L’esame d’avvocato è adeguato? Polemiche e proposte

Redazione 11/04/18
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Tutti gli anni, a metà dicembre, si svolge la prova scritta per l’accesso alla professione d’avvocato. Un evento che riguarda migliaia di neo laureati in giurisprudenza, che abbiano svolto almeno un anno e mezzo (sino a poco tempo fa, due anni) di pratica forense presso uno studio legale. Senza superare la prova scritta non si può accedere a quella orale e, dunque, al conseguimento del titolo d’avvocato, con possibilità di svolgere la professione con notevoli limitazioni non solo temporali ma anche riguardo al valore ed all’importanza degli incarichi affidati.

Periodicamente, spuntano fuori numerose polemiche ed interrogativi circa l’esame d’avvocato, se sia effettivamente adeguato allo scopo e quindi congegnato in modo tale da selezionare professionisti idonei a soddisfare la clientela.

Esame di stato, superarlo è un colpo di fortuna?

Si sente spesso ripetere che l’esame di stato sia una sorta di terno a lotto o un colpo di fortuna, nel senso che è impossibile sapere chi lo superi o meno. Candidati bravissimi falliscono per anni, mentre altri ritenuti meno bravi lo passano al primo colpo. Forse perché l’esame in questione è stato concepito – queste sono alcune osservazioni – quando erano ancora in pochi a sostenerlo, per cui non risulta più idoneo nell’attuale momento storico (in realtà ormai da decenni) dell’università di massa, dove a sottoporvisi sono in tantissimi. Per questo il Governo sta imponendo delle regole sempre più rigide per il superamento dell’esame, onde renderlo più selettivo di fronte ai grandi numeri.

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D’altra parte, già negli ultimi anni, la percentuale di chi “ce la fa” è scesa di molto (di media sotto il 40% ed in alcuni anni anche sotto il 20%), in quanto sono divenute più rigide, ma non sempre più scrupolose, le procedure di correzione, per scoraggiare eventuali raccomandazioni. Girano voci tra l’altro – non si sa quanto attendibili – che i compiti vengano corretti a campione, senza nemmeno leggerli tutti (specie laddove siano numerosissimi), oppure leggendo solo le prime righe. Da qui, per l’appunto, l’esame come un “terno a lotto”.

Ma le polemiche vertono anche su ulteriori aspetti, ossia sulle condizioni ambientali spesso poco consone a cui devono sottoporsi, nei tre giorni di prove scritte, sia i candidati che le stesse commissioni. L’elevato numero di partecipanti, difatti, impone lo svolgimento dell’esame in locali enormi e solitamente molto freddi o inadeguati allo scopo; cosicché basta girare su internet per trovare numerosi articoli di giornale denuncianti malanni vari che sono accaduti proprio nei giorni degli scritti, nel corso degli anni.

Passi avanti per rendere l’esame più selettivo

Siamo comunque lontani dai fatti di Catanzaro, in cui si poteva scegliere il distretto della Corte d’appello ove sostenere l’esame e la percentuale di promossi arrivava sino al 95%. Dei passi in avanti sono già stati fatti per rendere l’esame più selettivo, e tanti altri se ne stanno facendo, specie con l’ultima riforma che partirà proprio dall’edizione 2018. Dal 1996 la prova d’esame si tiene esclusivamente nella sede della Corte d’appello in cui si è iscritti al Registro dei praticanti e la correzione dei compiti, a garanzia di imparzialità, viene attribuita a sorte, con sistema incrociato, ad altra città che abbia un numero pressoché simile di candidati (così, ad esempio, Milano potrebbe correggere Napoli, a Napoli potrebbe valutarsi Roma, Roma potrebbe correggere Milano ecc.).

Questo non toglie tuttavia che trucchi e furberie di vario genere possano verificarsi lo stesso. Vi sono state denunce ed allarmi in tal senso. Si ricorda, in proposito, il clamoroso caso di Napoli occorso nella sessione di dicembre 2015 dove, su tremila concorrenti (un numero esorbitante!), il 20% degli elaborati risultava copiato; un allarme poi, per il Consiglio nazionale, rivelatosi infondato. Tuttavia vi sono state delle inchieste che hanno documentato come fosse semplice infilarsi nella sede di concorso, prendere posto, copiare o farsi passare il compito dal vicino e si sono visti persino commissari dettare gli elaborati ai candidati. Senza contare che nel Sud Italia – è stato riscontrato da fonti autorevoli – le correzioni sono più flessibile e generose, nel Nord più rigide. E poi, tutti coloro che riescono a passare l’esame d’avvocato sono effettivamente intenzionati ad esercitare la professione? Un altro fenomeno denunciato è che, ogni anno, si crea un elevatissimo numero di iscritti agli albi professionali, mentre si stima che solo la metà dei partecipanti all’esame d’avvocato mira effettivamente alla professione, mentre i restanti, avendo altri obiettivi, hanno svolto la pratica forense come mera formalità.

La selezione alternativa

Se queste sono alcune delle critiche mosse all’esame di stato, altrettante sono le proposte alternative giunte da più parti nel corso degli anni. Molti sostengono che, effettivamente, l’esame dovrebbe essere più difficile rispetto a quello che è stato sino ad ora, perché l’Italia è popolata da sin troppi avvocati. Altri hanno parlato invece di una selezione sin dall’università, tornando a strutturare i corsi di studio secondo il modello “tre + due”; di modo che il triennio sia per tutti, ossia generalista (com’era lo spirito della precedente riforma), per l’accesso ai concorsi pubblici ed al lavoro nelle imprese, mentre la specialistica dovrebbe essere per pochi, ossia destinata alle professioni di avvocato, magistrato e notaio. Pertanto l’accesso al biennio di specialistica dovrebbe essere a numero chiuso e molto selettivo, a partire dal voto della triennale e da un test di ingresso.  In tal modo, si ritiene che l’esame di stato diventerebbe molto più gestibile, poiché il numero di candidati si ridurrebbe drasticamente. Altri ancora, pensano ad un percorso formativo post lauream molto più approfondito, coinvolgendo ordini professionali, università e scuole per professioni legali.

Ciò che è stato fatto, per il momento, è cambiare le regole d’esame e renderle più rigide, grazie al Decreto del Ministero della Giustizia n. 48 del 25 febbraio 2016, che entra in vigore a partire dalla sessione d’esame 2018.

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