Le finzioni giuridiche nel diritto moderno e common law

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Diritto moderno

Con il diritto moderno, muta la prospettiva di considerazione della fictio iuris, che si trova al centro di due opposte tendenze: i favorevoli ed i contrari.

I fautori sostengono che le finzioni giuridiche sono ammesse, addirittura necessarie, nell’ordinamento giuridico. L’assunto viene giustificato in modi diversi: Savigny sostiene che, giacchè la realtà giuridica trova come presupposto la volontà dello spirito popolare, la finzione serve proprio a questa volontà per riconoscere e controllare la realtà giuridica1; secondo Jhering la fictio iuris è necessaria alla costruzione giuridica2; Gény evidenzia che nella realtà giuridica la finzione svolge un ruolo tecnico, che permette di andare incontro ad alcune esigenze altrimenti difficilmente tutelabili3;

Gli avversari negano la possibilità che l’ordinamento giuridico contempli finzioni giuridiche. La posizione è variamente motivata: alcuni fanno leva sul fatto che, dal momento che in questo periodo vedono la luce le prime codificazioni – in primis quella napoleonica -, che aborrono il linguaggio comune e prediligono i termini tecnici, le finzioni giuridiche devono essere bandite dall’ordinamento giuridico, in quanto affette da un margine di incertezza; secondo Bentham, la realtà giuridica è un insieme di norme qualificate per il loro contenuto e per l’organo che le ha emanate ed in tale concezione non c’è posto per le finzioni giuridiche, perché finiscono per scindere la validità logica da quella formale, fatto non contemplabile in un ordinamento che voglia essere dotato di razionalità4; nell’opinione dei formalistici della Scuola dell’Esegesi, le finzioni giuridiche rischiano di causare un eccessivo allargamento interpretativo delle norme fissate dal legislatore, contrastando con il principio fondamentale – quello del legalismo – che dovrebbe essere alla base di ogni sistema giuridico; gli antiformalistici vedono le finzioni come un ostacolo allo sviluppo del diritto libero.

Alla fine il sistema giuridico aderisce ad una posizione intermedia: condanna le finzioni giudiziali, ma accoglie a braccia aperte le finzioni legislative: con la conseguenza che <<la fictio perde del tutto il ruolo creativo, divenendo un puro mezzo di coordinamento sistematico>>5. Peraltro, bisogna sottolineare come questa tendenza stia subendo un’inversione di marcia: talvolta, a causa del settore giuridico di riferimento, come nel caso del diritto amministrativo, fin dalla sua nascita proclive a fondarsi su regole giuridiche di elaborazione giurisprudenziale, anche fittizie; altre volte, a causa di esigenze di effettività ed aequitas, resesi necessarie alla luce dell’ingiustizia del sistema normativo, spesso causata da un lavoro di legislazione non sempre attento e puntuale.

Common law

Anche il mondo di common law era permeato da finzioni giuridiche, soprattutto giudiziali6.

Se il proprietario di un bene mobile (Tom) veniva spogliato del possesso da un terzo (Dick), allora Tom poteva agire contro Dick solo tramite un procedimento petitorio alquanto macchinoso. Per porre rimedio a questa potenziale mancanza di tutela, i giudici escogitarono una legal fiction: in pratica, cominciarono a fingere che il convenuto autore dello spoglio avesse, non già sottratto, quanto trovato il bene dell’attore e permisero a quest’ultimo di agire con una più agevole action of trover.

Ancora, come non menzionare la sentenza con la quale una Corte inglese, per determinare la competenza, finse che l’isola di Minorca fosse una parte della città di Londra7.

In passato, in Inghilterra, i termini family e liability non avevano – e non dovevano avere – alcuna interiazione, in ossequio all’antico detto secondo cui i panni sporchi si lavano in casa (giunto fino ai giorni nostri, ma oramai privo di valore, dato il crescente numero di controversie endofamiliari che finiscono nelle aule di giustizia). Per evitare la c.d floodgate argument – ovvero la moltiplicazione dei dissidi familiari – la teoria dell’interpousal immunity prevedeva che tra coniugi esistesse una sorta di immunity, che trovava la sua legittimazione proprio in una finzione: infatti, con il matrimonio, i coniugi diventavano un’unica persona – unity of person oppure oneness husband and wife – e perdevano la possibilità di agire l’uno contro l’altro per ottenere il risarcimento dei danni. Questa finzione legislativa venne abolita formalmente dai Married Women’s property acts, che riconoscevano la proprietà separata della donna, ma acquisì un’autonomia concettuale tale da divenire finzioni consuetudinaria, tanto che continuò a trovare larga applicazione sorretta dall’esigenza di public policy di tutela della serenità familiare. Fu eliminata sostanzialmente il Law reform husband and wife act del 1962, che – curiosamente – finì per introdurre una nuova finzione legislativa, concedendo ai coniugi di agire in giudizio l’uno contro l’altro come se non fossero sposati.

Sempre in terra inglese, i giudici penali erano consueti a dichiarare che il valore della refurtiva era di 20 scellini, sebbene in realtà fosse ben superiore, sì da evitare l’applicazione di quella norma giuridica in base alla quale per i furti superiori a tale somma era prevista la pena capitale8.

Ancora, dava luogo a finzione lo stratagemma processuale del bill of Middlesex (= ricorso del Middlesex), in quale al quale <<la Corte del King’s Bench acquisiva la competenza a giudicare di qualsiasi azione personale nei confronti di individui che, secondo la – falsa, ma incontestabile – allegazione degli attori, avessero altresì commesso un trespass to land nella contea di Middlesex>>9.

 

1 SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale (trad. di v. Scialoja), Napoli, 1840.

TODESCAN, Diritto e realtà. Storia e teoria della fictio iuris, Padova, 1976, 456 ss.

2 JHERING, L’esprit du droit romain (trad. di O. de Meulanaere), Parigi, 1990, 90.

3 GÉNY, Science et technique en droit positif. Nouvelle contribution à la critique de la methode giuridique, Parigi, 1921, 260.

4 BENTHAM, Teoria delle finzioni, trad. it. a cura di Petrillo, Napoli, 2001.

5 D. BERARDI, L’avveramento fittizio della condizione, Scuola di dottorato di ricerca in giurisprudenza, Dipartimento di storia e filosofia del diritto e diritto canonico, Università degli studi di Padova, 2000, 20.

6 H.S.MAINE, Ancient Law. Its Connection with the Early History of Society, and Its Relation to Modern Ideas, New York, Holt, Third American – from fifth London edition, cap.II, 1861.

L.L.FULLER, Legal Fictions, Stanford, Stanford UP, 1967, 12.

J.H.BAKER, An Introduction to English Legal History, London, Butterworths, second edition, 1979, 175-176.

A.GAMBARO, Finzione giuridica nel diritto positivo, in Digesto, IV Edizione, vol. VIII Civile, 1992, 345.

7 L.L.FULLER, Legal Fictions, Stanford, Stanford UP, 1967, 18.

8 H.S.MAINE, Ancient Law. Its Connection with the Early History of Society, and Its Relation to Modern Ideas, New York, Holt, Third American – from fifth London edition, cap.II, 1861.

9 P.CHIASSONI, Finzioni giudiziali, Progetto di voce per un vademecum giuridico, 2001, 72.

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