L’escussione della polizza fideiussoria era quindi legata al mero fatto della mancata demolizione dell’edificio esistente
ponendo in disparte ogni valutazione in ordine all’entità del danno cagionato all’altro contraente a causa del ritardato adempimento e indipendentemente dallo stato di avanzamento del nuovo edificio, secondo uno schema oramai diffuso nella pratica commerciale.
Pertanto, trattandosi di una polizza fideiussoria rilasciata dalla società appellante a garanzia dell’adempimento della demolizione del fabbricato esistente prima del 31.12.2007, è del tutto legittimo che il Comune ne abbia chiesto il pagamento una volta accertata la permanenza dell’immobile oltre la predetta data
il regolamento negoziale aveva inteso porre la polizza fideiussoria, rilasciata dalla ricorrente, a garanzia dell’adempimento da parte di quest’ultima dell’obbligazione di demolire la preesistenza prima della data del 31.12.2007.
Questo profilo è testuale, dove al punto 3 si legge che “l’immobile esistente (…)” dovrà “in ogni caso essere demolito prima di richiedere l’agibilità del nuovo edificio e comunque prima del 31.12.2007”.
Da ciò deriva l’attribuzione di espressi poteri in capo al Comune, in favore del quale si prevede, al punto 4, che “potrà richiedere la riscossione dell’importo recato nella polizza qualora risulti che il nuovo immobile sia utilizzato senza che la preesistenza sia stata precedentemente demolita, ovvero qualora alla data del 31.12.2007 non risulti comunque demolita e ciò a prescindere dallo stato di avanzamento del nuovo intervento”.
Passaggio tratto dalla decisione numero 971 del 23 febbraio 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato
Con il secondo motivo di diritto, si deduce eccesso di potere per difetto di motivazione e V_azione dell’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001. Nel concreto, la censura lamenta la mancata considerazione delle responsabilità del Comune nel rilascio del titolo edilizio abilitativo alla demolizione della preesistenza entro i termini previsti contrattualmente.
La stessa posizione è sostenuta dalla Garante One Assicurazione s.p.a., nel punto 3 del suo ricorso (successivo al precedente punto 3, ma numerato con la stessa cifra a pag. 8 del ricorso), che può quindi contestualmente essere esaminato.
4.1. – La censura non può essere condivisa.
Non è dato riscontrare quale sarebbe il nesso causale che porti ad attribuire al Comune la responsabilità per la mancata demolizione. Valga a tal fine la ricostruzione cronologica degli eventi, da cui si evince che, dopo il completamento dell’iter relativo alla domanda di rilascio del 15.4.2005, a cui faceva addirittura seguito un invito del 3.7.2006, con cui il Comune invitava l’appellante a ritirare il titolo abilitativo, la società presentava un’istanza di ricalcolo degli oneri concessori in data 8.9.2006, a cui seguiva il rilascio di un nuovo titolo in data 12.9.2006, in relazione al quale solo il successivo 20.6.2007 veniva presentata la comunicazione di inizio lavori.
Le censure avanzate, sui presunti ritardi dell’azione del Comune in relazione ai tempi normativi del procedimento di rilascio del titolo abilitativo, si scontrano con il dato oggettivo della presenza di uno spazio temporale residuale più che sufficiente al completamento della demolizione e quindi dell’ininfluenza causale delle censure contenute nel motivo di ricorso che, quand’anche fondate, non escluderebbero l’attribuibilità del mancato adempimento alle sole scelte della società appellante.
5. – Con il terzo motivo di ricorso, viene infine lamentato l’eccesso di potere per erroneità e difetto di motivazione, in merito al mancato accoglimento della domanda di riduzione equitativa della penale ai sensi dell’art. 1384 c.c.. Il motivo evidenzia come sussistessero tutti i presupposti per tale concessione, in relazione all’esistenza di una corresponsabilità dell’amministrazione nell’adempimento e nella sproporzione tra l’importo preteso e l’interesse pubblico tutelato.
La stessa posizione è sostenuta dalla Garante One Assicurazione s.p.a., nel punto 4 del suo ricorso (pag. 10), che può quindi contestualmente essere esaminato.
5.1. – La censura non può essere condivisa.
Va rimarcato, come sopra sottolineato, che non vi sono elementi per ricondurre causalmente elementi di responsabilità a capo del Comune per l’inadempimento della prestazione dedotta in transazione. La prima ragione a fondamento della riduzione in via equitativa appare quindi insussistente.
Sulla seconda ragione, in disparte ogni considerazione sulla difficoltà di individuare dei metodi oggettivi per la quantificazione economica di un interesse pubblico, va evidenziato come il T.A.R. abbia fatto rinvio alla stessa autonomia privata come sistema di contemperamento degli interessi, che è peraltro una conseguenza quasi immediata per il fatto che la fideiussione de qua si pone come meccanismo sostitutivo di un adempimento previsto in un negozio transattivo, cioè caratterizzato ontologicamente da reciproche concessioni delle parti interessate.
Nel dettaglio, la struttura del negozio di transazione, soprattutto nel fatto di convenire l’escussione della fideiussione per l’ipotesi di ritardo nell’adempimento a prescindere dall’esecuzione della prestazione principale pure se tardiva, rende evidente la volontà comune delle parti di isolare l’esecuzione della prestazione pattuita dal complesso delle situazioni esterne.
L’ipotesi quindi di un abuso o di una strumentalizzazione dell’autonomia della parte privata appare quindi del tutto destituita di fondamento, facendo venire parimenti meno anche la seconda ragione posta a sostegno della domanda di riduzione.
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