Legittimo il recesso del datore se il dipendente non prova che lavorare fissi al monitor è concausa della malattia

Redazione 25/02/13

Lucia Nacciarone

Nulla da fare per il dipendente che totalizza più di un anno di malattia in diciotto mesi, sforando il tetto previsto dal contratto collettivo di categoria.

L’uomo, adibito ad un call center, trascorreva l’intera giornata lavorativa al telefono e contemporaneamente al monitor, e ciò gli aveva provocato l’insorgenza di una patologia depressiva accompagnata da dermatite seborroica.

Perciò si era messo in malattia, ma le assenze hanno superato il numero massimo consentito, oltre il quale scatta la facoltà di recesso del datore; inoltre, non risulta provato il nesso fra le mansioni esercitate e la patologia insorta.

Infatti, anche se lavorare fissi al monitor può essere una concausa dello stato depressivo, tale circostanza va provata, non essendo sufficiente lasciare semplicemente intendere la natura psicosomatica del disturbo lamentato: gli studi scientifici al riguardo non dimostrano con ragionevole probabilità che la lunga esposizione ai videoterminali possa causare lo sviluppo della dermatite, pur potendo essere una concausa.

Inoltre nell’azienda erano rispettate le norme in materia di prevenzione generale ex art. 2087 del codice civile e quelle speciali per la categoria scaturenti dalla normativa in materia di sicurezza sul lavoro e relative alla pause necessarie da osservare.

Il dipendente allora si difende assumendo che lo stato di incapacità di intendere e di volere conseguenza della depressione gli avrebbe impedito di chiedere l’aspettativa: ma neanche questa circostanza risulta provata e quindi il licenziamento non può essere impugnato.

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