Le procedure di polizia mortuaria

Redazione 09/01/02

di Roberto Gandiglio

Introduzione

La polizia mortuaria è una disciplina poco conosciuta se non altro per motivi scaramantici. Le sue procedure interessano qualche ufficio comunale e gli operatori del settore funebre. In verità, rappresentano un settore giuridico immeritatamente poco studiato. Il coinvolgimento di competenze tra enti diversi (comuni, aziende sanitarie, regioni, autorità giudiziaria), l’intreccio con le funzioni di stato civile, l’impatto che le nuove procedure di semplificazione dell’attività amministrativa hanno avuto sulla materia, i continui rinvii sulle modifiche del regolamento nazionale del 1990 che disciplina la polizia mortuaria, testimoniano l’esigenza di una maggior attenzione su questa materia.

Scopo di questi cenni, volutamente incentrati sugli aspetti più amministrativi della polizia mortuaria, è di fornire una prima rappresentazione della complessità della disciplina con l’intento di ulteriori approfondimenti.

 Definizione di “polizia mortuaria”

La polizia mortuaria riguarda tutte quelle attività connesse alla morte di una persona. Si tratta, cioè, di un insieme di norme di diverso livello gerarchico che disciplinano le pratiche funerarie successive all’evento morte, le regole per il trasporto funebre e l’accoglimento nei cimiteri. Questo insieme di norme unisce profili strettamente amministrativi con profili di carattere igienico-sanitario. I principali enti attori delle procedure di polizia mortuaria sono infatti i Comuni e le Aziende Sanitarie Locali. Ecco dunque che il termine “polizia” va inteso in senso amministrativo, ovvero come un’insieme di funzioni di controllo e vigilanza esercitate da pubbliche autorità, e non, come nel linguaggio comune, quale attività di pubblica sicurezza.

Fonti normative

Le fonti che disciplinano la materia mortuaria sono diverse e di differente livello gerarchico.

Considerati gli scopi del presente lavoro si citeranno solo le principali normative.

Il rispetto della gerarchia delle fonti impone di iniziare la breve elencazione dal Testo Unico delle Leggi Sanitarie (R.D. 1265/34). Tale atto, che ha forza di legge, si occupa della denuncia della causa di morte (art. 103), degli obblighi di denuncia in materia di malattie infettive – diffusive (art. 254) e dei progetti di costruzione dei cimiteri (art. 228). Vi è poi l’intero Titolo VI dedicato alla polizia mortuaria. In tale titolo vi sono norme sull’obbligo dei comuni di avere un cimitero a sistema di inumazione, norme sulla localizzazione dei cimiteri a distanza dai centri abitati, l’assoggettamento dei trasporti funebri ad autorizzazione amministrativa, il divieto di seppellire cadaveri all’infuori dei cimiteri, norme sui crematori e sul collocamento delle urne cinerarie ed il rinvio ad apposito decreto reale per la determinazione di norme generali per l’applicazione dello stesso testo unico. L’art. 344 demanda poi ai regolamenti locali di igiene e sanità di disporre in materia, fra le altre, di polizia mortuaria. Tali regolamenti, ai sensi dell’art. 345, sono approvati dal Consiglio Comunale e inviati per parere al Ministero della Sanità.

Testo base a livello nazionale è però il Regolamento di polizia mortuaria approvato con D.P.R. n. 285 del 10 settembre 1990. Si tratta di un regolamento del Ministero della Sanità che trova la sua legittimazione nel citato Testo Unico delle Leggi Sanitarie approvato con R.D. n. 1265 del 27 luglio 1934.

Il D.P.R. n. 285/90 è l’ultimo di una serie di regolamenti che nel tempo si sono succeduti. Parrebbe trattarsi di una fonte di grado secondario, ma va menzionata la presenza di un’autorevole dottrina (SCOLARO) che attribuisce natura di atto avente forza di legge al regolamento di polizia  mortuaria. I limiti del presente lavoro non consentono di approfondire le interessanti argomentazioni di Sereno Scolaro, per cui anche noi partiremo dal presupposto che il DPR 285/90 è fonte di natura secondaria.

Il D.P.R. 285/90 disciplina le denunce di morte e gli accertamenti dei decessi con i dovuti richiami all’ordinamento dello stato civile, norma il periodo di osservazione dei cadaveri e gli obitori, stabilisce i requisiti necessari per il trasporto dei cadaveri, disciplina il riscontro diagnostico e il rilascio di cadaveri a scopo di studio, disciplina le autopsie e i trattamenti per la conservazione dei cadaveri e dà disposizioni generali sul funzionamento, costruzione, pianificazione territoriale dei cimiteri. Seguono poi norme per lo più tecniche sulle diverse forme di sepolture e norme, anche procedurali, sulla cremazione. Seguono poi disposizioni sulle sepolture private, sulla soppressione dei cimiteri e sui reparti speciali, per poi concludersi con due disposizioni generali di cui l’ultima particolarmente interessante perché disciplina l’aspetto sanzionatorio. Per una maggiore comprensione del testo, il Ministero della Sanità emetteva due circolari interpretative: la n. 24 del 24 giugno 1993 e la n. 10 del 31 luglio 1998. La prima ha carattere organico ed interpreta l’intero corpus di norme del D.P.R. n. 285/90. Come noto le circolari interpretative hanno lo scopo di recare l’interpretazione di norme al fine di assicurarne l’uniforme interpretazione nell’ambito dell’apparato amministrativo che le deve applicare. Esse esercitano solamente una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ma non hanno una rilevanza normativa all’esterno (Cass., sent. n. 11931 del 1995). Più limitata la circolare n. 10/98 che interpreta le norme in materia di esumazione e di spazi cimiteriali.

Norme che interessano la polizia mortuaria in senso lato intesa si ritrovano poi nell’ambito del nuovo Regolamento dello stato civile approvato recentemente con D.P.R. n. 396 del 3 novembre 2000.

Mentre è in corso la riscrittura del D.P.R. n. 285/90, è stata recentemente approvata la legge n. 130 del 30 marzo 2001 recante “nuove disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri”. Tale legge disciplina la pratica funeraria della cremazione e della dispersione delle ceneri dando mandato al Governo di modificare le norme del D.P.R. n. 285/90 con regolamento da adottarsi  ai sensi dell’articolo 17, comma 1 delle legge n. 400 del 23 agosto 1988. Al momento in cui si scrive tale modifiche non sono ancora state approvate.

Ancora da citare il D.P.C.M. del 26 maggio 2000 che individua le risorse umane, finanziarie, strumentali ed organizzative da trasferire alle regioni per l’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di salute umana e sanità veterinaria di cui alla Tabella A dello stesso decreto. Proprio alla tabella A, punto c) si citano le “autorizzazioni previste dal regolamento di polizia mortuaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285”.  Tale decreto è emanazione della legge n. 59 del 15 marzo 1997 e del d.lgs n. 112 del 31 marzo 1998 sul conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti Locali. Si tratta pertanto di un trasferimento di competenze alle Regioni per il rilascio di alcune autorizzazioni che il DPR 285/90 demandava al Ministero della Sanità.

La polizia mortuaria viene poi regolamentata a livello locale, come già anticipato. Alcuni comuni si sono dati uno specifico regolamento di polizia mortuaria, altri hanno inglobato le norme riferite alla materia in esame nel regolamento comunale d’igiene, sulla base del citato art. 344 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie. La deliberazione di adozione del regolamento comunale, di competenza del Consiglio, è assoggettata a due forme di controllo. La prima è di competenza del Comitato Regionale di Controllo. Si tratta di un controllo preventivo di legittimità. Il Co.Re.Co. esamina l’atto e può disporne l’annullamento totale o parziale entro 30 giorni dal ricevimento. Opera, in ogni caso, l’istituto del silenzio-assenso, per cui se entro il termine non si pronuncia il regolamento si intende approvato. In riferimento al Co.Re.Co. va però detto che la recentissima riforma del titolo V della Costituzione e la relativa abrogazione dell’art. 130 della Costituzione disciplinante proprio l’organo in esame, sembrano farne decadere gli stessi controlli nei confronti degli Enti Locali. Chi scrive ritiene infatti che l’abrogazione dell’art. 130 della Costituzione sia sufficiente per considerare non più necessario il controllo di legittimità dell’organo regionale senza dovere attendere il comunque inevitabile adeguamento del Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali.

Gli effetti della riforma costituzionale sulla polizia mortuaria vanno comunque ben oltre il problema della sussistenza o meno in vita del Co.Re.Co.. Sarà, come meglio approfondiremo in seguito, l’istituita “Cabina di Regia” che dovrà dare sistematicità al nuovo riparto di competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali per chiarire un panorama oggi difficilmente decifrabile. L’altro controllo, sempre di legittimità, è di competenza del Ministero della Sanità – Dipartimento della Prevenzione e trova la sua fonte nell’art. 345 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie. Al riguardo si accennerà solo all’esistenza di un dibattito dottrinale sorto dopo l’approvazione della legge n. 142 del 1990 – Ordinamento degli Enti Locali – in merito alla vigenza o meno di tale forma di controllo. Anche in tal caso va infatti detto che le citate perplessità dottrinali sono destinate ad accrescersi dopo l’approvazione delle modifiche alla Costituzione.

Sempre a livello locale, non si possono poi dimenticare le ordinanze contingibili ed urgenti che adotta il Sindaco, ai sensi dell’art. 54, comma 2 del Testo Unico delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali, al fine di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità dei cittadini.

Va in ultimo menzionato che l’art. 22 del D.P.R. n. 285/90 attribuisce alla competenza del Sindaco la disciplina di orari, percorsi e modalità dei trasporti funebri, luogo e modalità per la sosta dei cadaveri in transito. Tale disciplina viene solitamente attuata attraverso Ordinanza del Sindaco.

Il riparto delle competenze

Come si è già potuto vedere, gli attori istituzionali sul palcoscenico della polizia mortuaria sono molteplici.

Vediamo innanzitutto il Comune. Tale ente è titolare di numerose competenze e, al momento, può essere definito come il titolare della funzione di polizia mortuaria. Ne citiamo alcune rimandando al successivo paragrafo l’esame più dettagliato di quelle competenze di natura strettamente amministrativa.

Il Comune ha competenze in ambito di funzioni obitoriali, trasporto funebre e sepoltura, autorizzazioni all’effettuazione del servizio di onoranza funebre, costruzione gestione manutenzione ed ampliamento dei cimiteri, gestione dei rapporti derivanti da sepolture private su aree date in concessione. Giova sottolineare a tale proposito che i cimiteri appartengono al demanio comunale ai sensi dell’art. 824 del codice civile. I cimiteri sono dunque soggetti al regime di tale categoria di beni pubblici: essi sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

Nell’ambito delle competenze comunali molta attenzione dovrà essere rivolta alle funzioni dei diversi organi comunali. Il D.P.R. n. 285/90 pur essendo stato approvato nel mese di settembre, è infatti stato elaborato senza tenere conto delle modifiche di competenze di cui alla legge n. 142/90 sull’ordinamento degli Enti Locali, approvata a giugno, e delle successive normative che hanno introdotto il principio della separazione tra organi politici, competenti per gli atti di indirizzo e di controllo, e i dirigenti, competenti per gli atti di gestione. Nell’operare tale distinzione si dovrà anche tenere conto che in questa materia il Sindaco spesso agisce come Ufficiale di Governo.

Vediamo ora le competenze dell’Azienda Sanitaria Locale. Se i comuni, come si è detto, sono i titolari della funzione di polizia mortuaria, è evidente che per lo svolgimento di tale funzione essi necessitano di un supporto tecnico in ambito igienistico e di medicina pubblica. I comuni hanno cioè bisogno di figure dotate di professionalità tecnico – sanitarie che sono incardinate nelle ASL. Le figure in esame possono poi essere individuate in diversi servizi – igiene pubblica, medicina legale, ecc. – a seconda dell’assetto organizzativo che le Regioni, da cui dipendono le ASL, si sono date.

Le competenze delle ASL in materia sono dunque numerose. Ne citiamo alcune senza la pretesa di essere esaustivi: tenuta dei registri delle cause di morte, funzioni dei medici necroscopi, denuncia della causa di morte, autorizzazioni alla sepoltura ed al trasporto dei feti e dei prodotti abortivi, vigilanza sul trasporto dei cadaveri, periodo di osservazione, attestazioni di prescrizioni sul feretro, riscontro diagnostico sui cadaveri, autopsie, vigilanza sul funzionamento dei cimiteri, vigilanza su esumazioni straordinarie ed estumulazioni,  vigilanza sul rispetto delle norme del DPR 285/90.

Difficile invece prevedere quale sarà il ruolo delle Regioni in materia di polizia mortuaria. Se già il d.lgs n. 112 del 31/3/98, attuativo della l. n. 59 del 15/3/97 (cd. I Bassanini), aveva individuato un ampio trasferimento di competenze dallo Stato alle Regioni, la legge di riforma del Titolo V della Costituzione, recentemente confermata attraverso referendum, ha accentuato il carattere federalista della Repubblica e, per quello che più rileva in questa sede, demandato la materia della “tutela della salute” alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni, nel senso che le regione legifera nell’ambito dei principi fondamentali fissati dalle leggi statali. Spetta esclusivamente alle Regioni, invece, la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Si tratterà dunque di vedere regione per regione quanto la “funzione” polizia mortuaria, che abbiamo visto storicamente ricadere nell’ambito sanitario, sarà sottratta ai comuni, sempre che qualcuno non si accorga che, con esclusione degli aspetti strettamente tecnico – igienistici, non vi è ragione per cui la polizia mortuaria debba essere inserita nel calderone delle materie sanitarie. E’ comunque ipotizzabile uno scenario in base al quale la legge regionale disciplinerà taluni aspetti della materia lasciando ai comuni l’esercizio delle funzioni amministrative.

Quali saranno i rapporti tra le nuove competenze che la Regione assumerà e il sempre atteso nuovo testo nazionale del regolamento di polizia mortuaria, è difficile da prevedersi, anche considerando quale valore potrebbe ancora avere un regolamento di natura ministeriale in una disciplina che, ritenendone confermata la natura sanitaria, dovrebbe essere normata da una legge quadro statale e da leggi regionali. Sarà anche da individuare lo spazio che rimarrà alla disciplina dei regolamenti comunali e il ruolo che si vorrà affidare all’iniziativa privata.

Come già anticipato il nuovo assetto di competenze tra Stato ed Enti Territoriali dovrà dunque essere chiarito. A tal proposito è stata istituita la già menzionata “Cabina di Regia” tra Governo, Regioni ed Enti Locali. Tale organo dovrà fornire ragguagli sul nuovo assetto istituzionale dopo la Legge Costituzionale n. 3/2001. Per il momento non si può che rimanerne in attesa dei risultati.

Salvo alcuni ritardi, dovrebbero essere già operative le competenze che il citato DPCM 26 maggio 2000, attuativo dell’art. 7 del d.lgs n. 112 del 31/3/98, trasferisce alle Regioni. Il decreto determina la decorrenza di alcune funzioni in materia di salute umana e veterinaria che passano alle Regioni e agli Enti Locali individuandone le risorse necessarie. Si tratta delle autorizzazioni di competenza statale di cui al DPR 285/90. Alcune di esse prevedevano il parere del Consiglio Superiore di Sanità (ad es. l’autorizzazione ad aumentare o diminuire il periodo di inumazione delle salme – art. 82 DPR 285/90), altre no. Tra queste ultime particolarmente rilevante è la competenza in materia di rilascio del passaporto mortuario, documento utilizzato per i trasporti internazionali di salme, rilasciato dalla prefettura. La competenza passa ora alle Regioni che dovranno, qualora ancora non avessero provveduto, individuare l’autorità che se ne occuperà; presumibilmente essa sarà individuata nelle Aziende Sanitarie Locali.

Atti amministrativi di polizia mortuaria

Gli atti strettamente amministrativi di polizia mortuaria di seguito analizzati concernono l’aspetto funerario della materia. Si esamineranno cioè i principali atti che, da un lato, certificano l’evento morte e, dall’altro, autorizzano il funerale e la sepoltura del cadavere.

dichiarazione di morte:

Si tratta di un atto con il quale si dichiara il decesso di una persona entro 24 ore dall’evento.

Se la morte è avvenuta in una abitazione o in casa di riposo essa è resa oralmente da un congiunto, un convivente o, comunque, da persona informata del decesso all’ufficiale di stato civile del comune ove è avvenuto l’evento morte. L’ufficiale di stato civile deve redigerne processo verbale.

Se la morte è avvenuta in ospedale la dichiarazione viene resa per iscritto tramite avviso di morte che viene trasmesso all’ufficiale dello stato civile del comune ove è avvenuta la morte.

E’ sulla base della dichiarazione di morte che l’Ufficiale di stato civile redige l’Atto di Morte iscrivendolo nei Registri.

certificato necroscopico:

Dopo 15 ore dalla morte ma non oltre le 30, il medico necroscopo deve effettuare la visita necroscopica con la quale si accerta l’effettività della morte redigendone un apposito certificato. Tale atto è necessario all’Ufficiale dello stato civile per il rilascio del permesso di seppellimento.

I medici necroscopi sono nominati dalle ASL eccetto che negli ospedali dove le relative funzioni sono direttamente attribuite al direttore sanitario che di norma le delega ad altri medici ospedalieri. Si tratta di una funzione pubblica con la quale si accerta la morte prescindendo dalle cause. La visita necroscopica va effettuata dopo 15 ore dal decesso in quanto si devono attendere i cd. signa mortis, cioè quelle modificazioni fisiche che la morte produce sul corpo umano e che costituiscono, di norma, l’effetto su cui si basa il medico necroscopo per l’accertamento. Il termine finale – 30 ore dal decesso – ha invece la finalità di non prolungare eccessivamente il periodo di mantenimento del cadavere sul luogo di morte ritardandone la sepoltura. I due termini, in ogni caso, sono derogabili in presenza di particolari circostanze (morte per decapitazione o maciullamento) o se vengono utilizzati particolari dispositivi per l’accertamento strumentale della morte (elettrocardiografo).

certificato della causa di morte:

Il certificato, o denuncia, della causa di morte è un atto certificativo di competenza del medico curante. Esso attesta il motivo del decesso ed è reso dal medico curante in quanto quest’ultimo si presume conosca la storia sanitaria del suo assistito. Il certificato della causa di morte è effettuato su un modello del Ministero della Sanità d’intesa con l’Istituto Nazionale di Statistica (Modello ISTAT) ed assolve ad una funzione di rilevazione statistica ed epidemiologica.

Il certificato della causa di morte va presentato al Sindaco del luogo del decesso entro 24 ore dall’accertamento della morte che, come si è già detto, è funzione attribuita al medico necroscopo e va svolta, come si è visto, tra le 15 e le 30 ore dalla morte.

Nulla osta dell’autorità giudiziaria:

Nel caso in cui la morte sia dovuta a reato, l’art. 116 del d.lgs n. 271 del 28.7.89 recante “Disposizioni di attuazione e transitorie al codice di procedura penale” dispone che il cadavere non possa essere sepolto senza l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria. Lo stesso atto è necessario quando vi è semplicemente sospetto di reato o quando la morte è avvenuta per causa violenta, ossia non naturale.

Il nulla osta dell’autorità giudiziaria è in tali casi condicio sine qua non per il rilascio da parte dell’ufficiale di stato civile del permesso di seppellimento. Esso, qualora la morte sia dovuta a reato, certifica che le indagini del caso sono già state effettuate; negli altri casi, invece, certifica proprio l’assenza di un reato.

Autorizzazione al trasporto:

In taluni casi il trasporto di cadavere è disposto dalla Pubblica Autorità: decesso sulla pubblica via, decesso per accidente in luogo pubblico o privato. Esso viene effettuato a cura e spese dal Comune ed il cadavere deve essere portato al deposito di osservazione o all’obitorio.

Al di fuori di tali casi vige il principio per cui i cadaveri sono trasportabili dietro rilascio di autorizzazione amministrativa da parte del Sindaco del luogo dove è avvenuto il decesso (art. 23 del DPR n. 285/90) con comunicazione al comune di destinazione, se diverso. Vi è chi sostiene che l’autorizzazione non sia necessaria quando il trasporto si svolga interamente all’interno del territorio comunale, ritenendola in tal caso assorbita nel permesso di seppellimento. In realtà si tratta di atti amministrativi differenti sia per i presupposti del rilascio che per gli scopi a cui tendono. L’autorizzazione al trasporto è un atto specificamente dedicato ad un singolo ed individuato trasporto di cadavere e non necessariamente avrà come immediata conseguenza il seppellimento. A parere di chi scrive è pertanto preferibile rilasciare specifica autorizzazione al trasporto anche nei casi in cui esso si svolga interamente all’interno di uno stesso comune.

Il rilascio dell’autorizzazione al trasporto funebre, che è servizio pubblico, investe problematiche molto complesse che scaturiscono principalmente dal fatto che in Italia non esiste una definizione nazionale di impresa funebre. E’ evidente infatti che tale atto amministrativo avrà come presupposto innanzitutto il perfezionamento degli atti amministrativi sopra esaminati, ovvero che ci sia un cadavere dichiarato ed accertato come tale. Il vero problema, in assenza di normative specifiche, è però l’individuazione di chi possa effettuare il trasporto funebre. La citata circolare n. 24/93 dispone che per incaricato al trasporto debba intendersi il dipendente o persona fisica o ditta a ciò commissionata da un’impresa funebre in possesso congiuntamente delle autorizzazioni al commercio e di pubblica sicurezza di cui all’art. 115 del T.U. delle Leggi di Pubblica Sicurezza oppure da un ente locale che svolge il servizio pubblico secondo una delle forme della legge n. 142/90 (ora del d.lgs 267/2000) . Dal punto di vista tecnico il DPR n. 285/90 pone solamente norme sull’idoneità sanitaria dei carri funebri (e delle rimesse di deposito dei carri funebri) e dispone che l’incaricato al trasporto, che è da considerarsi a tutti gli effetti “incaricato di pubblico servizio”, sia munito di autorizzazione rilasciata dal Sindaco del luogo dove è avvenuto il decesso. In attesa, dunque, di normative nazionali in materia, sarà il Regolamento comunale di polizia mortuaria che potrà dare ulteriori disposizioni su chi è legittimato ad effettuare il trasporto funebre. Sarà conveniente pertanto fissare alcune regole chiare che assicurino che chi realizza il trasporto funebre abbia le risorse tecniche e umane necessarie a svolgere adeguatamente il servizio con la cautela di non operare immotivatamente in senso restrittivo sull’ingresso al mercato del trasporto funebre. Si noti in ogni caso che siamo qui in presenza di un servizio in cui gli operatori funebri dovranno svolgere una movimentazione manuale di carichi, per cui bisognerà verificare l’adempimento a tutte le cautele e prescrizioni di cui al d.lgs n. 626/94 in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro.

Si noti che alcuni Comuni svolgono ancora il trasporto funebre in regime di monopolio. Il DPR n. 285/90 al momento lo prevede, ma si consideri che con Parere Rif. AS147 del 14 luglio 1998 l’Autorità Garante della Concorrenza sul Mercato ha sostenuto che non vi sono ragioni che giustificano la possibilità per i Comuni di continuare ad avvalersi dell’esclusiva prevista dal R.D. n. 2578/1925 recante “Approvazione del testo unico della legge sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle provincie”.

Sono e rimangono invece istituzionalmente a carico dei comuni i trasporti di salme di cittadini indigenti, o appartenenti a famiglia bisognosa, o per i quali vi sia disinteresse dei familiari.

Dicasi in ultimo che le modalità, i percorsi e gli orari per il trasporto funebre sono disciplinati da Ordinanza Sindacale, per cui l’autorizzazione al singolo trasporto dovrà essere evidentemente rilasciata nell’ambito delle prescrizioni in essa contenute.

Permesso di seppellimento:

Il permesso di seppellimento è l’autorizzazione amministrativa alla sepoltura del cadavere. Il rilascio avviene da parte dell’ufficiale di stato civile che abbia proceduto all’accertamento della morte sulla base del certificato del medico necroscopo. Esso non può essere rilasciato prima di 24 ore dalla morte.

Autorizzazione alla cremazione:

L’autorizzazione alla cremazione si basa su un procedimento amministrativo aggravato rispetto alle ordinarie scelte di inumazione o tumulazione, a testimonianza del sostanziale disfavore con la quale tale pratica di trattamento del cadavere è stata vista dal nostro legislatore almeno fino alla recentissima legge n. 130/2001 che, come ormai noto, dà mandato al Governo di modificare il regolamento nazionale di polizia mortuaria attribuendo “pari dignità” ad inumazione, tumulazione e cremazione.

Vediamo innanzitutto chi è oggi legittimato a scegliere la pratica della cremazione. Innanzitutto lo stesso interessato che agendo in ambito del suo diritto soggettivo personale a disporre del proprio corpo e a scegliere la propria sepoltura (jus eligendi sepulchrum) potrà ricorrere a testamento pubblico, segreto od olografo secondo le norme del codice civile (artt. 602 e ss.). Qualora manchi il testamento il coniuge del defunto o, in sua mancanza, i parenti secondo l’ordine di grado possono esprimere la volontà che il loro congiunto sia cremato. In caso di presenza di parenti dello stesso grado essi dovranno concorrere nella manifestazione di volontà. La norma non prevede, invece, manifestazione di volontà da parte degli affini. La volontà espressa dai familiari va formalizzata per iscritto e la sottoscrizione è autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale (quale ad esempio l’impiegato del comune che riceve la pratica).

L’interessato può anche iscriversi ad una associazione riconosciuta, o comunque dotata di personalità giuridica, avente tra i propri fini quello della cremazione (SO.CREM.). In tale ipotesi è sufficiente la sottoscrizione di una dichiarazione scritta, autografa e datata dall’interessato che sia convalidata dal presidente dell’associazione.

Il rilascio, da parte del dirigente del comune del luogo dove è avvenuto il decesso, dell’autorizzazione alla cremazione è subordinato al certificato del medico curante (o del medico necroscopo) escludente che la morte sia dovuta a reato o vi sia sospetto di reato.   La dichiarazione del medico curante deve essere autenticata dal coordinatore sanitario della ASL.

Nel caso in cui la morte sia dovuta a causa violenta o sospetta causa violenta o a reato o vi sia sospetto di reato è necessario ottenere il nulla osta dell’autorità giudiziaria.

La legge n. 130/2001, come si è già anticipato, delega il Governo a modificare il DPR n. 285/90 semplificando le procedure per ottenere l’autorizzazione alla cremazione e consentendo, in presenza di volontà del defunto, la dispersione delle ceneri in luogo apposito del cimitero, o in natura, o l’affido dell’urna cineraria ai familiari che potranno, ad esempio, seppellirla nel giardino di casa.

I rapporti con la “privacy”

La gestione delle procedure di polizia mortuaria richiede particolare cautela per non contravvenire alle disposizioni della legge n. 675 del 31 dicembre 1996 in materia di tutela delle persone  e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. Si tratta della cd. legge sulla privacy. Essa, come noto, nel trattamento dei dati personali anche da parte degli enti pubblici esige che venga effettuata l’informativa prevista dall’art. 10 in forma orale o scritta. Bisognerà, cioè, mettere l’interessato in condizione di conoscere che uso verrà fatto dei propri dati e con quali mezzi può tutelarsi. Si ricorda, a tal proposito, che anche i semplici  nome e cognome, indirizzo e numero telefonico di una persona sono dati personali tutelati dalla legge n. 675/96. Per ciò che concerne il trattamento dei dati sensibili, come quelli inerenti la salute (si pensi alle cause di morte) o alle iscrizioni ad associazioni a carattere filosofico (quali potrebbero essere considerate le So.Crem.), il Garante per la Protezione dei Dati Personali con provvedimento n. 1/P/2000 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 2 febbraio 2000 ha individuato quali attività che perseguono rilevanti finalità di interesse pubblico, autorizzandone pertanto il trattamento da parte di soggetti pubblici, le “attività di polizia amministrativa locale con particolare riferimento ai servizi di igiene, di polizia mortuaria e ai controlli in materia di ambiente”.  Gli enti pubblici possono pertanto gestire tale particolare categoria di dati nell’ambito delle procedure di polizia mortuaria.

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