La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21557 del 30 maggio 2024, ha chiarito che le videoriprese effettuate dalla P.G. in luoghi pubblici sono legittime se autorizzate dal giudice.
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Indice
- 1. Inquadramento della tematica
- 2. Qualificazione giuridica delle videoriprese effettuate senza autorizzazione dal giudice
- 3. L’eventuale discrasia temporale tra l’iscrizione del fatto astrattamente costituente reato e l’iscrizione successiva del nominativo dell’indagato
- 4. Il principio licenziato dalla pronuncia in commento
- 5. Conclusioni
1. Inquadramento della tematica
Possiamo domandarci se le videoriprese effettuate dal personale di P.G. in luoghi pubblici ovvero aperti al pubblico, senza autorizzazione del giudice, si possono utilizzare.
Più precisamente la questione quivi dipanata involge, invero, la definizione, ai fini giuridici, di che cosa debba intendersi per luogo aperto al pubblico, ovvero esposto al pubblico.
Ciò in quanto, nella fattispecie esaminata dal Supremo Collegio con la pronuncia de qua, la fattispecie di reato contestata era quella di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti all’interno del giardino condominiale.
Cosicché, le videoriprese del personale di P.g. venivano effettuate all’interno del detto giardino.
Pare opportuno, indi, prima di procedere oltre, qualificare il luogo aperto al pubblico e quello esposto al pubblico.
Per luogo pubblico deve intendersi un luogo accessibile ad una indeterminata platea di persone, per luogo aperto al pubblico deve intendersi, invece, un luogo accessibile in occasione d’un evento oppure da parte d’individui che soddisfino certi requisiti oppure che siano stati invitati appositamente. Per completezza, per luogo esposto al pubblico, possiamo intendere un luogo oggetto di veduta da parte di persone che osservano da lontano.
La Suprema Corte, ha precisato che si “…intende aperto al pubblico il luogo cui ciascuno può accedere in determinati momenti ovvero il luogo al quale può accedere una categoria di persone che abbia determinati requisiti. Ne consegue che devono essere considerati luoghi aperti al pubblico l’androne di un palazzo e la scala comune a più abitazioni…”. (Cass. pen., Sez. V, Sentenza n.42392 del 21 ottobre 2015).
In tema d’applicazione di misure di prevenzione, la Suprema Corte ha statuito che” … ” in luogo pubblico” la riunione che si tenga in un luogo in cui ogni persona può liberamente transitare e trattenersi senza che occorra, in via normale, il permesso dell’Autorità amministrativa (ad es., piazza, strada); mentre è in luogo “aperto al pubblico” la riunione che si tenga in un luogo chiuso (ad es., cinema, teatro), ove l’accesso, anche se subordinato alla disponibilità di un apposito biglietto di ingresso, è consentito a un numero indeterminato di persone; ed è, infine, “privata”, la riunione che si tenga in un “luogo chiuso”, l’accesso sia limitato a persone già nominativamente determinate…”.…”. (Cass. pen.,Sez. I, Sentenza n.6089 del 16 febbraio 2021).
Acquisita la predetta definizione, gli Ermellini, con la pronuncia in scrutinio, hanno, previamente, definito che il giardino d’un condominio possa ben intendersi come un luogo pubblico.
Sono legittime le videoriprese effettuate, anche d’iniziativa, dalla P.g. sulla base d’una segnalazione dello svolgimento di un’attività illegale, nella fattispecie, quella di spaccio, onde acquisire ulteriori elementi, valorizzando, ai fini d’indagine, un’attività di repertazione non ripetibile.
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2. Qualificazione giuridica delle videoriprese effettuate senza autorizzazione dal giudice
Orbene, possiamo, ora, domandarci come vadano qualificate le videoriprese effettuate dal personale di P.g. all’interno d’un giardino condominiale ove si svolge un’attività illegale di spaccio di sostanze stupefacenti.
Secondo la consolidata giurisprudenza in materia, le videoriprese devono ben intendersi come prove atipiche soggette alla disciplina dell’art. 189, cod. pen, a mente del quale “Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il giudice provvede all’ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.”.
Sul punto si annoverano anche le Sezioni Unite che” … solo le videoregistrazioni effettuate fuori dal procedimento possono essere introdotte nel processo come documenti e diventare quindi una prova documentale (si pensi ad esempio, oltre che ai casi citati, alle videoregistrazioni di violenze negli stadi), mentre le altre, effettuate nel corso delle indagini, costituiscono, secondo il codice, la documentazione dell’attività investigativa, e non documenti. Esse, perciò, sono suscettibili di utilizzazione processuale solo se sono riconducibili a un’altra categoria probatoria, che la giurisprudenza per le riprese in luoghi pubblici, aperti o esposti al pubblico ha individuato in quella delle c.d. prove atipiche, previste dall’art. 189 c.p.p.…”. (Cass. pen., Sez. Un., Sentenza n.26795 del 28 luglio 2006).
Le videoriprese sono prove atipiche colle quali il personale della P.g., nell’immediatezza del fatto, conduce onde “cristallizzare” l’attività d’indagine avviata sulla scorta di segnalazioni di notizie apprese anche incidentalmente nel corso d’attività istituzionale ovvero d’altra attività investigativa.
Nel corpo della motivazione della pronuncia in rassegna, si rammenta la legittimità delle videoriprese avvenute all’interno d’un garage condominiale, davanti al piazzale antistante l’ingresso di un’impresa, non rappresentando tal attività investigativa un’invasione del domicilio privato.
La lettura della pronuncia in parola, ci consente, altresì, di cogliere l’occasione di poter coordinare la legittimità delle c.d. prove atipiche, come le videoriprese, con l’iscrizione del fatto astrattamente costituente reato nel registro delle notizie di reato.
3. L’eventuale discrasia temporale tra l’iscrizione del fatto astrattamente costituente reato e l’iscrizione successiva del nominativo dell’indagato
Si dà conto della novella legislativa che, ex art. 15, comma uno, lett. a), del D.lgs. n. 150 del 2022, d’attuazione della L.n. 134 del 2021, ha novellato l’art. 335, c.p.p., in tema di disciplina delle iscrizioni, in vigore dal 30 dicembre 2022.
L’anzidetta norma statuisce che “…al comma 1, le parole (…) sono sostituite dalle seguenti: «contenente la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice. Nell’iscrizione sono indicate, ove risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto…”.
Viene fornita, per la prima volta, una sorta di definizione giuridica del fatto costituente reato, nel senso, cioè, che, ora, il magistrato inquirente, potrà dar corso all’iscrizione d’un fatto, di cui sia pervenuto a diretta conoscenza ovvero a seguito di comunicazione delle relative notizie di reato dagli organi di P.g., purché esso consista in un fatto determinato e non inverosimile, sussumibile, almeno astrattamente, nell’alveo d’una fattispecie incriminatrice.
Possiamo supporre che se all’ufficio del detto magistrato perviene la notizia di un’attività illegale delittuosa, ecco che, allora, egli procederà all’iscrizione del fatto, ritenuto, sulla base degli elementi segnalati in sede investigativa, determinato e non inverosimile, riconducibile nell’ambito, per l’appunto, d’una forma delittuosa.
Cionondimeno, possiamo registrare che tra l’iscrizione d’un fatto astrattamente costituente reato e l’iscrizione del nominativo della persona cui quel fatto sarebbe ascrivibile, potrebbe ricorrere una discrasia temporale, cioè uno scollamento temporale.
L’iscrizione del nominativo della persona cui riferire il fatto costituente reato, potrebbe avvenire in seguito, qualora, a seguito dell’attività investigativa, emergano indizi gravi a carico d’un preciso soggetto.
Difatti, il nuovo comma 1 bis, della norma in esame, stabilisce che “… «1-bis. Il pubblico ministero provvede all’iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito non appena risultino, contestualmente all’iscrizione della notizia di reato o successivamente, indizi a suo carico…”.
Il novellato art. 335, c.p.p., contempla che l’iscrizione del nominativo del soggetto cui attribuire il reato avvenga non contestualmente all’iscrizione del fatto astrattamente costituente reato.
In tal evenienza, è ragionevole supporre che l’iscrizione del fatto costituente reato avvenga nel registro informatico delle relative Procure della Repubblica nominato come registro dei reati contro ignoti, con la sigla Modello 44, evincibile dal certificato ex art. 335, c.p.p., che l’indagato ovvero la P.O. possono chiedere che sia loro rilasciato, salvo esigenze di segretezza a mezzo decreto delle indagini non prorogabile oltre i tre mesi secondo la recente normativa.
Sarà, poi, cura del magistrato curare l’aggiornamento dell’iscrizione già effettuata laddove emergano soggetti cui attribuire il reato ovvero nuove circostanze fattuali di tempo e luogo.
Tal tecnica procedimentale, alla luce del relativo decreto ministeriale n. 334 del 30 settembre 1989, consente al magistrato inquirente, più precisamente al personale di P.g., cui vengono delegate, ex art. 370, c.p.p., lo svolgimento delle indagini, di continuare la preziosa attività investigativa onde meglio repertarla finalizzata anche all’individuazione soggettiva.
Pertanto, allorquando si sarà conclamata la c.d. “soggettivazione” della notizia di reato, vale a dire l’imputazione del fatto costituente reato alla persona che si suppone l’abbia commesso, si potrà procedere ad iscrizione di quest’ultima nel registro delle notizie di reato note, nominato come Modello 21.
4. Il principio licenziato dalla pronuncia in commento
E quanto or, ora, esposto, è stato posto all’attenzione, in una certa qual misura, e per il fine d’interesse di questa breve dissertazione, del Supremo Collegio colla pronuncia in rassegna.
Difatti, onde contestare, in sede di legittimità, l’applicazione della custodia cautelare, quale massima misura ablativa della libertà personale, nei confronti d’un indagato per spaccio di sostanze stupefacenti, si contestava sia la tardiva iscrizione del prevenuto nel registro degli indagati nonché l’inutilizzabilità delle videoriprese perché avvenute all’interno del giardino condominiale.
Quanto al primo aspetto, facendo leva sull’attuale formulazione dell’art. 335, c.p.p., il Supremo Collegio ha rilevato che, del resto, posto che a seguito d’una informativa del Carabinieri, ove questi riportavano la segnalazione di un’attività di spaccio all’interno del complesso condominiale, erano state eseguite delle videoriprese onde documentare l’attività investigativa.
Conseguentemente, rigettando l’avversa tesi della difesa dell’indagato, la Corte dei Diritti concludeva che l’iscrizione del nominativo di questi non poteva esser fatta antecedentemente, essendo emersi indizi gravi a suo carico solo successivamente, a seguito dell’attività investigativa, e che, pertanto, soltanto dopo il magistrato inquirente dava corso all’iscrizione del prevenuto nel registro delle notizie di reato al Modello 21. Ne consegue, pertanto, il rigetto anche della richiesta inutilizzabilità delle indagini compiute prima della detta iscrizione, in quanto “…non si pone alcun problema di utilizzabilità degli esiti delle indagini in assenza dell’iscrizione dell’indagato…”. (Cass. pen., Sez. IV, Sentenza n.21557 del 30 maggio 2024).
Con riguardo, poi, alle videoriprese, il Supremo Collegio ritiene che le stesse, poiché effettuate in un luogo pubblico, quale il giardino condominiale, sono legittime e, perciò, versabili nel fascicolo dibattimentale.
All’uopo statuiscono che “…le videoregistrazioni in luoghi pubblici ovvero aperti o esposti al pubblico, eseguite dalla polizia giudiziaria, anche d’iniziativa, vanno incluse nella categoria dell prove atipiche, soggette alla disciplina dettata dall’art. 189 cod. proc. pen. e, trattandosi della documentazione dell’attività investigativa non ripetibile, possono essere allegate al relativo verbale ed inserite nel fascicolo del dibattimento…”. (Cass. pen., Sez. IV, Sentenza n.21557 del 30 maggio 2024, cit.).
5. Conclusioni
La sentenza quivi rassegnata ci ha concesso la possibilità di comprendere, anzitutto, quale sia la differenza tra luogo pubblico, aperto ovvero esposto al pubblico, dirimente anche la fine d’integrare ipotesi di reato e ritenere, finanche, legittime le videoriprese operate dal personale della P.g. all’interno d’un giardino condominiale, anche di propria iniziativa, sicché senza preventiva autorizzazione del magistrato.
Di, poi, ci ha offerto la possibilità di comprendere meglio, forse, il meccanismo d’iscrizione del novellato art. 335 c.p.p., anche laddove la soggettivazione dell’iscrizione avvenga in epoca successiva alla documentazione delle indagini da parte del personale operante.
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