Il Commissario Giudiziale, facendosi eventualmente assistere, per la valutazione dei beni, da uno stimatore nominato dal Giudice Delegato, redige l’inventario del patrimonio del debitore “e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori, e la deposita in cancelleria almeno quarantacinque giorni prima dell’adunanza dei creditori, comunicandola a costoro a mezzo della posta elettronica certificata” (art. 172, co. 1, prima proposizione L.F.) e al pubblico ministero (art. 161, co. 5, L.F.); “nella relazione il commissario deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi” (art. 172, co. 1, seconda proposizione L.F.).
La relazione sarà illustrata dal Commissario nell’adunanza dei creditori, presieduta dal Giudice Delegato – che potrà acquisire adeguati elementi di valutazione in ordine alla sussistenza o meno dei presupposti per la prosecuzione del concordato preventivo – ed ove ciascun creditore ammesso al voto potrà, consapevolmente ed adeguatamente informato, esercitare il proprio diritto di voto, esporre le ragioni per le quali eventualmente non ritiene ammissibile o accettabile la proposta di concordato e sollevare eventuali contestazioni sui crediti concorrenti, salvo il diritto del debitore di contestare i crediti pretesi, nonché il dovere di fornire al Giudice tutti i chiarimenti eventualmente richiesti.
La relazione de quo può essere decisiva per i creditori, ai fini della loro espressione di voto, in merito alla “fattibilità” del piano proposto dal debitore e sulla convenienza del concordato, anche in relazione alle “utilità” che potrebbero essere apportate, in un eventuale fallimento, dall’esercizio delle azioni di cui all’art. 172, co. 1, seconda proposizione. L’“illustrazione” delle dette “utilità” costituisce per il Commissario un compito complesso, in quanto da assolvere in tempi piuttosto brevi (65 giorni al massimo) – inferiori a quelli concessi al curatore fallimentare (non oltre 180 giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento) per predisporre il programma di liquidazione (nel quale indicare anche “le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare ed il loro possibile esito”: art. 104 ter, co. 2, lett. c) L. F.), senza però il supporto di analoghi poteri di amministrazione e disposizione del patrimonio del debitore, il quale nella procedura in questione continua ad esserne titolare.
Precisando che la relazione particolareggiata sulla “condotta del debitore”, in passato funzionale soprattutto al giudizio di meritevolezza pronunciato dal Tribunale in sede di omologazione, assume rilievo segnatamente alla valutazione di convenienza dei creditori e all’accertamento di eventuali profili di revoca del concordato a norma dell’art. 173 L.F., si aggiunge che il Commissario può essere chiamato a redigere anche relazioni integrative.
Infatti, qualora non oltre trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori (ma presumibilmente dopo il deposito di quella relazione) “siano depositate proposte concorrenti, il commissario giudiziale riferisce in merito ad esse con relazione integrativa da depositare in cancelleria e comunicare ai creditori, con le modalità di cui all’articolo 171, co. 2, almeno dieci giorni prima dell’adunanza dei creditori” (art. 172, co. 2, prima proposizione L.F.). Tralasciando ogni osservazione in merito all’assenza di previsione normativa relativa alla comunicazione di siffatta relazione integrativa al debitore, si evidenzia che trattasi di tempi ristretti (venti giorni), tanto più che la relazione integrativa deve contenere, “di regola [dunque non necessariamente], una particolareggiata comparazione tra tutte le proposte depositate” (art. 172, co. 2, seconda proposizione), che ben potrebbero essere disomogenee rispetto a quella del debitore per contenuto, finalità, garanzie, ecc.
Inoltre, atteso il dettato normativo che prevede che le proposte, da chiunque presentate, possono essere modificate “fino a quindici giorni prima dell’adunanza dei creditori” (art. 172, co. 2, terza proposizione) e l’art. 161, co. 3, L.F. secondo cui “nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano” il debitore deve presentare una nuova relazione del professionista qualificato e indipendente, la quale sia “analoga” alla relazione già depositata ai fini dell’ammissione al concordato (quindi con illustrazione delle “utilità” da assicurare a ciascun creditore), il Commissario giudiziale avrà in queste ipotesi soltanto cinque giorni a disposizione per predisporre e depositare la sua relazione “integrativa” (nel termine di dieci giorni prima dell’adunanza).
Analoga relazione integrativa viene redatta (ed evidentemente comunicata sia al pubblico ministero, sia ai creditori) anche “qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell’espressione del voto” (art. 172, co. 2, quarta proposizione); non è pacifico se anche per siffatta relazione valga il termine del deposito di almeno dieci giorni prima dell’adunanza dei creditori, tenendo conto del fatto che poi, in detta occasione, il Commissario Giudiziale deve comunque illustrare “la sua relazione e le proposte definitive del debitore e quelle eventualmente presentate dai creditori ai sensi dell’articolo 163, comma quarto” (art. 175, co. 1, L.F.), fornendo qualsiasi ulteriore informazione rilevante in suo possesso.
Si aggiunge che la possibile rilevanza delle differenze riscontrate rispetto alla proposta del debitore può determinare il Commissario a concludere la propria analisi con la redazione di una propria situazione concordataria, da sottoporre ai creditori come possibile esito alternativo della procedura.
Appare opportuno operare delle osservazioni in merito alla natura del termine previsto per il deposito delle relazioni del Commissario Giudiziale. A mente dell’art. 152, co. 2, c.p.c., sono perentori i termini processuali dichiarati espressamente tali dal legislatore. La natura perentoria di un termine deve essere espressamente prevista dalla legge, oppure, come affermato pacificamente da dottrina e giurisprudenza, può essere desunta dallo scopo e dalla funzione che il termine adempie. Nel caso de quo la dottrina è unanime nel considerare ordinatorio detto termine, con la conseguenza che ove il deposito tardivo non consenta al creditore la piena conoscenza della relazione, questi possa richiedere un rinvio dell’adunanza, che se non accolto legittima la riproposizione della questione anche in sede di omologa.
A questo punto, si vuole sinteticamente descrivere le attività che il Commissario Giudiziale pone in essere al fine della redazione della relazione ex art. 172. Il Commissario: esamina i bilanci dei precedenti esercizi per individuare le principali cause dello stato di crisi che hanno determinato il debitore al deposito della proposta di concordato preventivo, il momento del loro verificarsi e la concreta incidenza sullo stato di insolvenza dell’impresa; verifica l’eventuale sussistenza di profili di responsabilità attribuibili ai componenti degli organi sociali e l’eventuale compimento di operazioni potenzialmente soggette ad azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie in caso di fallimento; accerta la fattibilità del piano di concordato nei termini proposti dal debitore ed evidenzia i fattori di rischio e di criticità, sulla base della documentazione depositata dal debitore e di ogni altra informazione acquisita.
Infine, attesa la indispensabilità di avere un attivo attendibile, il Commissario: verifica la corrispondenza dei saldi comunicati dai creditori con quanto esposto nell’elenco depositato dal debitore o dalle risultanze contabili; effettua un’analisi sulla solvibilità dei debitori, sia sulla base dell’andamento storico dei pagamenti risultante dalle scritture contabile, sia con visure potesti o altri canali idonei all’ottenimento di informazioni in merito; acquisisce una relazione del legale del debitore sullo stato delle cause pendenti; effettua ogni necessaria rettifica ai dati esposti nel piano dal debitore adeguando i valori attivi e passivi a quelli scaturiti dalle attività sopra descritte, nonché ai valori dell’inventario di cui all’art. 172 L.F.
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