Orbene, scopo del presente scritto è quello di procedere ad un breve commento di questo decreto legislativo nella parte in cui ha modificato, per un verso, il codice penale, per altro verso, il decreto legislativo n. 231/2001.
Prima di fare ciò, per dovere di completezza argomentativa, giova osservare come l’art. 1 del decreto legislativo qui in commento introduca una serie di norme definitorie che devono essere necessariamente richiamate ai fini della disamina in questione posto che, come recita testualmente tale articolo, vengono introdotte, ai fini della legge penale, delle nozioni.
In particolare, tale articolo prevede che, ai suddetti fini, “si intende per: a) «strumento di pagamento diverso dai contanti» un dispositivo, oggetto o record protetto immateriale o materiale, o una loro combinazione, diverso dalla moneta a corso legale, che, da solo o unitamente a una procedura o a una serie di procedure, permette al titolare o all’utente di trasferire denaro o valore monetario, anche attraverso mezzi di scambio digitali; b) «dispositivo, oggetto o record protetto» un dispositivo, oggetto o record protetto contro le imitazioni o l’utilizzazione fraudolenta, per esempio mediante disegno, codice o firma; c) «mezzo di scambio digitale» qualsiasi moneta elettronica definita all’articolo 1, comma 2, lettera h-ter, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e la valuta virtuale; d) «valuta virtuale» una rappresentazione di valore digitale che non è emessa o garantita da una banca centrale o da un ente pubblico, non è legata necessariamente a una valuta legalmente istituita e non possiede lo status giuridico di valuta o denaro, ma è accettata da persone fisiche o giuridiche come mezzo di scambio, e che può essere trasferita, memorizzata e scambiata elettronicamente”.
Tale definizioni, dunque, devono essere tenute a mente quando esamineremo, da qui a breve, le modificazioni apportate al codice penale alla luce di quanto previsto in siffatto atto avente forza di legge.
Indice:
- Le modifiche apportate al codice penale
- Le modifiche apportate al d.lgs. n. 231/2001
Le modifiche apportate al codice penale
Come già accennato prima, il decreto legislativo n. 184/2021 interviene sul codice penale modificando alcune norme incriminatrici ivi contemplate.
In particolare, l’art. 2, co. 1, lettera a), stabilisce quanto segue: “all’articolo 493-ter: 1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti»; 2) al primo comma, primo periodo, dopo la parola «servizi,» sono inserite le seguenti: «o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti»; 3) al primo comma, secondo periodo, le parole «carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi» sono sostituite dalle seguenti: «gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo» e le parole «tali carte» sono sostituite alle seguenti: «tali strumenti»”.
Di conseguenza, per effetto di questo novum legislativo, può osservarsi che: a) se prima la rubrica di questo articolo era «Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento», adesso la rubrica in oggetto è diversamente definita quale «Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti»; b) se prima era disposta la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 310 euro a 1.550 euro, solo per chi al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, adesso tale condotta è sanzionabile anche allorchè tale indebito utilizzo riguardi ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti; c) se prima era disposto che alla stessa pena, di cui al comma primo, periodo, soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi, è ora stabilito, anche per coordinare questo secondo periodo con la riformulazione del primo periodo, che alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo, ovvero possiede, cede o acquisisce tali strumenti o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
Ciò posto, siffatta disposizione legislativa, inoltre, introduce un nuovo reato, vale a dire il delitto di detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti.
L’art. 2, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 184/2021, difatti, prevede che, “dopo l’articolo 493-ter è inserito il seguente: «493-quater (Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di farne uso o di consentirne ad altri l’uso nella commissione di reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, produce, importa, esporta, vende, trasporta, distribuisce, mette a disposizione o in qualsiasi modo procura a sé o a altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici che, per caratteristiche tecnico-costruttive o di progettazione, sono costruiti principalmente per commettere tali reati, o sono specificamente adattati al medesimo scopo, è punito con la reclusione sino a due anni e la multa sino a 1000 euro. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è sempre ordinata la confisca delle apparecchiature, dei dispositivi o dei programmi informatici predetti, nonché la confisca del profitto o del prodotto del reato ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.»”.
Tale norma incriminatrice, quindi, è applicabile solo se il fatto non costituisce un più grave reato, e introduce un reato comune, in quanto può essere commesso da chiunque, sorretto, a parere di chi scrive, da un dolo specifico, occorrendo che si agisca al fine di farne uso o di consentirne ad altri l’uso nella commissione di reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti, e a condotta alternativa, sostanziandosi la condotta delittuosa de qua nel produrre, importare, esportare, vendere, trasportare, distribuire, mettere a disposizione o in qualsiasi modo procurare a sé o a altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici che, per caratteristiche tecnico-costruttive o di progettazione, sono costruiti principalmente per commettere tali reati, o sono specificamente adattati al medesimo scopo.
Nel caso di c.d. patteggiamento, inoltre, la confisca delle apparecchiature, dei dispositivi o dei programmi informatici predetti, nonché la confisca del profitto o del prodotto del reato ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto, è sempre obbligatoria.
Alla lettera c), infine, è disposto che “all’articolo 640-ter, secondo comma, dopo le parole «se il fatto» sono aggiunte le seguenti: «produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale o»”.
Di conseguenza, per quanto attiene il delitto di frode informatica, si applica adesso la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro anche se questo fatto criminoso produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale.
Le modifiche apportate al d.lgs. n. 231/2001
Anche il decreto legislativo, 8/06/2001, n. 231 che, come è noto, disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, è stato modificato per effetto del decreto legislativo qui in esame.
L’art. 3 del d.lgs. n. 184/2021, invero, statuisce a tal proposito quanto segue: “a) dopo l’articolo 25-octies è inserito il seguente: «Art. 25-octies.1 (Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti). – 1. In relazione alla commissione dei delitti previsti dal codice penale in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) per il delitto di cui all’articolo 493-ter, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote; b) per il delitto di cui all’articolo 493-quater e per il delitto di cui all’articolo 640-ter, nell’ipotesi aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote. 2. Salvo che il fatto integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente, in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) se il delitto è punito con la pena della reclusione inferiore ai dieci anni, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote; b) se il delitto è punito con la pena non inferiore ai dieci anni di reclusione, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote. 3. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2.»”.
Dunque, quando si commettono i delitti previsti dal codice penale in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti, sono ora comminate all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: 1) per il delitto di cui all’articolo 493-ter cod. pen.[1] la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote; 2) per il delitto di cui all’articolo 493-quater cod. pen. (esaminato già prima), e per il delitto di cui all’articolo 640-ter cod. pen.[2], nell’ipotesi aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote.
Oltre a ciò, è altresì stabilito che, salvo che il fatto integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente, in relazione alla commissione di ogni altro delitto contro la fede pubblica, contro il patrimonio o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando uno di tali illeciti penali ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie: a) se il delitto è punito con la pena della reclusione inferiore ai dieci anni, la sanzione pecuniaria sino a 500 quote; b) se il delitto è punito con la pena non inferiore ai dieci anni di reclusione, la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote.
Inoltre e infine, è preveduto che, nei casi di condanna per uno dei delitti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo qui in commento, si applicano all’ente le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, d.lgs. n. 231/2001, vale a dire: a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
[1]Ai sensi del quale: “1. Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, o comunque ogni altro strumento di pagamento diverso dai contanti è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera gli strumenti o i documenti di cui al primo periodo, ovvero possiede, cede o acquisisce tali strumenti o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi. 2. In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto. 3. Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall’autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta”.
[2]Secondo cui: “1. Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro. 2. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell’articolo 640, ovvero se il fatto produce un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale o è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema. 3. La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o più soggetti. 4) Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall’articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all’aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all’età, e numero 7”.
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