1) il livello delle c.d. “tutele del lavoratore”
La riforma “dimezzata”
Come a tutti noto nell’ottobre 2001 fu pubblicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali “Il libro bianco sul mercato del lavoro in Italia-Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità”.Esso rappresenta il documento contenente le linee guide per una riforma del diritto del lavoro nel nostro Paese. Fu opera di un team di lavoro coordinato da Maurizio Sacconi ed EnzoBiagi.Esso trovò una prima parziale attuazione con la legge delega 14 febbraio 2003 n.30 e il successivo decreto legislativo 10 settembre 2003 n.276,Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro,di cui alla legge 14 febbraio ,n.30, c.d. Legge Biagi. Con tale atto normativo,tra l’altro,furono introdotte una riorganizzazione sistematica del mercato del lavoro ,con particolare riferimento al miglioramento delle capacità di inserimento dei disoccupati e di quanti in cerca di prima occupazione e nuove tipologie di contratti di lavoro che presto si sono diffuse.
Non furono però attuati due aspetti molto importanti:1) l’aspetto delle rimodulazione delle tutele del lavoratore occupato e 2) la riforma degli ammortizzatori sociali
1) Non fu quindi attuata quella rimodulazione delle garanzie in favore del “lavoratore” tout court,attese e promesse,per ridurre ,se non eliminare, quella anomalia tipica del nostro ordinamento della compresenza di lavoratori fortemente protetti ( lavoratori subordinati a tempo indeterminato) e lavoratori,parasubordinati, poco protetti ( c.d.lavoratori precari o flessibili-il lavoro o il lavoratore?) per non dire dei disoccupati( gli outsider di Ichino).
Infatti il Libro bianco prevedeva..
< Il Governo considera necessario alla luce di quanto sopra esposto procedere ad un’opera di complessiva modernizzazione dell’impianto dell’ordinamento del lavoro in Italia nell’ ambito di uno ‘Statuto dei lavori’>
Il documento premette:
A seguito dei profondi mutamenti intercorsi nell’organizzazione dei rapporti e dei mercati del lavoro, il Governo ritiene che sia ormai superato il tradizionale approccio regolatorio, che contrappone il lavoro dipendente al lavoro autonomo, il lavoro nella grande impresa al lavoro in quella minore, il lavoro tutelato al lavoro non tutelato.
Individua i diritti fondamentali
E’ vero piuttosto che alcuni diritti fondamentali devono trovare applicazione, al di là della loro qualificazione giuridica, a tutte le forme di lavoro rese a favore di terzi: si pensi al diritto alla tutela delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, alla tutela della libertà e della dignità del prestatore di lavoro, all’abolizione del lavoro minorile, all’eliminazione di ogni forma di discriminazione nell’accesso al lavoro, al diritto a un compenso equo, al diritto alla protezione dei dati sensibili, al diritto di libertà sindacale. E’ questo zoccolo duro e inderogabile di diritti fondamentali che deve costituire la base di un moderno “Statuto dei lavori”.
Spiega che la ragione di tale”razionalizzazione”-“modernizzazione” va cercata all’interno del mercato
Occorre precisare che il riconoscimento di questi diritti fondamentali a tutti i lavoratori che svolgano prestazioni a favore di terzi (datori di lavoro, imprenditori, enti pubblici, committenti, etc.) non risponde solo ed esclusivamente a istanze di tutela della posizione contrattuale e della persona del lavoratore. E’ vero anzi che il riconoscimento di standard minimali di tutela a beneficio di tutti i lavoratori rappresenta — oggi più che nel passato — anche una garanzia dei regimi di concorrenza tra i soggetti economici, arginando forme di competizione basate su fenomeni di dumping sociale (dal lavoro nero tout court a forme di sfruttamento del lavoro minorile, etc.).
Spiega il meccanismo della rimodulazione e i suoi limiti
< Partendo dunque dalle regole fondamentali, applicabili a tutti i rapporti di lavoro a favore di terzi, quale che sia la qualificazione giuridica del rapporto, è poi possibile immaginare, per ulteriori istituti del diritto del lavoro, campi di applicazione sempre più circoscritti e delimitati, operando un’opportuna graduazione e diversificazione delle tutele in ragione delle materie di volta in volta considerate e non (come nel vecchio ordinamento) a seconda delle tipologie contrattuali di volta in volta considerate. Dunque non si tratta di sommare al nucleo esistente delle tutele previste per il lavoro dipendente un nuovo corpo normativo a tutela dei nuovi lavori (ivi comprese le collaborazioni coordinate e continuative). Non può certo essere condiviso l’approccio – proposto senza successo nel corso della precedente legislatura – di estendere rigidamente l’area delle tutele senza prevedere alcuna forma di rimodulazione all’interno del lavoro dipendente.
Individuato, dunque, un nucleo essenziale di norme e di principi inderogabili (soprattutto di specificazione del dettato costituzionale), comuni a tutti i rapporti negoziali aventi ad oggetto esecuzione di attività lavorativa in qualunque forma prestata, occorrerà procedere a una rimodulazione delle tutele caratteristiche del lavoro dipendente. Al di sopra di questo nucleo minimo di norme inderogabili, sembra opportuno lasciare ampio spazio all’autonomia collettiva e individuale, ipotizzando una gamma di diritti inderogabili relativi, disponibili a livello collettivo o anche individuale (a seconda del tipo di diritto in questione).
Non sarà facile,a parer nostro, trovare un soddisfacente equilibrio.
2) Non fu attuata la riforma degli ammortizzatori sociali,per i quali il libro bianco prevedeva:
<Il Governo intende procedere, sempre in una prospettiva attiva e preventiva, alla riforma degli ammortizzatori sociali e degli incentivi all’occupazione, così da portare a razionalizzazione – e semplificare – un quadro normativo diventato non solo ineffettivo e inefficace, ma anche fonte di spreco di risorse pubbliche.>
Il documento ne analizza le implicazioni
In una logica di medio termine ciò implica la necessità:
- di estendere il livello delle tutele minime fornite dagli ammortizzatori;
- di prevedere trattamenti omogenei e non ingiustificatamente difformi;
- di minimizzare, tenendo conto del nuovo contesto del mercato del lavoro, i possibili disincentivi al lavoro che dagli ammortizzatori possono discendere.
La prima esigenza implicherà, sia pure gradualmente, un ampliamento verso le medie comunitarie dei livelli del volume di spesa da finanziare per via contributiva.
La seconda esigenza comporta il passaggio da una molteplicità di strumenti ad un regime assicurativo di protezione dal rischio di disoccupazione unitario per tutti i lavoratori dipendenti (ed assimilati) che abbiano, senza colpa e non per propria iniziativa, perduto un posto di lavoro e che ne stiano attivamente cercando un altro.
La terza esigenza richiamata suggerisce che il disegno di prestazioni e contribuzioni sottolinei la natura assicurativa degli ammortizzatori. Queste ultime debbono essere strettamente connesse con le prime, il cui importo non deve esser tale da disincentivare la ricerca di lavoro, dovendosi prevedere precisi limiti al ricorso continuato o ripetuto nel tempo alle prestazioni.>
La parabola del lavoro subordinato nel nostro paese:tra rigidità e flessibilità
Legato al problema delle garanzie del lavoratore,anzi il presupposto del problema medesimo, è senz’altro l’argomento della natura rigida o flessibile del rapporto di lavoro.
Il sistema del diritto del lavoro nel nostro paese ,dal dopoguerra a oggi ,ha seguito uno sviluppo ciclico in tre fasi.
Fase 1)preso l’avvio dagli anni ’40 in forma per così dire “liberale”, tale mantenuto fino agli anni ‘60-tutto sbilanciato a favore del datore di lavoro, che col suo impegno,aveva avviato la ricostruzione del nostro paese (licenziamento ad nutum, libera stipulazione di contratti a termine etc)
Fase 2) sotto la spinta di un sindacato sempre più protagonista,vuoi per il collateralismo con i forti partiti politici dell’epoca, vuoi per il crescente numero di iscritti il sistema diviene più rigido e vincolato.Così si affacciano sullo scenario leggi protettive importanti. l.14 luglio 1959 n.741 ,Norme transitorie per garantire minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori, l.23 ottobre 1960 n.1369,Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro e nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera negli appalti di opere e servizi ,l. 18 aprile 1962 n.230 ,Disciplina del contratto a tempo determinato l.9 gennaio 1963 n.7 Divieto di licenziamento della lavoratrici a causa di matrimonio, l.604/1966 legge sulla giusta causa e il giustificato motivo ,legge n. 300/1970 c.d. Statuto dei lavoratori , l.30 dicembre 1971 n.1204 Tutela delle lavoratrici madri e l. 11 maggio 1990 n.108 Disciplina dei licenziamenti individuali)
Fase 3) ma il trend cambiò nuovamente dalla seconda metà degli anni ’90 :v.l.n.196 del 24-6-1997 c.d pacchetto Treu ( con l’introduzione del contratto di fornitura di prestazioni di lavoro interinale –c.d. lavoro in affitto), quindi il d.lgs 6 settembre 2001 n.368 Attuazione della Direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE,dal CEEP e dal CES ( con l’introduzione,in luogo delle ipotesi tassative per l’apposizione del termine- di una clausola generale) il d.l.gs 276/2003,c.d. legge Biagi ,che contiene molti aspetti di cambiamento ,soprattutto con l’introduzione del lavoro a progetto, la riproposizione del lavoro c.d. in affitto nella forma della somministrazione del lavoro ( c.d. staff leasing),la abrogazione della legge n.1369/1960 e le modifiche alla nozione di trasferimento di azienda (più propriamente del ramo di azienda) ,con l’introduzione della nozione di “impresa leggera” sia per l’istituto dell’appalto che del trasferimento dell’azienda e/o ramo di azienda.
All’uopo ci pare utile ricordare le considerazione del Tribunale di Genova,in persona dello stesso giudicante che
- con riguardo all’appalto così si esprime. Tribunale di Genova 30 settembre 2009 N^ 1381,Giud.Scotto<La norma(art. 29 d.lgs. n. 276/2003) ha recepito la nozione, già ampiamente delineata dalla dottrina e dalla giurisprudenza anche comunitaria, dell’impresa c.d. “leggera”, cioè caratterizzata da un basso tasso di elementi strutturali o impiantistici e dalla valorizzazione delle idee, della conoscenza (know-how), della comunicazione, dell’organizzazione, delle informazioni e dei contatti (si pensi, ad esempio, ad un’impresa specializzata in informatica, che invii il proprio personale presso aziende per l’assistenza e la manutenzione dei PC). Un appalto può quindi essere genuino anche ove affidato ad un’impresa di questo tipo, oltre nell’ipotesi classica dell’impresa munita di attrezzature e materiali consistenti.
Dunque per aversi un appalto reale e genuino, secondo la definizione implicita ricavabile dal citato art. 29, non è più necessario che vi siano mezzi materiali, ma è indispensabile la presenza congiunta di due requisiti, ovvero in primo luogo l’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, in relazione all’opera al servizio dedotti in contratto, ed, in secondo luogo, l’assunzione del rischio di impresa>.
- Con riguardo al trasferimento di azienda : Tribunale di Genova 22 giugno 2009 N^833 Giud.Scotto <Nell’art.2112 comma 5 c.c. introdotto dal d.lgs.n.18/2001,poi modificato dall’art.32 d.lgs. n.276/2003,per azienda deve intendersi,in conformità all’orientamento della Corte di giustizia,un’attività economica organizzata,anche esercitata da non imprenditori.E’ stata dunque adottata la nozione cosiddetta “leggera” o “dematerializzata” di azienda con l’abbandono del riferimento all’insieme dei mezzi organizzati indicata dall’art.2055 c.c. e l’adozione della formula più ampia della “attività economica organizzata”.[ per vero introdotto dal d.lgs.18/2001, ma resa ancor più “leggera” con le modifiche, su ricordate da parte del d.lgs 276/2003 che così recita:< Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento> ndr.]
E recentemente il Disegno di legge N. 1167-B ,approvato definitivamente il 3 marzo 2010, rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica, che prevedeva Deleghe al Governo in materia di……………………… e di controversie di lavoro, introduceva una clausola compromissoria <facoltativa> ,certificata(subordinata alla previsione contrattualcollettiva o,in assenza resa operativa da decreto ministeriale), difficilmente respingibile dal lavoratore al momento della assunzione,eppertanto in un momento di grande debolezza .
2) il livello della identità soggettiva
Il lavoratore che,nel passato, lottava unicamente per il proprio salario, ha cominciato a prendere coscienza o forse è stato costretto a prendere coscienza , che in lui v’è una doppia dimensione, quella di percettore di reddito ma,non meno importante , quella di consumatore .E’ ovvio che tra i due aspetti sussiste uno stretto rapporto,per cui la risultanza del bilancio delle due voci non poteva che incidere sulla “qualità della vita” del lavoratore ,che si immerge nel vortice della società dei consumi,non più fermo a un tenore di vita di sussistenza ( marxiana) ma proiettato a un tenore di vita che soddisfaceva nuovi bisogni,materiali e immateriali, oltre il mero mantenimento di sé e della sua famiglia.Si prende coscienza della figura del lavoratore-consumatore ,un soggetto a due dimensioni
Alla coppia tradizionale prestatore/datore di lavoro si aggiunge la coppia lavoratore/ produttore di beni-fornitore di servizi o più propriamente lavoratore-acquirente /produttore-venditore.
Ne nasce un “centro “ di diritti articolato nella stessa persona :abbiamo così i diritti assoluti(1) della persona dell’uomo ( diritti costituzionali dell’individuo) dentro e fuori del rapporto di lavoro;i diritti derivanti dal contratto di lavoro nella sua regolamentazione legislativa e contrattualcolletiva compresi quelli previdenziali;i diritti del consumatore di accedere ai servizi e ai beni offerti dal mercato senza subire i privilegi delle corporazioni e, in genere, dell’ente pubblico o privato fornitore degli stessi.
Sulla polivalenza del soggetto ci pare emblematica la dinamica dell’inflazione dove il soggetto entra in gioco nelle due vesti di lavoratore e consumatore.L’inflazione determina ,come suol dirsi, la “, rincorsa di prezzi e salari”, le due facce della medesima medaglia,il Giano bifronte.
La regolamentazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici dimostra in tutta evidenza che “lavoratori” possono contrapporsi ad altri “lavoratori”, che gli interessi degli uni possono contrapporsi agli interessi degli altri.
I lavoratori quindi oltre al tradizionale avversario della lotta di classe,il capitalista,vengono a scontrarsi con un altro avversario, la corporazione ( i controllori di volo, i ferrovieri, i taxisti etc) portatrice di interessi contrapposti.La corporazione agisce in due modi:1) fissando tariffe esose a danno della generalità dei cittadini ( in particolare,dei lavoratori); 2) limitando e regolamentano in maniera rigida l’accesso all’attività e/o mestiere e/o professione.
Nascono così le nuove lotte dei lavoratori.
Vengono a incontrarsi due correnti di pensiero,oltre che di azione.il filone socialista di matrice europea e il filone della sinistra liberale americana.
E’ infatti negli anni ’50 che, certamente negli USA, nascono le moderne battaglie per i diritti dei consumatori.
Al tradizionale conflitto tra operai e padroni si affianca un altro conflitto tra consumatori e grandi produttori e distributori.
Nascono le authority di controllo sulla qualità degli alimenti,la lotta all’inquinamento,la sicurezza dei prodotti industriali,e degli stessi luoghi di lavoro.L’antitrust,nato per proteggere la libertà di impresa contro lo strapotere delle grandi imprese dominanti il settore, diventa difesa del consumatore contro gli oligopoli.Si avvia la lotta contro le corporazioni.La destra liberista ( ma ha senso di parlare di destra e sinistra ?), introduce e rafforza le privatizzazioni e le deregulation che aumentano il potere di acquisto e la forza contrattuale della maggioranza dei consumatori(lavoratori) a scapito delle categorie privilegiate.
Ogni soggetto avrà per tal modo la sua rappresentanza,il sindacato per il soggetto lavoratore, e ,sempre più, le associazioni di difesa dei consumatori,per il soggetto consumatore.Per non dire delle cooperative di consumo,nate fin dall’ottocento. Che meriterebbero una trattazione specifica sia per i valori che hanno incarnato che per la funzione che hanno svolto.
3) il livello della globalizzazione o più propriamente del mercato transnazionale.
Su questo punto,un recente importante saggio(2),pur toccando le criticità su elencate si concentra sulle problematiche attinenti alla globalizzazione del mercato e al suo impatto sul rapporto di lavoro.l’Autore si pone il tema di analizzare <il conflitto tra la territorialità della legge e la spazialità dell’economia>.Ancora ribadisce <la convinzione che l’economia deve svolgersi secondo un ordine giuridico e che questo ordine non deve essere finalizzato a renderla più libera ma deve imporne la funzionalizzazione all’interesse pubblico economico>.Tocca il tema della <concorrenza fra ordinamenti> in ragione della quale <l’allocazione dell’accumulazione capitalistica viene necessariamente orientata da scelte di convenienze>che necessariamente impattano sul mercato del lavoro.In particolare secondo l’Autore l’Europa non offre soluzioni al problema,avendo mantenute ferme le diverse intensità protettive dei singoli ordinamenti attraverso la <clausola di non regresso>.Peraltro, è noto che pur avendo la Corte di giustizia valorizzato i valori sociali,cionondimeno l’Europa,nel bilanciamento tra libertà eonomiche e diritti individuali e collettivi del lavoratore ha ritenuto di rango superiore le prime.
<Il costo più grave di questo processo l’ha pagato il diritto del lavoro>.
Il problema, continua l’Autore,peraltro può formularsi come <confronto del diritto del lavoro con il contratto degli scambi globali e con la lex mercatoria>
I possibili rimedi:
A)una eteroregolmentazione normativa di difficile attuazione e oggi in stato di empasse
B)una autoregolamentazione.Per essa <il giudice nazionale può superare l’antinomia tra la territorialità della legge e la spazialità dell’economia..utilizzando la clausola generale di buona fede nell’esercizio dei poteri privati e delle attività economiche..clausola che potrebbe dare ingresso anche a quel principio di proporzionalità nel bilanciamento dei valori in gioco nella fattispecie astratta e/o in quella concreta>
C) Ma altro efficace strumento può ravvisarsi in quelle <… indicazioni che sottolineano come le manifestazioni di corporate social responsability ( codici deontologici,riconoscimento di diritti sociali,attenzione al diritto ambientale ed alle collettività locali) siano divenute oggetto di interventi eteroregolativi che ne impongono la cogenza,rispetto all’ordinaria volontarietà autodeterminativa>.
^=^=^=^=^=
Non può che concludersi ,secondo l’Autore, che ,a breve, la corte Costituzionale italiana sarà costretta a rivedere conclusioni consolidate in ordine ai rapporti tra ordinamento nazionale e ordinamenti sopranazionali . Già in altri paesi comunitari, si va infatti affermando, la c.d. teoria dei controlimiti.
^=^=
Ma altra via viene indicata nella attuazione di un full harmonisation delle giurisprudenze nazionali:< Dunque, forse, una full harmonisation delle giurisprudenze nazionali è possibile con un processo di autoconformazione che può essere incrementato, sia dal confronto-cooperazione tra le stesse, sia dall’imposizione di controlimiti alle giurisprudenze sovranazionali, laddove esse affermino una prevalenza non condivisibile di alcuni valori su altri.Ancora, questa full harmonisation può essere favorita da interventi regolativi che siano il risultato di negoziati paritetici tra poteri sovrani quali oggi devono considerarsi i governi nazionali e le corporations transnazionali. In questa direzione può anche immaginarsi un ulteriore incremento dell’azione degli attori sociali, centrato sull’attività negoziale dei rappresentanti centrali dell’intero movimento sindacale (nella sua identità transnazionale), che abbia come obiettivo quello di proteggere i lavoratori non solo come produttori, ma anche come consumatori ».
NOTE
(1) E’ noto che il riconoscimento dei diritti universali dell’uomo ,avvenuto con la dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 in Francia,è considerato il fondamento delle moderne democrazie.Ma v’è anche una corrente socio-politica ( c.d. comunitarismo,relativismo) che riconosce solo i diritti reali (storicamente esistenti) .In particolare al De Maistre si attribuisce la nota frase.: “ho visto nella mia vita francesi,italiani ,russi ecc.;so pure,grazie a Montesquieu,che si può essere persiani;ma quanto all’uomo,dichiaro di non averlo mai incontrato in vita mia”.Sul tema vedi il recente saggio di Zeev Sternhell Contro l’illuminismo,ed Baldini Castaldi Dalai 2007 ,che parla più propriamente di due “modernità”.
(2)v.Pessi “Ordine giuridico ed economia di mercato” in Argomenti di diritto del lavoro 6/2009,1261
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