Quando è legittimo formulare richiesta di archiviazione del procedimento per violenza sessuale motivando con la mancanza di corredo probatorio atto a sostenere l’accusa in giudizio. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Indice
1. I fatti del processo
La fattispecie concreta in rassegna prende l’abbrivo giudiziario, quando la parte offesa, D. B. si presenta al locale commissariato della polizia di Stato, al fine di ratificare una notizia criminis riguardante una serie di condotte antidoverose poste in essere in suo danno dal coniuge, in fase di separazione, O. A. e ciò, particolarmente in occasione di una vacanza in Egitto, ove ella era stata costretta a subire atti sessuali contro la sua espressa volontà.
In sostanza, era avvenuto che il coniuge O. A., nei confronti del quale da tempo era cessato l’affectio coniugalis, a motivo delle reiterate condotte maltrattanti e persecutorie poste in essere in danno della denunciante, aveva proposto alla sua ex partner una vacanza in Egitto unitamente al figlio di anni undici, al fine, soprattutto, secondo quanto sostenuto dall’imputato, di potere stare vicino al minore per cercare di fargli recuperare, per quanto possibile, il disagio conseguente alla ormai cristallizzata crisi coniugale.
La persona offesa, dopo una iniziale ritrosia ad accettare la proposta, l’aveva ritenuta accoglibile e ciò in vista del beneficio che, sicuramente, ne avrebbe tratto il minore; nel contempo aveva posto, come condicio sine qua non dell’accettazione, l’impegno, da assumersi formalmente da parte del coniuge, di astensione da ogni tentativo di praticare rapporti di natura sessuale.
Il coniuge O. A. aveva accettato.
Le cose, però, malgrado l’impegno assunto, non erano andate secondo le previsioni e l’accettazione di precise norme pattizie.
Infatti, raggiunto il suolo egizio, il marito, mettendo da parte l’impegno assunto, aveva iniziato a porre in essere, con particolare insistenza e manipolazione, reiterati tentativi di palpeggiamento delle zone erogene, onde aprire un varco verso un approccio completo. I tentativi, secondo il racconto effettuato al commissariato dalla p. o., si erano ripetuti tutti i giorni, il più delle volte alla presenza del figlioletto, anche se l’ex partner maschile cercava di dissimulare, alquanto maldestramente, le sue finalità erotiche.
Era avvenuto così che la p. o. era stata costretta a cedere alle reiterate e insistenti volontà di possesso sessuale, anche se con evidenti sue reticenza e resistenza, e altrettanto evidente astensione partecipativa. Sono stati, quindi, atti sessuali consumati in maniera unilaterale, in assenza totale di ogni partecipazione, sia fisica che psicologica, della persona offesa, la cui volontà è stata chiaramente coartata e travolta. Ed infatti, rientrata in Italia e sentendosi letteralmente ossessionata dal ricordo delle violenze patite durante il soggiorno egiziano, D. B., si rivolgeva alle forze dell’Ordine al fine di depositare la relativa notitia criminis.
Pervenuti gli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Patti (ME), l’Ufficio inquirente, dopo avere stabilito che la narrazione dei fatti della denunciante conduceva alla sussunzione di essi sotto l’impero delle norme contenute negli articoli 572 cod. pen. (Maltrattamenti contro familiari o conviventi); 612-bis cod. pen. (Atti persecutori) e 609-bis cod. pen. (Violenza sessuale), emetteva, previo stralcio, la richiesta ex artt. 408 e ss. cod. proc. pen. limitatamente a tale ultimo reato. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri
Codice penale e di procedura penale e norme complementari
Il presente codice per l’udienza penale fornisce uno strumento di agile consultazione, aggiornato alle ultimissime novità legislative (la riforma Nordio, il decreto svuota carceri, modifiche al procedimento in Cassazione).L’opera è corredata dalle leggi speciali di più frequente applicazione nel corso dell’udienza penale e le modifiche del 2024 sono evidenziate in grassetto nel testo per una immediata lettura delle novità introdotte.Gli articoli del codice penale riportano le note procedurali utili alla comprensione della portata pratica dell’applicazione di ciascuna norma.Il volume è uno strumento indispensabile per avvocati e magistrati, ma anche per studenti universitari e concorsisti.Completa il codice una sezione online che mette a disposizione ulteriori leggi speciali in materia penale e gli aggiornamenti normativi fino al 31 gennaio 2025.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma, già componente del Collegio per i reati ministeriali presso il medesimo Tribunale. Docente della Scuola Superiore della Magistratura, è autore di numerose pubblicazioni.Luigi TramontanoGiurista, già docente a contratto presso la Scuola di Polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, è autore di numerose pubblicazioni, curatore di prestigiose banche dati legislative e direttore scientifico di corsi accreditati di preparazione per l’esame di abilitazione alla professione forense.
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2. La richiesta della Procura della Repubblica
Si premette che nell’ambito del p.p. n. OMISSIS, a carico di O. M., indagato per i reati di cui agli artt. 612 bis c.p., 609 bis c.p. e 572 c.p., questa Procura ha inteso procedere in ordine al reato di “atti persecutori” e al reato di “maltrattamenti”, mentre, in relazione all’art. 609 bis c.p., ha disposto lo stralcio del procedimento. Di tale stralcio si intende chiedere l’archiviazione in questo procedimento penale, stante l’assenza di un corredo probatorio idoneo a sostenere l’accusa in giudizio.
Qui di seguito vengono compendiate le motivazioni che hanno portato l’Ufficio inquirente alla richiesta di archiviazione.
È da sottolineare come il racconto offerto dalla p. o. risulti alquanto annebbiato, come precisato dalla stessa (“il mio ricordo non è del tutto lucido”), nonché generico, avendo la medesima specificato un solo episodio, collocato (“una sera, la prima o la seconda). Per il resto, la D. si limita a dire che “questa oscenità si è ripetuta tutte le altre sere che siamo stati in Egitto e sempre con le medesime modalità”. E’ dallo stesso tenore letterale delle dichiarazioni che si evince la logica improbabilità che, in effetti, le “oscenità” si siano ripetute tutte con le “stesse modalità”, perché per esse parrebbe che all’opposizione della p. o. ad avere rapporti non seguiva un’insistenza o, addirittura, una violenza.
Queste incongruenze, dall’altro lato, si rispecchiano in quanto dichiarato dalle persone a cui la donna avrebbe confidato l’asserita violenza subita in Egitto. Infatti, escussa a s.i.t. L.M.A., madre della p. o., riferiva:
”…omissis… Mia figlia mi ha raccontato che quando sono stati in vacanza in Egitto nel mese di marzo di quest’anno, A., nonostante lei si sia opposta, ha voluto avere dei rapporti con lei e ciò, mi ha riferito,che è accaduto per tre sere”.
Per tutto quanto sopra esposto, si ritiene dunque di non doversi procedere con l’azione penale risultando il corredo probatorio non idoneo a sostenere l’accusa di 609-bis, ed in particolare non si evince in alcun modo la prova dell’avvenuta costrizione a subire atti sessuali, alla luce dell’insieme delle dichiarazioni raccolte nel corso delle indagini.
In riferimento alle motivazioni succintamente sopra riportate, la Procura della Repubblica di Patti, dopo avere richiamato la norma contenuta nell’art. 408 cod. proc. pen. (Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato), come di recente modificato dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. “riforma Cartabia”, che ribadisce che “quando gli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna […] il pubblico ministero presenta al giudice richiesta di archiviazione”), chiedeva al Giudice per le indagini preliminari che volesse disporre l’archiviazione del procedimento e la conseguente restituzione degli atti al proprio ufficio.
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3. L’opposizione della p.o. alla richiesta di archiviazione
Con proprio atto, fondato ex art. 410 cod. proc. pen., la persona offesa da reato, tramite il proprio difensore, proponeva opposizione avverso la richiesta di archiviazione.
Nel corpo dell’atto l’opponente evidenziava che la richiesta formulata dalla Pubblica Accusa poggiava su presupposti affatto condivisibili, poiché gli stessi tenevano in assoluto non cale, la particolare situazione nella quale i consumati fatti antidoverosi erano stati attuati.
L’opposizione evidenziava come nella richiesta di archiviazione, non vi fosse minimo cenno alla deposizione testimoniale della signora L. T., la quale, anche se riferendo notizie de relato, aveva dimostrato di conoscere un episodio particolare, già narrato dalla persona offesa agli inquirenti e verificatosi sempre durante la permanenza all’estero, secondo il quale O. A., mentre la sua ex coniuge e il figlioletto si trovavano nudi sotto la doccia, sopraggiungeva pretendendo un rapporto sessuale per consumare il quale collocava, sic et simpliciter, il figlioletto, ancora bagnato, fuori dalla stanza per evitare che assistesse direttamente.
Oltre all’evidenziazione delle lacune processuali che precedono, l’opponente chiedeva al G. I. P. sede che venissero sentiti alcuni testimoni tra i quali la dott.ssa S. A. M., dipendente dell’ASP di Sant’Agata Militello, nella qualità di medico della persona offesa e il dott. C. A., che presta servizio presso SSR (Società Servizi Riabilitativi spa), il quale, ultimo, appresa la notizia di quanto accaduto, dalla P.O. la indirizzata presso un Centro antiviolenza operante sul territorio.
Proseguiva il narrato dell’opposizione con l’ulteriore e conclusiva richiesta di risentire la teste L. T.
4. La memoria ex art. 121 cod. proc. pen.
Con memoria ai sensi e art. 121 cod. proc. pen., calendata 18 gennaio 2024, il difensore dell’opponente richiamava ulteriormente l’attenzione del Giudice per le Indagini Preliminari sull’incipit della norma contenuta nell’art. 609-bis cod. pen.:
“Chiunque con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali…”
L’incipit sopra trascritto, considerata la sua formulazione letterale, è, con ogni evidenza, piuttosto elastico e aperto all’accoglimento di molteplici fattispecie concrete, così come è stato rilevato dalla Suprema Corte delle Regole, Sezione Terza Penale, la quale, con sentenza del 17 febbraio 2021, n. 6158, ha posto un interessante arresto giurisprudenziale circa la portata definitoria del concetto di atti sessuali, affrontando in modo specifico il problema se il bacio sulla guancia possa essere considerato atto sessuale idoneo a potere essere sussunto sotto la norma di cui all’art. 609-bis cod. pen., rilevando, in particolare, le innovazioni sui reati di violenza sessuali introdotte con la L. 15 febbraio 1996, n. 66. Tale normativa ha, intanto, collocato testualmente i delitti contro la libertà sessuale sotto la medesima epigrafe dei delitti contro la libertà personale, con ciò riconoscendo che i delitti contro la libertà sessuale vanno a ledere, in primis, la persona e, particolarmente, una delle sue doti più salienti: la libertà personale.
Occorre rilevare, in proposito, come la lettera del più volte richiamato art. 609-bis, consenta una sua esplicazione ermeneutica giuridica, sia dottrinaria che giurisprudenziale, consistente in una tutela bifronte del bene giuridico preso in considerazione: quella della libertà sessuale in ipotesi di costrizione, e quella dell’intangibilità sessuale nell’ipotesi di induzione.
“Tra gli atti sessuali, devono, pertanto, includersi i toccamenti, i palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo irrilevante, ai fini della consumazione del reato, che il soggetto attivo consegua la soddisfazione erotica” (Cass. Pen, Sez. III, n. 44246 del 18 ottobre 2005). Successivamente, il S.C. ha inteso precisare che “nel concetto di atti sessuali di cui all’art. 609-bis cod. pen., bisogna far rientrare non solo gli atti che involgono la sfera genitale, bensì tutti quelli che riguardano le zone erogene su persona non consenziente; pertanto, tra gli atti suscettibili di integrare il delitto in oggetto, va ricompreso anche il mero sfioramento con le labbra sul viso altrui per dare un bacio, allorché l’atto, per la sua rapidità ed insidiosità, sia tale da sovrastare e superare la contraria volontà del soggetto passivo” (Cass. Pen. Sez. III, n. 12425 del 26 marzo 2007; in senso conforme, Cass. Pen., Sez, IV, n. 3447 del 3 ottobre 2007). Per conseguenza, si può logicamente dedurre ed affermare che, affinché si configuri il delitto di violenza sessuale, sia sufficiente la concreta idoneità della condotta, sintomatica dell’impulso sessuale dell’agente, a compromettere la libertà della autodeterminazione del soggetto passivo nella sua sfera sessuale, mentre, invece, nessun rilievo viene connesso all’effettivo ottenimento del soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente, così che i palpeggiamenti, toccamenti e gli sfregamenti corporei, posti in essere nella prospettiva del reo di soddisfare od eccitare il proprio istinto sessuale, in quanto coinvolgono la corporeità della vittima, possono costituire una indebita intrusione nella sfera sessuale altrui(Cass. Pen., Sez. Un., n. 16207 del 19 dicembre 2013).
Integra, quindi, il delitto di violenza sessuale nella forma c.d. “per costrizione” qualsiasi costringimento psico-fisico che incida sull’altrui libertà di autodeterminarsi, ivi compresa l’intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, a nulla rilevando la circostanza secondo la quale tra l’agente e il soggetto passivo vi sia un rapporto affettivo, di natura coniugale, paraconiugale o, addirittura, parentale. Non assume valore scriminante e esimente il fatto che il soggetto passivo assuma un comportamento apparentemente accondiscendente, ove tale apparente accondiscendenza sia il risultato del timore di conseguenze più gravi in ipotesi di opposizione.
Sembra utile, a tal punto, effettuare un richiamo alla scienza criminologica, ed in particolare a ciò che attiene, in modo specifico, alla c.d. “coppia criminale”: il suddetto riferimento, per il suo contenuto scientifico, può agevolmente essere adattato alla violenza sessuale che si verifichi intersoggettivamente, anche in tale ipotesi, in seno ad una coppia (uomo-donna).
Non solo, infatti, in seno alla c.d. coppia criminale esiste, in modo statisticamente rilevante e, dunque, quasi sempre, un rapporto, che la criminologia francese definisce da meneur (capo, guida) a mené (pilotato, seguace), ma tale rapporto di preminenza-soggezione (dovuto a molteplici cause determinanti) si può benissimo adattare ad ogni rapporto affettivo di tipo coniugale, paraconiugale e parentale.
Nella scienza criminologica italiana (per tutti, cfr. Enrico Altavilla, La dinamica del delitto, voll. I, II, UTET 1953), i due termini francesi, con linguaggio tecnico molto più efficace, diventano incubo (capo, guida) e succubo (pilotato, seguace).Tale stato di preminenza e soggezione, il più delle volte, come l’esperienza insegna, non è immediato e momentaneo, causato, cioè, in un momento particolare e limitato nel tempo, sibbene ormai stratificato e permanente a causa della iterazione protrattasi nel tempo dei compartimenti di violenza, prevaricazione e annichilimento psichico adoperati dal soggetto preminente.
Orbene, i rapporti reciproci, che si erano instaurati in pendenza del rapporto di coniugio, in seno al quale, negli anni, si erano succedute consolidate condotte maltrattanti in danno D. B., hanno generato tra gli odierni imputato e persona offesa rapporti da incubo a succuba, come dimostrano i procedimenti penali a carico dell’ O. A., in seno ai quali sono state adottate, da parte dell’Autorità Giudiziaria, alcune misure cautelari. La parte offesa conosceva bene il carattere violento dell’ex coniuge e, in particolare, di cosa fosse capace in ipotesi di diniego delle sue pretese.
Al fine, poi, di ottenere un quadro il più veritiero possibile, a quanto è stato detto sopra, va aggiunta la circostanza per cui i fatti, rilevanti in riferimento alla norma contenuta nell’art. 609-bis cod. pen., sono accaduti alla presenza del figlio minore L., in un paese straniero, in una situazione di annichilimento della possibilità di ribellione da parte della P.O.: i sopra evidenziati elementi hanno impedito alla vittima di reato di sottrarsi all’azione illecita ex coniuge.
Richiamato il contenuto dell’atto di opposizione, il difensore della persona offesa insisteva affinché la richiesta di archiviazione, fosse rigettata, con richiesta alternativa di completare le indagini, secondo l’indirizzo fornito in seno all’opposizione, ovvero, se ritenuti sufficienti gli elementi raccolti, di ordinare di formulare l’imputazione ex art. 409 codice di rito.
Il Gip ordinava che fossero completate le indagini.
Seguiva, quindi, supplemento di indagini all’esito del quale la Procura reiterava la richiesta di archiviazione.
La P.O., a ministero del difensore, reiterava nuova opposizione, con conseguente celebrazione di nuova udienza camerale.
5. L’ordinanza del G. I. P.
Con ordinanza assunta in data 30 maggio 2024, il G.I.P. presso il Tribunale adottava il provvedimento sotto riportato, dopo avere premesso che:
“In seno al presente procedimento il P.M. reitera la richiesta di archiviazione in quanto i fatti per cui si procede sono, allo stato degli atti, sguarniti di corredo probatorio idoneo a sostenere l’accusa in giudizio. Ed infatti, gli sviluppi delle indagini eseguite non consentono di addivenire alla prova, basata su solidi elementi, del compimento del reato rispetto all’odierno indagato, in particolare, attesa l’inattendibilità del narrato della persona offesa.
In primo luogo, occorre premettere che, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, enunciato anche dalle Sezioni Unite, le dichiarazioni della persona offesa, pur quando la stessa sia costituita parte civile, possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (ex multis, Cass. Sez. Un. n. 41461 del 19 luglio 2012). E’ stato, inoltre, precisato che, qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendosi risolvere in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione (Cass., Sez. V, n.21135 del 26 marzo 2019)…Sotto altro profilo, in tema di reati sessuali, con riferimento alla mancanza di dissenso da parte della vittima, occorre rilevare che, come più volte rilevato dalla giurisprudenza della S.C., integra il reato di cui all’art. 609-bis cod. pen. nella forma c.d. –per costrizione– disciplinata dal comma 1 qualsiasi forma di costringimento psico-fisico idoneo ad incidere sull’altrui libertà di autodeterminazione, ivi compresa l’intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, a nulla rilevando l’esistenza di un rapporto coniugale o paraconiugale, atteso che non esiste all’interno di detto rapporto un diritto all’amplesso, né conseguentemente il potere di imporre od esigere una prestazione sessuale senza il consenso del partner (Cass., Sez. III, n.14789 del 4 febbraio 2004).
Non rileva, infatti, che la donna non abbia opposto una decisiva opposizione all’amplesso per escludere l’esistenza della consumazione del delitto, quando è provato che l’autore, per le violenze e minacce precedenti poste ripetutamente in essere nei confronti della vittima, aveva la consapevolezza del rifiuto implicito della stessa agli atti sessuali (ex plurimis, Cass., Sez. III, n. 39865 del 17 febbraio 2015).
D’altra parte, condividendo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, non si richiede che la violenza sia tale da annullare la volontà del soggetto passivo, essendo sufficiente che tale volontà risulti essere stata coartata. Neppure è necessario che l’uso della violenza o della minaccia sia contestuale al rapporto sessuale per tutto il tempo, dall’inizio fino al congiungimento, essendo sufficiente, invece, che il rapporto sessuale non voluto dalla parte offesa sia consumato anche solo approfittando dello stato di prostazione, angoscia diminuita resistenza in cui la vittima è ridotta. Va, inoltre, ribadita l’unicità del concetto di violenza, il quale non è suscettibile di connotazioni diverse nelle ipotesi di rapporti tra estranei e rapporti tra coniugi (Cass., Sez. III, n.3141 del 25 febbraio 1994).
Posti i superiori principi di diritto, osserva questo Giudice come la persona offesa, opportunamente risentita a s.i.t., in ottemperanza all’ordinanza integrativa di indagini di questo GIP del 25 gennaio 2024, abbia riferito testualmente quanto segue:
<Prima di narrare l’episodio oggetto di domanda, mi preme evidenziare che, così come dichiarato in un percorso di coppia con lo specialista dott. C. A., ho esternato e comunicato al mio ex marito di aver perso la stima nei suoi confronti e per tali motivi non avevo più la voglia di intrattenere dei rapporti sessuali con lo stesso. A seguito di tale comunicazione, ho subito molte offese e vessazioni psicologiche, con l’attribuzione di frasi ingiuriose nei miei confronti. Ricordo, ancora, che non avevo pace tutti i giorni e soprattutto la sera quando andavamo a letto; avevamo sempre discussioni anche sino alle tre di notte, ragion per cui a volte mi concedevo; non è mai successo che, qualche volta in cui, la sera, mi mettessi a letto per dormire, al mio ex marito non venisse in mente di procedere ad un rapporto sessuale, mentre io non sentivo più la voglia nemmeno di dargli un semplice bacio. Ricordo che il mio ex marito avvertiva la necessità di parlare di rapporti sessuali anche durante il pranzo e in presenza di nostro figlio. In merito all’episodio verificatosi durante la nostra vacanza in Egitto tengo a precisare che quella vacanza è stata fatta solo ed esclusivamente per amore di nostro figlio. Ciò è tanto vero che ho preteso, prima di partire per l’Africa, che il mio ex marito mi promettesse che durante la vacanza non doveva neppure avvicinarsi a me per motivi erotici. Commettendo un vero e proprio spergiuro rispetto alla promessa fattami, la prima sera del nostro arrivo in Egitto, il mio ex marito ha posto in essere l’episodio della doccia alla presenza di nostro figlio>.
Peraltro, nel caso che ci occupa, l’accesa conflittualità esistente nell’ambito del rapporto di coppia tra l’indagato e la persona offesa è suffragata dal contenuto del file audio prodotto dalla difesa nel corso dell’udienza camerale, da cui effettivamente emerge una profonda crisi del rapporto coniugale, anzi ancor di più un totale disfacimento della c. d. affectio maritalis, affatto compatibile con una situazione di normale coppia in vacanza.
Nel caso di specie, pertanto, contrariamente a quanto opinato dal P. M., la circostanza che la p. o. si sia fatta immortalare più volte in foto sorridente accanto all’indagato e al figlio nel corso della loro vacanza in Egitto, non le conferisce alcuna patente di inattendibilità e, anzi, può ragionevolmente spiegarsi con la necessità di agire nel superiore interesse del figlio in perfetta coerenza con quanto dalla stessa dichiarato (<…decidevo, comunque, per amore di L., di partire comunicando al mio ex marito di rispettarmi in tutto e per tutto e che dovevamo regalare questa gioia a L….>).
La persona offesa deve, pertanto, ritenersi soggettivamente e oggettivamente credibile e le sue dichiarazioni suffragano, nei limiti della probatio minor nella presente fase, l’elemento oggettivo e soggettivo del delitto di violenza sessuale oggetto di preliminare iscrizione nei confronti dell’indagato, quantomeno per l’episodio accaduto nel corso della vacanza in Egitto il 14 marzo 2023.
P. Q. M., visto l’art. 409, c. 5, cod. proc. pen., RIGETTA la richiesta di archiviazione formulata dal P. M.; ORDINA la restituzione degli atti al Pubblico Ministero perché formuli entro dieci giorni l’imputazione nei confronti di O. A. (in atti generalizzato), per il delitto di cui all’art. 609-bis cod. pen., secondo quanto indicato nella parte motiva”.
L’ordinanza che precede, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Patti (ME), Dott. E. Aliquò, assume, com’è evidente, notevole rilevanza in tema di delitto di violenza sessuale, in relazione al quale gli arresti giurisprudenziali, sia di merito, che di legittimità, hanno cambiato rotta, durante il corso del tempo, anche se, volta per volta, di pochi gradi. L’esigenza preminente del sistema processuale è quella di bilanciare due distinti interessi giuridici: da una parte vi è la necessità di assoluta tutela di ogni vittima di violenza sessuale; dall’altra l’imprescindibile bisogno di porre e indicare gli argini necessari perché sotto processo per tale odioso delitto non finiscano innocenti calunniati.
I principi posti dall’ordinamento positivo vigente si collocano a difesa di entrambe le evenienze e l’ordinanza in oggetto adotta, nel caso specifico, in modo corretto, tali principi al fine di realizzare, com’è compito del sistema giudiziario, situazioni di Giustizia sostanziale.
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