Note vicissitudini, politiche e non, hanno portato il legislatore a prendere atto del diffondersi, sul piano sociologico, del fenomeno della famiglia di fatto e delle coppie omosessuali.
A seguito dell’intervento normativo, può dirsi effettivamente superata la concezione tradizionale di famiglia, fondata esclusivamente sulla disposizione di cui all’art. 29 Cost.: accanto al negozio solenne mediante il quale un uomo e una donna assumono l’impegno di stabile convivenza e di reciproco aiuto come marito e moglie, è possibile distinguere altre due forme familiari, seppur diverse dal matrimonio.
Unioni civili
Da un lato vi è l’unione civile, composta necessariamente da due persone maggiorenni dello stesso sesso che hanno reso apposita dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, in presenza di due testimoni; dall’altro lato, vi è la convivenza more uxorio tra due persone maggiorenni, indifferentemente eterosessuali o omosessuali, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimoni o da un’unione civile.
In entrambi i casi, fonte normativa di riferimento è principalmente l’art. 2 Cost., che impegna la Repubblica a garantire i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Elementi comuni alle unioni civili e alle convivenze di fatto sono l’elemento materiale della stabile convivenza (che, peraltro, prescinde dalla coabitazione, intesa come coincidenza delle residenze anagrafiche) e il dato psicologico rappresentato dall’esistenza di un progetto di vita in comune, analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia legittima; non è invece essenziale la presenza di figli.
Numerose sono però le differenze, al punto che la dottrina più attenta non ha esitato a definire la disciplina introdotta dalla Legge n. 76/2016 come “a tutela decrescente”.
Per le unioni civili tra persone dello stesso sesso si assiste ad una sostanziale equiparazione al matrimonio: con una tecnica legislativa originale, il legislatore ha in parte rinviato alle disposizioni del codice civile previste per il vincolo coniugale tradizionale, estendendone la portata applicativa; in altra parte, ne ha riprodotto testualmente il contenuto in appositi commi dell’unico articolo della legge Cirinnà.
Peraltro, le due discipline, matrimonio e unioni civili, non sono perfettamente sovrapponibili, non essendo, ad esempio, mancando un dovere di fedeltà tra i soggetti interessati e, quanto allo scioglimento dell’unione, essendo stato prevista un’ipotesi di divorzio diretto, attivabile senza passare dalla fase della separazione personale.
Coppie di fatto
La convivenza di fatto, invece, non è uno status familiae ed è caratterizzata dall’assenza di qualsivoglia vincolo giuridico, ovvero da una maggior libertà dei suoi componenti.
Elemento costitutivo della convivenza di fatto tra persone di stato libero è la stabilità dei legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, nonché la stabile convivenza.
Il legislatore ha distinto tra la disciplina base, applicabile a tutti i conviventi more uxorio (commi da 38 a 49 e 65 dell’art. 1, con cui si introduce una normativa frammentaria, che recepisce una serie di soluzioni già elaborate in sede giurisprudenziale) e quella operante solo per le convivenze regolate da un contratto di convivenza (commi da 50 a 64), nel quale la coppia può indicare, oltre alla residenza, le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo, e può optare per il regime patrimoniale della comunione dei beni.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento