Nel D.L. n. 193 del 29 dicembre 2009, tra gli interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario, sono state previste anche misure per la digitalizzazione della giustizia (art. 4); la novità di tali misure consiste, in sostanza, nell’adozione della posta elettronica certificata quale strumento per comunicazioni e notificazioni nei processi civili e penali. Infatti, il comma 2 dell’art. 4 stabilisce che “nel processo civile e nel processo penale tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, nei casi consentiti, mediante posta elettronica certificata”.
In particolare, sono indicate le notificazioni e le comunicazioni di cui all’art. 170.1 c.p.c., 192.1 c.p.c. (e ogni altra comunicazione al consulente), nonché le notificazioni a persona diversa dall’imputato di cui agli articoli 148 comma 2-bis, 149, 150 e 151 comma 2, c.p.p.
La norma rinvia al D.Lgs. 82/2005, al DPR 68/2005 e all’art. 16 del D.L. n. 185/2008, lasciando chiaramente intendere che la PEC di riferimento è quella “ordinaria”, non quella del processo telematico (cioè la c.d. CPECPT).
La PEC “ordinaria” quindi, per divenire strumento di notifiche in ambito processuale, deve essere sottoposta ad una ulteriore regolamentazione tecnica; pertanto l’art. 4 (nei commi 1 e 2) prevede il rinvio a successivi decreti ministeriali per individuare le relative regole tecniche; tali decreti dovrebbero essere emanati entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 193; in attesa che ciò avvenga, continuano ad applicarsi le regole tecniche del PCT.
Da queste disposizioni deriva, per le notifiche processuali di cui al D.L. 193, il passaggio dalla CPECPT alla PEC “ordinaria”, con alcune importanti conseguenze: innanzi tutto, se non saranno cambiate le attuali norme, muterà il gestore del servizio; infatti, la CPECPT è rilasciata e gestita dal c.d. Punto di Accesso (art. 11 DM 17.7.08); invece la PEC “ordinaria” è rilasciata da gestori iscritti nell’elenco CNIPA (art. 14 DPR 68/2005; per la c.d. CEC-PAC, si veda anche il DPCM 6.5.2009 e conseguente disciplinare di gara).
In correlazione a ciò, rischia di venir meno quel delicato processo di certificazione informatica dei soggetti processuali “abilitati esterni” (come i difensori), che è uno dei pilastri dell’attuale regolamentazione tecnica del processo telematico.
In effetti, ad ogni CPECPT corrisponde un indirizzo elettronico che contiene un patrimonio informativo sicuro, indispensabile per conferire massima certezza al processo telematico, consentendo al difensore di essere correttamente “filtrato” e di entrare a pieno titolo nel sistema informatico processuale della giustizia. Per fare un esempio concreto, in tale patrimonio informativo si registra anche lo status del difensore, che consente di dimostrare l’attualità della sua iscrizione all’albo; a livello informatico, ciò è possibile grazie ad un costante aggiornamento dell’albo informatico degli avvocati, le cui variazioni sono cristallizzate di volta in volta dalla firma digitale del presidente del COA (o di un suo delegato), e le cui comunicazioni al gestore centrale avvengono tramite canali sicuri.
Nell’attuale disciplina della PEC, viceversa, non è prevista alcuna certificazione iniziale del ruolo del soggetto titolare, né tanto meno un aggiornamento della certificazione di tale ruolo.
Come sarà disciplinato tale delicato aspetto, quindi, utilizzando la PEC “ordinaria”?
Una prima risposta ci viene dal comma 3 dell’art. 4 del D.L. 193, che introduce, come novità nella tenuta informatica dell’albo degli avvocati, l’indirizzo PEC comunicato ai sensi dell’art. 16 del D.L. 185/2008. Detta disposizione prevede anche che i suddetti indirizzi PEC (oltre ai codici fiscali) siano aggiornati con cadenza giornaliera e resi disponibili per via telematica al CNF ed al Ministero della giustizia, nelle forme previste dalle prossime regole tecniche. Queste ultime, in sostanza, dovranno compensare la grave perdita di certezze derivante dall’abbandono della CPECPT e relative certificazioni di “status”: per quanto concerne gli albi informatici, appare conveniente sin d’ora che i COA aggiungano una colonna contenente gli indirizzi PEC degli iscritti tramite il software di gestione dell’albo, al fine di poter comunicare tali dati, unitamente al codice fiscale, secondo quanto prescriveranno le regole tecniche.
Riteniamo che l’estratto di detto elenco dovrà comunque essere sottoposto a misure tecniche atte ad assicurare la sua integrità e autenticità, come già avviene in ambito PCT: la firma digitale da parte del presidente del COA (o di un suo delegato) e la trasmissione tramite canali sicuri ci appaiono, dunque, strumenti ancora decisivi.
Ci sfugge la necessità, pur prevista dalla norma, di un aggiornamento giornaliero degli indirizzi PEC: d’altro canto, la firma digitale dell’elenco degli indirizzi PEC, validata temporalmente, potrebbe garantire inconfutabili certezze sino a successive modifiche dello stesso elenco, che sarebbero sottoposte a nuova sottoscrizione digitale.
Naturalmente occorrerà altresì, nelle emanande regole tecniche, governare i flussi delle comunicazioni con gli ufficiali giudiziari.
Ma non basteranno le predette regole tecniche per dare il concreto avvio al nuovo sistema: infatti, sono previsti ulteriori decreti, da adottarsi (ottimisticamente) entro l’1 settembre 2010, sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il CNF e i COA interessati, con cui il Ministro della giustizia, previa verifica, accerterà la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali troveranno applicazione le nuove disposizioni.
In sostanza, tutte le predette disposizioni non potranno essere attuate, se non saranno emanati i successivi decreti ivi previsti. Inoltre le stesse disposizioni presuppongono che i c.d. elenchi PEC siano completi (allo stato, non risulta invece che i COA abbiamo completato i relativi adempimenti). Occorre d’altro canto ricordare che notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento, alle parti che non hanno provveduto ad istituire e comunicare l’indirizzo PEC, saranno fatte presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario, il che dovrebbe indurre i più pigri a provvedere di conseguenza.
Né appare immediatamente attuabile il nuovo art. 149 bis c.p.c., introdotto dal decreto in esame: infatti, sarebbe astrattamente possibile l’estrazione di copia informatica del documento originale (anche cartaceo) da notificare, ad opera dell’ufficiale giudiziario (qualora quest’ultimo abbia i necessari strumenti hardware e software e la relativa competenza tecnica). Sarebbe anche possibile il reperimento degli indirizzi PEC risultanti dagli elenchi pubblici di cui al D.L. 185/2008, ove esistenti: il destinatario, per inciso, dovrebbe avere la capacità di una consapevole verifica della firma digitale apposta sulla copia informatica, attivando la relativa procedura (che è diversa da quella di verifica di un messaggio PEC).
Ciò che non si può fare, sulla base dell’attuale normativa, è la relata di notifica, poiché manca il decreto ministeriale che disciplini i c.d. requisiti di congiunzione e di allegazione, come previsto dallo stesso art. 149 bis.
Attendiamo, quindi, i decreti attuativi, per comprendere come le “misure urgenti di digitalizzazione della giustizia” in materia di notifiche saranno attuate.
Una riflessione nel frattempo appare inevitabile: se la strada scelta sarà quella del definitivo abbandono della CPECPT, le esperienze maturate in questo ambito, come consacrate ad es. nel D.M. 57/2009 per il Tribunale di Milano, porteranno ad inevitabili delusioni, frutto di un disegno poco coerente dei processi di digitalizzazione della giustizia, ove i cambi improvvisi di rotta potrebbero produrre una nociva diffidenza anche in quegli operatori del settore da sempre appassionati.
Avv. Giorgio Rognetta
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