L’ennesimo correttivo al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza

Lo schema di decreto legislativo[1] A.G. n. 374  approvato il 17 marzo 2022 in prima lettura dal Consiglio dei ministri, reca ulteriori modifiche o correttivi al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) di cui al d.lgs. 14/2019, in attuazione della direttiva Insolvency[2] 2019/1023 (che modifica la Direttiva UE 2017/1132 sulla ristrutturazione e sull’insolvenza) del parlamento europeo e del consiglio del 20 giugno 2019, al fine di assicurare un miglior funzionamento del mercato interno e  conseguire una migliore tutela della libertà di circolazione all’interno dell’Unione.

L’attuazione della Direttiva europea è realizzata attraverso una serie di modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo n. 14 del 2019, la cui entrata in vigore è prevista per il prossimo 16 maggio 2022.

In linea con il predetto l’adeguamento si è posto il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che il Governo si è impegnato a realizzare entro la fine del 2022. In sede di prima attuazione degli obiettivi del PNRR sono stati emanati i decreti-legge n. 118 del 2021 e n. 152 del 2021.

Le novità più significative del decreto legislativo A.G. n. 374,   riguardano in particolare quattro aspetti fondamentali:

  1. Le misure di allerta precoce e accesso alle informazioni;
  2. I quadri di ristrutturazione preventiva;
  3. Le procedure di esdebitazione e le interdizioni;
  4. L’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.

Le innovazioni incidono, sulla disciplina della composizione negoziata della crisi e gli strumenti di segnalazione dei creditori qualificati e comunicazione da parte degli istituti di credito, in sostituzione delle procedure di allerta e di composizione assistita con la definizione dei parametri che fanno scattare l’obbligo di accedervi; sul maggior favor per la continuità aziendale nel concordato preventivo e la determinazione degli assetti adeguati in funzione della tempestiva rilevazione della crisi, come previsti dall’art. 2086 c.c.; la nascita dello strumento del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (PRO);  il venir meno con l’esdebitazione delle cause di ineleggibilità e decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale.

Allo studio modifiche anche per i reati fallimentari secondo la nuova logica di preservare il valore dell’impresa prima e fuori dalle aule giudiziarie.

L’approvazione definitiva del Decreto correttivo in parola è attesa entro la fine di maggio del 2022, considerato anche il timing della Direttiva Insolvency che deve essere recepita nel termine del 17 luglio 2022, termine peraltro già prorogato per effetto di specifica richiesta inoltrata alla Commissione europea (ex art. 34, par. 2 della medesima direttiva).

Indice:

  1. La “storia infinita” del C.C.I.I.
  2. La direttiva Insolvency
  3. I successivi interventi di risposta alle conseguenze della pandemia
  4. Il nuovo correttivo con il decreto A.G. n. 374
  5. Gli obblighi di monitoraggio della crisi d’impresa: I nuovi assetti organizzativi, amministrativi e contabili
  6. Composizione negoziata
  7. Concordato preventivo in continuità aziendale
  8. Quadri di ristrutturazione preventiva delle società
  9. Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO)
  10. Accesso alle informazioni e lista di controllo per le PMI
  11. Effetti dell’esdebitazione
  12. Durata delle misure protettive
  13. Definizione di gruppo di imprese
  14. Conclusioni

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Codice della crisi: nessun sistema di allerta, arriva la negoziazione
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Lunedì 18 Luglio 2022

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La “storia infinita” del C.C.I.I.

Come anticipato, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) di cui al d.lgs. 14/2019, nasce in attuazione della direttiva 2017/1132/UE sulla ristrutturazione e sull’insolvenza, poi modificata e sostituita dalla direttiva Insolvency 2019/1023/UE.

Così, in Italia si è avuto il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, emanato in attuazione della L. delega n. 155/2017, dopo i lavori della commissione Rordorf e che ha visto la luce il 12 gennaio 2019 sotto il governo Conte. In attuazione dell’art. 9 della Legge n. 155/2017, il Governo ha pertanto approvato il Decreto legislativo delegato, 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, il quale ha riformato l’intera materia delle procedure concorsuali, ivi compresa la materia delle procedure di sovraindebitamento, espressamente abrogando, a decorrere dalla sua entrata in vigore,  la L. n. 3/2012.

In particolare, l’art. 389 dello stesso CCII prevedeva originariamente per l’entrata in vigore delle nuove regole due diversi step: il primo fissato dal comma 2 dell’art. 389, stabiliva 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Codice per i sistemi di allerta e altre disposizioni; il secondo al 1° settembre 2019 per tutte le altre norme.

Attenzione però, tali procedure disciplinate dal predetto Codice, che sostituirà la legge fallimentare, sarebbero dovute entrare in vigore il 15 agosto 2020  –  ossia trascorsi 18 mesi dalla pubblicazione del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 in G.U., avvenuta in data 14 febbraio 2019 – tuttavia a seguito dell’emergenza per la pandemia da Coronavirus, con il Decreto Legge numero 23 del 2020 “Decreto Liquidità,”  sono state disposte misure – che mirano a  sostenere la continuità aziendale delle imprese in crisi – e, per l’effetto, hanno prorogato l’entrata in vigore del CCI. Tra queste misure, troviamo opportuna indicazione del citato differimento nell’art. 5, comma 1, del Decreto Liquidità, che ha rinviato integralmente l’entrata in vigore del d.lgs. n. 14/2019, al 1° settembre 2021, al fine di  consentire a tutti i soggetti coinvolti, di continuare ad operare secondo una disciplina consolidata e per permettere al sistema economico di superare il momento di emergenza sanitaria dettata dal Covid 19.

Segnatamente, in via anticipata, rispetto all’entrata in vigore (prevista per settembre 2021) del nuovo Codice della Crisi e dell’insolvenza, sono state introdotte le modifiche alla legge 3/2012 con emendamenti alla legge di conversione del dl 137/2020, “decreto ristori”, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

L’obiettivo del legislatore è stato quello di aiutare imprenditori e famiglie in difficoltà economica a causa dell’emergenza da Covid-19, per questo la  Legge n. 176 del 18 dicembre 2020  (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della vigilia di Natale), in tema di semplificazione,  ha disposto l’anticipazione della riforma ed ha introdotto procedure familiari che riducono tempi e costi (sino alla Legge 176/2020 venivano avviati iter distinti per ogni membro dello stesso nucleo familiare).

Interviene poi Il decreto legge del 24 agosto 2021 n.118/21, convertito in legge n. 147/2021 dopo il voto della Camera del 21 ottobre 2021 e l’ok del Senato del 13 ottobre 2021, in vigore dal 24 ottobre che  apporta alcune modifiche al Codice della crisi e dell’insolvenza , alla Legge Fallimentare e l’introduzione del nuovo istituto della composizione negoziata delle crisi.

E’ seguito poi l’inserimento degli articoli 30-ter–30-sexies, quali “Integrazioni alla disciplina della composizione negoziata delle crisi d’impresa” introdotta dal DL 118/21 convertito nella L. 147/21, che, si può dire, rappresenti la probabile  “pietra tombale” dell’ Ocri che doveva entrare in vigore nel 2024 unitamente alla disciplina degli degli obblighi di segnalazione posti a carico di taluni soggetti (organi di controllo societari ovvero l’Agenzia delle entrate, l’INPS e l’agente della riscossione, in qualità di creditori pubblici qualificati) che costituiscono gli strumenti di allerta, finalizzati, unitamente agli obblighi organizzativi posti a carico dell’imprenditore dal codice civile, alla tempestiva rilevazione degli indizi di crisi dell’impresa ed alla sollecita adozione delle misure più idonee alla sua composizione.

Per giungere all’ulteriore correttivo al C.C.I.I., introdotto con schema di decreto legislativo  A.G. n. 374  approvato il 17 marzo 2022 dal Governo.

La direttiva Insolvency

La direttiva Insolvency 2019/1023/UE, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea n. L. 172 del 26 giugno 2019, ha ad oggetto i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione, le interdizioni e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, nonché la modifica della precedente direttiva 2017/1132/UE sulla ristrutturazione e insolvenza.

La Direttiva mira a garantire il corretto funzionamento del mercato interno e il pieno esercizio delle libertà fondamentali di circolazione dei capitali e stabilimento, attuati tramite l’armonizzazione delle legislazioni e procedure nazionali in materia di ristrutturazione preventiva e insolvenza.

Con il termine quadri di ristrutturazione preventiva di cui al Titolo II della direttiva Insolvency (artt. 4 a 19) il legislatore comunitario fa riferimento alle procedure, misure o disposizioni realizzabili sia in sede giudiziale che extragiudiziale che consentono al debitore in eventualità di insolvenza una precoce ed efficace ristrutturazione e risanamento economico, così prevenendo ed evitando il default di imprese sane ma in difficoltà finanziarie e tutelando sia lavoratori che creditori, nonché il mercato finanziario in generale, ed, infine per preservare il know-how e le competenze.

Speculare a tutto ciò vi è poi l’espressa previsione ed esigenza di provvedere alla pronta e veloce liquidazione semplificata delle imprese non risanabili e che ormai non hanno nulla più da dire o fare sul mercato, al fine di evitare inutili ed inefficaci ristrutturazioni passibili solo di accumulare perdite ai danni dei creditori, delle altre parti interessate dal processo di risanamento e del sistema economico in generale.

Sono stati così previsti interventi normativi sia, di riduzione della durata delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, osservando a riguardo come questa costituisca fattore determinante dei bassi tassi di recupero e fattore dissuasivo per gli investitori dall’operare nelle giurisdizioni in cui le procedure rischiano di durare troppo e di essere eccessivamente dispendiose; sia di misure  volte alla predisposizione di strumenti di allerta precoce per segnalare ai debitori la necessità urgente di agire.

I successivi interventi di risposta alle conseguenze della pandemia

Tuttavia, dato che sia il testo originario del Codice della Crisi, sia la successiva direttiva Insolvency, sono stati previsti ed emanati in epoca precedente all’emersione dell’emergenza pandemica, pertanto ciascun stato membro è dovuto intervenire oltre che per adeguare i propri istituti alle novità poste dalla direttiva anche alle evidenze e ricadute economiche derivanti dalla crisi pandemica, cui in Italia si è cercato di far fronte a partire con il d.lgs. 147/2020 e proseguito per mezzo della legislazione d’urgenza e, da ultimo, con il D.L. 118/2021 noto soprattutto quale creatore dell’istituto della Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa.

Ebbene, in realtà, ad oggi, fatta eccezione per le norme modificative del Codice Civile riferite alla parte di diritto societario già entrate in vigore il 16 marzo 2019, per effetto dei continui rinvii intervenuti e del percorso di riforma del Codice inaugurato con il d.lgs. 147/2020 ed approdato al decreto ora al vaglio del Parlamento, la data prevista per l’entrata in vigore della restante parte del Codice è stata ulteriormente differita al 16 maggio 2022 dal D.L. n. 118 del 24 agosto 2021 pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 202 del 24 agosto 2021, mentre le disposizioni di cui al Titolo II relative alle procedure di allerta e di composizione della crisi sono state soggette all’ulteriore differimento del 31 dicembre 2023, e ciò allo scopo di poter sperimentare l’efficienza e l’efficacia della composizione negoziata della crisi, rivedere i meccanismi di allerta e allineare l’entrata in vigore dell’allerta esterna ai tempi di rinvio disposti con la modifica dell’articolo 15 dello stesso Codice disposta con il D.L. n. 41/2021, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 69/2021.

I tempi del Codice della Crisi
16 marzo 2019 Entrata in vigore norme diritto societario
15 novembre 2021 Entrata in vigore della composizione negoziata della crisi
16 maggio 2022 Prevista entrata in vigore dei nuovi segnali di allerta e degli obblighi su assetti

Il nuovo correttivo con il decreto A.G. n. 374

Il nuovo provvedimento è suddiviso in due capi e si compone di 50 articoli. Il Capo I dagli articoli 1 a 42 intitolato “Modifiche al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14” interviene appunto sul Codice della Crisi.

Il Capo II, articoli da 45 a 50, contiene le abrogazioni resesi necessarie a seguito della trasposizione, nel novellato titolo II del Codice della Crisi, delle norme del D.L. 118/2021, relative alla composizione negoziata e alla piattaforma, nonché delle norme contenute negli articoli 30-ter, 30-quater, 30-quinquies e 30-sexies del D.L. 6 novembre 2021, n. 152.

L’intero corpus della riforma risulta inoltre orientato ad apprestare maggiori strumenti di tutela e più intense forme di garanzia partecipativa anche per i lavoratori.

Gli obblighi di monitoraggio della crisi d’impresa: I nuovi assetti organizzativi, amministrativi e contabili

Una delle principali novità poste ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative riguarda la definizione degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati ai sensi dell’art. 2086 c.c. rubricato “Gestione dell’impresa”.

Il secondo comma dell’art. 2086 c.c. è stato modificato dall’art. 375 CCII ed è vigente dal 16 marzo 2019, prescrive che: «L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale».

Con tale disposizione viene certamente determinato un innovativo e diverso approccio alla gestione delle imprese, che prevede un sistema ancora più specifico di valutazione in termini di “forward looking” della crisi e del possibile rischio di default delle imprese.

Tuttavia, ad eccezione di tale norma in nessuna altra disposizione si ritrovava il concetto di assetto organizzativo ed una descrizione dei parametri necessari alla sua definizione e di cosa esso dovesse monitorare[3].

Il governo, così, accogliendo il lavoro predisposto dalla Commissione Pagni bis, con il nuovo schema di decreto ha inserito nell’art. 3 del CCII, prima dedicato ai doveri del debitore, una norma ora rubricata “Adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa” e che definisce con precisione le finalità cui devono mirare le misure e gli assetti per poter rispettare il disposto dell’art. 2086 c.c. e ritenersi adeguati alla rilevazione tempestiva della crisi ed i segnali di allarme rilevanti in rapporto agli stessi.

L’attuale articolo 3 CCII prescrive all’imprenditore collettivo di adottare un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c..

Al terzo comma dell’art. 3 è stabilito che, ai fini della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa, le misure per gli imprenditori individuali e gli assetti ritenuti idonei ex art. 286 c.c. dovranno consentire di:

  1. rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
  2. verificare la non sostenibilità dei debiti e l’assenza di prospettive di continuità aziendale per i 12 mesi successivi e i segnali di allarme identificati dal successivo quarto comma dell’articolo;
  3. ricavare le informazioni necessarie a seguire la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento per l’avvio della Composizione negoziata della crisi[4].

Mentre il comma 4 offre un’esatta indicazione dei segnali di allarme:

  1. l’esistenza di debiti retributivi scaduti da almeno 30 giorni e pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  2. l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  3. l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  4. l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie nei confronti del Fisco e dell’Inps nelle soglie previste dal nuovo articolo 25-novies, comma 1 CCII di ammontare oggetto di segnalazione da parte dei creditori pubblici qualificati (INPS, Agenzia delle Entrate e Agenzia delle entrate – Riscossione) recante l’invito a presentare l’istanza di accesso alla composizione negoziata della crisi[5].

Si introduce quindi, per l’imprenditore, l’obbligo di un monitoraggio costante della gestione aziendale atto alla verifica delle circostanze e condizioni oggettive passibili di definire la crisi, intesa adesso, ex art. 2, lett. a) CCII nello stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi 12 mesi, e non più di 6 mesi come prevedeva il vecchio art. 13 CCII.

I nuovi adeguati assetti organizzativi ex art. 2086 c.c.
Definizione: misure obbligatorie per le imprese individuali, e gli assetti organizzativi, amministrativi e contabili per le imprese collettive idonei a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e all’assunzione senza indugio delle necessarie iniziative a farvi fronte
Scopo: intercettazione della Crisi d’impresa come definita ex art. 2 lett. a) CCII

Composizione negoziata

Una delle più rilevanti innovazioni è rappresentata senza dubbio dalla eliminazione delle procedure di allerta e di composizione assistita della crisi, prima rinviate al 31 dicembre 2023 ed ora definitivamente soppresse perché ritenute poco flessibili e capaci di portare a rilevanti difficoltà applicative, soprattutto nell’attuale circostanza economica, e così sostituite con la composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa (Cnc).

Non è del resto mistero che i numerosi dubbi e le critiche mosse da esperti del settore e dallo stesso legislatore nazionale riguardo soprattutto alla tenuta degli indicatori di crisi contenuti nella disciplina delle procedure di allerta hanno rappresentato il centro dei tanti ripetuti rinvii dell’entrata in vigore della nuova disciplina.

Dunque, anche per tali motivi, il Legislatore con il Decreto Legge 24 agosto 2021 n. 118 ha elaborato un nuovo strumento paraconcorsuale di ausilio alle imprese che si trovino in una crisi non profonda – di natura volontaria, negoziale e stragiudiziale –, più rapido e meno oneroso dell’allerta di cui al Codice della Crisi e volto ad un agevole risanamento, rappresentato appunto dalla composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa. Percepita da molti come una vera svolta nei percorsi di risanamento, in assenza di limiti dimensionali ai soggetti che vi accedono, ed imperniata sulle figure dell’imprenditore, che conserva la gestione dell’impresa, e dell’esperto indipendente, figura posta a supporto dell’imprenditore per l’identificazione di possibili soluzioni nonché nelle trattative con i creditori.

La composizione negoziata sostituisce, dunque, le misure di allerta e di composizione assistita della crisi nell’ambito di un nuovo Titolo II della parte prima del Codice della Crisi, rubricato “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”.

Nell’operare la trasposizione della disciplina di cui al D.L. 118/2021, sono state inoltre apportate alcune modifiche volte principalmente a razionalizzare gli istituti. Le principali novità riguardano:

  • l’obbligo posto al debitore di depositare, unitamente al ricorso, un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’art. 13 CCII (con l’evidente effetto di agevolare le valutazioni dell’esperto e di velocizzare la procedura di composizione negoziata);
  • l’interazione tra la piattaforma telematica nazionale istituita per la composizione negoziata e altre banche dati (nuovo art. 14 CCII), con affidamento agli enti ed alle istituzioni che devono garantire tale interazione della disciplina relativa alle modalità di collegamento e l’individuazione dei dati rilevanti ai fini delle verifiche che competono all’esperto[6];
  • lo scambio di documentazione e di dati contenuti nella piattaforma telematica nazionale per la composizione negoziata (nuovo art. 15 CCII);
  • la scomparsa del riferimento alla pandemia Covid-19 come causa dell’eccessiva onerosità nel caso di richiesta di rideterminazione del contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica conclusi prima della diffusione del Covid-19[7]. Non sono modificabili i contratti di lavoro, per i quali in caso di mancata prosecuzione della continuità aziendale per eccessiva onerosità si applicano le normali regole tipiche della cessazione del rapporto di lavoro;
  • i limiti all’accesso alla composizione negoziata in pendenza di un procedimento per l’accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva o alla liquidazione giudiziale[8].

Nel capo III poi, intitolato “Segnalazioni per l’anticipata emersione della crisi e programma informativo di verifica della sostenibilità del debito e di elaborazione di piani di rateizzazione”, è trasferita la disciplina delle segnalazioni da parte dell’organo di controllo societario (riversata, senza modifiche, nell’art. 25-octies).

Sono, confermati i presidi di allerta esterna: le segnalazioni che i creditori pubblici qualificati (Inps e Fisco, ed ora anche Inail) inviano all’imprenditore in presenza dei già noti livelli di esposizione debitoria dallo stesso maturato nei loro confronti (art. 25-novies[9]), e gli obblighi di comunicazione all’organo di controllo posti in capo a banche ed intermediari finanziari di cui all’articolo 106 TUB in caso di variazioni, revisioni e revoche degli affidamenti all’impresa (art. 25-decies[10]).

La composizione negoziata viene, con ciò, dotata di un meccanismo di segnalazioni provenienti sia dall’interno (organo di controllo) che dall’esterno (creditori pubblici qualificati e banche), che ha anche l’effetto di contribuire ad imporre all’imprenditore l’accesso tempestivo all’istituto.

Infine, viene inserito l’articolo 25-undecies, che riproduce l’articolo 30-quinquies del D.L. n. 152/2021, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 233/2021, con cui è istituita, sempre all’interno della piattaforma telematica nazionale, un programma informatico gratuito di verifica della sostenibilità del debito esistente (e, dunque, della ragionevole perseguibilità del risanamento) e per l’elaborazione di piani di rateizzazioni automatici. Se l’indebitamento complessivo dell’imprenditore non supera i € 30.000,00 e, all’esito dell’elaborazione condotta dal programma, tale debito risulta sostenibile, il programma elabora un piano di rateizzazione, che l’imprenditore provvede a comunicare ai creditori interessati avvertendoli che, se non manifestano il proprio dissenso entro i successivi 30 giorni, il medesimo piano si intenderà approvato e verrà eseguito secondo le modalità e i tempi nello stesso indicati. Sono fatte salve le disposizioni in materia di crediti di lavoro e di riscossione dei crediti fiscali e previdenziali.

Le informazioni e i dati da inserire nel programma informatico, le specifiche tecniche per il suo funzionamento e le modalità di calcolo del tasso di interesse applicabile ai crediti rateizzati sono definiti con decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro della giustizia e con il Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.

La composizione negoziata della crisi che avrebbe dovuto essere facoltativa, di fatto diventa così quasi obbligatoria. Infatti al materializzarsi dei definiti “segnali di allarme”, l’imprenditore, che non sia in grado di garantire comunque la continuità aziendale nei successivi 12 mesi sarà costretto a rivolgersi alla Camera di commercio per richiedere la composizione negoziata. Diversamente, ci potrebbero essere dei profili di responsabilità degli amministratori che, sembra, potrebbero addirittura essere chiamati a rispondere con il proprio patrimonio dei danni causati ai creditori.

Concordato preventivo in continuità aziendale

Incisive modifiche apportate anche alla disciplina del concordato preventivo in continuità aziendale, insieme ad interventi più marginali sulle discipline del concordato liquidatorio e di quello con assuntore.

In perfetta linea con la tendenza ad accentuare i tratti privatistici della procedura, nettamente evidente nelle ultime riforme della Legge Fallimentare, anche questi provvedimenti appaiono nel complesso volti a favorire la libertà di azione dell’imprenditore, ridurre lo spazio di intervento del tribunale e risaltare il consenso dei creditori.

Il nuovo articolo 84 CCII in particolare concede all’imprenditore in stato di crisi o di insolvenza di proporre un concordato che realizzi il soddisfacimento dei creditori in misura pari a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale attraverso la continuità aziendale, la liquidazione del patrimonio, l’attribuzione delle attività ad un assuntore o in qualsiasi altra forma.

I creditori dovranno essere soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta. La proposta di concordato prevede per ciascun creditore un’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, che può consistere anche nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa. Nel concordato in continuità aziendale il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione

Novità non meno rilevante è quella riguardante il reclamo proponibile contro la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale. L’art. 12, comma 11, dello Schema del Decreto modifica l’articolo 53 del Codice inserendo il comma 5-bis, nel quale si prevede, in attuazione dell’articolo 16, par. 4, della direttiva Insolvency, che in caso di accoglimento del reclamo la Corte d’Appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione se l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante. Dunque, alle istanze dei creditori e dei lavoratori è riconosciuta via preferenziale rispetto all’interesse individuale del reclamante[11].

Ulteriori novità interessano, poi:

-la semplificazione della fase di ammissione con riduzione dello spazio di accertamento officioso del tribunale;

-la modifica delle regole di distribuzione dell’attivo con la previsione di una doppia regola distributiva basata sulla natura delle risorse da ripartire costituita dalla regola della c.d. priorità assoluta[12] ed il criterio della priorità relativa[13];

-l’obbligatorietà della formazione delle classi nel concordato con continuità aziendale per i creditori privilegiati[14];

-ancora, compare l’eliminazione del termine massimo di 2 anni dall’omologazione per la moratoria nel concordato in continuità (art. 86 CCII);

– l’indicazione espressa delle parti interessate e non interessate dal piano, individualmente o per categorie di debiti (art. 87 CCII);

-sempre nel concordato in continuità viene introdotto l’affiancamento del commissario giudiziale al debitore e ai creditori nella negoziazione del piano, quando richiesto o in caso di concessione di misure protettive sul patrimonio dell’impresa (art. 92 CCII);

-l’inserimento di disposizioni speciali per i contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale (art. 94-bis CCII);

-nel concordato preventivo in continuità aziendale è inserito il requisito dell’unanimità delle classi per l’approvazione della proposta e del piano (art. 109 CCII);

– l’omologazione del concordato sia quando, secondo la proposta e il piano, il credito risulti soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale, sia quando un creditore dissenziente eccepisca il difetto di convenienza della proposta (art. 112 CCII);

-la previsione di un termine massimo di 12 mesi per l’omologazione decorrente dalla presentazione della domanda di un quadro di ristrutturazione preventiva (art. 113 CCII);

-e la sospensione del diritto di recesso dei soci fino all’attuazione del piano quando esso preveda il compimento, durante la procedura oppure dopo la sua omologazione, di operazioni di trasformazione, fusione o scissione della società debitrice (art. 116 CCII).

Quadri di ristrutturazione preventiva delle società

La disciplina del concordato preventivo è integrata con l’introduzione nel Capo III, del Titolo IV della Parte Prima di una Sezione VI-bis (artt. 120-bis – 120-quinquies) dedicata ai quadri di ristrutturazione preventiva delle società, definiti, ad opera della neo-inserita lettera m-bis) ex art. 2 co. 1 d.lgs. 14/2019, come «le misure e le procedure volte al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale».

Nell’accesso a tali quadri di ristrutturazione preventiva, così come nel corso dei relativi procedimenti e durante tutte le trattative, viene imposto a creditori e debitore di comportarsi secondo buona fede e correttezza (nuovo art. 4 CCII). A tal proposito viene inserito un nuovo comma che istituisce in capo al datore di lavoro che occupi più di quindici dipendenti e che intenda adottare le misure di un quadro di ristrutturazione preventiva – ove non previste diverse procedure di informazione e consultazione – l’obbligo di consultazione sindacale, al fine appunto di informare i soggetti sindacali delle determinazioni incidenti sui rapporti di lavoro.

Questo forse è il punto di massima espressione della forte inclinazione del Legislatore ad apprestare tutele anche ai lavoratori nel contesto dei quadri di ristrutturazione, peraltro sempre in linea con i principi inspiratori della Direttiva Insolvency.

È impedito ai soci, che potrebbero non avere più un interesse nella società, di ostacolare la ristrutturazione o anche solo una delle sue fasi. Per tale ragione si è previsto che ai soci non è consentito revocare gli amministratori senza giusta causa, e che non è considerata giusta causa la presentazione della domanda di accesso al quadro di ristrutturazione preventiva in presenza delle condizioni di legge, essi conservano tuttavia un diritto di informativa sull’avvio e sull’andamento della ristrutturazione nonché è consentito di formulare proposte concorrenti.

Quanto, all’esecuzione del quadro omologato, l’art. 120-quinquies, sempre al fine di evitare atteggiamenti ostruzionistici dei soci, esclude la necessità di loro deliberazioni, attribuendo i relativi poteri al tribunale, per le modificazioni statutarie che essendo previste in modo specifico dal piano non richiedono alcuna decisione discrezionale, e per tutte le altre, in via generale, agli amministratori.

Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO)

Tramite tale strumento, disciplinato con l’inserimento nel CCII dal nuovo art. 64-bis, di attuazione dell’art. 11 par. 1 della direttiva Insolvency, viene consentito al debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza di soddisfare i propri creditori, previa suddivisione degli stessi in classi in ragione delle posizioni giuridiche ed interessi economici omogenei, potendo distribuire il ricavato del piano anche in deroga agli articoli 2740 e, 2741, 2777 e 2778 c.c., purché la proposta sia approvata dall’unanimità delle classi[15].

Il tribunale omologa il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi. Se con l’opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale provvede ugualmente all’omologa del piano di ristrutturazione concordato quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Dalla data della presentazione della domanda e fino all’omologazione, l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale che verifica che la gestione venga effettuata nel prevalente interesse dei creditori.

In caso di non approvazione del piano di ristrutturazione da tutte le classi creditorie, ai sensi del successivo art. 64-ter al debitore è data altresì possibilità di convertire la propria domanda di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in concordato preventivo. Si tratta dunque di un ulteriore quadro di regolamentazione della crisi di impresa che risponde all’esigenza di dotare l’ordinamento nazionale di uno strumento che prescinda dalle regole di riparto proprie delle procedure concorsuali.

Accesso alle informazioni e lista di controllo per le PMI

Nell’ottica di agevolare le micro, piccole e medie imprese (PMI) a ristrutturarsi a basso costo, viene regolato l’accesso alle informazioni e alla lista di controllo particolareggiata, tramite l’introduzione di una sezione dedicata alla crisi d’impresa, nei siti internet del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico in cui verranno raccolte e pubblicate informazioni pertinenti e aggiornate sugli strumenti per la anticipata emersione della crisi, sui quadri di ristrutturazione preventiva e sulle procedure di esdebitazione. È inoltre resa disponibile all’interno della piattaforma telematica nazionale di controllo una lista particolareggiata, adeguata anche alle esigenze e dimensioni delle imprese, contenente indicazioni operative per la redazione dei piani di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, ed un protocollo di conduzione della composizione negoziata (art. 5-bis e 13 CCII).

Lo stesso Legislatore Comunitario si mostra in tal modo consapevole del fatto che le PMI rappresentano il 99% di tutte le imprese nell’Unione, specialmente quando versano in difficoltà finanziarie, sono maggiormente esposte al rischio di essere liquidate e ciò in quanto non dispongono delle risorse necessarie a sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle più efficienti procedure. Anche tale previsione è dunque orientata ad incoraggiare i debitori ad agire in una fase precoce, infatti, quanto prima un debitore è in grado di individuare le proprie difficoltà finanziarie e prendere le misure opportune, tanto maggiore è la probabilità che eviti un’insolvenza imminente o, nel caso di un’impresa la cui sostenibilità economica è definitivamente compromessa, tanto più ordinato ed efficace sarà il processo di liquidazione. Per tali ragioni la presenza di informazioni chiare, aggiornate, concise e di agevole consultazione sulle procedure di ristrutturazione preventiva è fondamentale per le PMI.

Effetti dell’esdebitazione

Con la modifica dell’art. 278, comma 1 CCII è innovata la disciplina dell’esdebitazione e dell’interdizione, sul piano dei loro effetti, restando intatte le condizioni per l’ammissione al beneficio.

Ora con l’esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e di decadenza collegate all’apertura della liquidazione giudiziale (e della liquidazione controllata).  La previsione obbedisce all’intento di consentire all’imprenditore esdebitato la piena ripresa delle attività economiche. La possibilità per gli imprenditori di ottenere più facilmente l’esdebitazione contribuirebbe a evitare la loro esclusione dal mercato del lavoro e consentirebbe loro di ricominciare l’attività imprenditoriale traendo insegnamenti dall’esperienza vissuta.

Durata delle misure protettive

Diverse novità interessano altresì le misure protettive sul patrimonio dell’impresa, in particolare viene previsto che le misure protettive richieste dall’imprenditore nel corso delle trattative e fino alla omologazione del quadro di ristrutturazione o alla apertura della procedura di insolvenza, non possono avere complessiva durata superiore a dodici mesi, inclusi eventuali rinnovi o proroghe, come espressamente stabilito con un emendamento all’art. 8 e all’art. 55 CCII. Inoltre, la proroga di tali misure viene ammessa solo in caso di compimento di significativi progressi nelle trattative sul piano di ristrutturazione, e sempre che non arrechi ingiusto pregiudizio ai diritti e agli interessi delle parti interessate. Al debitore è poi consentito chiedere, con successiva istanza, ulteriori misure in risposta a determinate azioni di uno o più creditori suscettibili di pregiudicare il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, purché questi siano stati informati delle trattative in corso o della richiesta di concessione delle misure, e di ciò ne venga fornita prova.

È infine previsto che le misure protettive richieste dall’imprenditore nel corso delle trattative e prima del deposito della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione non possano interessare i diritti di credito dei lavoratori[16].

Per il relativo procedimento di applicazione si fa riferimento al nuovo art. 55 CCII.

Definizione di gruppo di imprese

Tra le modifiche introdotte dall’art. 1 del decreto in commento all’art. 2, co. 1 d.lgs. 14/2019 compare anche quella sulla definizione di gruppo di imprese di cui alla lett. h) dello stesso articolo, adesso definite come segue: «l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che, ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies del codice civile, esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci oppure dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto-».

Conclusioni

Il nuovo Decreto correttivo, almeno nei contenuti finora noti, appare avere l’indubbio pregio di far entrare a pieno titolo nel Codice della Crisi la più apprezzata procedura della composizione negoziata introdotta dal D.L. 118/2021 e gli istituti delle segnalazioni e comunicazioni ora a favore dell’imprenditore e non di terzi. A cui si aggiungono le significative e indubbiamente coraggiose, rivoluzioni della disciplina del concordato in continuità aziendale tali da sovvertire alcuni capisaldi del diritto concorsuale, quali le regole della formazione delle maggioranze e i criteri di riparto dell’attivo concordatario. Tuttavia è da rilevare anche che, dato che attualmente mezzo milione di imprese sono per definizione a rischio di default, c’è da chiedersi se queste entreranno in blocco nella procedura di composizione negoziata e soprattutto se il sistema sia in grado di reggere una simile deflagrazione, anche in quanto trattasi di meccanismi ancora da essere rodati, oltre che compresi dagli operatori. Meno convincente appare lo poi sforzo di definire l’adeguatezza degli assetti attraverso l’individuazione degli obiettivi cui essi devono tendere e dei segnali d’allarme, senza tuttavia nel contempo definire gli strumenti di organizzazione aziendale, pianificazione dell’attività economica e di controllo societario, che concretano la vera sostanza degli assetti adeguati alla gestione di impresa.  A riguardo sono stati peraltro individuati i costi per ciascuna impresa necessari a implementare i sistemi di emersione tempestiva, variabili dai € 1.500 ai € 5.000 per ciascuna. L’articolo 47 dello schema di decreto in commento prevede che l’entrata in vigore dello stesso sia allineata a quella dell’entrata in vigore del Codice della Crisi, e ciò al fine di far entrare in vigore un testo già armonizzato rispetto alle previsioni della Direttiva Insolvency, in tal modo evitando problematiche di diritto intertemporale per gli operatori, che, in caso di previa entrata in vigore del Codice della Crisi nel testo attuale, si troverebbero ad applicare istituti soggetti ad imminente modifica.  Per concludere è bene prepararsi e non escludere ad un ulteriore slittamento dell’entrata in vigore del Codice della Crisi.

 


Note:

[1] Proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri e dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia risulta in massima parte come il frutto delle proposte avanzate dalla Commissione per l’elaborazione di interventi sul Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, istituita con decreto del 22 aprile 2021 dalla Guardasigilli e prorogata con successivo decreto del 22 settembre 2021. Le modifiche e integrazioni al testo originario derivano anche da talune osservazioni avanzate da: Ministero dello Sviluppo economico, Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, Ministero dell’Economia e delle finanze.

[2] Direttiva (UE) 2019/1023, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione

[3] Fatta eccezione dell’art. 13 CCII che indicava i parametri in base ai quali si obbligavano i controllori a eseguire le segnalazioni agli Organismi di composizione della crisi d’impresa (OCRI) oggi abrogati dal decreto in commento. Incaricato di predisporre appositi indicatori da utilizzare per dare attuazione alla disposizione era stato il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec).

[4] A riguardo, il nuovo comma 2 dell’art. 13 CCII espressamente dispone: “Sulla piattaforma sono disponibili una lista di controllo particolareggiata, adeguata anche alle esigenze delle micro, piccole e medie imprese, che contiene indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento, accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati, e un protocollo di conduzione della composizione negoziata. La struttura della piattaforma, la lista di controllo particolareggiata, le modalità di esecuzione del test pratico e il contenuto del protocollo sono definiti dal decreto dirigenziale del Ministero della giustizia adottato ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 24 agosto 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147”.

[5] Inps e Agenzia delle entrate manterranno l’obbligo di monitoraggio, mediante segnalazione all’imprenditore ovvero all’organo di controllo, della situazione debitoria delle imprese quando il ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali è di ammontare superiore al 30% di quelli dovuti nell’anno precedente e all’importo di € 15.000 per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati, e all’importo di € 5.000 per quelle senza tali tipologie di lavoratori, ovvero quando il debito relativo all’imposta sul valore aggiunto scaduto e non versato o affidato all’agente della riscossione è superiore a determinati valori.

[6] Disposizioni, in effetti, già introdotte dagli artt. 30-ter a 30-sexies D.L. 152/2021 come conv. dalla L. n. 233/2021. Al testo vigente tra gli istituti ai quali è garantito il collegamento viene inserita l’INAIL.

[7] Ex art 10 d.lgs. 118/2021 attribuisce al giudice della procedura di composizione negoziata, sempre ai fini di assicurare la continuità aziendale, il potere di rideterminare il contenuto dei contratti in pendenza di trattative tra debitore e creditore, divenuti per lo stesso creditore eccessivamente onerosi per effetto della crisi economica dovuta dalla pandemia.

[8] Anche qui la previsione ricalca quella contenuta nell’attuale art. 23, co. 2 D.L. 118/2021 come conv. dalla L. n. 147/2021.

[9] L’art. 25-novies contiene le disposizioni dell’art. 30-sexies del D.L. n. 152/2021, come conv. dalla L. n. 233/2021.

[10] Tale articolo riprende quanto previsto nella previsione originale dell’art. 14, co. 4 CCII.

[11] È comunque previsto il diritto del reclamante ad ottenere il risarcimento del conseguente danno patito, risarcimento posto a carico del debitore in concordato preventivo.

[12] Impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore

[13] Secondo cui i crediti di una classe debbono essere pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore. Tale doppia regola non si applicherà ai crediti per retribuzioni dovute ai lavoratori subordinati, che devono essere soddisfatti in ogni caso nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, e cioè secondo la regola della priorità assoluta sia sul valore di liquidazione che sul valore di continuità (art. 84, co. 6 e 7, CCII).

[14] Anche tale modificazione è proposta per il perseguimento degli obiettivi di agevolazione della ristrutturazione che ispirano e permeano la direttiva.

[15] In ogni caso i crediti assistiti dal privilegio ex art. 2751-bis, n. 1 c.c., sono soddisfatti in denaro integralmente entro il termine di 30 giorni dall’omologazione.

[16] Analogamente a quanto disposto dall’art. 6, co. 3 D.L. 118/2021, nonché alle previsioni della direttiva Insolvency.

Avv. Monica Mandico

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