Il caso
La sentenza in commento trae origine dall’impugnazione proposta avverso una sentenza con cui la Corte di Appello di Bologna aveva dichiarato prescritto il diritto di pagamento dei ricorrenti precedentemente riconosciuto in loro favore dal Giudice di primo grado, condannando peraltro gli stessi alla restituzione di quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado.
Motivi di impugnazione
Avverso la sentenza della Corte di Appello hanno proposto ricorso per cassazione i ricorrenti sulla base di due motivi.
Il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c. – ipotizza violazione o falsa applicazione degli artt. 2938, 2935 e 2697 c.c.
Sul presupposto che quella di prescrizione sia un’eccezione in senso stretto, che deve, quindi, fondarsi su fatti allegati dalla parte, restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso, i ricorrenti si dolgono della verificazione proprio di tale seconda evenienza.
Si richiamano, in proposito, i ricorrenti al principio enunciato dalla Corte di Cassazione secondo cui “l’eccezione di prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, quand’anche suscettibili di diversa qualificazione da parte del giudice”, sicché “il debitore, ove eccepisca la prescrizione del credito, ha l’onere di allegare e provare il fatto che, permettendo l’esercizio del diritto, determina l’inizio della decorrenza del termine ai sensi dell’art. 2935 c.c., restando escluso che il giudice possa accogliere l’eccezione sulla base di un fatto diverso, conosciuto attraverso un documento prodotto ad altri fini da diversa parte in causa” (Cass. Sez. Lav., sent. 13 luglio 2009, n. 16326 e Cass. Sez. Un., sent. 25 luglio 2002, n. 10955).
Il secondo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 4 c.p.c. – ipotizza violazione degli artt. 101, 112 e 359 c.p.c. e dell’art. 2938 c.c.
Si assume che quella pronunciata dalla Corte territoriale sia una sentenza cosiddetta “della terza via” (ovvero, “a sorpresa”), con conseguente violazione del principio del contraddittorio.
Si legga anche:” La prescrizione: sospensione e interruzione”
La soluzione della Corte
La Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha accolto il ricorso ritenendo i motivi fondati.
La Suprema Corte muove da quanto affermato dall’arresto delle Sezioni Unite citato sebbene con finalità diversa rispetto a quella dei odierni ricorrenti.
Nello stesso arresto, infatti, viene enunciato il principio secondo cui, “in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una “quaestio iuris” concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge”, con la conseguenza “che la riserva alla parte del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione delle quali spetta al potere-dovere del giudice”, al cui rilievo officioso – sebbene “previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione” – spetta l’individuazione “di una norma di previsione di un termine diverso” (Cass. Sez. Un., sent. 25 luglio 2002, n. 10955).
Sulla scorta di tali affermazioni, la successiva giurisprudenza ha ulteriormente precisato che, non essendo onere della parte “quello di individuare direttamente o indirettamente le norme applicabili al caso di specie”, visto che tale incombente “costituisce una “quaestio iuris” concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge”, non assume rilievo “la genericità o l’errore della parte relativamente al periodo di tempo che dovrebbe intendersi coperto dalla prescrizione, nonché alla individuazione del termine iniziale, atteso il potere-dovere del giudice di esaminare l’eccezione medesima e di stabilire in concreto ed autonomamente se essa sia fondata in tutto o in parte, determinando il periodo colpito dalla prescrizione e la decorrenza di esso in termini eventualmente diversi da quelli prospettati dalla parte”. (Cass. Sez. Lav., sent. 23 agosto 2004, n. 16573).
Si tratta, peraltro, di affermazione successivamente ribadita, essendosi riconfermato che la “eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l’inerzia del titolare, a nulla rilevando che chi la invochi abbia erroneamente individuato il termine applicabile, ovvero il momento iniziale o finale di esso: queste ultime infatti sono questioni di diritto, sulle quali il giudice non è vincolato dalle allegazioni di parte” (Cass. Sez. 1, sent. 22 maggio 2007, n. 11843; in senso conforme, Cass. Sez. 1, sent. 27 luglio 2016, n. 15631).
Nondimeno, la stessa giurisprudenza teste illustrata, proprio a partire dal citato arresto delle Sezioni Unite del 2002, reputa, comunque, necessaria la “previa attivazione del contraddittorio sulla relativa questione” (in tale senso, del resto, più di recente, anche Cass. Sez. 6-3, ord. 20 gennaio 2014, n. 1064).
Secondo la Corte, quindi, coglie nel segno il ricorso allorché lamenta la natura di sentenza “a sorpresa” della decisione impugnata, e dunque la violazione dell’art. 101 c.p.c. (e art. 111 Cost., comma 1) in quanto la Corte bolognese avrebbe dovuto dare corso al contraddittorio.
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