Notizie generali
Nel corso degli anni, abbiamo assistito ad un passaggio fondamentale della figura del minore, il quale non viene più visto come oggetto del diritto ma come soggetto, a fondamento di ciò vi è il passaggio dal criterio della tutela al criterio della responsabilità.
Per quanto concerne la legislazione minorile manca un testo organico, infatti vi sono quattro fonti normative minorili:
– il decreto regio 1404/1934;
– il D.P.R. 488/ 1988;
– il D.LSG. di attuazione 272/1989;
– il D.LGS. 121/2018, per l’esecuzione della pena riguardante i minori.
Fra queste, il D.P.R. 488/1988 intitolato “Disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni” costituisce l’ordinamento giuridico minorile in quanto contiene i principi che sono alla base del processo penale minorile, avendone recepito anche le principali fonti internazionali in materia minorile e della Costituzione, differenziandolo, così, dal processo penale ordinario.
Il procedimento minorile, si articola intorno alla figura del minore il quale è un soggetto non completamente formato che necessita di tutela, ed il suo fine è quello di consentire allo stesso di uscire nel più breve tempo possibile dal circuito giustizia, in modo da evitare il minimo possibile l’impatto traumatico dello stesso.
Le misure precautelari
Le misure precautelari, quali strumenti limitativi della libertà personale, applicabili al minore sono tre:
– l’arresto;
– il fermo;
– l’accompagnamento.
L’arresto in flagranza è disciplinato dall’art.16 del D.P.R.488/1988, disponendo che l’arresto ad opera della P.g. è sempre facoltativo e mai obbligatorio, avendo riguardo non alla gravità del reato ma alla gravità del fatto, nonché all’età ed alla personalità del minorenne. Viene evidenziata, da subito una netta differenza con il procedimento per i maggiorenni dove sussiste una distinzione tra arresto obbligatorio(art. 380 c.p.p.) e l’arresto facoltativo (art.381c.p.p.).
L’art. 16 D .P.R. 488/1988 rimanda espressamente alle ipotesi delittuose indicate dall’art. 23 dello stesso decreto, in cui è previsto che può essere disposta la misura della custodia cautelare “per delitti non colposi per i quali la legge stabilisce la reclusione non inferiore nel massimo a nove anni”, inoltre, la seconda parte del richiamato articolo prevede ulteriori ipotesi, in cui è possibile procedere all’arresto del minorenne, anche fuori dai casi previsti nella prima parte dello stesso art. 23 e, cioè, nelle ipotesi di “delitti, consumati o tentati, previsti dall’art. 380, comma 2, lett. e), f), g) e h), c.p.p., nonché, in ogni caso, per i delitti di violenza carnale”.
Infine, la P.g nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve uniformarsi ai due criteri dettati sia per quanto concerne l’entità della pena che alla qualità della stessa.
Il fermo è disciplinato dall’art.17 del D.P.R. 488/1988 ed è disposto dal P.g. o dal P.m. quando sussistono le seguenti ipotesi:
– quando ci si trovi fuori dallo stato di flagranza
– sussista motivato pericolo di fuga
– si proceda per un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni.
Per quanto concerne l’ipotesi del pericolo di fuga ha suscitato varie diatribe giurisprudenziali, tale da far scaturire, da tale dibattito, la sentenza n. 6191/2000
della Corte Costituzionale la quale investita della questione ha specificato che il fermo è possibile qualora vi sia la presenza di quattro condizioni:
– la previsione quantitativa della pena (come già detto non inferiore nel minimo a due anni)
– il pericolo di fuga
– il delitto (per cui viene operato il fermo) devi rientrare tra quelli ex art. 23 D.P.R. 448/88
– sia sussiste o il pericolo di inquinamento probatorio o di reiterazione criminosa.
Un aspetto fondamentale di applicazione di entrambe le misure sopraesposte, cosi come di ogni altra misura limitativa della libertà personale, è la necessità dell’imputabilità del soggetto minore. Dall’applicazione delle due misure precautelari analizzate, quali l’arresto e il fermo consegue l’adozione di una serie di provvedimenti e l’innescarsi di una procedura di competenza rispettivamente della P.g e del P.m. Nel momento in cui si procede all’arresto o al fermo gli ufficiali di P.g hanno il dovere di comunicare ed avvisare tempestivamente il P.m., nonché l’esercente la potestà genitoriale o l’eventuale affidatario ovvero il tutore. A questi ultimi ed ai prossimi congiunti la legge conferisce la facoltà di nominare un difensore di fiducia, nel caso in cui ne siano privi gli ufficiali e gli agenti di p.g. devono provvedere alla nomina di un difensore d’ufficio, individuandolo sulla base di richiesta al call-center del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, specificando che si tratti di un indagato minorenne, poiché vi sono appositi elenchi, predisposti dallo stesso Consiglio, aventi l’indicazione di difensori con la specifica preparazione nel diritto minorile (art. 11 D.P.R. 448/88).
Inoltre, la stessa p.g. che hanno proceduto devono tempestivamente informare i Servizi Minorili dell’Amministrazione della Giustizia al fine di ottemperare ad un duplice compito, da un lato garantire al minore, già dal primo momento, l’assistenza psicologica la quale sarà garantita in ogni stato e grado del processo, e dall’altro lato, al fine di poter acquisire e trasmettere, nel più breve tempo possibile, tutte le informazioni e le visioni socio- pedagogiche utili al p.m. ed al giudice al fine di adottare i successivi provvedimenti più idonei alla personalità dello stesso. Oltre agli adempimenti svolti dalla p.g., la legge disciplina anche quelli di competenza del p.m., il quale esercita un potere di controllo sull’attività svolta dalla p.g. disponendo che il minore sia immediatamente liberato nelle ipotesi previste dall’art. 389 c.p.p. e, cioè, quando risulta evidente che l’arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge, ovvero l’arresto o il fermo sono divenuti inefficaci per omesso rispetto dei termini di cui agli artt. 386, comma 7 e 390, comma 3, c.p.p., ovvero quando ritiene di non dover richiedere l’applicazione di misura cautelare (art. 18, comma 3, D.P.R. 448/88). Inoltre, esercita il potere di individuare la struttura custodiale nella quale il minore deve essere condotto al momento dell’arresto o del fermo e permanere fino alla convalida, disponendo che il minorenne sia condotto senza ritardo presso un centro di prima accoglienza o presso una comunità, ovvero presso l’abitazione familiare, perché vi permanga a sua disposizione (art. 18, comma 2, D.P.R. 448/88).
Infine, l’ultima misura è l’accompagnamento previsto dall’art.18 bis del D.P.R. 488/1988 che può essere disposto nell’ipotesi in cui il minorenne venga colto in flagranza di delitto non colposo, punito con la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Tale istituto consiste nel condurre il minore presso gli Uffici della p.g. e trattenerlo per il tempo necessario, non superiore alle 12 ore alla sua consegna all’esercente della responsabilità genitoriale, all’affidatario ovvero ad un suo tutore, nel caso in cui sia impossibile provvedervi perchè le stesse appaiono manifestamente inidonee ad adempiere ai propri obblighi di custodia e vigilanza, il p.m. tempestivamente notiziato dalla p.g. dispone che il minorenne venga condotto immediatamente presso un centro di prima accoglienza ovvero presso una comunità pubblica o autorizzata, che provvede ad indicare (art. 18-bis, comma 4, D.P.R. 448/88). Il presupposto affinché tale istituto venga applicato, come l’arresto, è lo stato di flagranza del minore, consistente nell’averlo colto commettere il reato, ovvero se sia inseguito dalla polizia giudiziaria o dalla persona offesa o da altre persone, subito dopo aver commesso il reato, ovvero sia sorpreso con cose o tracce, dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima (art. 382, comma 1, c.p.p.). Anche per l’accompagnamento, valgono gli stessi adempimenti che rispettivamente la p.g. ed il p.m. compiono in seguito all’adozione della misura.
E’ importante sottolineare che quest’istituto è alternativo all’arresto, infatti, qualora il minore si allontani dal luogo ove è stato accompagnato non risponde di evasione ex art. 385 c.p. che è attribuibile solo a chi si sottrae all’arresto.
Considerazioni.
Il processo penale consiste in un bilanciamento di fattori che tengono conto dell’evoluzione dell’adolescente, la devianza minorile costituisce una piaga sociale, ed il contesto con il quale i minori compiono i reati sta cambiando. Proprio questa fase piena di disagi e cambiamenti, aggravata da una mancanza familiare e sociale ne diviene un fenomeno preoccupante, la devianza esprime un disagio è la società molto spesso concorre all’espansione della stessa non offrendo valide opportunità, laddove sussiste un assenteismo familiare e risulta fondamentale improntare il ruolo dell’educazione alla legalità, al rispetto dei valori etici e sociali, dove spesso la ribellione, la rabbia, il rifiuto ed i comportamenti immaturi scaturiscono da un bisogno di protezione, perchè spesso chi ha bisogno d’aiuto, soprattutto in questa fase cosi delicata lo dimostra nei modi peggiori. Siamo tutti responsabili in una società dove padroneggia il materialismo, l’arroganza e il giudicare senza stendere una mano a chi magari quella mano non l’ha mai avuta.
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