Le grandi codificazioni della Chiesa e la riscoperta del diritto giustinianeo

Scarica PDF Stampa
Alle fonti del diritto occidentale

 

Le grandi codificazioni della Chiesa

La reazione al mondo signorile matura non solo negli ambienti laici, ma anche in quelli ecclesiastici, anzi per certi aspetti la precede. Si manifesta, dapprima, tra il X e l’ XI secolo, in forme non cittadine, come rapporto essenziale fra l’uomo e la terra e fra gli uomini stessi.

Alla fine dell’ XI secolo i Cistercensi raccolgono l’eredità dei Cluniacensi, continuando nella loro opposizione al potere feudale e agli affari mondani, iniziando così il dissodamento e la coltivazione di zone deserte, anche in concorrenza con le nascenti fortune delle città. In questo periodo lo scontro fra poteri feudali e comunità monastiche si sposta nella città.

A Roma lo scontro si prospetta fra patriziato cittadino, appoggiato dal potere feudale e imperiale, e movimento riformatore. Il potere della nobiltà cittadina è tale da giungere a imporre propri candidati sul soglio pontificio, mentre la commistione fra potere pubblico e privato è talmente profonda da arrivare alla compra-vendita delle dignità ecclesiastiche, la cosiddetta simonia.

La reazione inizia con Nicolò II , il quale nel Concilio Laterano stabilisce le regole per l’elezione del papa, separa le sfere del potere laico dall’ecclesiastico per la concessione dei benefici e vieta il matrimonio dei sacerdoti; proseguendo con Gregorio VII che nel “Dictatus Papae” stabilisce le prerogative della Chiesa, separando il potere politico dal potere ecclesiastico.

Mentre il potere ecclesiastico seppe rigenerarsi, l’autorità imperiale rimase cristallizzata nelle sue strutture, così che il compito della rinascita del potere laico passò ai Comuni e ai Regna.

Graziano, divenuto monaco camaldolese, studiò nel monastero di Classe, vicino a Ravenna, continuando gli studi politici a Bologna dove fra il 1140 e il 1142 compie la stesura di una raccolta monumentale di norme  dette “Decretum”.

Il “Decretum”, che è una raccolta a carattere privato, è composta da materiale, sia selezionato su manoscritti sparsi, sia estrapolato da raccolte precedenti come il “Decretum” di Burcardo di Worms e le opere di Ivo di Chartres.

Il filo conduttore sembra essere fornito dalla spiritualità monastica, dalla tradizione normativa della Chiesa e dalla tradizione giuridica romana. Il materiale è molto vario: brani delle sacre scritture, canoni di concili, decretali pontificie e frammenti del diritto romano. Nel “Decretum” sono inerite brevi annotazioni, dette “dicta”, nelle quali Graziano tratta rapidamente di istituti e principi del diritto romano, ponendoli a significativo confronto col diritto della Chiesa.

Il successo del “Decretum” è notevole grazie al fatto di essere un punto d’arrivo della riforma intrapresa per separare il potere politico dal potere ecclesiastico, nonché preparazione per i futuri sviluppi dei secoli XII e XIII.

In questa prospettiva deve essere apprezzata la posizione di Graziano in merito all’identificazione di un diritto canonico autonomo dalla teologia. La rivoluzione consiste nel fatto che all’uomo di Chiesa viene sottratto il controllo di tutto l’operato umano in vista di fini pratici, così che il confessore non diventa giudice, restando a lui il controllo della sola anima. Mentre il giudice, anche se un ecclesiastico, può solamente intervenire sui fatti concreti, senza indagare sulle intenzioni.

Nella seconda metà del XII secolo, l’opera iniziata da Graziano è continuata da alcuni suoi allievi. Dapprima il canonisti vengono considerati alla stregua di parenti poveri da parte dei romanisti, successivamente, sul finire del XII secolo i romanisti iniziano a studiare e rivalutare il diritto canonico.

La Chiesa proprio in questo periodo riconosce il diritto romano accanto al diritto canonico, come diritto comune (ius commune o altrimenti detto utrumque ius). I vantaggi derivati da questo riconoscimento vengono subito intuiti dai giuristi bolognesi, i quali trovano nella Chiesa un prezioso sostegno nella loro gestione del diritto romano in contrapposizione al diritto locale; pronta a trasformarsi da gestione   prevalentemente fondata sul potere della schola e della famiglia, ad una gestione fondata sul potere della corporazione dei giuristi dottori.

Per questi motivi i diritti romano e canonico iniziano ad essere studiati unitariamente, per una comunanza di interessi e di esperienze.

Nei scoli XII e XIII la produzione specificamente normativa della Chiesa aumenta, dando luogo alla necessità di procedere a nuove codificazioni che si succedono vertiginosamente.

QUINQUE COMPILATIONES ANTIQUAE:

  1. Breviarium extra vagantium (1191- Bernardo da Pavia, Giovanni di Galles 1210 – Innocenzo III, 1220-Giovanni Teutonico, Onorio III)
  2. Liber extra o Decretales (1234-Gregorio IX)
  3. Liber sextus (1298-Boniofacio VIII)
  4. Clementinae (tra il 1314 e il 1317 – Clemete V)
  5. Extravagantes ed Extravagantes comune (Giovanni XXII)

Alla fine del secolo XV Giovanni di Chappius raccoglie tutte le compilazioni sopraelencate, compreso il Decretum di Graziano (1140-1142) e con la esclusione delle “Quinque compilationes antiquae”, e forma il “Corpus iuris canonici”, compilazione a carattere privato.

Il materiale raccolto nel “Corpus Iuris Canonici” non comprende tutte le disposizioni normative papali, moltissime delle quali girano senza controllo e quindi sprovviste di garanzia di autenticità. Questo fatto implica l’assoluta libertà del giudice di decidere riguardo l’applicazione o meno di queste ultime.

Volume consigliato

Il contenzioso su appalti e contratti pubblici

Il testo intende fornire un quadro completo di tutti i rimedi, giurisdizionali e non, alle controversie nascenti in materia di appalti pubblici, sia nel corso di svolgimento della procedura di gara e fino all’aggiudicazione, sia nella successiva fase di esecuzione del contratto di appalto. In primis, dopo un excursus sull’evoluzione degli ultimi anni, utile a comprenderne pienamente la ratio, viene affrontato approfonditamente il rito processuale speciale, disciplinato dal Libro IV, Titolo V del Codice del processo amministrativo, con particolare attenzione alla fase cautelare. Vi è poi un focus sul rito “super accelerato”, da ultimo dichiarato conforme alle direttive europee da una pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 14 febbraio 2019.Alle controversie sorte in fase di esecuzione dei contratti di appalto è dedicato uno specifico capitolo, che rassegna le principali pronunce del Giudice Ordinario con riferimento alle patologie più frequenti (ritardi nell’esecuzione, varianti, riserve).Infine, quanto alla tutela stragiudiziale, il testo tratta i rimedi previsti dal Codice dei Contratti Pubblici, quali l’accordo bonario, la transazione e l’arbitrato e infine approfondisce il ruolo dell’ANAC, declinato attraverso i pareri di precontenzioso, i poteri di impugnazione diretta, e l’attività di vigilanza.Più schematicamente, i principali argomenti affrontati sono:• il rito speciale dinanzi a TAR e Consiglio di Stato, delineato dagli artt. 119 e 120 del Codice del processo amministrativo;• il processo cautelare;• il rito super accelerato ex art. 120 comma 2 bis;• il contenzioso nascente dalla fase di esecuzione del contratto di appalto;• i sistemi di risoluzione alternativa delle controversie: accordo bonario, transazione, arbitrato;• poteri e strumenti di risoluzione stragiudiziale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.Elio Guarnaccia, Avvocato amministrativista del Foro di Catania, Cassazionista. Si occupa tra l’altro di consulenza, contenzioso e procedure arbitrali nel settore degli appalti e dei contratti pubblici. È commissario di gara nelle procedure di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in qualità di esperto giuridico selezionato da UREGA Sicilia e dall’ANAC.È autore di numerosi saggi e articoli nei campi del diritto amministrativo e del diritto dell’informatica, nonché di diverse monografie in materia di appalti pubblici, processo amministrativo, amministrazione digitale. Nelle materie di propria competenza ha sviluppato un’intensa attività didattica e di formazione per pubbliche amministrazioni e imprese. In ambito universitario, ha all’attivo vari incarichi di docenza nella specifica materia degli appalti pubblici.

Elio Guarnaccia | 2019 Maggioli Editore

22.00 €  17.60 €

La riscoperta del diritto giustinianeo

Fra il secolo XI e il secolo XII si muovono nelle nascenti organizzazioni cittadine intellettuali dotati di svariate capacità, i quali hanno spesso rapporti con uomini di rilievo dell’organizzazione cittadina, signori feudali, mercanti, ecclesiastici.

L’attività e il ruolo dei giuristi è strettamente legato all’emersione di una civiltà comunale, entro le cui strutture il giurista possa inserirsi ed operare o prestare saltuariamente la sua opera dall’esterno. Proprio nelle regioni dove si formano i comuni, più precisamente in Italia centro-settentrionale e in Francia meridionale, avviene la formazione di una scienza giuridica completamente autonoma dalle altre scienze.

L’interdipendenza dei giuristi è variamente garantita nei confronti degli ordinamenti cittadini e rurali da tre ordini di fattori: 1°) dalla potenza della famiglia alla quale appartiene il giurista; 2°) dall’importanza della “schola” che i doctores posseggono e fanno funzionare; 3°) a partire dall’inizio del XIII secolo dalle corporazioni temute e rispettate di dottori giuristi e di pratici.

Le corporazioni, d’altra parte, secondo i tempi e i luoghi possono avere un rapporto di collaborazione o di diffidenza con le istituzioni locali. Comunque la logica fondamentale non è di stampo feudale, ossia di protezione e di gerarchia, ma di stampo comunale, ossia di libera associazione.

I giuristi con i due diritti universali, da una parte danno un fondamento universale al loro potere, dall’altra, insieme al diritto locale, si contrappongono al diritto feudale assorbendolo.

I motivi che contraddistinguono il diritto romano e canonico da quello signorile sono anzitutto la generica tendenza, da parte della giustizia umana, alla giustizia divina, successivamente la separazione fra diritto pubblico e privato. Nel diritto privato i motivi di differenziazione riguardano il dominium e l’obligatio.

I problemi del dominium riguardano la difficoltà di separazione fra configurazione teorica e signoria fondiaria, nonché  di classificazione nelle linee di un diritto reale del rapporto fra dominus-signore e terra-signoria. Per le obbligazioni il raffronto è fra un uomo genericamente sottoposto a un altro, in quanto rientrante in uno status giuridico inferiore, ed uno obbligato solamente a un determinato fare o dare rispetto ad un creditore. L’obbligazione da generale e generica diventa individuale e specifica, permettendo di individuare precisamente la prestazione dovuta.

Nel diritto pubblico l’attenzione si concentra sulla configurazione teorica della “sovranità”, ossia sul modo di concepire il potere pubblico.

Fra i primi giuristi si dibatte se l’Imperatore sia signore delle cose del mondo alla maniera dei privati e per conseguenza possa disporne a suo gradimento, o se sia solamente protettore dei sudditi ed abbia quindi un potere di giurisdizione su di essi. Prevale la seconda tesi e quindi la disponibilità delle cose private è concessa solo in quanto strumento di tutela di interessi comuni e generali, anche se nella pratica le cose pubbliche restano esposte all’appropriazione corporativa privata.

Come sul potere imperiale così anche sulla conformazione della società e dei suoi poteri si creano due correnti di pensiero. Da una parte l’universitas appare strutturata secondo un punto di vista che valorizza la partecipazione comunitaria alla conduzione della politica e alla creazione degli istituti cittadini; dall’altra parte viene emergendo l’idea di un ente staccato dai singoli soggetti che lo compongono.

Alla prima tesi si rifà la Glossa accursiana, alla seconda porta prestigio la parallela dottrina canonista del corpo mistico sviluppata forse per opera di Sinibaldo dei Fieschi.

Analizzando la concezione del potere pubblico si giunge a formulare la teoria sulla tirannide, il cui pensiero più maturo è espresso da Bartolo da Sassoferrato. Un potere è legittimo quando è fondato su un titolo e sul bene comune; è illegittimo quando manca di un titolo e punta all’interesse di un privato.

Ma quello che veramente serve a caratterizzare la tirannide sono il dispregio per la pace cittadina e le vessazioni imposte ai sudditi, oltre naturalmente all’avversione per gli studi, alla persecuzione dei sapientes di parte avversa e alla paura di una morte violenta per mano di nemici. Questa descrizione della tirannide mostra chiaramente la profonda differenza fra cultura giuridica comunale e feudale.

Irnerio fu iudex sotto la contessa Matilde, mentre la tradizione bolognese lo fa maestro di arti liberali in quanto per propria iniziativa avrebbe iniziato a leggere e commentare le varie parti del Corpus Iuris Civilis. Avrebbe riscoperto il Digesto, restituito il Codice nella sua integrità e delle Novelle sostituito l’Autenthicum all’Epitome Juliani.

E’ la riscoperta del Digesto a dare risalto alla figura di Irnerio e permette di considerare il diritto romano giustinianeo come diritto comune per tutte le genti e allo stesso tempo diritto universale, in sé giusto e razionale e quindi per tutti autorevole. Il Digesto tramandava, infatti, le figure giuridiche lineari ed astratte trovate dai giuristi romani.

I modelli teorici disegnati nel Digesto furono dimenticati per tutto l’Alto Medioevo, finché a partire dall’XI secolo furono riportati in luce. Ma si dovette aspettare sino a Irnerio perché si intuissero le possibilità interpretative del Digesto per la creazione di un nuovo rapporto fra res e soggetto o fra soggetti stessi, ossia un nuovo concetto di dominium e di obligatio, mentre il potere imperiale acquistava una configurazione pubblicistica.

I testi giuridici giustinianei sono suddivisi, secondo la tradizione, da Irnerio nel modo seguente, che è poi quello adottato per tutto il Medioevo:

DIGESTA ( Digesta vetus – 1° volumen, Degesta infortiatum – 2° Volumen, Digesta novum – 3° volumen)

CODEX (primi nove libri  – 4° volumen)

INSTITUTIONES (5° volumen).

°°°°°°°°°°

CODEX  (ultimi tre libri – 3 collationes)

NOVELLE  ( secondo la stesura dell’autenthicum  – 6 collationes)

LIBRI FEUDALES  (  1 collationes)

Libri legales

I testi del Corpus Iuris Civilis riscoperti e corretti non ebbero una vera e propria correzione filologica, data la mancanza di interessi storicistici da parte dei professori bolognesi, interessati alla utilizzazione pratica e ai vantaggi che ne consegue del diritto romano che vanno riscoprendo.

Il loro potere si fonda sulle relazioni internazionali che sanno allacciare e mantenere, quindi si osserva una notevole diffusione dei manoscritti contenenti le leggi giustinianee che si possono ritrovare per tutta l’Europa, fuorché nella penisola balcanica.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento