SOMMARIO: 1. PREMESSA – 2. PROPOSIZIONE DELL’ECCEZIONE – 3. REQUISITI DELL’ECCEZIONE DI INCOMPETENZA PER TERRITORIO – A) Indicazione del giudice ritenuto competente – B) Contestazione di tutti i criteri di collegamento prospettabili – C) Subordinazione della domanda nel merito al rigetto dell’eccezione di incompetenza – 4. CONCLUSIONI.
1. PREMESSA
Il problema di fondo che è alla base della presente relazione, concerne gli aspetti essenziali a fondamento di una corretta contestazione dell’incompetenza per territorio del giudice adito.
Non è certo infrequente che il giudice si trovi a valutare un’eccezione d’incompetenza per territorio; altrettanto non infrequenti, però, sono i casi in cui lo stesso organo giudicante si veda costretto a rigettare l’eccezione in quanto non correttamente proposta. Malgrado quello che si possa pensare a primo acchito circa l’istituto giuridico in esame, la proposizione di un’eccezione d’incompetenza per territorio è un’incombenza più ardua di quanto si immagini.
Il lavoro che quindi mi accingo a esporre, può essere d’aiuto a coloro che intendano presentare tale eccezione in modo esaustivo, senza incorrere, pertanto, in contestazioni avversarie che potrebbero portare al rigetto dell’istanza promossa.
2. PROPOSIZIONE DELL’ECCEZIONE
L’art. 38 c.p.c. distingue tra i casi di competenza territoriale inderogabile[1] e derogabile.
Per la prima ipotesi, lo stesso articolo al comma I prevede che l’incompetenza per territorio debba essere rilevata “(…) anche d’ufficio, non oltre la prima udienza di trattazione”.
In merito, si sono verificati dubbi interpretativi in relazione alla succitata disposizione; in particolare, ci si è domandato se il limite preclusivo in questione dovesse intendersi come immediatamente precedente all’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., o immediatamente successivo.
La dottrina dominante[2] comunque, ritiene che la barriera scatti con l’esaurimento dell’udienza di trattazione e non dopo quella di prima comparizione prevista dall’art. 180 c.p.c.
La seconda ipotesi invece è quella della cosiddetta competenza derogabile o semplice, per la quale, il comma II dell’art. 38 c.p.c. prevede che debba essere “(…) eccepita a pena di decadenza nella comparsa di risposta”.
Da quanto ora esposto, lampante emerge la differenza tra le due fattispecie. In quest’ultima, la preclusione è cronologicamente anteriore rispetto a quella esaminata in precedenza. Qua non si parla più di esaurimento dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., ma, a pena di decadenza è bene ricordarlo, necessariamente l’eccezione deve essere sollevata nella comparsa di risposta[3] quindi nel temine massimo di venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione. Tuttavia il rigore della norma ora citata viene “ammorbidito” se confrontato con il comma II dell’art. 180 c.p.c. così come modificato dalla legge 20.12.1995 n. 534 che impone al giudice di assegnare al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima dell’udienza di trattazione per proporre le eccezioni processuali (l’eccezione d’incompetenza per territorio è una di queste), e di merito non rilevabili d’ufficio.
Effettuata un’opportuna comparazione tra le due norme obiettivamente si dovrebbe concludere nel senso di ammettere la proponibilità dell’eccezione fino ai venti giorni precedenti l’udienza di trattazione[4]. Non mancano però opinioni contrarie in merito[5].
3. REQUISITI DELL’ECCEZIONE D’INCOMPETENZA PER TERRITORIO
A) L’indicazione del giudice ritenuto competente
L’articolo 38 II comma c.p.c., dispone che “L’eccezione si ha come non proposta se non contiene l’indicazione del giudice che la parte ritiene competente”.
La grande importanza dell’inciso appena esposto, la si desume già dal tenore letterale della norma; infatti è ben evidente la volontà del legislatore di subordinare l’ammissibilità di tale eccezione all’indicazione da parte di chi la solleva del giudice ritenuto competente. Sul punto quindi non sorgono particolari problemi. Le difficoltà potrebbero delinearsi invece, qualora venga presentata un’eccezione contenente l’indicazione di una pluralità di fori concorrenti. In questo caso si deve ritenere la stessa comunque conforme al dettato normativo?
A rigor di logica inevitabilmente si dovrebbe propendere per una ammissibilità di tale ipotesi. Coerentemente a questa affermazione si è schierata anche la giurisprudenza, definendo che una corretta indicazione dell’organo giudiziario competente a decidere la causa può riguardare una pluralità di fori competenti[6].
Altro quesito che può delinearsi è quello riguardante l’ammissibilità di un’inesatta eccezione indicante il giudice ritenuto competente. Anche qui la soluzione viene prospettata dalla giurisprudenza; la Suprema Corte infatti, ha statuito che un’eccezione di incompetenza per territorio è correttamente formulata se contiene: “l’indicazione del giudice ritenuto competente, indipendentemente dal fatto che esso lo sia, spettando al giudicante di correggere eventualmente l’individuazione del giudice “ad quem”[7].
Sempre al secondo comma dell’art. 38 c.p.c., è prevista la possibilità che le parti (costituite), accettino la competenza del nuovo giudice indicato. In questo caso non v’è dubbio alcuno che l’autorità a conoscere della causa spetti al giudice indicato da parte convenuta, seguendo il meccanismo della translatio judicii. Una volta preso atto di tale adesione delle parti quindi, il giudice (erroneamente) adito non può valutare o meno la sua stessa competenza ma deve limitarsi a pronunciare un’ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo; ogni decisione in merito, quindi, spetterà al nuovo giudice presso il quale la controversia verrà trasferita.
B) Contestazione di tutti i criteri di collegamento prospettabili
Tale requisito, al pari della necessaria indicazione del giudice competente sopra riportato, costituisce presupposto necessario per l’accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio.
Tuttavia, mentre il primo è disposto espressamente dal legislatore, il secondo è stato concepito dalla giurisprudenza ed ormai cristallizzato, forte di essere stato oggetto di numerosissime pronunce che lo legittimano ormai a pieno titolo.
Il convenuto eccipiente ha, infatti, secondo il principio generale dell’onere della prova, il dovere della contestazione[8]; ma il fatto di criticare genericamente la competenza del giudice adito, anche se la critica è supportata dall’indicazione del giudice ritenuto competente, non basta. Come sopra accennato, obbligo del convenuto è quello, pertanto, di dover contestare in maniera completa e dettagliata la competenza del giudice adito sotto ogni possibile criterio di collegamento prospettabile nel caso concreto.
Un esempio pratico può chiarire quanto appena esplicato. Si ponga la situazione di una causa relativa a diritti di obbligazione; può accadere che il convenuto nella sua eccezione contesti i criteri di collegamento di cui agli articoli 18 c.p.c. (foro generale delle persone fisiche), 19 c.p.c. (foro generale delle persone giuridiche), ma “dimentichi” o non prenda in considerazione in maniera completa e dettagliata quello di cui all’art. 20 c.p.c. (foro facoltativo per le cause relativi a diritti di obbligazione). In tal caso, la stessa eccezione non potrà venire accolta, e la causa dovrà ritenersi radicata presso il giudice adito, come espressamente statuito dalla Suprema Corte: “Nelle cause relative a diritti di obbligazione, il convenuto che eccepisce l’incompetenza per territorio, ha l’onere di contestare nel primo atto difensivo la competenza del giudice adito con riferimento a ciascuno dei diversi e concorrenti criteri di collegamento previsti dagli art. 18, 19 e 20 c.p.c., dovendo in mancanza, ritenersi la competenza radicata presso il giudice adito in base al criterio di collegamento non contestato, a nulla rilevando che il criterio trascurato possa in concreto condurre all’individuazione del medesimo giudice da considerarsi competente sulla base del criterio invocato dallo stesso convenuto, giacchè l’indagine sul verificarsi di tale concidenza resta impedita dalla mancanza di una sollecitazione del suddetto convenuto in tal senso”[9].
C) Subordinazione della domanda nel merito al rigetto dell’eccezione di incompetenza
Ulteriore requisito che sta alla base dell’istituto giuridico in esame è infine quello della necessaria mancanza di richieste (sul merito), inconciliabili con l’eccezione proposta.
In buona sostanza, il presupposto in questione rivela il fatto che il convenuto, deve far dipendere l’accettazione delle domande inserite nella sua comparsa di costituzione al diniego da parte dell’organo giudicante dell’accoglimento dell’eccezione di incompetenza per territorio nella stessa sede formulata.
Ragioni logiche stanno alla base di questo principio; è chiaro infatti che non si può chiedere che il giudice ad esempio, condanni alla restituzione di una somma di denaro un soggetto se si eccepisce che lo stesso giudice sia incompetente a valutare ciò che gli si chiede. Pertanto, l’unico modo per ottemperare a questa regola è appunto quello di subordinare le proprie domande al fatto che l’eccezione venga respinta.
A suffragare tale tesi è la Corte di Cassazione: “la questione di competenza ha natura assolutamente pregiudiziale e, pertanto, vi è una manifesta inconciliabilità, sul piano logico e giuridico, tra la richiesta di una pronuncia sul merito in via principale (che implica necessariamente il riconoscimento della esistenza in concreto della potestas iudicandi del giudice adito) e la proposizione di una eccezione di incompetenza dello stesso giudice, da esaminare solo nella ipotesi di pronuncia favorevole alla parte che l’ha sollevata. Nei casi in cui la eccezione di incompetenza sia stata formulata nei detti termini, essa deve considerarsi ed aversi come non proposta”[10].
4. CONCLUSIONI
Da quanto si è visto finora, sollevare un’eccezione di incompetenza per territorio è ben altra cosa che contestare genericamente il giudice adito da controparte.
Necessariamente vengono in gioco problemi di vario tipo: la tempestività circa la presentazione della stessa con conseguenti barriere preclusive particolarmente rigorose; requisiti di ammissibilità importanti, soprattutto se consideriamo che derivano da matrice giurisprudenziale e non legislativa.
In conclusione, quindi, di fronte ad un istituto così utilizzato, che presenta tuttavia alcune imperfezioni e sbavature (mi riferisco ad esempio al problema di coordinamento normativo tra l’art. 38 e 180 c.p.c.[11]), sarebbe d’auspicio un intervento legislativo che colmasse queste incertezze.
Note:
[1] I casi di competenza inderogabile sono previsti all’art. 28 c.p.c. “La competenza per territorio può essere derogata per accordo delle parti salvo che per le cause previste nei nn. 1,2,3 e 5 dell’articolo 70, per i casi di esecuzione forzata, di opposizione alla stessa, di procedimenti cautelari e possessori di procedimenti in Camera di consiglio e per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge”. L’inciso “per ogni altro caso in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge” riguarda l’inderogabilità del foro dello Stato, e della materia del lavoro e previdenza.
[2] Sul punto si veda TARZIA, Lineamenti del nuovo processo di cognizione, Milano, 1966, p. 316.
[3] Anteriormente alla riforma perpetrata dalla legge 26.11.1990 n. 353, l’articolo in questione prevedeva che l’incompetenza per territorio potesse essere eccepita soltanto nel primo atto difensivo del giudizio di primo grado. La novella ora citata, ha quindi ha contribuito ad eliminare le incertezze create dalla formulazione generica del disposto antecedente.
[4] Di questo avviso MANDRIOLI, Diritto processuale civile I, XVI ed. Milano, 2004, p. 243 e s. e LUISO, Commentario alla riforma del processo civile, in CONSOLO – LUISO – SASSANI, Milano, 1966 sub art. 38.
[5] In questo senso TRISORIO-LIUZZI, in GI 1966, IV, p. 89
[6] Di quest’avviso cfr. Cass. Civ. 12.1.76 n. 74.
[7] La pronuncia consolida un orientamento già seguito dalla S.C. Per un approfondimento si veda Cass. Civ. 23.3.63 n. 777, Cass. Civ. 3.2.69 n. 377 e Cass. Civ. 7.1.70 n. 36.
[8] L’onere della prova non può essere in questo caso a carico dell’attore come sancito espressamente da Cass. Civ. 13.8.86 n. 2208: “l’attore non ha nessun onere di specificare il criterio di competenza prescelto e le ragioni che lo hanno indotto ad incardinare la lite presso il giudice adito”.
[9] Così Cass. 23.4.99 n. 248.
[10] Cosi’ Cass. Civ. 30.1.95, n. 1077.
[11] Vedi supra cap. 2.
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