Ne consegue che, qualora l’utilizzatore fallisca dopo che sia intervenuta la risoluzione del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene e deve insinuarsi al passivo fallimentare per poter vendere o allocare il bene e trattenere in tutto o in parte l’importo incassato.
Si tratta di una pronuncia significativa che conferma il recente orientamento giurisprudenziale formatosi in materia, volto al superamento della tradizione impostazione che distingueva la figura del “leasing di godimento” da quella del “leasing traslativo” facendone derivare effetti diversi in caso di risoluzione del contratto.
La fattispecie in esame ha recentemente assunto una fisionomia unitaria ed autonoma, anche grazie ad alcuni preziosi interventi legislativi quali l’introduzione dell’art. 72-quater nella Legge Fallimentare, l’art. 177 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza e la Legge n.124 del 2017 che ha tipizzato il contratto di leasing finanziario distinguendolo, tralaltro, dalla fattispecie della vendita con riserva di proprietà e valorizzandone la causa di finanziamento.
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