(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 625-bis)
Il fatto
La sezione Prima penale della Corte di Cassazione dichiarava, tra gli altri, inammissibili i ricorsi proposti contro la sentenza con la quale la Corte di appello di Napoli aveva rideterminato la pena irrogata agli imputati, all’esito di rito abbreviato, in quella di mesi dieci giorni venti di reclusione, confermando nel resto l’impugnato provvedimento per il reato di porto illegale di esplosivi a bordo di una vettura circolante sulla pubblica via (art. 110 c.p., L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 4).
La sentenza impugnata, in particolare, aveva respinto le eccezioni difensive rilevando come nell’udienza del 1 marzo 2016 fosse stata ordinata la rinnovazione della citazione per la successiva udienza del 10 maggio 2016 con decreto notificato ad uno degli imputati mentre per l’altro si osservava che, dalla relata dell’ufficiale giudiziario del 5 aprile, la notifica presso il domicilio dichiarato era risultata essere impossibile.
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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso tale sentenza proponevano tempestivo ricorso straordinario, ex art. 625-bis c.p.p. gli imputati, a mezzo del difensore di fiducia, denunciando decisivo errori di fatto che, secondo il ricorso, avrebbero alterato il processo di formazione della volontà decisoria dei giudici di legittimità.
In particolare, si deduceva che ad uno degli imputati era stata eccepita l’erronea notifica del decreto di citazione in appello, effettuata presso il difensore, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, eseguita a mezzo P.E.C., invece che presso il domicilio dichiarato dell’imputato.
Per l’altro imputato, all’opposto, secondo il ricorso, era stata eccepita la tardività della notifica effettuata, ai sensi dell’art. 601 c.p.p., cinque giorni prima dell’udienza.
Orbene, la nullità assoluta dedotta sarebbe stata esclusa dalla Corte di legittimità in base ad un erroneo presupposto di fatto rilevato dalla sentenza impugnata posto che la notifica suddetta risultava essere stata compiuta presso il difensore, ancor prima delle indicate ricerche, svolte dall’ufficiale giudiziario, in data 2 aprile 2016, mentre la relazione dell’ufficiale giudiziario è del 6 aprile 2016.
Relativamente alla posizione dell’altro impugnante, il ricorso, ad avviso della difesa, evidenziava come il decreto di citazione, per l’udienza del 10 maggio 2016, fosse stato notificato 6 maggio senza, quindi, che la Corte di legittimità ne avesse rilevato l’intempestività dando luogo a nullità assoluta e insanabile posto che sì tratterebbe di notifica che non aveva consentito l’effettiva conoscenza dell’atto.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione
Il ricorso straordinario per errore di fatto veniva dichiarato inammissibile per manifesta insussistenza delle condizioni che legittimano l’impugnazione straordinaria contemplata dall’art. 625-bis c.p.p..
Si rilevava prima di tutto che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il nuovo testo dell’art. 625-bis c.p.p. prevede due istituti distinti: uno – il ricorso per la correzione di errore materiale – costituisce un mezzo di rettifica del testo grafico; l’altro – il ricorso per correzione di errori di fatto – costituisce una vera e propria impugnazione, dovendosi qualificare come errore di fatto, che legittima il ricorso avverso sentenze di legittimità, soltanto quello avente ad oggetto l’erronea supposizione dell’esistenza (o dell’inesistenza) di un fatto decisivo ai fini del decidere (Sez. U., n. 16104 del 27/03/2002).
Ciò posto, veniva altresì osservato che, come affermato dal Supremo Collegio nella sua espressione più autorevole, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia, comunque, contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dal rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p. citato, istituto non finalizzato al riesame di valutazioni (cfr. Sez. U., n. 18651 del 26/03/2015; Sez. 5, n. 7489 del 28/11/2013).
Orbene, una volta fatto presente che i pretesi “errori” denunciati non fossero riconducibili a nessuna delle categorie previste dall’art. 625-bis c.p.p. apparendo piuttosto evidente, ad avviso del Supremo Consesso, che, attraverso la presente impugnazione, gli imputati avevano sollecitato una nuova valutazione delle risultanze processuali che avrebbero condotto all’invalidità della procedura notificatoria deducendo un erroneo vaglio delibativo di aspetti del compendio degli atti processuali, che si traduce, nella stessa prospettazione di parte ricorrente, in un preteso errore non di fatto, bensì di giudizio circa la validità delle notifiche, completamente estraneo alle finalità dell’istituto di cui all’art. 625-bis c.p.p. citato; in altri termini, si chiedeva alla Suprema Corte una rivisitazione avente natura valutativa in quanto tale inibita in sede di legittimità tanto che veniva devoluto, quanto alla posizione dell’imputato (o meglio di uno degli imputati), la stessa censura che aveva formato oggetto del ricorso per cassazione, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) (cfr. primo motivo di ricorso depositato il 5 luglio 2016), decisa con la sentenza oggetto del presente procedimento avviato ai sensi dell’art. 625-bis c.p.p..
Ciò posto, con riferimento alla posizione dell’altro imputato, si osservava come la censura fosse inammissibile in primo luogo perché devolveva un fatto nuovo, non sottoposto al vaglio della Corte di legittimità nel procedimento deciso con la sentenza che si assume affetta da errore di fatto, comunque censurando, in secondo luogo, la decisione relativa alla tempestività della notifica, critica comunque estranea al perimetro dell’istituto invocato, di cui all’art. 625-bis c.p.p..
Con riferimento alla posizione dell’altro ricorrente, il ricorso veniva, del pari, stimato inammissibile.
Una volta difatti messo in risalto il fatto che alla sezione Prima penale fosse stato eccepito, con il ricorso, che la notifica del decreto di citazione in appello era nulla per essere stata eseguita a mezzo p.e.c. presso il difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, senza detta notifica fosse preceduta da ricerche presso il (diverso) domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, procedendo, peraltro, a inoltro dell’atto in data 2 aprile 2016, per l’udienza precedente del 22 dicembre 2015, si osservava come la Corte di cassazione, nella sentenza impugnata per errore di fatto, avesse dato conto della rinnovazione della notifica, disposta dalla Corte di appello per la successiva udienza del 10 maggio 2016, con relata di notifica negativa dell’ufficiale giudiziario, quanto alle ricerche svolte per il C. presso il domicilio dichiarato, del 5 aprile 2016 e quindi la pronuncia de qua reputava valida la notifica avvenuta a mezzo p.e.c. ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, presso il difensore, in data 2 aprile 2016, avendo in atti verificato che, in ogni caso, le ricerche presso il domicilio dichiarato dall’imputato erano risultate del tutto negative.
Anche in relazione a tale imputato, dunque, si chiedeva in questa sede la rivalutazione del giudizio di regolarità della notifica del decreto di citazione in appello non consentita non trattandosi, ad avviso del Supremo Consesso, nemmeno secondo la prospettazione del ricorso, di errore di fatto ma di valutazione compiuta dalla Corte di legittimità circa la validità del procedimento di notificazione, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, tenuto conto altresì del fatto che, secondo diverse pronunce della Corte di legittimità, non dà luogo a nullità, ma ad una mera irregolarità, la notificazione all’imputato mediante consegna al difensore, a norma dell’art. 161 c.p.p., comma 4, che ometta di menzionare nella relata di notifica, l’impossibilità di effettuare la consegna al domicilio eletto o al domicilio dichiarato e le ricerche svolte per raggiungere l’effettivo destinatario dell’atto, nel caso in cui l’imputato stesso si sia trasferito dal luogo del domicilio eletto o dichiarato, senza revocare l’originaria elezione o dichiarazione (Sez. 6, n. 3714 del 09/01/2013; Sez. 6, n. 8859 del 1998; Sez. 3, n. 3691 del 28/01/1998) oltre a doversi considerare che, secondo le Sezioni Unite, ove la notifica presso il domicilio eletto sia divenuta impossibile, per mancato reperimento in loco, nonostante le ricerche dell’ufficiale notificatore, detto domicilio dichiarato o eletto deve essere considerato inidoneo e, dunque, legittima la valida notifica presso il difensore, a mente dell’art. 161 c.p.p., comma 4, (Sez. U., n. 28451 del 28/04/2011).
Il ricorso proposto, di conseguenza, veniva dichiarato inammissibile e ciascun ricorrente veniva condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Conclusioni
La decisione in questione è assai interessante nella parte in cui si esplicitano alcuni limiti che non possono essere oltrepassati per poter proporre validamente un ricorso straordinario per Cassazione.
In questa sentenza, difatti, è postulato che, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia, comunque, contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dal rimedio previsto dall’art. 625-bis c.p.p. citato, istituto non finalizzato al riesame di valutazioni.
Da ciò discende che solo un errore di fatto, ossia un errore identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva sempreché però la decisione abbia, comunque, contenuto valutativo, può giustificare il ricorso a questo mezzo di impugnazione straordinaria non potendosi avvalere a tale rimedio giurisdizionale ove invece si ritenga che il Supremo Consesso sia incorso in un errore di giudizio.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, non perché fa chiarezza su tale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.
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