Il leasing: origini, classificazioni e problematiche attuali

Approfondimento sulle origini e sulle varie tipologie del leasing.

Indice

1. Origini

In un noto passo delle Istituzioni, Gaio ci parla della fattispecie che riguarda l’attività dei gladiatori.
Gai Inst. 3.146: Item si gladiatores ea lege tibi tradiderim, ut in singulos, qui integri exierint, pro sudore denarii XX mihi darentur, in eos vero singulos, qui occisi aut debilitati fuerint, denarii mille, quaeritur, utrum emptio et venditio an locatio et conductio contrahatur. et magis placuit eorum, qui integri exierint, locationem et conductionem contractam videri, at eorum, qui occisi aut debilitati sunt, emptionem et venditionem esse; idque ex accidentibus apparet, tamquam sub condicione facta cuiusque venditione aut locatione. iam enim non dubitatur, quin sub condicione res venire aut locari possint. Ci si domanda parimenti se vi sia compravendita o locazione conduzione nel caso in cui io ti abbia consegnato dei gladiatori con la seguente clausola: che mi fossero dati venti denari per compensare lo sforzo di ciascuno di coloro che fossero rimasti incolumi e mille denari per ciascuno di coloro che fossero stati uccisi o feriti: e ciò è desumibile dalle circostanze nel senso che per ognuno s’intende costituita una compravendita o locazione conduzione condizionata. Ormai non v’è dubbio, infatti, circa la possibilità di vendere o locare sotto condizione.
La fattispecie è chiara: un soggetto fornisce ad un altro alcuni gladiatori con l’accordo che per ogni gladiatore restituito integro gli saranno corrisposti venti denari, mentre per ogni gladiatore ucciso o ferito, quindi impossibilitato a combattere di nuovo, gli saranno corrisposti mille denari.
Il passo di Gaio prende in considerazione gli aspetti economici dell’attività e del rapporto giuridico tra colui il quale fornisce i gladiatori e l’impresario che organizza i combattimenti.
Il giurista si interroga se ricorra un negozio di compravendita oppure di locazione e riferisce che l’opinione dominante fu che si trattasse di locazione nel caso del gladiatore restituito integro e che si trattasse di compravendita nel caso del gladiatore ucciso o ferito. Gaio sostiene che tra le parti intercorre un accordo che è definito in tutte le sue caratteristiche, ma solo al verificarsi di un evento legato appunto all’esito dei duelli. La soluzione è sottile in quanto il giurista ritiene che la condizione non produca i suoi effetti al momento della consegna dei gladiatori, ma solo all’esito delle gare, dalle quali si desume il loro stato fisico facendo configurare o il contratto di compravendita o quello di locazione. La precisazione finale del testo è infatti chiara nel sottolineare la possibilità alternativa della vendita o della locazione sotto condizione.
Gaio sottolinea che il contratto assume la propria particolare identità non al momento in cui viene in essere, ma in quello finale, quando si procede all’operazione di inventario dei superstiti e della loro abilità o inabilità fisica. La condizione apposta al contratto non sembra incidere sulla struttura essenziale del negozio giuridico, ma precisa soltanto la circostanza, futura e incerta, subordinatamente alla quale gli effetti negoziali si produrranno. Il contratto, quindi, qualora i gladiatori rimangano integri alla fine dei giochi, sarà una locazione di un determinato numero di atleti dietro corrispettivo di venti denari ciascuno; qualora i gladiatori sconfitti siano morti o invalidi permanentemente per le gravi ferite riportate, sarà una vendita nel cui prezzo è compresa la perdita irreversibile. È la controprestazione che, dipendendo dall’esito del duello, fa mutare la qualifica del negozio giuridico.
Secondo un’altra lettura del passo gaiano, la natura del contratto si stabilisce al momento del consensus in idem placitum e non alla fine del duello, quindi, non a seguito dell’inventario relativo ai gladatori integri o meno. Pertanto, si tratterebbe di un “contratto misto”: il contratto sarà una locazione di un certo numero di gladiatori contro un canone di venti denari ciascuno, per i gladiatori che rimarranno integri; oppure, sarà una compravendita di un certo numero di gladiatori contro il pagamento di un prezzo di mille denari ciascuno, per quei gladiatori morti o feriti o comunque non più abili al combattimento.
In ogni caso, la figura contrattuale delineata da Gaio sembra configurarsi come il precedente storico del leasing operativo moderno che si ha quando un soggetto concede in godimento all’utilizzatore un bene produttivo dietro corrispettivo e per un determinato periodo di tempo, alla scadenza del quale l’utilizzatore può restituire il bene ovvero acquistarne la proprietà pagando la differenza tra quanto già versato e il valore effettivo. Come nel leasing, anche nel contratto dei gladiatori delineato da Gaio si ha un’operazione di fornitura che permette all’imprenditore l’utilizzazione dei beni necessari all’attività dietro corresponsione al fornitore di un canone ovvero permette all’imprenditore l’acquisto al prezzo pattuito della proprietà degli stessi beni. Nel caso dei gladiatori, se questi fossero stati integri dopo il combattimento, sarebbero tornati nella disponibilità del fornitore, mentre l’opzione per l’acquisto di quelli morti o feriti veniva esercitata sin dalla conclusione del contratto.

2. Diritto positivo

Il leasing è un contratto grazie al quale il concedente concede all’utilizzatore il godimento di un bene per un determinato periodo in cambio del pagamento di un canone periodico, con la possibilità, giunto a scadenza, di restituirlo ovvero di acquistarne la proprietà pagando la differenza tra quanto già versato per i canoni e il valore del bene.

3. Leasing operativo e finanziario

Nel leasing operativo il concessionario utilizza un bene prodotto dal concedente, si configura, quindi, un rapporto di locazione.
Nel leasing finanziario, invece, l’utilizzatore, che non ritiene utile o conveniente acquistare direttamente in proprietà un bene, si rivolge ad un finanziatore il quale provvede ad acquistare il bene ed a cederlo in locazione all’utilizzatore in cambio di un certo numero di canoni periodici per un ammontare globale superiore al costo del bene e con il patto che, al termine del periodo fissato, l’imprenditore può optare per l’acquisto del bene pagando una rata di riscatto ovvero per la proroga del contratto a canone ridotto ovvero per la restituzione del bene medesimo al finanziatore.
Mentre per il leasing operativo sembra pacifica la connotazione come contratto di locazione al quale viene aggiunto un patto di futura vendita, maggiori discussioni sorgono con riguardo al leasing finanziario.
Da un lato, infatti, si può sostenere che il contratto di leasing finanziario è composto da due contratti autonomi e distinti e cioè dal contratto di compravendita tra fornitore e concedente e dal vero e proprio leasing tra concedente ed utilizzatore.
In senso contrario si osserva che nella stessa definizione del contratto di leasing finanziario, generalmente accettata e recepita anche dal legislatore nella legge n. 183 del 1976, viene evidenziato il legame genetico tra le operazioni negoziali. Invero, dicendo che nel leasing finanziario il bene è acquistato o fatto costruire dal concedente su scelta ed indicazione dell’utilizzatore, risulta palese il legame originario stabilito dai contraenti tra l’acquisto del bene e la sua concessione in godimento, nonché con l’accordo precedentemente concluso tra fornitore ed utilizzatore relativo alle condizioni della futura vendita.
Di conseguenza, parte della giurisprudenza ha evidenziato l’unitarietà della complessa struttura del leasing finanziario, tesa a soddisfare interessi plurimi ma collegati sin dall’origine (Cass. sent. n. 5573/1989), si tratterebbe, quindi, di un contratto atipico con prevalente funzione di finanziamento.
Lo stesso legislatore, in caso di fallimento del venditore, stabilisce che se la cosa è oggetto di leasing il curatore ha la scelta tra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto (art. 72 quater della legge fallimentare), mentre diversa disciplina è prevista per la vendita a rate in quanto il fallimento non può essere causa di scioglimento del contratto (art. 73, 2° comma, della legge fallimentare).
L’affermata atipicità della figura in esame da un lato consente di ritenere prevalenti le regole fissate dalle parti nell’esercizio del loro potere di autonomia negoziale, d’altro canto, per gli aspetti non espressamente previsti nel contratto, pone la questione di quale disciplina applicare.
La Suprema Corte ha distinto così tra due figure di leasing, quello di godimento e quello traslativo.

4. Leasing di godimento e leasing traslativo

Si parla di leasing di godimento se lo scopo del contratto è solo quello di consentire l’impiego temporaneo del bene da parte dell’utilizzatore, invece, si parla di leasing traslativo se lo scopo non è solo l’utilizzo temporaneo, ma è quello di consentire un trasferimento differito del bene mediante una rateizzazione del prezzo. In quest’ultimo caso, è palese l’accostamento del leasing traslativo alla vendita con riserva di proprietà ed infatti la giurisprudenza ritiene applicabile al leasing traslativo, in via analogica e in assenza di diversa pattuizione, la disciplina codicistica prevista per la vendita con riserva di proprietà.
Nel leasing di godimento il canone versato periodicamente dall’utilizzatore corrisponde alla perdita di valore del bene per effetto dell’uso e del conseguente consumo, nel leasing traslativo il canone viene fissato non solo in relazione all’uso, bensì anche in relazione al prezzo del bene stesso in quanto questo per sua natura conserva il suo pregio nonostante l’uso ed il trascorrere del tempo (Cass. sent. n. 5573/1989 e n. 6034/1997).
La differenza tra leasing di godimento e leasing traslativo riguarda infatti la causa concreta del contratto, la funzione che le parti hanno dato al contratto. Nel primo si prevede che il bene esaurisca la sua utilità economica entro un determinato periodo di tempo, che coincide di regola con la durata del rapporto; nel leasing traslativo, invece, le parti hanno come obbiettivo un effetto traslativo, considerato che il bene è destinato a conservare, alla scadenza del rapporto, un valore residuo particolarmente apprezzabile per l’utilizzatore, in quanto notevolmente superiore al prezzo di riscatto, cosicché tale riscatto non costituisce un’eventualità marginale ed accessoria, ma rientra nella funzione che le parti hanno assegnato al contratto.
Pertanto, nel leasing di godimento il corrispettivo della locazione è comparabile al valore economico del godimento del bene, il prezzo di riscatto sarà parametrato sull’effettivo valore del bene al momento del riscatto stesso. Nel leasing traslativo, invece, il canone di locazione è superiore al valore locativo perché fin dall’inizio il contratto è finalizzato ad una compravendita ed il canone comprende sia la locazione che il pagamento di parte del prezzo e, di conseguenza, il prezzo di riscatto sarà inferiore al valore del bene al momento del riscatto stesso.
Dalla distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo deriva una diversa disciplina giuridica tra le due figure.
Con riguardo alla prescrizione, nel leasing di godimento la prescrizione del diritto a ricevere i canoni è quella quinquennale prevista dall’art. 2948, considerata la riconducibilità della figura alla locazione. Invece, nel caso di leasing traslativo, la prescrizione è quella decennale di cui all’art. 2946 c.c., considerata l’analogia con la vendita con riserva di proprietà.
Con riguardo alla risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, nel leasing di godimento, che è un contratto ad esecuzione continuata e periodica, si applica l’art. 1458 c.c., secondo il quale la risoluzione non si estende alle prestazioni già avvenute e questo perché il canone è parametrato al godimento del bene.
Ovviamente, questa soluzione non può applicarsi al leasing traslativo in cui il canone non è parametrato solo al godimento del bene, ma incorpora una parte del prezzo di vendita. Invero, l’applicazione dell’art. 1458 c.c. anche al leasing traslativo comporterebbe una ingiustizia per l’utilizzatore, perché consentirebbe al concedente, oltre ad ottenere la restituzione della cosa, di trattenere una somma che rappresenta un ristoro superiore al godimento, proprio perché l’importo del canone comprende sia il godimento che una parte del prezzo della prevista cessione del bene.
Pertanto, la giurisprudenza concorda nell’applicare al leasing traslativo l’art. 1526 c.c. in tema di vendita a rate, che prevede la restituzione delle rate pagate, fatta salva una detrazione per compensare il godimento del bene (Cass. sent. n. 6578/2013; n. 12415/2012; n. 13418/2008).
L’applicazione analogica dell’art. 1526 c.c. al leasing traslativo è giustificata dalla rilevanza degli elementi comuni tra leasing traslativo stesso e vendita a rate, posto che il contratto è finalizzato al trasferimento del bene; che il rischio del perimento della cosa è posto a carico dell’utilizzatore; che il concedente ha la garanzia di poter riprendere, fino all’integrale pagamento del prezzo, la piena disponibilità del bene.
La giurisprudenza di legittimità (Cass. sent. n. 2358/2016 e n. 12415/2012) ha, inoltre, chiarito il rapporto tra l’art. 1526 c.c. e l’art. 72 della legge fallimentare (come modificato dal D.L. 354/2003). In particolare, la Corte di Cassazione ha chiaramente statuito che l’unitarietà della figura del leasing riguardo agli effetti della risoluzione del contratto si applica alla sola sede fallimentare, in ragione della chiarezza del dato testuale di cui all’art. 72 della legge fallimentare, mentre al di fuori del settore fallimentare continua a valere la distinzione tra leasing di godimento e traslativo.
Pertanto, l’art. 72 della legge fallimentare trova applicazione solo nel caso in cui il contratto di leasing sia pendente al momento del fallimento dell’utilizzatore, mentre, ove si sia già anteriormente risolto, occorre distinguere a seconda che si tratti di leasing di godimento o traslativo, dovendosi per quest’ultimo utilizzare, in via analogica, l’art. 1526 c.c..
Per completezza, si ricorda che, oltre al caso appena esaminato di risoluzione per inadempimento, la risoluzione anticipata del leasing è possibile per mutuo consenso delle parti (quindi, senza alcun risarcimento tra le parti), per impossibilità sopravvenuta della prestazione dovuta, per eccessiva onerosità (che si avrebbe per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili e, quindi, difficilmente configurabile nella fattispecie).
In conclusione, non tutte le figure di leasing hanno la stessa funzione e, di conseguenza, non è sempre applicabile la stessa disciplina in quanto questa dipende dal prevalere della funzione puramente locativa rispetto a quello della vendita a rate. Per verificare le norme applicabili ad una determinata fattispecie di leasing e, quindi, la tutela riconosciuta ai contraenti ed ai terzi, è necessario stabilire, dall’esame del regolamento di interessi fissato dalle parti, se si tratti di leasing operativo o finanziario ed in quest’ultimo caso se il canone sia stabilito esclusivamente in relazione al valore dell’utilizzo del bene ovvero anche – e principalmente – al valore del bene, in quanto nella prima ipotesi va dato rilievo al profilo della locazione mentre nella seconda all’operazione di finanziamento effettuata dal concedente che ha acquistato il bene dal produttore sulla base della scelta e della indicazione dell’utilizzatore.
Invero, non è così semplice assimilare tout court le varie forme di leasing alla vendita ovvero alla locazione.
Normalmente, proprio in relazione alla peculiarità del contenuto del leasing finanziario, sono fissate nel contratto le seguenti clausole contrattuali.
In primo luogo, il rischio del deterioramento o del perimento anche per caso fortuito del bene è ad esclusivo carico dell’utilizzatore che è tenuto a pagare il corrispettivo previsto anche se il bene non esiste più.
Inoltre, è esclusa la garanzia per i vizi della cosa da parte dell’impresa di leasing concedente giacché il bene è stato scelto dall’utilizzatore ed il concedente si è limitato a stipulare il relativo contratto di acquisto dal fornitore.
Infine, il concedente non risponde dell’inadempimento del fornitore rispetto all’obbligo di consegna, all’esito della valida stipulazione del contratto di acquisto tra concedente e fornitore, per cui l’utilizzatore non può rifiutare la propria prestazione per il conseguente mancato godimento del bene, in quanto il fornitore è stato scelto dall’utilizzatore.
Tali clausole evidenziano come il leasing finanziario sia più un contratto atipico, che non rientra semplicemente nella locazione o nella compravendita.
Stessa considerazione vale per la responsabilità per danni cagionati a terzi per l’uso della cosa.
Sicuramente, ha portata generale la norma di cui all’art. 2051 c.c. secondo il quale è responsabile del danno colui che ha in custodia la cosa (ovvero l’utilizzatore), ma vi sono ipotesi particolari nelle quali è chiamato a rispondere il proprietario. In tal caso è rilevante stabilire se l’utilizzatore sia da considerarsi acquirente del bene, come dovrebbe concludersi se il leasing fosse equiparato alla vendita.
Al riguardo la Corte di Cassazione (sent. n. 30941/2017) ha precisato che, in tema di danni da cose in custodia, ai fini della configurabilità della responsabilità ex articolo 2051 c.c., è richiesta la sussistenza del rapporto di custodia con la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo, rapporto che postula l’effettivo potere sulla cosa, cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa, che comporti il potere-dovere di intervento su di essa e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore. La disponibilità che della cosa ha l’utilizzatore non comporta, invece, necessariamente il trasferimento in capo a questi della custodia, da escludere in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti ovvero per la natura del rapporto ovvero per la situazione fattuale determinatasi, chi ha l’effettivo potere di ingerenza, gestione ed intervento sulla cosa, nel conferire all’utilizzatore il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia.
Dal principio enunciato derivano i seguenti due corollari: 1) che, se non è detto che l’utilizzazione concreta di una cosa comporti anche l’obbligo di custodirla – con le conseguenti responsabilità – è onere di chi contesti la correlazione provare che, per specifico accordo tra le parti o per la natura del rapporto, vi sia scissione tra utilizzazione e custodia; 2) in assenza di tale prova, la disponibilità della cosa in capo all’utilizzatore e gli obblighi di custodia sono biunivocamente connessi.
In tema di responsabilità per uso dell’autoveicolo oggetto di leasing, si applica l’art. 2054 c.c., il cui terzo comma afferma che il proprietario del veicolo è responsabile in solido con il conducente, se non prova che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà. La giurisprudenza (Cass. sent. n. 8488/1996) ha affermato che l’art. 2054 c.c. prevede un criterio di imputazione della responsabilità senza colpa collegato unicamente alla proprietà del veicolo anche quando questo venga ceduto a terzi. Pertanto, anche se l’equiparazione fra la locazione ordinaria e quella finanziaria può apparire discutibile, è corretto affermare che, in entrambe le fattispecie, si applica, nei confronti del proprietario, il criterio di responsabilità in base al citato articolo 2054 c.c..

5. La cessione del contratto di leasing

Il contratto di leasing, prima della sua scadenza, può anche essere oggetto di cessione, in forza della quale il cessionario, pagando il corrispettivo pattuito, succede nella posizione giuridica attiva e passiva del cedente e acquisisce il diritto a utilizzare il bene oggetto del contratto e a divenirne proprietario se deciderà di esercitare il riscatto.
La cessione si perfeziona, tuttavia, solo se vi è il consenso della società di leasing.
L’articolo 1406 c.c., infatti, sancisce che “ciascuna parte può sostituire a sé un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive, se queste non sono state ancora eseguite, purché l’altra parte vi consenta”.

6. Regime fiscale

La Suprema Corte è intervenuta anche per affrontare problematiche fiscali connesse al contratto di leasing. 
In particolare, la Cassazione ha sancito che, nell’ipotesi di cessione anticipata del contratto di leasing, in capo al cessionario sorge sia il diritto di utilizzare il bene sia quello di esercitare il diritto di riscatto, sicché il corrispettivo è assoggettato ad un diverso regime fiscale, in quanto la parte che riguarda il diritto di godere del bene si correla ai canoni futuri e va ripartita con la tecnica dei risconti sulla durata residua del negozio, mentre quella afferente l’opzione di acquisto può essere ammortizzata solo nel caso di eventuale esercizio del diritto di riscatto, con l’ulteriore conseguenza che il cessionario, ai fini della determinazione delle quote imputabili a ciascun esercizio, deve fare riferimento alla differenza tra il costo sostenuto e la sopravvenienza attiva tassabile, ovvero al valore “normale” netto del bene ai sensi degli artt. 9 e 88 TUIR (Cass. sent. n. 21058/2018).
In tema, poi, di deduzione delle spese sostenute dall’impresa utilizzatrice di beni concessi in leasing, la Corte di Cassazione ha precisato che, in assenza di una specifica disciplina, occorre fare riferimento al criterio generale di cui all’attuale formulazione dell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986 avente ad oggetto “Norme generali sui componenti del reddito d’impresa” che opera, nell’ipotesi di leasing traslativo di immobile in corso di costruzione o ristrutturazione, anche per i canoni di prefinanziamento e per gli interessi passivi, corrisposti prima della consegna, che devono essere considerati afferenti al bene per il quale sono stati sostenuti e, di conseguenza, quali oneri di diretta imputazione, dedotti “pro quota”, mediante la tecnica contabile del risconto, per l’intera durata del contratto, a partire dal momento della consegna del bene (Cass. sent. n. 8897/2018).
Inoltre, con riferimento all’imposta di registro, la Cassazione (sent. n. 8110/2017) ha chiarito che il cd. leasing traslativo, la cui funzione economica non si esaurisce nel godimento temporaneo del bene, ma è volta al suo trasferimento differito con rateizzazione del prezzo, è soggetto, in via analogica, alla disciplina della vendita con riserva di proprietà.

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Giosafatte Morgera

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