I destinatari delle notifiche devono ricevere in mani proprie presso la propria abitazione le notifiche degli atti, ed in subordine in ogni luogo del territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario notificante se fatte dagli ufficiali giudiziari competenti (ex art. 138 c.p.c.).
Di conseguenza la notifica in mani proprie viene come preferenza in secondo ordine dopo quella in mani proprie presso la propria abitazione. In questa parte vengono perciò alla ribalta i soggetti che in sostituzione del destinatario ricevono l’atto e l’attestazione di consegna che ne fa l’ufficiale giudiziario, quello postale, o qualsiasi altro messo notificatore.
Mentre vizi e difetti della notifica si attenuano se la consegna è personale (e sono quasi inesistenti, perché sanati dal raggiungimento dello scopo espressamente previsto dalla sanatoria generale dell’art. 160), essi si moltiplicano se è fatta tramite gli altri soggetti previsti e disciplinati dall’art. 139 e segg. c.p.c. che devono essere capaci, non in conflitto di interesse col consegnatario, e sono indicati in sequenza preferenziale specifica.
Per le notifiche non direttamente fatte al destinatario ma allo stesso tramite altri soggetti necessitano qualità che spesso vengono captate dall’ufficiale notificatore in maniera non corretta anche in considerazione del fatto che i consegnatari occasionali non sempre riescono a far verbalizzare in maniera corretta le ragioni della loro presenza e la loro qualifica che può prescindere da rapporti stabili con destinatario.
Per questo vi sono orientamenti apparentemente contrastanti, quello inteso a conservare la effettiva consegna dell’atto, e quello teso a salvaguardare la effettiva conoscenza dello stesso da parte del destinatario.
La barriera della prova di quanto afferma il consegnante fino a querela di falso è assai meno granitica di quello che sembra una volta stabilito che il classico “addetto alla ricezione” o espressioni simili “sono da ritenersi assistite da fede fino a querela di falso, riguardando esse circostanze frutto della diretta attività e percezione del pubblico ufficiale; viceversa, il contenuto delle notizie apprese circa la sede (e/o residenza) effettiva e della dichiarazione di chi si sia qualificato ‘addetto’ alla ricezione è assistito da presunzione iuris tantum, che, in assenza di prova contraria, non consente al giudice di disconoscere la regolarità dell’attività di notificazione” (Cass. 21817/12).
Del resto l’allargamento della possibilità al contribuente di dimostrare senza la querela di falso la non corrispondenza delle dichiarazioni occasionali all’at-testazione interpretativa dell’ufficiale giudiziario o postale è ormai acquisito da tempo dato che “non tutte le attestazioni contenute nella relata di notifica dell’ufficiale giudiziario sono destinate a far fede fino a querela di falso, ma sol-tanto quelle riguardanti attività svolte da lui medesimo o fatti avvenuti in sua presenza o dichiarazioni a lui rese, limitatamente al loro contenuto estrinseco, mentre non sono assistite da pubblica fede tutte le altre circostanze che non sono frutto di diretta percezione del pubblico ufficiale, ma piuttosto di indicazioni da altri fornitegli o di semplici informazioni assunte” (Cass. 3433/96).
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