Le infiltrazioni dalla facciata condominiale: il risarcimento

La facciata principale del fabbricato rappresenta l’immagine stessa dell’edificio, la sua sagoma esterna e visibile, nella quale rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile. La facciata di prospetto di un edificio quindi rientra nella categoria dei muri maestri, dei quali era cenno espresso nel n. 1) l’art. 1117 c.c. e forma, conseguentemente, oggetto di proprietà comune dei proprietari delle unità immobiliari.

In altre parole la facciata di prospetto di un edificio rientra nella categoria dei muri maestri, e, al pari di questi, costituisce una delle strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato, con la conseguenza che la stessa ricade necessariamente fra le parti oggetto di comunione fra i proprietari delle diverse porzioni dello stesso e resta destinata indifferenziatamente al servizio di tutti i condomini.

Facciata e responsabilità da custodia

Alla luce di quanto sopra è evidente che se nelle proprietà esclusive si verificano infiltrazioni provenienti dalla facciata (con conseguenti macchie nelle pareti e rovina di arredi) il condominio deve attivarsi per risolvere il problema, accertando ed identificando le ragioni del fenomeno infiltrativo per scongiurare un ampliamento del pregiudizio.

Bisogna considerare che l’articolo 2051 c.c. obbliga il custode -condominio a risarcire i danni provocati dalla cosa di cui ha la custodia (la facciata, ad esempio), indipendentemente dal ricorrere di profili colposi della sua condotta. L’ipotesi normativa delinea un regime d’imputazione della responsabilità a carattere oggettivo. Nel delineare i caratteri della responsabilità oggetto del presente giudizio, infatti la Suprema Corte ha affermato che tale responsabilità prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode ed ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto causale tra cosa ed evento; che sussiste per tutti i danni cagionati dalla cosa sia per la sua intrinseca natura che per l’insorgenza di agenti dannosi essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio; pertanto, è più corretto parlare di rischio da custodia (piuttosto che di colpa nella custodia) e di presunzione di responsabilità (piuttosto che di colpa presunta) atteso che responsabilità in questione non esige una condotta colposa del custode. Si noti che l’articolo 2051 c.c. ha la funzione di imputare la responsabilità a chi, traendo vantaggio dalla cosa, si trova nelle condizioni di doverne controllarne i rischi, con la conseguenza che deve considerarsi custode chi di fatto chi ne governa le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario. La responsabilità ex art. 2051 c.c. è esclusa solamente dal caso fortuito, che incide sul nesso causale e non sull’elemento psicologico dell’illecito, e che individua un fattore riconducibile a un elemento esterno imprevedibile ed inevitabile. Si può quindi affermare che al danneggiato compete provare, anche con presunzioni, il verificarsi dell’evento dannoso ed il rapporto di causalità con il bene in custodia, mentre spetta al custode di provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale.

Il risarcimento danni

Qualora vi siano infiltrazioni dalla facciata e danni alle parti esclusive, il risarcimento può avvenire, in relazione alla sua funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato in assenza dell’evento lesivo, tanto per equivalente in denaro (art. 2056, c.c.), computando la differenza di valore all’attualità tra il bene integro e quello danneggiato, quanto in forma specifica (art. 2058 c.c.), mediante condanna del debitore al ripristino della situazione materiale anteriore all’evento ovvero al pagamento di una somma corrispondente alle spese occorrenti per tale ripristino. Il risarcimento del danno in forma specifica consiste nella totale rimozione della situazione lesiva dell’altrui diritto mediante la “restitutio in integrum”, e non già semplicemente nella rimozione del fatto che ha prodotto il danno.

Come è stato recentemente precisato il soggetto che ha causato il danno, cioè il condomino, non può imporre la modalità di adempimento della refusione del danno in forma specifica al danneggiato (Trib. Brindisi 28/07/2021, n. 1253). In ogni caso nell’ipotesi di infiltrazioni di acqua derivanti da una parte comune di edificio condominiale, il danno subito dal proprietario per l’indisponibilità del medesimo può definirsi in re ipsa, purchè inteso in senso di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità stessa di disporre del bene, senza fare venire meno l’onere per il danneggiato di allegare e provare, con l’ausilio delle presunzioni, il fatto da cui discende il lamentato pregiudizio, ossia che se egli avesse immediatamente recuperato la disponibilità dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato per finalità produttive, quali il suo godimento diretto o la sua locazione (Cass. civ., sez. II, 9/10/2020, n. 21835).

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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