, e ciò anche in conformità alla Direttiva UE n. 65/65/CEE. Senza dubbio, il Sistema tedesco manifesta una fiducia pressoché sconfinata nei confronti dei preparati psicotropi vegetali, molti dei quali atavicamente tradizionali nella civiltà teutonica.
Il secondo Ordinamento europeo assai sensibile in tema di smart drugs è quello della Francia. L’ Art. L 601 del Codice della Salute Pubblica statuisce che “ tutti i medicinali a base vegetale fabbricati industrialmente, prima della commercializzazione o anche della loro distribuzione a titolo gratuito, devono ottenere l’ autorizzazione di immissione sul mercato “. Fanno eccezione i fitofarmaci di lunga tradizione, in tanto in quanto per tali preparati è sufficiente un nulla osta in forma abbreviata. Basti pensare che, dal 1990, la Francia ha legalizzato ben 174 droghe vegetali, molto diffuse ed apprezzate, presso la popolazione, per finalità terapeutiche o analgesiche. Nell’ ultima trentina d’ anni, nelle farmacie e nelle parafarmacie francesi, è cresciuto esponenzialmente il numero dei nuovi farmaci psicotropi a base erboristica. Nel 1998, il Ministero dell’ impiego e della solidarietà ha pubblicato 5 Tabelle giuridificanti le smart drugs. Nella Tabella I sono indicati i principi attivi legalizzati, nella Tabella II si disciplina l’ AIC, nella Tabella III si descrivono le associazioni farmacologiche e chimiche non proibite, nella Tabella IV sono contemplate le droghe lassative e, infine, nella Tabella V si commentano le categorie terapeutiche legali non pericolose. Tuttavia, negli Anni Duemila, anche in Francia, la Tossicologia Forense è chiamata al difficile compito di distinguere i farmaci vegetali in senso proprio dagli integratori alimentari a base di erbe.
Nel Regno Unito, le droghe vegetali non proibite sono alienabili nelle farmacie, ma anche nei “ negozi di alimenti salutari “ e financo nei supermercati. Ciononostante, è molto attiva la zona ambigua della vendita online. Purtroppo, in territorio inglese, non mancano numerosi decessi cagionati da mix letali di herbal ecstasy spacciata alla stregua di un semplice farmaco verde apparentemente innocuo e privo di effetti collaterali. Inoltre, nella Common Law del Regno Unito, la vendita di piante officinali è eccessivamente libera e, anzi, incontrollata. Nel 1991, dopo la Direttiva UE n. 75/318, i fitofarmaci autenticamente legali si sono ridotti a circa 600 composti, ma l’ uscita dall’ UE dell’ Inghilterra sta creando nuovi e confusi scenari normativi e medico-legali. Molto utile, nel 1997, è stato l’ aggiornamento della British Herbal Pharmacopoeia, ma , a livello empirico, regna, nel bene o nel male, un’ anarchia quasi completa, nel nome dei diritto all’ automedicazione di ciascun cittadino. In teoria, esiste l’ obbligo di licenza, ma si tratta di un controllo morbido e lassista.
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