Legato di usufrutto -disciplina e tecnica testamentaria

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     Indice

  1. Il legato di usufrutto: definizione
  2. Disciplina del legato di usufrutto. Tecnica testamentaria
  3. Costituzione e rapporti tra usufruttuario e nudo proprietario
  4. Legato di usufrutto con facoltà di vendita in caso di bisogno
  5. Osservazioni conclusive

1. Il legato di usufrutto: definizione

Il legato di usufrutto è un atto di disposizione mortis causa attraverso il quale il testatore costituisce a favore del legatario il diritto (vitalizio o a termine) di godere della cosa altrui, nel rispetto della sua destinazione economica (art. 981, comma 1, c.c.).

Il legatario acquista quindi l’usufrutto iure successionis, senza tuttavia subentrare a titolo universale nelle attività e passività del defunto: il diritto di usufrutto può infatti essere volontariamente costituito, oltre che per contratto, anche mediante testamento; si tratta infatti di un legato reale costitutivo, determinante, cioè, la costituzione di un diritto reale nuovo.

Il testatore può comunque confezionare un legato obbligatorio, sì che, al momento dell’apertura della successione, l’obbligo di costituire l’usufrutto graverà sull’onerato, sia esso un erede o un altro legatario ex art. 662 c.c. (sublegato), a favore del beneficiario della disposizione (legatario).

2. Disciplina del legato di usufrutto. Tecnica testamentaria

Oggetto del legato è la costituzione del diritto di usufrutto così come disciplinato dagli artt. 978 e ss. c.c.

Ha quindi origine in forza del legato una scissione del diritto di piena proprietà che faceva capo al de cuius, dal momento che a favore del beneficiario della disposizione fatta dal testatore è costituito il diritto di usufrutto su uno o più beni determinati, mentre a uno o più eredi ovvero a uno o più legatari (sublegato) è lasciata la nuda proprietà dello stesso o degli stessi beni.

Il legatario acquista pertanto il diritto di godere della cosa altrui salva rerum substantia, e di trarre dalla cosa ogni utilità che dalla stessa si può ricavare (v. infra).

A livello redazionale, allora, si può immaginare una disposizione testamentaria del seguente tenore:

« Lego a … (identificazione del beneficiario ai sensi dell’art. 625 c.c.) il diritto di usufrutto vitalizio sull’appartamento [di mia proprietà] sito in …, alla via …, n. … »

[Eventualmente, se non altro a fini tuzioristici: « Lego a … (erede/collegatario) la nuda proprietà del suddetto appartamento. »]

Oltre che su singoli beni del testatore, il diritto di usufrutto può essere costituito per testamento anche su una universalità (come per es. l’azienda), nonché sull’intero asse ereditario ovvero su una quota dello stesso (usufrutto universale).

È escluso, vista la connotazione fisiologicamente personale dell’istituto in commento (art. 979 c.c.), che il testatore possa trasmettere a causa di morte il diritto di usufrutto del quale fosse in vita già titolare, dal momento che la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario.

Vi è, in realtà, soltanto una singolare occasione in cui il diritto di usufrutto può essere validamente trasmesso mortis causa anche se già costituito: se infatti l’originario usufruttuario ha ceduto in vita il diritto di usufrutto vitalizio, il cessionario premorto al cedente può trasmettere attraverso un atto di disposizione mortis causa a titolo particolare il diritto di usufrutto ai suoi successori: l’usufrutto si estinguerà comunque non alla morte del cessionario, ma a quella del cedente (ossia alla morte dell’originario usufruttuario).

È un’ipotesi sicuramente eccezionale di ultrattività dell’usufrutto: il diritto reale di godimento forma cioè oggetto della successione (testamentaria) del cessionario che premuore all’originario titolare del diritto, ma quell’usufrutto, così ceduto, si estinguerà senz’altro alla morte del cedente ex art. 979 c.c. in forza della relatività del diritto in esame alla vita dell’iniziale usufruttuario[1].

Per il legato di usufrutto è inoltre esclusa ex art. 467, comma 2, c.c. l’operatività della rappresentazione.


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3. Costituzione e rapporti tra usufruttuario e nudo proprietario

Il diritto di usufrutto viene così costituito al momento dell’apertura della successione, ossia al momento della morte del testatore, stante l’acquisto ipso iure del legato, senza necessità di accettazione da parte del legatario.

È naturalmente fatta salva la facoltà di rinunziare al legato in esame ex art. 649, comma 1, c.c.

Nulla vieta, inoltre, di costituire per testamento un usufrutto la cui efficacia sia differita a un momento successivo all’apertura della successione.

Ora,

«una volta costituito  il diritto di usufrutto, il legato ha esaurito la sua funzione, e l’usufrutto si giova delle regole, e dei principî, suoi proprî. Detto diritto, in particolare, può essere fatto valere erga omnes, e sono inefficaci gli atti dell’erede, che abbiano, come effetto, di menomarne l’esistenza»[2].

Pertanto, relativamente ai rapporti tra legatario di usufrutto e nudo proprietario (sia esso erede o altro legatario) non v’è dubbio che, come l’usufruttuario può cedere a terzi il (suo) diritto di usufrutto (a meno che ciò non sia vietato dal titolo costitutivo: art. 980, comma 1, c.c.), così l’erede può senz’altro vendere la nuda proprietà dello stesso bene che forma oggetto del diritto di usufrutto altrui. Infatti,

«la vendita dell’usufrutto e la vendita della nuda proprietà del medesimo immobile, da parte dei rispettivi titolari, integrano contratti distinti, ancorché contestualmente stipulati con unico atto»[3].

Resta fermo quanto statuito dalla Cassazione in materia di risoluzione del contratto o riduzione del prezzo qualora l’alienante abbia taciuto alla controparte contrattuale l’esistenza di uno ius in re sulla cosa venduta[4].

È pertanto prassi sicuramente consolidata stipulare come segue:

« La parte alienante vende a favore della parte acquirente, che accetta e acquista, il diritto di (nuda) proprietà, gravata dal diritto di usufrutto, dell’appartamento sito in …, alla via …, n. … »

La piena proprietà della cosa può esser invece trasferita solo con il consenso tanto dell’usufruttuario quanto del nudo proprietario.

Per quanto attiene ai poteri – e le obbligazioni – del legatario di usufrutto, si può così schematizzare:

  • l’usufruttuario:

▪ ha diritto di godimento sul bene;

– può trarre dalla cosa tutte le utilità;

– ha il possesso della cosa;

– acquista i frutti naturali e civili della cosa;

▪ può disporre del diritto di usufrutto (es. può cedere a terzi il suo diritto);

▪ può disporre del godimento del bene (es. può locare e, più in generale, concedere la cosa in godimento a terzi);

▪ può apportare miglioramenti alla cosa, nonché eseguire addizioni che non alterino la destinazione economica della cosa.

  • obbligazioni dell’usufruttuario:

▪ usare la diligenza del buon padre di famiglia;

▪ non modificare la destinazione economica della cosa;

▪ fare l’inventario e prestare idonea garanzia (reale o personale, es. fideiussione).

L’usufruttuario è poi naturalmente tenuto a restituire la cosa al termine del suo diritto (se usufrutto a tempo): se l’usufrutto è vitalizio la piena proprietà sarà riacquistata dal nudo proprietario al momento della morte dell’usufruttuario.

Per quanto attiene all’obbligo di fare l’inventario e prestare idonea garanzia, è sicuramente ammessa la clausola testamentaria con la quale il testatore dispensa il legatario di usufrutto dagli obblighi di cui all’art. 1002 c.c.

« Lego a … il diritto di usufrutto vitalizio sull’appartamento [di mia proprietà] sito in …, alla via …, n. …, e lo dispenso dall’obbligo di inventario e dalla prestazione di garanzia »

In relazione al diritto dell’usufruttuario di trarre dalla cosa ogni utilità, e così acquistare i frutti (naturali e) civili della stessa, è attuazione del diritto di (disporre del) godimento del bene la facoltà di locare ex 1571 c.c. la cosa, e trarre come corrispettivo del godimento dalla stessa il canone locatizio.

In particolare, se oggetto del diritto di usufrutto legato è un’unità immobiliare già locata al momento dell’apertura della successione si avrà una relativa cessione ex lege del contatto di locazione in esecuzione alla morte del testatore. Il trasferimento della posizione contrattuale di locatore avviene infatti ope legis, anche senza il consenso del locatario ceduto[5].

La posizione di locatore viene automaticamente ceduta dal de cuius – che aveva, in vita, la piena proprietà dell’immobile locato – non ai suoi eredi, ma al legatario di usufrutto: come ha di recente sottolineato la Corte di Cassazione, ove

«l’originaria coincidenza tra la posizione di titolare della piena proprietà sull’immobile e di quella di locatore [venisse] a scindersi con l’attribuzione della nuda proprietà e dell’usufrutto rispettivamente [all’erede (o al collegatario) e al legatario] per effetto della costituzione dell’usufrutto mortis causa, […] la qualità di locatore, per i riflessi attivi e passivi, sostanziali e processuali, si concentra nel titolare dell’usufrutto»[6]

esattamente come avviene nel caso di costituzione dell’usufrutto per atto inter vivos.

Per quanto attiene alla fiscalità, allora, l’usufruttuario-locatore del bene è tenuto, oltre al versamento dell’Irpef calcolata sul reddito effettivo imponibile derivante dai canoni di locazione come incremento del patrimonio, anche al pagamento dell’Imu. A norma dell’art. 1, comma 743, L. n. 160/2019, infatti, «i soggetti passivi dell’imposta sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi».

Sono inoltre a carico dell’usufruttuario, ex art. 1004 c.c., tutte le spese relative alla custodia, amministrazione e manutenzione ordinaria della cosa.

Infine, va segnalato come una causa di estinzione del diritto di usufrutto vitalizio sia, oltre alla morte del legatario di usufrutto, la riunione in capo alla stessa persona della qualità tanto di usufruttuario quanto di nudo proprietario (estinzione per consolidazione), la quale acquista così il diritto di piena proprietà del bene.

4. Legato di usufrutto con facoltà di vendita in caso di bisogno

Figura non prevista dal legislatore, ma di conio strettamente giurisprudenziale è quella del legato di usufrutto con facoltà di vendere la (piena) proprietà in caso di bisogno, figura, inoltre, suffragata dalla continua applicazione che ne fa la prassi notarile.

È stata infatti ritenuta valida dalla giurisprudenza[7] e da parte della dottrina[8] la clausola attraverso la quale al legatario viene concessa la facoltà di vendere la piena proprietà del bene in caso di bisogno (o, comunque, al versificarsi di altri eventi che siano determinati dal testatore).

La giustificazione della validità della clausola in commento è stata dalla giurisprudenza ricercata nel principio della autonomia testamentaria e della effettiva volontà del testatore.

L’accertamento dello stato di bisogno, quindi, può determinare l’insorgere della facoltà di alienare la cosa oggetto del diritto di usufrutto. La giurisprudenza individua allora un doppio legato: uno avente a oggetto il diritto di usufrutto e un altro, sospensivamente condizionato al verificarsi dello stato di bisogno, avente a oggetto alternativamente:

– la somma ricavata dalla vendita del(la piena proprietà del) bene oggetto del diritto di usufrutto. Si ha così un legato a efficacia obbligatoria, dal momento che risulta necessaria un’attività negoziale del nudo proprietario: l’onerato è cioè tenuto a vendere, nell’interesse del legatario, il (suo) diritto di nuda proprietà, e, infine, a versare al legatario di usufrutto quanto ricavato della vendita;

« Lego a … il diritto di usufrutto vitalizio sull’appartamento [di mia proprietà] sito in …, alla via …, n. …

Lego altresì al medesimo la somma di denaro derivante dall’alienazione della piena proprietà del suddetto bene, sotto la condizione sospensiva che questi venga a trovarsi in stato di bisogno. Dispongo che lo stato di bisogno sia accertato da … sulla base dei seguenti parametri: … »

– il diritto di nuda proprietà sul bene oggetto del diritto di usufrutto (non occorrerà allora alcuna collaborazione da parte dell’erede o del collegatario che sia nudo proprietario in quanto legato a effetti reali): il legatario di usufrutto acquisterà, al verificarsi della condizione, (anche) la nuda proprietà dello stesso bene. Avrà così la facoltà di vendere il diritto di (piena) proprietà del bene secondo lo schema contrattuale della compravendita.

« Lego a … il diritto di usufrutto vitalizio sull’appartamento [di mia proprietà] sito in …, alla via …, n. …

Lego altresì al medesimo il diritto di nuda proprietà sul suddetto bene, sotto la condizione sospensiva che questi venga a trovarsi in stato di bisogno. Dispongo che lo stato di bisogno sia accertato da … sulla base dei seguenti parametri: … »

Altrettanto valida è ritenuta la clausola testamentaria che conferisce al legatario la facoltà di ipotecare, al verificarsi dello stato di bisogno, l’immobile oggetto del diritto di usufrutto.

5. Osservazioni conclusive

Da ultimo, si osserva come la Cassazione sia orientata a indagare, ogniqualvolta sorgano dubbi circa la qualità di legatario ovvero di erede universale dell’usufruttuario, la tecnica testamentaria effettivamente impiegata dal testatore o dal notaio al fine di individuare correttamente se la disposizione mortis causa fonte del diritto di usufrutto fosse riferita all’intero asse ereditario o a una quota dello stesso, e non, invece, a uno o più beni singoli:

«costituisce un legato – non subentrando l’usufruttuario in rapporti qualitativamente uguali a quelli del defunto – il lascito avente a oggetto l’usufrutto, generale o pro quota, dell’asse, ove non accompagnato da altre disposizioni idonee a far derivare la qualità di erede»[9].

Se, infatti, si assegna l’usufrutto generale del patrimonio del defunto, la relativa disposizione testamentaria va qualificata come legato in conto di legittima, a meno che dal testamento non risulti altrimenti; ma se, oltre al legato di usufrutto, dal complessivo contenuto delle disposizioni testamentarie risultano ulteriormente attribuite altre porzioni del patrimonio ereditario, l’usufruttuario va qualificato come erede, e sarà quindi tenuto al pagamento dei debiti ereditari.

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Note

[1] In tema si rinvia a G. Capozzi, Successioni e donazioni, II, Giuffrè, Milano 2015, p. 1201; G. Bonilini, Dei legati. Artt. 649-673, Giuffrè, Milano 2020, pp. 131 e ss. Cfr. anche Cass., sent. 27 marzo 2002, n. 4376.

[2] G. Bonilini, Dei legati. Artt. 649-673, Giuffrè, Milano 2020, cit., p. 133.

[3] Cass., sent. 13 febbraio 1992, n. 1751, in Giur. it., 1993, I, p. 1076.

[4] Cass., sent. 22 febbraio 2019, n. 5336.

[5] In tema si rinvia a V. Roppo, Il contratto, Giuffrè, Milano 2011, pp. 563 e ss.

[6] Cass., sent. 26 luglio 2022, n. 23265.

[7] Cfr. Cass., sent. 8 novembre 1956, n. 4210, in Giust. civ., 1957, I, pp. 1374 e ss., con nota di G. Cassisa, Legato di usufrutto con facoltà di vendere in caso di bisogno; Cass., sent. 21 gennaio 1985, n. 207, in Riv. not., 1985, II, p. 487 e ss.; Cass., sent. 20 febbraio 1993, n. 2088, in Giust. civ., 1994, I, pp. 221 e ss., con nota di N. Di Mauro.

[8] Parte della dottrina continua in realtà a sottolineare l’inefficacia della clausola in esame. Cfr. M. Talamanca, Successioni testamentarie. Artt. 679-712, Zanichelli, Bologna 1965, pp. 335 e ss., il quale ritiene che la clausola sia da intendere come non apposta.

[9] Così Cass., sent. 31 maggio 2018, n. 13868.

Samuele Ricobelli

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