Il TAR Trieste afferma che i social network non sono considerabili come siti privati dal momento che la pubblicazione di una fotografia o di un testo sulla propria bacheca è suscettibile di essere diffusa ad un numero imprecisato di persone attraverso altri social o altri siti internet.
Con la sentenza n. 562 del 12/12/2016, il TAR Friuli Venezia Giulia – Trieste ha rigettato il ricorso presentato da un militare dell’esercito avverso la sanzione disciplinare di corpo con la quale era stato sanzionato a 7 giorni di consegna di rigore.
La sanzione disciplinare gli era stata irrogata in quanto il ricorrente aveva pubblicato sulla propria bacheca Facebook una serie di immagini inerenti il servizio da lui svolto durante l’Expo, ed in particolare foto di tende di campo allagate, condite con opinioni e commenti critici.
Con il ricorso il militare ha fatto presente di aver utilizzato un profilo Facebook chiuso in modalità privata, e pertanto visionabile solo da soggetti autorizzati dal proprietario dell’account; inoltre, il ricorrente ha altresì sottolineato come scopo della pubblicazione delle foto era quello di rappresentare la situazione precaria in cui operavano alcuni militari al servizio dell’Expo 2015 – come tale denunciata anche da alcuni organi di informazione -, essendo lungi dalle sue intenzioni qualsivoglia intento politico.
Sennonché, con sentenza in commento, il TAR Trieste ha affermato che “i social network in particolare Facebook non possono essere considerati come siti privati, in quanto non solo accessibili ai soggetti non noti cui il titolare del sito consente l’accesso, ma altresì suscettibili di divulgazione dei contenuti anche in altri siti. In sostanza, la collocazione di una fotografia o di un testo su Facebook implica una sua possibile diffusione a un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti e quindi va considerato, sia pure con alcuni limiti, come un sito pubblico“.
Del resto, osserva il Collegio, lo stesso ricorrente, sostenendo che i commenti non sarebbero opera sua ma di altri soggetti che si sarebbero inseriti nel sito, implicitamente ammette che detto sito era accessibile a terzi non identificabili a priori, di fatto confermando la natura non strettamente privata del sito.
Pertanto, il TAR considera la sanzione irrogata al ricorrente, sette giorni di rigore, proporzionata alla mancanza commessa, peraltro mai negata nel corso del giudizio dal ricorrente “se non con affermazioni del tutto generiche e non dimostrate“.
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