Nelle pieghe del Decreto Monti, (grave) indebolimento alla Legge Urbani
Da qualche giorno, alcuni organi di stampa (Il Fatto Quotidiano) e attente associazioni ambientalistiche (Rosalba Giugni, presidente di “MareVivo”) stanno esponendo a gran voce vive preoccupazioni per una norma inserita nelle pieghe del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5.
Si tratta dell’art. 44 del testo normativo sopra citato che sarà in discussione al Senato il 28 marzo prossimo, la cui rubrica, in maniera eloquente, recita “Semplificazione in materia di interventi di lieve entità”.
In particolare, il primo comma dell’art. 44, d.l. 5/2012, con riferimento all’art. 146, c. 9, quarto periodo, d.l. 42/04 (Codice Urbani) che prevede l’emanazione di appositi regolamenti in cui vengono stabilite “procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti”, contempla un pericoloso allargamento di detti interventi su beni culturali e paesaggistici.
Si prevede infatti che “Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, d’intesa con la Conferenza unificata, salvo quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono dettate disposizioni modificative e integrative al regolamento di cui all’articolo 146, comma 9, quarto periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, al fine di rideterminare e ampliare le ipotesi di interventi di lieve entità, nonché allo scopo di operare ulteriori semplificazioni procedimentali, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.
Nelle more dei lavori parlamentari, già il Presidente della III° Sezione penale di Cassazione, dott. Guido De Maio ha esternato anch’esso vive preoccupazioni che “tali ipotesi [rectius, interventi di lieve entità], già ampiamente e specificamente previste, possano essere eccessivamente “ampliate”, fino a consentire vere e proprie alterazioni o strumentalizzazioni dei beni vincolati o anche ad agevolare speculazioni, con evidente grave danno per il patrimonio artistico e culturale del Paese” (www.ilfattoquotidiano.it).
Peraltro, come auspicato dal Presidente De Maio, a maggior ragione alla luce del predetto ampliamento, dovrà essere scongiurata qualsiasi forma di introduzione del silenzio-assenso in materia de qua, che porterebbe ad un sostanziale svuotamento dello “spirito del Codice Urbani”.
Di violazione dello “spirito del Codice Urbani” ha parlato anche (l’unico) parlamentare che ha richiamato l’attenzione sulla pericolosa semplificazione in atto, Senatore Francesco Pardi, che ha presentato in Commissione Affari costituzionali un emendamento che chiede la soppressione dell’intero articolo.
Indubbiamente infatti, la norma di cui all’art. 44, d.l. 5/12, costituisce un passo indietro nella tutela del paesaggio (in senso lato inteso) e nell’opera di repressione dei relativi abusi, in quanto, oltre a quanto già esposto, vengono altresì modificate le conseguenze sanzionatorie previste dall’art. 181, d.l. 42/04, nel caso di “Opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformità da essa”.
La disposizione da ultima citata, infatti, prevede due distinte ipotesi di reato.
Il primo comma prevede una contravvenzione punita con le pene dell’art. 44, lett. c), d.p.r. 380/01, nei confronti del soggetto che, senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, abbia eseguito “lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici”.
Il comma 1-bis, invece, a sottolineare la gravità dell’abuso su beni vincolati di particolare interesse pubblico, prevede un delitto, nel caso in cui i lavori eseguiti senza autorizzazione o in difformità da essa “ricadano su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori” (lett. a) e nell’ipotesi in cui detti lavori “ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi” (lett. b).
Il successivo comma 1-ter, art. 181, d.l. 42/04 prevede, a talune condizioni ivi enunciate, l’estinzione della fattispecie contravvenzionale di cui al primo comma (ferme le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 167), qualora l’Autorità amministrativa accerti, ex post, la compatibilità paesaggistica secondo le procedure contemplate dal successivo comma 1-quater.
Il decreto Monti, in discussione al Senato il prossimo 28 marzo, modifica proprio quest’ultima disposizione, prevedendo che “All’articolo 181, comma 1-ter, primo periodo, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dopo le parole: «la disposizione di cui al comma 1» sono aggiunte le seguenti: «e al comma 1-bis, lettera a)»”.
Di fatto, quindi, viene estesa la possibilità di accertamento ex post della compatibilità paesaggistica (che ricalca il modello della sanatoria edilizia, ex d.p.r. 380/01), anche per i lavori eseguiti senza autorizzazione o in difformità da essa “su immobili od aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori”, con conseguente estinzione del relativo delitto.
Per tutto quanto sopra detto, è evidente quindi il notevole passo indietro nella tutela del paesaggio (in senso lato inteso) che con l’approvazione dell’art. 44, d.l. 5/12 si rischia di compiere, intervenendo, senza apparente razionale spiegazione, su una legge, il cd. Codice Urbani, che a sua volta modificò radicalmente una normativa sugli abusi, rendendola più specifica e punitiva.
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