Introduzione.
Il 31 maggio scorso con il decreto legge n. 78 è stata approvata la manovra economico finanziaria del 2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” recante tra l’altro al titolo II “Contrasto all’evasione fiscale e contributiva” una serie di indicazioni riguardo l’aggiornamento catastale (art.19). Tale decreto legge è stato convertito in legge con modifiche mediante disegno di legge n. 2228.
L’art. 19, comma 4, così come modificato in sede di conversione, detta nuove norme in materia di redazione degli atti traslativi di unità immobiliari aggiungendo all’art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52 , un ulteriore comma:
1-bis. Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari “.
Si tratta di una norma dai connotati squisitamente fiscali che vuole fare emergere le difformità tra gli identificativi catastali, le planimetrie depositate in catasto e la situazione di fatto.
Tale disciplina va letta in stretta correlazione con l’attivazione, mediante la stessa legge, dell’Anagrafe immobiliare integrata, gestita dall’Agenzia del Territorio e finalizzata a individuare i soggetti titolari di diritti reali sugli immobili, mediante l’incrocio fra gli archivi catastali e quelli dei registri immobiliari.
L’intervento del legislatore si articola su quattro piani differenti:
a) L’indicazione in atto degli estremi degli identificativi catastali dei fabbricati interessati dalla normativa, così come sono riportati al Catasto Fabbricati .
b) La menzione in atto dell’avvenuto deposito presso il Catasto Fabbricati della planimetria dei fabbricati oggetto del negozio.
c) La dichiarazione resa in atto dagli intestatari circa la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
d) L’allineamento soggettivo tra l’intestazione catastale e le risultanze dei Registri Immobiliari.
È opportuno, previamente, trattare degli ambiti applicativi della novella per poi addentrarsi in medias res sulle novità introdotte in tema di circolazione immobiliare.
L’ambito di applicazione dell’art. 29, comma 1 bis.
Tale normativa si applica agli atti pubblici e alle scritture private autenticate tra vivi. Devono quindi essere esclusi i testamenti (in quanto atti “mortis causa”) e altri atti legati al fenomeno successorio quali l’accettazione e la rinuncia dell’eredità o la pubblicazione di testamento che non comportano il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali.
Dal dettato normativo si evince l’inapplicabilità della normativa oggetto di commento alle scritture private non autenticate poiché non idonee a valere quale titolo passibile di pubblicità immobiliare. Tale normativa rischia di essere elusa facilmente nel caso di trascrizione nei registri immobiliari di una scrittura privata previo accertamento giudiziale delle sottoscrizioni.
Si auspica dunque in una prospettiva de iure condendo una integrazione normativa.
Stesso discorso può farsi per i provvedimenti giudiziari, non contemplati dalla normativa, suscettibili di pubblicità immobiliare come le sentenze costitutive ex 2932 c.c.
Gli accorgimenti introdotti riguardano la quasi totalità degli atti rogati dal Notaio, riferendosi al trasferimento, alla costituzione e allo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati esistenti.
La norma, con la stessa formulazione della legislazione urbanistica ai sensi degli artt. 17 e 40 della legge 47/1985 (Testo Unico dell’Edilizia) e dell’art. 46 del d.p.r. 380/2001, in quell’ampio riferimento al profilo effettuale degli atti copre l’intera gamma dei negozi ad efficacia latu sensu traslativa.
Nella versione originaria del decreto legge n. 78 non era fatto alcun riferimento alle due eccezioni contemplate dalla normativa urbanistica, ossia la non applicabilità agli atti aventi ad oggetto diritti reali di garanzia e servitù.
Tuttavia, in sede di conversione in legge si è previsto l’esclusione dall’ambito applicativo degli atti aventi ad oggetto diritti reali di garanzia come le costituzioni di ipoteche.
Sarebbe stato probabilmente opportuno, in sede di conversione, eccettuare anche i diritti di servitù data l’irragionevolezza della mancata previsione.
Volendo fare una carrellata, a titolo esemplificativo, degli atti oggetto della normativa si possono citare tra i contratti traslativi o costitutivi quelli di compravendita, permuta, donazione, datio in solutum, conferimento di edifici in società, cessione d’azienda, patto di famiglia, e tra gli atti aventi ad oggetto lo scioglimento di comunione di diritti reali quelli di divisione, stralcio di quota in divisione, transazione divisoria.
La norma in commento non contempla il rispetto dei particolari requisiti ai fini della validità del contratto preliminare di tali contratti. Tuttavia, è assolutamente opportuno che da questo risulti l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie catastali e la dichiarazione circa la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie qualora sia prescritto a pena di nullità per il rogito definitivo. In tal modo si verrebbe a superare il problema circa la mancanza dei requisiti “catastali” nella sentenza di esecuzione in forma specifica del preliminare ex 2932 c.c.
Si deve fare riferimento a tutti gli atti riguardanti la piena e la nuda proprietà, ovvero, ogni altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, superficie, servitù) con la sola esclusione dei diritti reali di garanzia.
Per quanto concerne il presupposto oggettivo di applicazione, la nuova disciplina si riferisce ai fabbricati già esistenti e censiti nel Catasto Fabbricati, cioè a dire alle cosiddette unità immobiliari urbane.
Certa è quindi la non applicazione della normativa agli atti che hanno ad oggetto terreni.
Un primo problema balzato agli occhi degli interpreti è stabilire se applicare la definizione di edificio esistente dettata dal Testo Unico dell’Edilizia all’art. 31, comma 2 (si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente), o ricorrere alla disciplina codicistica di cui art. 2645 bis, ultimo comma (si intende esistente l’edificio nel quale sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità, e sia stata completata la copertura).
Da tali articoli è possibile evincere che in generale il legislatore per edificio esistente intenda il fabbricato di cui sia stato completato il rustico, comprensivo di mura perimetrali delle singole unità e della copertura: in poche parole il fabbricato suscettibile all’uso cui è destinato.
In sintesi, sono quindi assoggettati alla normativa oggetto di commento:
– i fabbricati “esistenti non ancora ultimati” cioè quei fabbricati realizzati “al rustico” per i quali sono necessarie le ultime opere di finitura al fine del rilascio del certificato di agibilità.
– i fabbricati “esistenti ed ultimati” cioè quelli completati anche negli impianti e nelle finiture.
– i fabbricati “esistenti ma non censibili al Catasto Fabbricati” in quanto non dispongono di autonomia funzionale e reddituale (unità collabenti, lastrici solari, unità in corso di definizione)
Restano invece esclusi dall’ambito applicativo della nuova norma:
– i fabbricati “non esistenti” cioè a dire quei fabbricati non ancora giunti al “rustico” che possono costituire oggetto valido di atti traslativi (vendite su carta) pur in assenza di accatastamento e di presentazione di planimetrie.
– le unità immobiliari iscritte al Catasto Fabbricati ma che non possono ricondursi per le loro caratteristiche alla categoria dei fabbricarti (es. aree di corte scoperte).
Altro problema è interpretare cosa il legislatore abbia inteso per unità immobiliare urbana.
È necessario fare riferimento all’art. 8 del regio decreto 562/1939 (si considera unità immobiliare urbana ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se utile ed atta a produrre un reddito proprio) e all’art. 2 del decreto ministeriale 28/1998 (l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. (omissis) Sono considerate unità immobiliari anche le costruzioni ovvero porzioni di esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, perché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate unità immobiliari i manufatti prefabbricati ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale.
Da tali definizioni si evince che secondo la disciplina fiscale le unità immobiliari urbane sono quelle che producono una rendita, un reddito catastale proprio.
Si tratta di una categoria più ristretta rispetto a quella dei fabbricati esistenti, in quanto tra quest’ultimi rientrano come già sopra detto le unità collabenti (costruzioni non abitabili o non agibili e comunque di fatto non utilizzabili, a causa di dissesti statici, di fatiscenza o inesistenza di elementi strutturali e impiantistici, ovvero delle principali finiture, indicati in catasto con la categoria F/2) e i lastrici solari (categoria F/5) non dotati di autonomia funzionale e reddituale.
Tale incoerenza, che sembrerebbe emergere prima faciae, in verità è inesistente, poichè, come sarà detto specificamente infra, in generale tutti i fabbricati già esistenti devono essere identificati catastalmente mentre per le sole unità immobiliari urbane di tali fabbricati dovrà essere fatta menzione delle planimetrie depositate e della dichiarazione di conformità.
Si discute l’applicazione della norma ai fabbricati rurali.
Ad oggi è previsto (art, 9 decreto legge 557/1993 convertito nella legge 133/1994) l’obbligo di accatastamento di questi fabbricati presso il Nuovo Catasto Edilizio Urbano.
I primi Commentatori pertanto hanno sostenuto che tale novella riguardi anche i fabbricati rurali, dato che la nozione di unità immobiliare urbana è tale da ricomprendere tutti i fabbricati comunque iscritti al Catasto Fabbricati.
Sembra preferirsi l’opinione di coloro i quali ritengono che in ragione del carattere di ruralità degli stessi, carattere che non si perde per l’accatastamento al NCEU, la verifica di conformità allo stato di fatto dei dati catastali non debba essere effettuata.
Si ritiene infine che alla luce della normativa vigente non sia più possibile il rogito di atti traslativi aventi ad oggetto fabbricati rurali ancora censiti al Catasto Terreni, senza prima procedere alla denuncia presso Il Catasto Fabbricati.
a) L’identificazione catastale.
La prima parte dell’articolo in commento prescrive l’obbligo di indicare in atto gli estremi di identificazione catastale degli immobili oggetto del contratto, così come ricavati dal registro del Catasto Fabbricati.
Il decreto ministeriale 28/1998 all’art. 4 prevede che “a ciascuna unità immobiliare e comunque ad ogni bene immobile,?quando ne occorra l’univoca individuazione, e’ attribuito un?identificativo catastale”.
È il decreto ministeriale 701/1994 che all’art. 1, comma 6, individua quali siano i dati di identificazione catastale ossia “Comune, sezione, foglio, numero di mappale e di eventuale subalterno, indirizzo, piano, classe, categoria, vani e/o superficie e/o cubatura, rendita catastale”
La prassi notarile già conosceva l’inserimento in atto dei dati catastali ai fini della descrizione degli immobili. Oggi tale inserimento è prescritto in atto a pena di nullità.
Tale prescrizione concerne tutti i fabbricati esistenti, senza alcuna distinzione tra edifici ultimati, non ultimati e non censibili.
b) Il riferimento alle planimetrie depositate in catasto.
La seconda parte del comma 4 dell’art. 19 della legge oggetto del presente lavoro impone, a pena di nullità, la menzione in atto dell’avvenuto deposito in catasto delle planimetrie delle unità immobiliari urbane, mediante l’indicazione del protocollo.
Come l’identificazione catastale, la planimetria è essenziale ai fini dell’individuazione dell’unità immobiliare urbana. La planimetria inoltre è necessaria ai fini della determinazione dell’esatta consistenza dell’immobile e della consequenziale rendita catastale.
Per tale motivo non rientra nell’ambito applicativo della seconda parte della disposizione, il fabbricato non ultimato o quello che benché ultimato, venga accatastato senza rendita cioè a dire le unità collabenti e i lastrici solari.
Per tali fabbricati potrebbe essere opportuno il riferimento, in atto, all’elaborato planimetrico depositato in catasto, logicamente ai soli fini d’identificazione grafica.
La norma non impone l’obbligo di allegazione della planimetria, anche se, può essere decisamente opportuna per supportare la dichiarazione di conformità che deve essere effettuata dall’intestatario.
Basti pensare che l’art. 50 lettera c dei “Principi di deontologia professionale dei Notai” approvati nel 2008, prescrive come regola l’allegazione delle planimetrie e degli altri documenti grafici di guisa che risultino gli elementi utili per individuare con esattezza i beni e i diritti oggetto dell’atto.
Sarà compito del Notaio verificare la corrispondenza tra il dato catastale e la planimetria.
c) La conformità allo stato di fatto dei dati catastali e della planimetria.
Altro requisito posto, a pena di nullità, dalla nuova normativa è la dichiarazione, resa in atto, da parte degli intestatari, circa la conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
L’attività notarile quotidiana si gioca su tale dichiarazione di conformità.
I primi commenti degli interpreti si attestano su una conformità sostanziale della planimetria depositata in catasto rispetto allo stato di fatto. Non bisogna dimenticare che la norma è squisitamente fiscale e finalizzata a fare emergere dalle risultanze catastali le rendite effettive adeguate allo stato di fatto degli immobili.
La conformità deve avere ad oggetto sostanzialmente i dati catastali con lo stato di fatto relativamente a quelli che sono gli indici che possono incidere sulle rendite catastali, cioè a dire la consistenza (per esempio nel caso di ampliamento del fabbricato) e il classamento (attribuzione della categoria e della classe).
Le altre eventuali lievi difformità (per esempio mere opere interne) non devono essere considerate tali da incidere sulla circolazione immobiliare.
La norma non stabilisce fino a che punto il Notaio possa spingersi in questa verifica nei confronti delle parti. Nei casi sopra prospettati, qualora il Notaio venga a conoscenza delle modifiche rilevanti, deve avvertire le parti della necessità di depositare una nuova planimetria.
La dichiarazione deve essere resa dagli intestatari degli immobili. Si ritiene che si debba fare riferimento agli intestatari effettivi degli immobili e non agli intestatari catastali, se diversi, in quanto la ratio della norma esige che la dichiarazione derivi dall’alienante, anche se non è titolare del diritto reale oggetto dell’atto (per esempio nel caso di vendita a non domino).
La legge non richiede che tale dichiarazione sia resa nella forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio come invece richiesto per altre fattispecie previste per legge.
Il disegno di legge approvato in sede di conversione del decreto ha previsto che tale dichiarazione possa essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
L’emendamento, secondo quanto affermato nel dossier di documentazione redatto dal servizio studi del Senato, intende risolvere quelle situazioni in cui gli intestatari catastali dei beni immobili non corrispondono ai soggetti che effettivamente cedono il bene o che stipulano l’atto.
In sede di conversione si è anche precisato che la conformità allo stato di fatto sia resa sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale.
La nullità prevista dalla normativa in commento ha carattere formale, e colpisce l’atto nel caso di mancanza dell’identificazione catastale, della dichiarazione circa la corrispondenza alle planimetrie o della dichiarazione di corrispondenza tra lo stato di fatto, le planimetrie e i dati catastali.
Probabilmente, in una prospettiva de iure condendo sarebbe consigliabile ridimensionare il grado della sanzione tenuto conto degli interessi tutelati dalla norma stessa.
Si ritiene che la dichiarazione mendace non possa determinare la nullità dell’atto, non trattandosi di nullità sostanziale, considerato il carattere eccezionale e tassativo del rimedio della nullità.
Infine, nel caso di errore nell’identificazione catastale nonostante una lettura formalistica propenderebbe per l’assimilazione alla ipotesi di mancanza di tale identificazione, la sanzione della nullità risulterebbe essere rimedio assolutamente sproporzionato ed irragionevole.
d) La verifica dell’allineamento soggettivo dell’intestazione catastale con le risultanze dei registri immobiliari.
Nella prassi il dato di maggiore affidamento per identificare i titolari di diritti reali su immobili è quello dei Registri Immobiliari.
Il Legislatore, con la riforma, stabilisce che l’identificativo catastale debba essere conforme a quelli che sono i dati dei registri Immobiliari. La normativa prevede la necessità di un preventivo allineamento delle risultanze catastali rispetto a quelle della pubblicità immobiliare con riferimento ai rogiti degli atti aventi ad oggetto fabbricati già esistenti secondo quanto detto supra.
Tale opera deve essere svolta sotto la responsabilità del Notaio (nonostante il Legislatore non richiami la sanzione di nullità).
Il Notaio prima della stipula di detti atti sarà dunque sempre tenuto ad eseguire le visure presso il Catasto Fabbricati per accertare l’intestazione e le visure ventennali presso i registri immobiliari per accertare l’intestazione effettiva degli immobili da negoziare, senza alcuna possibilità di deroghe e/o esoneri di responsabilità da parte dei contraenti (come invece era permesso nella prassi nel caso di urgenza delle parti a contrarre).
La norma non richiede che in atto sia fatta menzione dell’attività di accertamento svolta ma si ritiene ciò assolutamente necessario al fine di documentare l’espletamento della funzione.
Non è pacifico in quale modo l’allineamento possa essere realizzato. Queste sono problematiche più di carattere pratico che teorico.
Oggi si discute se sia sempre necessario un pre-allineamento o se il Notaio possa garantire il risultato dell’allineamento delle risultanze catastali ai registri immobiliari dopo la stipula dell’atto. (Prima della riforma, ad esempio, nel caso di immobile non allineato in Catasto, il Notaio soleva fare l’allineamento “successivo” cioè faceva risultare in Catasto, quando si faceva la voltura dell’atto, tutti i passaggi preesistenti quali emergevano dalla provenienza ultraventennale nell’atto pregresso)
Si ritiene che la ratio della norma sarebbe, comunque, soddisfatta anche qualora il Notaio facesse emergere tutti i passaggi dalle risultanze catastali dopo la stipula dell’atto
Tra i commentatori c’è, invece, chi sostiene che in presenza di un disposto normativo di tal genere il Notaio debba necessariamente prima allineare e poi procedere al rogito.
Non è necessario l’allineamento catastale nel caso di passaggi mortis causa quando non vi sia stata un’accettazione espressa e l’accettazione derivi dal proprio atto (un esempio è il caso del dante causa che sia erede ed accetta tacitamente nell’atto).
Alla luce della legge di conversione del decreto legge deve ritenersi risolto il dubbio interpretativo circa l’allineamento soggettivo nel caso di trasferimento immobiliare e contestuale mutuo con concessione di ipoteca. Non sarà necessario procedere ad un nuovo allineamento dopo la conclusione dell’atto di vendita e prima del mutuo.
Erano già orientati in tal senso i primi interpreti della normativa, sulla base del carattere eccezionale della fattispecie che rappresenta un’operazione giuridica unitaria.
Dott. Gioacchino Genchi
Bibliografia:
A. Busani, Un tris di controlli prima di firmare l’atto, in Il sole 24 ore.
G. Petrelli, Le nuove regole in materia di aggiornamento delle risultanze catastali e di allineamento del catasto con le risultanze dei registri immobiliari.
G. Rizzi, La normativa in materia di conformità dei dati catastali (D.L. 78/2010).
Circolare n. 2 del 9 luglio 2010 dell’Agenzia del Territorio – Prime indicazioni sull’attuazione dell’art. 19 del D.L. 78/2010.
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