LE PROCEDURE PER IL RILEVAMENTO DELLE IMPRONTE
La dattiloscopia fu utilizzata inizialmente come tecnica di segnalazione personale e solo in seguito per identificare gli autori dei reati.
Le impronte rilevate sulla scena del crimine (evidenti, su calco o latenti) sono comunque reperti e quindi sono innanzitutto oggetto di sequestro.
A seguito d’incarico di perizia il consulente redige verbale d’asportazione per successivi accertamenti non eseguibili sul posto.
Da tempo sulle schede segnaletiche sono sempre riportate, tra l’altro:
– caratteristiche salienti dei tratti somatici del soggetto schedato;
– foto frontale, laterale del volto e, a volte, della figura intera;
– sul retro sono raffigurate le impronte della mano destra e sinistra.
Per risalire all’autore di un delitto attraverso si compara l’impronta sulla scena del crimine con quelle contenute nella scheda segnaletica, naturalmente nel caso di un soggetto non schedato l’identificazione è possibile solo attraverso una comparazione con soggetti sospettati.
Le impronte sono utilissime anche nei confronti di soggetti che, attraverso documenti falsi o l’assenza di documenti, cercano di eludere il riconoscimento; per questo scopo nel sistema AFIS, disponibile in ogni questura e nei principali uffici delle forze di polizia, sono registrate le impronte papillari e, recentemente, anche le impronte palmari, per consentire di riconoscere rapidamente un soggetto ed anche i suoi numerosi alias.
Negli ultimi anni è in continua evoluzione lo sviluppo di sistemi semi automatici di accertamento dattiloscopico dell’identità. I c.d. A.F.I.S. (Automatic Fingerprint Identification System) sono di indubbia importanza per l’individuazione della persona a fini di polizia preventiva, ma rimangono di significato relativo nell’identificazione giudiziaria poiché è sempre necessaria la verifica umana per la scelta definitiva delle impronte tra tutte quelle indicate dal sistema.
IL SISTEMA DI COMPARAZIONE MANUALE DELLE IMPRONTE
Vediamo quindi nel dettaglio come si procede praticamente alla comparazione delle impronte digitali.
Il sistema manuale si basa su 3 sistemi di linee: basali (parallele alla piegatura del dito), marginali (che entrano e fuoriescono dai lati del polpastrello) e centrali (al centro del polpastrello). Su questa base sono stati identificati 4 tipi principali di impronte: adelta, monodelta, bidelta e composta.
L’impronta adelta e quella bidelta sono poi suddivise rispettivamente in 4 e 3 sottogruppi, più un gruppo 0 corrispondente a un’impronta imperfetta o un dito mancante. Ogni impronta può così essere definita con una di queste 10 categorie.
A ogni polpastrello (indice, pollice, anulare mano destra, poi la stessa serie della mano destra e quindi le restanti dita di sinistra e destra) viene assegnato un valore da 1 a 0. In questo modo con un numero di dieci cifre, per esempio 823-924-73-54, si indicano le categorie in cui rientrano le varie dita a partire dal pollice della mano sinistra.
Nel caso dell’esempio indicato in precedenza (823-924-73-54) il pollice della mano sinistra è di categoria 8, l’indice di categoria 2 e via di seguito; questa successione ha un livello di combinazioni talmente elevato (10 miliardi di combinazioni possibili), da poter essere ritenuto realisticamente univoco ed irripetibile da identificare con precisione ogni essere uomano.
IL SISTEMA COMPUTERIZZATO DI COMPARAZIONE DELLE IMPRONTE
Il sistema computerizzato di classificazione delle impronte si basa su un sistema differente, si limita a identificare i quattro tipi principali di impronte passando quindi a identificare le minuzie, cioè le minuscole irregolarità delle creste (biforcazioni, anelli, linee spezzate, ecc.) che con la loro forma rendono inequivocabile l’identità delle due impronte: se ne contano fino a 90.
In questo modo il sistema computerizzato unisce tutte le minuzie formando il numero maggiore di triangoli possibili senza che questi si intersechino tra loro e di ogni triangolo misura gli angoli, i lati, la superficie e confronta le misure ottenute con quelle presenti in memoria.
Il risultato, ottenuto al ritmo di 7000 operazioni al secondo, è una serie di "candidati" che avranno minuzie corrispondenti. Sarà poi il dattiloscopista a confrontare "candidati" e "sospetti".
Mosillo, Presidente di Cassazione, ha definito sotto il profilo tecnico giuridico i punti di certezza sulla convergenza delle impronte digitali.
TIPOLOGIE DI IMPRONTE
Fra le tracce riscontrabili sul luogo dove è stato commesso un reato, rivestono una notevole importanza le impronte papillari, che possono suddividersi in:
– palmari (quelle del palmo della mano);
– plantari (quelle dei piedi);
– digitali (quelle dei polpastrelli).
Le più studiate e utilizzate ai fini dell’identificazione giudiziaria sono le impronte digitali, nelle quali il disegno ricalca l’andamento delle creste papillari (strato dell’epidermide che riveste le papille dermiche).
Nella valutazione delle impronte si considerano quattro tipologie principali d’impronte papillari:
– monodelta;
– bidelta;
– adelta;
– composita;
Ai fini giudiziari le impronte si suddividono in:
– impronte allo stato evidente (vale a dire visibili);
– impronte plastiche (o su calchi);
– impronte latenti.
Le impronte plastiche sono prodotte dal contatto di una superficie malleabile (piano con spessa polvere, fango, ecc.) che produce un’immagine negativa dell’impronta.
LE IMPRONTE VISIBILI
Rientrano in questa categoria quelle depositate a seguito di:
a) apporto di sostanze, in genere coloranti, applicati dalle creste papillari (ad esempio sangue, inchiostri, inquinanti vari, ecc.);
b) asportazione di sostanze (ad esempio fuliggine, polvere, ecc.);
c) calco su materiale plastico.
In questi casi si procede direttamente alla documentazione fotografica, applicando sempre un nastro centimetrico o millimetrico.
Se esiste un forte contrasto fra impronta e supporto, la riproduzione fotografica non presenta problemi; altrimenti si può ricorrere ad un’illuminazione colorata o a filtri colorati che possano far risaltare adeguatamente l’impronta.
Per fotografare le impronte plastiche generalmente è sufficiente illuminarle con luce radente.
EVIDENZIAZIONE DI IMPRONTE LATENTI
Sono quelle pressoché invisibili ad occhio nudo e richiedono particolari trattamenti per poter essere rivelate, rafforzate.
L’evidenziazione può avere finalità di ricerca (trovare l’impronta dell’autore del delitto) o per esclusione (essere sicuri che l’autore del delitto non sia passato o intervenuto su una determinata area, stanza, veicolo, ecc.).
Ai fini del rilevamento delle impronte digitali le superfici sono classificate in:
a) lisce, (ad esempio pelle, carta, ecc.) ottimi supporti per l’evidenziazione.
b) ruvide (ad esempio tessuti tranne la seta e altri fitti) in genere poco utili per la ricerca delle tracce.
c) Porose (ad esempio carta, legno, pelle, ecc.), ottimi supporti anche a distanza di tempo. La carta in particolare assorbe l’impronta consentendo di evidenziarla anche dopo 10 anni.
d) Non porose, (ad esempio vetro, plastica, ecc.) sulle quali possono essere evidenziate solo impronte fresche, generalmente con età entro 100 gg.
IMPRONTE LATENTI SU SUPERFICI POROSE
Come si è già detto, le superfici porose assorbono molto bene l’essudato e quindi riescono a conservare l’impronta per lungo tempo.
In questi casi si utilizzano i seguenti d’evidenziazione:
– Reagente Ninidrina, che legandosi con gli aminoacidi dal colore trasparente assume una colorazione rosa, fornisce un’immagine in negativo (le creste sono bianche, mentre le zone colorate sono gli spazi tra le creste);
– DFO che è una sostanza fluorescente, ottima anche su supporti molto colorati;
– MD, deposizione metallica di oro portato allo stato gassoso in forno, utilizzato soprattutto dopo aver trattato l’impronta con la Ninidrina per evidenziare maggiormente il contrasto ed ottenere un’immagine positiva.
Reazione con ninidrina
E’ il metodo più utilizzato per evidenziare impronte su superfici cartacee o porose.
La ninidrina reagisce con gli amminoacidi, presenti nelle secrezioni eccrine che ben assorbiti dalla carta permangono anche dopo lunghi periodi di tempo.
Con uno spruzzatore si applica la ninidrina assoluta oppure addizionata ad una soluzione organica d’acetone o freon in acido acetico (il freon rende le soluzioni meno tossiche, non infiammabili e non dannose per gli inchiostri).
IMPRONTE LATENTI SU SUPERFICI NON POROSE
Come già detto sulle superfici porose possono essere evidenziate solo impronte fresche, in questi casi si utilizzano i seguenti di evidenziazione:
– Polveri esaltatrici, sono igroscopiche e quindi si legano alla parte acquosa dell’impronta quindi possono essere utilizzate solo su impronte molto fresche;
– Esteri Cianoacrilici, utilizzata soprattutto su impronte vecchie, con età superiore ai 100 gg. poiché con la fumigazione il Cianoacrilato si lega alla parte lipidica della traccia, provocando una deposizione biancastra in corrispondenza delle linee papillari;
– MD, sublimazione di oro e zinco in camera barica sotto vuoto spinto, prima l’oro che fugge i grassi e si deposita dove non sono presenti linee papillari e quindi lo zinco.
Polveri Esaltatrici
Questo è il metodo più comune ed è noto da più di un secolo. Le polveri sono impiegate su superfici non porose (vetro, metallo, superfici pitturate, plastica) facendo in modo che le polveri restino meccanicamente adese ai componenti oleosi depositati dalle creste papillari.
Il vantaggio è la facilità e l’immediatezza dell’accertamento: le tracce svelate possono essere subito fotografate o asportate tramite un nastro adesivo e conservate.
L’inconveniente principale è che una non corretta applicazione del metodo (pennelli e nastri adesivi non adatti, eccesso di polvere) può rovinare l’impronta.
Le polveri non possono essere impiegate su superficie che attraggono la polvere (ad esempio quelle con proprietà elettrostatiche) e devono essere scelte in modo da massimizzare il contrasto con il colore della superficie su cui sono applicate.
Di seguito sono elencate le principali polveri utilizzate dagli esperti in ricerca tracce con le rispettive composizioni:
a) polvere nera (ossido ferrico nero 50%,resina 25%, amido black 25%);
b) polvere al piombo carbonato (piombo carbonato 80%, gomma arabica 15%, polvere di alluminio 3%, amido black 2%);
c) polvere bianca (ossido di titanio 60%,talco 20%, lenis kaolino 20%);
d) polvere al diossido di manganese (diossido di manganese 45%, ossido ferrico nero 25%, amido black 25%,resina 5%).
Concettualmente l’uso delle polveri è piuttosto semplice, ma occorre grande esperienza e molta pratica per ottenere buoni risultati:
a) Selezionare una polvere ed un pennello adeguati.
b) Testare la superficie e la polvere, eseguendo alcune prove applicando le proprie impronte su una parte libera di superficie e quindi verificare se la polvere scelta la rileva chiaramente.
c) Applicare la polvere con leggere pennellatine, rimuovendo gli eccessi con grande delicatezza.
d) Dopo aver applicato vicino l’impronta un nastro millimetrico ed eventualmente un riferimento per facilitare l’archiviazione (numero, luogo, data, caso, ecc.), si può fotografare con pellicole a grana finissima e in condizioni di luce intensa.
e) Infine applicare con cura un nastro adesivo, che asporti la polvere senza alterare la forma dell’impronta.
Fumigazione con cianoacrilato
Il prodotto è utilizzato commercialmente anche come attaccatutto istantaneo. E’ ideale per le superfici lisce non porose.
E’ molto volatile (e tossico) ed evaporando si deposita sull’impronta plastificandola. Fornendo un’immagine di colore bianco, che può essere poco visibile in genere e per questa ragione si ricorre ad un colorante.
IMPRONTE INSANGUINATE
Generalmente sono abbastanza facili da rilevare ricorrendo quasi esclusivamente alle luci forensi. In questo caso si impiega una luce violetta di lunghezza d’onda 400 nanometri oppure.
In caso di difficoltà si può ricorrere a reagenti come la diamminobenzidina (DAB) + acqua ossigenata, che forma un composto scuro insolubile che fa risaltare l’impronta
IMPRONTE SU CORPI UMANI
Sono le più difficili in assoluto da rilevare.
Si può rilevare solamente su porzioni di pelle lisce, non ricoperte da peluria e a condizione che l’analisi sia tempestiva (1-2 ore dopo il rilascio dell’impronta), poiché la traspirazione corporea inquina ed altera l’essudato dell’impronta da rilevare.
In questi casi si tenta con l’esposizione della porzione di pelle a vapori di iodio, limitando l’esposizione alla sola parte interessata e proteggendo opportunamente il soggetto dall’inalazione, quindi si sovrappone alla parte da rilevare una pellicola fotografica imbevuta di violetto cristallino.
Massimiliano MANCINI (Comandante Dirigente del Corpo di Polizia Locale di Frosinone, Docente e Consulente in materie Giuridiche e nel campo della Sicurezza)
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