Le omissioni dell’avvocato non costituiscono automaticamente un danno: Cassazione Civile Sezione III 18 luglio 2016 n. 14644. Deve dimostrarsi il danno e il nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone. In mancanza, il cliente risarcisce l’avvocato per danno all’immagine.
Il fatto.
Un cliente deduceva che il proprio avvocato non aveva presentato richiesta di costituzione di parte civile e di aver subito, in conseguenza della sua esclusione dal procedimento penale, un danno, integrato dal fatto stesso dello svolgimento di una condotta professionale in cui sia intervenuto un errore. Tribunale e Corte di Appello rigettavano la richiesta di risarcimento danni del cliente contro l’avvocato, ma il cliente ricorreva in Cassazione.
La decisione.
Con una precedente pronuncia (Cassazione civile, sez. III, 05/02/2013, n. 2638), la Suprema Corte aveva statuito che la responsabilità dell’avvocato – nella specie per omessa proposizione di impugnazione – non può affermarsi per il solo fatto del suo non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone.
Con altro arresto (Cassazione civile, sez. II, 27/05/2009, n. 12354), il Supremo Collegio era nuovamente intervenuto – ancora in punto di omessa impugnazione – affermando che il cliente è tenuto a provare non solo di avere sofferto un danno, ma anche che questo è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine − positivamente svolta − sul sicuro e chiaro fondamento dell’azione, che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata, e quindi la certezza morale che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente.
Sulla scia dei precedenti dicta, ossia (dimostrazione del danno e nesso causale tra condotta missiva o commissiva e danno), la Cassazione ha escluso qualsiasi automatismo tra la condotta del legale ed il risultato non auspicato [nella specie, che una mancata costituzione civile possa provocare un danno, atteso che è sempre possibile introdurre un autonomo giudizio civile (ad onta dell’avvenuta assoluzione dell’imputato)].
Piuttosto, gli ermellini giustificano la richiesta dell’avvocato ad un risarcimento per danno da lesione all’immagine, facendo riferimento al discredito professionale che la proposizione di una azione risarcitoria per responsabilità professionale manifestamente infondata può comportare nei confronti del professionista, quanto meno per la conoscibilità di essa nel suo ambito professionale, che è quello del foro, dei giudici e del personale amministrativo con i quali egli si trova ad operare abitualmente. Via libera alla quantificazione in via equitativa in euro diecimila.
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