Le modalita’ di abuso sui minori

La polizia locale è naturalmente vicino ai bambini ed ai minori in genere. Dentro le scuole, anche per svolgere educazione stradale, all’uscita ed all’ingresso degli istituti scolastici, nei luoghi di aggregazione giovanile (aree verdi, centri cittadini, feste e manifestazioni varie, locali giovanili, ecc.).
 
Comprendere le modalità con le quali si compiono abusi che in larga parte godono di una silenziosa impunità, permette di riconoscere per tempo ed efficacemente gravi situazioni in cui all’interno dei gruppi familiari, dei pari (amici, scuola, aree di svago, ecc.) ed in molti altri contesti, si perpetuano violenze in danno dei più deboli causando ferite che difficilmente si rimargineranno.
 
DEFINIZIONE DEGLI ABUSI
Prima di affrontare la procedura penale minorile e le tecniche di polizia minorile è necessario, preliminarmente, definire l’abuso e, più in generale, circoscrivere tutti i comportamenti ed i contesti che possono essere abusanti nei confronti dei minori.
 
La Convenzione di New York sui diritti dell’infanzia, rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell’infanzia, essa contempla l’intera gamma dei diritti e delle libertà attribuiti anche agli adulti (diritti civili, politici, sociali, economici, culturali).
 
La Convenzione è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990
[1].
 
Secondo la definizione dell’OMS, si configura una condizione d’abuso e di maltrattamento allorché i genitori, tutori o persone incaricate della vigilanza o custodia di un bambino approfittano della loro condizione di privilegio e si comportano in contrasto con quanto previsto dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
 
Il Consiglio d’Europa nel 1978 ha affrontato il “child abuse and neglecti bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono le trascuratezze e/o lesioni d’ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cura del bambino”[3].[2] pronunciandosi espressamente: “gli abusi sono gli atti e le carenze che turbano gravemente
 
E’ opportuno chiarire che i termini “bambini” o “fanciulli” sono utilizzati con la valenza generale di minori e non con preciso riferimento ad una fase specifica dell’età evolutiva[4].
 
L’abuso sessuale è difficile da definire: si può trattare di un episodio singolo o di episodi che si susseguono per periodi di tempo più o meno lunghi; può includere forme implicite di seduzione o forme di contatto fisico; può avere gradi diversi di invadenza fisica.
 
FORME DELL’ABUSO
L’abuso in genere può concretizzarsi in una condotta attiva (percosse, lesioni, atti sessuali, ipercura) o in una condotta omissiva (incuria, trascuratezza, abbandono) e l’assenza di evidenze traumatiche nel fisico non può escludere l’ipotesi di maltrattamento.
 
Qualsiasi forma di violenza, ma in particolare quella sessuale, costituisce sempre un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità in formazione di un bambino, provocando gravi conseguenze a breve, medio e lungo termine sul processo di crescita. Il trauma, se non rilevato, diagnosticato e curato, può produrre disturbi psicopatologici o di devianza nell’età adulta.
Qualsiasi forma di violenza, ma in particolare quella sessuale, costituisce sempre un attacco confusivo e destabilizzante alla personalità in formazione di un bambino, provocando gravi conseguenze a breve, medio e lungo termine sul processo di crescita.
 
Le diverse forme di abuso durante l’infanzia e l’adolescenza rappresentano un importante fattore di rischio specifico per molteplici disturbi psicopatologici in età adulta.
 
Il danno cagionato è tanto maggiore quanto più:
         Il maltrattamento resta sommerso e non è individuato.
         Il maltrattamento è ripetuto nel tempo.
         La risposta di protezione alla vittima nel suo ambiente familiare o sociale ritarda.
         Il vissuto traumatico resta non espresso o non elaborato.
         La dipendenza fisica e/o psicologica e/o sessuale tra la vittima e il soggetto maltrattante è forte.
         Il legame tra la vittima e il soggetto maltrattante è di tipo familiare.
 
L’abuso dipende anche dalla “dotazione di base” del bambino, quindi dal suo temperamento in altre parole da quello che è definito, nel suo insieme, resilience, concetto molto importante che media tra gli aspetti della violenza del crimine e quelli che sono i danni effettivi sui bambini.
 
L’ABUSO ATTIVO
Gli abusi fisici possono essere raggruppati in due principali categorie:
 
Maltrattamento Fisico, aggressioni, percosse, morsi, spintoni ed altre lesioni fisiche, fratture, bruciature, morte.
 
Si parla di abuso fisico o di maltrattamento fisico, quando i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino eseguono o permettono che si eseguano lesioni fisiche, o mettono i bambini in condizioni di rischiare lesioni fisiche.
Sulla base della gravità delle lesioni, l’abuso si distingue in vari gradi:
         Lieve: lesioni che non necessitano di ricovero;
         Moderato: quando è necessario il ricovero (ustioni, fratture, traumi cranici);
         Severo: quando il bambino è ricoverato in rianimazione con gravi sequele neurologiche fino alla morte;
 
Maltrattamento Psicologico, aggressioni e violenze verbali, attiva pressione psicologica, situazioni di separazione conflittuale in cui i figli sono strumentalizzati nel contrasto con evidenti effetti sull’equilibrio emotivo.
 
L’abuso psicologico consiste quindi in comportamenti attivi od omissivi che sono giudicati psicologicamente dannosi in base a principi comuni ed indicazioni tecniche specifiche.
Questi comportamenti sono agiti individualmente o collettivamente da persone che, per particolari caratteristiche (ad esempio età, cultura, condizione sociale) sono in posizione di potere rispetto al bambino.
Tali comportamenti possono danneggiare anche in modo irreversibile lo sviluppo affettivo, cognitivo, relazionale e fisico del bambino.
L’abuso psicologico include: gli atti di rifiuto, di terrorismo psicologico, di sfruttamento, di isolamento e allontanamento del bambino dal contesto sociale.
 
Abuso Sessuale, il minore è coinvolto, da parte di familiari e non, in pratiche sessuali manifeste o mascherate che presuppongono violenza anche non esplicita, ma conseguente ad una scelta che il minore non può compiere liberamente in quanto non maturo, dipendente e quindi incapace di un libero e cosciente; oppure è coinvolto in attività tali da violare tabù vigenti nella società circa i ruoli parentali.
 
Tra le diverse forme di abuso sessuale distinguiamo: pedofilia, incesto, atti di libidine, violenza carnale.
 
L’ABUSO SESSUALE
 
La categoria dell’abuso sessuale è onnicomprensiva di tutte le pratiche sessuali manifeste o mascherate a cui vengono sottoposti i minori e comprende:
 
Abuso sessuale intrafamiliare, quelli attuati o favoriti da soggetti legati da parentela o affinità con la vittima.
 
In questa categoria rientrano solo quello comunemente considerato tra padri o conviventi e figlie femmine, ma anche quello tra madri o padri e figli maschi, nonché forme mascherate in inconsuete pratiche igieniche.
 
Generalmente è attuato da membri della famiglia nucleare (genitori, compresi quelli adottivi e affidatari, patrigni, conviventi, fratelli) o da membri della famiglia allargata (nonni, zii, cugini, amici stretti della famiglia).
 
Talvolta i bambini sono fatti assistere all’attività sessuale dei genitori, non come fatto occasionale, ma su richiesta dei genitori stessi.
 
In altre situazioni ancora più perverse, il bambino viene fatto assistere all’abuso sessuale che un genitore agisce su un fratello o una sorella.
 
Possono essere operati con esplicita violenza e costrizione o con modalità seduttive come richieste di dimostrazioni di affetto, possono essere mascherati e nascondersi dietro attenzioni eccessive ai genitali del bambino.
 
Abuso sessuale extrafamiliare, riguarda indifferentemente maschi e femmine e si inserisce spesso in una condizione di trascuratezza affettiva che induce il bambino e la bambina ad accettare le attenzioni affettive anche erotizzate di una figura estranea.
 
Generalmente l’abuso extrafamiliare è attuato da persone conosciute dal minore (vicini di casa, conoscenti ecc.).
 
La reazione all’abuso sessuale varia secondo la durata e frequenza dell’abuso perpetrato, della relazione e sesso dell’abusante, del tipo di atti perpetrati, dell’uso della forza e aggressione, dello stato emotivo del bambino prima dell’abuso, della capacità del bambino di comprendere l’evento, dell’età del bambino, della fase di sviluppo, se l’abuso è stato scoperto e riferito, della reazione dei genitori e della qualità dell’intervento istituzionale.
 
Le abilità dei bambini a comunicare le loro personali esperienze sono influenzate dal contesto ambientale e dallo stile dell’intervista e le informazioni che si possono trarre dai bambini sono fortemente influenzate dall’esperienza e abilità dell’intervistatore.
 
Non solo la loro performance dipende dal sentirsi a proprio agio con l’intervistatore per descrivere eventi intimi ed imbarazzanti, essa dipende anche dal loro riconoscere che gli adulti realmente valutano cosa loro devono dire.
 
L’ABUSO PASSIVO
Gli abusi sui minori che presuppongono un atteggiamento di tipo omissivo, sono definiti come patologia della somministrazione delle cure, categoria che comprende quelle condizioni in cui i genitori o le persone legalmente responsabili del bambino non provvedono adeguatamente ai suoi bisogni fisici e psichici in rapporto al momento evolutivo ed all’età e che si concretizza in varie modalità:
 
Trascuratezza o incuria, si realizza allorquando le cure somministrate sono carenti rispetto alle reali necessità del bambino e può presentare livelli diversi di gravità: l’abbandono alla nascita, uno scarso livello di attenzione per lo stato di salute e d’igiene personale, il disinteresse per i bisogni emotivi del bambino e per i bisogni di accudimento e protezione.
 
L’incuria quindi può avere riguardo alle cure che il minore richiede nel piano fisico (ad esempio abbigliamento inadeguato alle condizioni atmosferiche, trascuratezza igienico sanitaria o alimentare, denutrizione, ecc.) oppure nel piano psichico (ad esempio isolamento affettivo e/o sociale, inadempienza scolastica, ecc.).
 
Disuria, si realizza quando le cure sono fornite in modo distorto, non appropriato al momento evolutivo.
 
Ipercuria, che si verifica allorquando si somministra patologicamente un eccesso di cure rispetto le reali necessità del minore, in questa categoria rientrano la Sindrome di Munchausen, medical shopping, help seekers, chemical abuse, sindrome da indennizzo per procura.
 
La sindrome di Munchausen fa riferimento al comportamento di adulti che lamentano sintomi e malattie inesistenti, richiedono cure ed attenzioni a vari medici dai quali riescono ad ottenere accertamenti clinici ingiustificati.
 
Secondo la definizione del Martone[5] “Si tratta di un serio disturbo di personalità con un controllo volontario da parte del soggetto che simula la malattia, associata però ad una compulsività dell’atto per cui il soggetto non riesce ad astenersi dal compierlo, anche se gli sono noti i rischi che tale atto comporta. Meadow nel 1997 descrisse l’equivalente pediatrico della sindrome in cui le storie e le malattie vengono inventate dai genitori riferendoli ai propri figli, i quali vengono in tal modo sottoposti ad accertamenti clinici inutili e a cure inopportune. In tale situazione il genitore proietta sul figlio la propria patologia, il bambino diventa il contenitore del delirio ed il genitore può essere apparentemente libero dalla patologia”.
 
Medical shopping per procura, si tratta di bambini che hanno sofferto nei primi anni di vita di una grave malattia e da allora sono portati dai genitori da un gran numero di medici per disturbi di minima entità; i genitori, infatti, sembrano percepire lievi patologie come gravi minacce per la vita del bambino. Il disturbo materno è di tipo nevrotico-ipocondriaco; accogliendo le ansie e le preoccupazioni che la madre proietta sul figlio, è possibile rassicurarla sullo stato di salute del figlio.
Help seeker, il bambino presenta dei sintomi fittizi indotti dalla madre, ma la frequenza degli episodi d’abuso è bassa e il confronto con il medico spesso la induce a comunicare i suoi problemi quali ansia e depressione e ad accettare un sostegno psicoterapeutico.
L’abuso chimico (chemical abuse), con questo termine s’indica l’anomala ed aberrante somministrazione di sostanze farmacologiche o chimiche al bambino per determinare la sintomatologia e ottenere il ricovero ospedaliero. Tale abuso va sospettato, quando i sintomi non sono spiegabili sulla base delle consuete indagini di laboratorio e soprattutto se tali sintomi si accentuano o insorgono ogni volta che la madre ha un contatto con il bambino. Va rilevato che la madre continua a somministrare la sostanza tossica anche in ambiente ospedaliero e la diagnosi può essere formulata solo quando, dopo l’allontanamento della madre, si assiste alla rapida risoluzione del quadro clinico e attraverso la ricerca della sostanza nelle urine e nel sangue.

Sindrome da indennizzo per procura, con questo termine s’indicano i casi in cui il bambino assume dei sintomi riferiti dai genitori, in situazioni in cui è previsto un indennizzo economico. Il quadro clinico segue spesso un trauma cranico e si presenta con sintomi che variano secondo le conoscenze mediche della famiglia (cefalea, vertigini, difficoltà di concentrazione, astenia, disturbi della memoria). La motivazione, si lega inconsapevolmente al risarcimento e la sindrome si risolve con la totale e improvvisa guarigione una volta ottenuto il risarcimento.
 
ALTRE TIPOLOGIE DI ABUSO
Alla classificazione esposta in precedenza, e che è fondamentalmente quella di riferimento, si aggiungono alcune forme che molto spesso sono un’estrinsecazione particolare di quelle già illustrate (abuso sessuale, abuso fisico) oppure una combinazione, mentre in altri casi assumono una valenza per il gruppo che l’attua (setta, organizzazione criminale, ecc.):
 
Abuso istituzionale, quando gli autori sono maestri, bidelli, educatori, assistenti di comunità, allenatori, medici, infermieri, religiosi, ecc., in altre parole tutti coloro ai quali i minori sono affidati per ragioni di cura, custodia, educazione, gestione del tempo libero, all’interno delle diverse istituzioni e organizzazioni;
 
Abuso da parte di persone sconosciute (i cosiddetti "abusi di strada");
 
Sfruttamento sessuale a fini di lucro da parte di singoli o di gruppi criminali organizzati(quali le organizzazioni per la produzione di materiale pornografico, per lo sfruttamento della prostituzione, agenzie per il turismo sessuale);
 
Violenza da parte di gruppi organizzati (sette, organizzazioni di pedofili che operano anche attraverso internet, ecc.).
 
 
Massimiliano MANCINI (già Dirigente di Polizia Locale, Docente e consulente nelle materie giuridiche e criminologiche)
 


[1] L’Italia ha ratificato la Convenzione il 27 maggio 1991 con la legge n. 176 e a tutt’oggi 192 Stati, un numero addirittura superiore a quello degli Stati membri dell’ONU, sono parte della Convenzione che costituisce uno strumento vincolante per lo stato che la ratifica.
[2] Trad.”Abuso ed incuria dei bambini”.
[3] IV Seminario Criminologico-Consiglio d’Europa, Strasburgo, 1978.
[4] Il primo articolo della Convenzione sui diritti dell’infanzia recita: “Ai sensi della presente Convenzione si intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile.”.
 
[5] Martone G. (1994), La patologia delle cure. In F. Montecchi (a cura di), Gli abusi all’infanzia. Dalla ricerca all’intervento clinico, Roma, NIS.

Mancini Massimiliano

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