Le formalità per l’emissione del foglio di via

sentenza 22/04/10

La misura di prevenzione dell’allontanamento dal territorio di un Comune con foglio di via obbligatorio – disciplinata dall’art. 2 della legge n. 1423/56 – ha quale presupposto la pericolosità sociale del destinatario della misura stessa, il quale si trovi fuori dal luogo di sua residenza.

La legge non richiede che tale misura sia preceduta dall’avviso orale (di cui all’art. 4, l.n. 1423 cit.) mentre un discorso diverso deve farsi per la comunicazione di avvio del procedimento, regolamentata in via generale dall’art. 7 della legge n. 241/90.

In particolare, nell’adottare la menzionata misura di cui all’art. 2 della legge n. 1423/56 l’amministrazione di pubblica sicurezza non è per definizione esentata dall’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento.

In termini assoluti, non può infatti sostenersi che alle garanzie della partecipazione procedimentale restino ontologicamente sottratti i provvedimenti che indicono pur sempre su diritti costituzionalmente tutelati; dunque, la comunicazione di avvio può venire omessa purché ricorrano quelle ragioni di impedimento che lo stesso art. 7 legge n. 241/90 individua ai fin della deroga.

N. 00956/2010 REG.SEN.

N. 00103/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 103 del 2008, proposto da:
*********************, rappresentata e difesa dagli avv.ti Settimo Del Freo e **************, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. ************* in Firenze, via dei Servi 38;

contro

Ministero dell’Interno, Prefettura di Pisa, Questura di Pisa, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la cui sede sono domiciliati per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;

nei confronti di

***********;

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia,

a) del provvedimento del Prefetto della Provincia di Pisa dell’8 ottobre 2007, prot. n. 1677/2007 – 12b.4 Area I, notificato in data 8 novembre 2007, con il quale è stato respinto il ricorso gerarchico proposto in data 27 luglio 2007 alla ricorrente avverso il provvedimento del Questore di Pisa del 6 luglio 2007 di cui alla seguente lett. b);

b) del provvedimento del Questore della Provincia di Pisa del 6 luglio 2007, notificato in pari data con il quale è stato fatto divieto alla ricorrente di soggiornare e circolare nel Comune di Pisa per la durata di tre anni a decorrere dalla notifica dello stesso ed è stato imposto di lasciare immediatamente il Comune di Pisa;

di tutti gli atti e provvedimenti connessi, presupposti, conseguenti, precedenti e/o successivi, ancorché non conosciuti, ivi espressamente compresi, per quanto occorrer possa:

della nota del 31 luglio 2007, prot. n. 1366/07 – 12b.4 Area I, della Prefettura di Pisa relativa alla richiesta di controdeduzioni alla Questura di Pisa in ordine al ricorso gerarchico presentato dalla ricorrente in data 27 luglio 2007;

della nota del 1 ottobre 2007, prot. n. 1677 – CAT X – Div. P.A.C., della Questura di Pisa contenente controdeduzioni in ordine al ricorso gerarchico presentato dalla ricorrente in data 27 febbraio 2007;

degli atti relativi all’attività investigativa della polizia cui fa riferimento nel provvedimento del 6 luglio 2007 e nella nota del 1 ottobre 2007 entrambi del Questore di Pisa.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, della Prefettura di Pisa e della Questura di Pisa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 gennaio 2010 il dott. **************** e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso notificato il 7 e depositato il 17 gennaio 2008, ********************* proponeva impugnazione avverso il provvedimento del 6 luglio 2007, mediante il quale il Questore di Pisa le aveva fatto divieto di soggiornare e circolare nel Comune di Pisa per la durata di tre anni, con ordine di lasciare immediatamente il territorio di quel Comune, nonché avverso il successivo decreto prefettizio dell’8 ottobre 2007, di rigetto del ricorso gerarchico proposto contro il predetto provvedimento questorile. La ricorrente, affidate le proprie doglianze a cinque motivi in diritto, concludeva per l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensiva.

Costituitisi in giudizio, per resistere al gravame, il Ministero dell’Interno unitamente alla Prefettura ed alla Questura di Pisa, con ordinanza del 30 – 31 gennaio 2008 il collegio accordava alla ricorrente la misura cautelare richiesta.

Nel merito, la causa veniva discussa e trattenuta per la decisione nella pubblica udienza del 21 gennaio 2010, preceduta dall’acquisizione delle integrazioni istruttorie disposte dal collegio con ordinanza del 9 dicembre 2009.

DIRITTO

Come riferito in narrativa, la controversia ha per oggetto il provvedimento del 6 luglio 2007, con cui il Questore di Pisa ha ordinato alla ricorrente *********************, ai sensi degli artt. 1 e 2 della legge n. 1423/56, di lasciare immediatamente il territorio del Comune di Pisa, con foglio di via obbligatorio e divieto di farvi ritorno per la durata di tre anni. La motivazione della misura trae spunto da una serie di denunce penali a carico della ricorrente per molestie e tentata violenza privata nei confronti del dott. ***********, odierno controinteressato, e nel rilievo secondo cui le azioni poste in essere dalla ************* in danno del predetto **** – appostamenti prolungati per ore ed ore – sarebbero tali da turbare la tranquillità pubblica e il regolare svolgimento delle attività umane nella zona cittadina che ne è teatro. Il gravame è altresì esteso al successivo decreto dell’8 ottobre 2007, ove, il Prefetto di Pisa, nel respingere il ricorso gerarchico proposto dalla ************* contro il provvedimento questorile, osserva come la pericolosità sociale della ricorrente si fondi non tanto sulle denunce penali a suo carico, quanto sull’accertamento di specifici comportamenti e condotte moleste in danno del predetto dott. ****, iniziati sin dal 2004 e oggetto di segnalazioni all’autorità giudiziaria.

Secondo la ricorrente, per una corretta ricostruzione della vicenda che ha dato luogo all’adozione dei provvedimenti impugnati deve risalirsi al dicembre del 2003, quando ella si sottopose ad un intervento di protesi dentaria presso lo studio del dott. ****, odontoiatra. A partire dai mesi immediatamente successivi all’impianto della protesi, la ************* sostiene di aver sofferto di gravi disturbi fisici, quali affaticamento, nausea, cefalee, disturbi respiratori e dolori intestinali, culminati in un episodio di collasso cardiocircolatorio e dovuti alla presenza di una notevole quantità di arsenico nell’organismo, come accertato a seguito degli esami clinici del caso. Insospettita dalla coincidenza temporale fra l’intervento protesico e l’inizio delle sue sofferenze, la ricorrente narra di aver fatto rimuovere l’impianto dentale, onde analizzarne il contenuto, e di aver così scoperto che esso conteneva arsenico, causa di tutti i disturbi patiti; alla luce dei risultati delle analisi, ella aveva quindi sporto formale denuncia per lesioni colpose nei confronti del dott. ****, ricevendone in risposta una serie di denunce ed esposti da parte del denunciato, che, nel settembre del 2006, aveva a sua volta controquerelato per calunnia; il 7 giugno 2007 aveva avuto inizio presso il Tribunale di Pisa il procedimento penale che vedeva il dott. **** imputato per lesioni, e subito dopo la Questura di Pisa, dando credito alle denunce del ****, aveva adottato la misura di prevenzione qui impugnata, poi confermata dal Prefetto.

Chiarita in via istruttoria l’assenza di cause di pregiudizialità legate alla pendenza del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, a suo tempo proposto dalla ricorrente avverso gli stessi provvedimenti qui impugnati e oggetto di rituale rinuncia, può passarsi all’esame dei motivi di gravame.

Con il primo motivo, è dedotta la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, avendo la Questura di Pisa omesso di dare all’interessata comunicazione di avvio del procedimento conclusosi con l’ordine di rimpatrio. Con il secondo motivo, si lamenta la violazione del combinato disposto degli artt. 1 e 3 della legge n. 1423/56, sostenendosi che l’emissione del foglio di via obbligatorio avrebbe dovuto essere preceduta dall’avviso orale, necessario presupposto per lì applicazione delle misure di prevenzione. Con il terzo motivo, è fatta rilevare l’inadeguatezza dell’istruttoria condotta dalle amministrazioni procedenti, con riferimento sia ai molteplici e variegati interessi che legherebbero stabilmente la ricorrente al territorio pisano, sia agli episodi ed ai comportamenti dai quali si pretenderebbe di far derivare il giudizio di pericolosità sociale a carico della ricorrente medesima. Con il quarto motivo, viene denunciato il difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati, fondati su circostanze imprecisate e timori manifestati da un soggetto, il dott. ****, il quale è a sua volta destinatario di denunce da parte della ricorrente. Con il quinto motivo, infine, è invocato il principio di proporzionalità, che nella specie sarebbe violato dalla eccessiva estensione temporale e spaziale degli effetti della misura irrogata.

I motivi, che saranno esaminati congiuntamente, sono fondati per quanto di ragione.

La misura di prevenzione dell’allontanamento dal territorio di un Comune con foglio di via obbligatorio è disciplinata, com’è noto, dall’art. 2 della legge n. 1423/56, ed ha quale presupposto la pericolosità sociale del destinatario della misura, il quale si trovi fuori dal luogo di sua residenza. Contrariamente a quanto sostenuto dalla *************, la legge non richiede, tuttavia, che la misura dell’allontanamento sia preceduta dall’avviso orale previsto dal successivo art. 4, il cui primo comma fa espresso rinvio ai soli provvedimenti previsti dall’art. 3 (sorveglianza speciale, divieto di soggiorno, obbligo di soggiorno), e non anche dall’art. 2.

Altro dall’avviso orale è, evidentemente, la comunicazione di avvio del procedimento regolamentata in via generale dall’art. 7 della legge n. 241/90, disposizione pacificamente applicabile anche ai procedimenti volti all’emissione delle misure di prevenzione limitative della libertà, ed in particolare alla misura di cui all’art. 2 della legge n. 1423/56, dovendosi escludere – secondo l’indirizzo interpretativo preferibile – che nell’adottare detta misura l’amministrazione di pubblica sicurezza possa considerarsi per definizione sottratta all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento: in termini assoluti, non può infatti sostenersi che alle garanzie della partecipazione procedimentale restino ontologicamente sottratti provvedimenti che indicono pur sempre su diritti costituzionalmente tutelati (fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 2008, n. 1841).

Se, dunque, la comunicazione di avvio può venire omessa purché ricorrano quelle ragioni di impedimento che lo stesso art. 7 legge n. 241/90 individua ai fin della deroga, nessuna particolare esigenza di celerità del procedimento è posta in evidenza dai provvedimenti qui impugnati, che incorrono pertanto nel vizio denunciato con il primo motivo (né le ragioni di pericolosità prospettate a carico della ************* appaiono tali da giustificare di per sé l’omissione della comunicazione). Nel caso in esame, neppure si configurano poi le condizioni di non annullabilità previste dal secondo comma dell’art. 21-octies della stessa legge n. 241/90, non potendosi ritenere dimostrato che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, ed anzi, per quello che si dirà nel prosieguo, dovendosi ritenere provato proprio il contrario.

Venendo, infatti, ai profili sostanziali dell’impugnazione, va osservato come nel decreto questorile del 6 luglio 2007 si dia per assodata l’assenza di motivi economici od affettivi che avrebbero potuto giustificare la reiterata presenza della ricorrente in Pisa, presenza che non sarebbe stata dunque motivata da altro scopo, se non di continuare nelle turbative in danno del dott. **** e della tranquillità pubblica; ed analogo rilievo è contenuto nella motivazione del decreto prefettizio dell’8 ottobre 2007 di rigetto del ricorso gerarchico. Le affermazioni contenute nei provvedimenti impugnati risultano, tuttavia, contraddette dalla documentazione di causa, la quale offre quantomeno un principio di prova circa i legami personali e gli interessi professionali che la ************* intrattiene con soggetti stanziati nel territorio del Comune di Pisa, in particolare con i parenti titolari della società “La *****” a r.l. e con il dottore commercialista prof. ******************; dalla medesima documentazione emerge, altresì, che, perlomeno nella prima metà del 2007, la presenza della ricorrente in Pisa era giustificata dalle cure ricevute presso l’Ospedale “S. Chiara” e presso lo studio odontoiatrico dei dottori ******* e *******.

Si tratta invero di circostanze che, al contrario di quanto si legge nel rapporto informativo della Prefettura in data 28 gennaio 2008, erano state già dettagliatamente allegate dalla ************* in sede di ricorso gerarchico, ma in relazione alle quali non risulta esperita alcuna indagine, con la conseguenza di esporre le determinazioni adottate dall’amministrazione ad una ripetuta carenza di istruttoria: dinanzi alla Prefettura, a causa del mancato approfondimento delle allegazioni della ricorrente, e, a monte, dinanzi alla Questura, a causa della mancata instaurazione di un corretto contraddittorio procedimentale, frutto, in ultima analisi, della già accertata violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90.

L’incompleto esame della situazione di fatto si riverbera, in prima battuta, sulla motivazione posta a fondamento del giudizio di pericolosità sociale che sorregge gli atti impugnati, nel momento in cui non consente di inferire dalla presenza della ************* in territorio pisano la volontà inequivoca di arrecare disturbo, molestie o addirittura violenza al dott. ****, nei cui confronti la ricorrente non nasconde, peraltro, le ragioni della propria animosità. Di conseguenza, e inevitabilmente, i difetti dell’istruttoria si riflettono anche sulla scelta di applicare la misura nella durata massima di tre anni, la quale – non tenendo minimamente in conto le condizioni soggettive della ricorrente (imprenditrice, incensurata), ed il fatto che la presenza di costei in Pisa non potesse considerarsi ingiustificata – finisce per rivelarsi sostanzialmente arbitraria, sganciata com’è dall’esame di quegli elementi di fatto che avrebbero potuto e dovuto concorrere alla valutazione di proporzionalità necessariamente sottesa all’irrogazione dei provvedimenti restrittivi delle libertà del cittadino (mentre è da escludere che le condotte che vengono addebitate alla ************* siano di gravità tale da giustificare di per sé l’applicazione della misura nel massimo di durata).

Anche a prescindere dalla questione della effettiva idoneità dei comportamenti attribuiti alla ricorrente a suscitare un vero e proprio allarme sociale, ed una situazione da fronteggiare mediante l’esercizio dei poteri preventivi di pubblica sicurezza, i rilievi svolti pongono in adeguata luce l’illegittimità dei decreti impugnati, che vanno pertanto annullati.

Le spese di lite seguono la soccombenza delle amministrazioni resistenti, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sezione II, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna le amministrazioni resistenti alla rifusione delle spese processuali, che liquida in complessivi euro 2.000,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 21 gennaio 2010 con l’intervento dei Magistrati:

*****************, Presidente

************, Primo Referendario

****************, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

L’ESTENSORE    IL PRESIDENTE

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/04/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO


sentenza

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