L’evoluzione del principio di trasparenza nell’attività amministrativa dalla primigenia formulazione dell’art. 22 della L. 241/1990 sull’accesso ai documenti, conosce nel contesto degli Enti Pubblici da una parte, attraverso l’adozione da parte dei competenti Uffici di misure regolamentari e di prassi gestionali-organizzative, e nel contesto della Giustizia Amministrativa dall’altra, attraverso i molteplici provvedimenti adottati dai TTAAR e dal CdS a seguito di Ricorsi, il terreno di coltura ove l’Interprete può raccogliere i dati sulle modalità in cui oggi in Italia si esercita il controllo democratico sullo svolgimento dell’attività amministrativa e sulla sua aderenza agli interessi sociali ed alle prescrizioni costituzionali.
I procedimenti amministrativi connessi alle selezioni per l’individuazione delle Risorse Umane della PA rappresentano sotto quest’ultimo punto di vista un vero e proprio Laboratorio ove verificare le tendenze ed il grado di maturità gestionale della trasparenza: ciò per la natura stessa delle operazioni, sottoposte alla complessità e talvolta farraginosità delle operazioni legate all’evidenza pubblica e caratterizzate da valutazioni comparative delle professionalità nonchè sovente delle personalità dei candidati.
Si vuole in questa sede attribuire alla tematica una dimensione sostanziale, slegata dal discorso degli strumenti processuali ed amministrativi di tutela che il cittadino-portatore di interesse ha a disposizione: ciò al fine di rappresentare al meglio la realtà del diritto nel suo concreto esercizio: scopo di questo contributo è quindi anche quello di offrire una “bussola” che faccia chiarezza il più possibile sia verso l’Amministratore che verso i Cittadini che si apprestano ad utilizzare questo straordinario strumento di controllo democratico, vero e proprio “prodotto finale” della L. 241/1990.
Il diritto di accesso agli atti dei concorsi pubblici conosce pertanto due ambiti di esercizio, due contesti entro i quali trova espressione e che vale la pena in questa sede distinguere per la diversità di problematiche:
uno “comune” a qualsiasi altro ambito di operare pubblico, poiché legato in generale “all’insieme di una pluralità di atti” (Virga), al necessario rispetto dei principi essenziali dell’agire amministrativo: è la facoltà di accesso a tutti quei dati relativi all’attività prodromica o successiva alla valutazione comparativa, esercitabile pertanto su una qualsivoglia susseguenza di atti rivolti ad un fine. Si tratta di esercizio del diritto su dati “formali”, dati “preparatori” od “integrativi dell’efficacia”, quali, nella fattispecie, gli atti di indizione e pubblicazione del concorso, gli atti di nomina delle commissioni esaminatrici, i provvedimenti relativi alla stesura della graduatoria;
Uno “esclusivo”, poiché caratterizzante unicamente le selezioni pubbliche per il reperimento di personale nella PA, e rappresentato dal diritto di accesso agli atti riguardanti la valutazione dei candidati e la loro comparazione ai fini della individuazione del più meritevole. Si ha in questa ipotesi un esercizio del diritto su atti rappresentanti la “substantia”, l’elemento topico, della procedura.
La distinzione è rilevante ai fini della collocazione del discorso che qui si vuole fare sulle tematiche evolutive dell’accesso agli atti, in quanto sul primo ambito è possibile seguire una falsariga che per estensione può riguardare ogni contesto procedimentale: sotto tale punto di vista è possibile guardare all’evoluzione dell’Istituto in un ottica generalizzante; per il secondo ambito il discorso ovviamente è più specifico, potendo essere al più esteso, almeno parzialmente, al settore degli appalti, terreno ove vengono compiute a sua volta analisi comparative anche se su oggetti diversi, opere e servizi.
Ovviamente si è voluta in questa sede rendere una sistematicità rivolta verso fini di studio razionale; ciò non vuol significare impermeabilità sostanziale dei contesti, che rappresentano invece, nel quadro delle selezioni pubbliche, condizione necessaria l’uno e dell’altro.
Chiarita già la finalità dell’accesso agli atti, costituita dalla realizzazione della trasparenza, vanno tenuti in considerazione nell’ambito dei concorsi i tre elementi essenziali del diritto di accesso e cioè la titolarità del diritto, l’interesse giuridicamente qualificato per ottenere l’accesso, l’oggetto del diritto, configurato all’art. 1 co. 1 del DPR 445/2000 come “ogni rappresentazione, comunque formata, del contenuto di atti, anche interni, delle pubbliche amministrazioni o, comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa” e i soggetti passivi “le pubbliche amministrazioni, le aziende autonome e speciali, gli enti pubblici e i gestori di pubblici servizi”.
L’indagine sul diritto di accesso nei concorsi, poi, deve riguardare il lato amministrativo delle “misure organizzative idonee” adottate dalle Amministrazioni in ottemperanza al disposto dell’art. 22 u.c. della Legge 241/1990. Va ricordato che l’adozione di tali misure di natura Regolamentare si inscrive strutturalmente tra la normativa del D.P.R. 27-06-1992, n. 352 che disciplina le modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi, in attuazione dell’art. 24, comma 2 della legge cit., e le funzioni di vigilanza e controllo sull’attuazione del Principio di Trasparenza attuate dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio a norma dell’art. 27 della L. cit.
Tutti questi fattori, elementi essenziali e misure organizzative, partecipano all’ indagine compiuta a seguire, sul lato giurisprudenziale e della prassi amministrativa.
Vediamo di analizzare, allora, le forme espressive della facoltà di accesso agli atti sui procedimenti amministrativi concorsuali preliminari o successivi alla valutazione.
Rilevante è la tematica legata alle attività preliminari delle selezioni pubbliche, nella fattispecie indizione e pubblicazione del concorso, esprimentesi nella facoltà generalizzata per tutti i candidati partecipanti di accedere agli atti normativi interni dell’amministrazione per verificare la conformità ad essi delle prescrizioni del bando quanto a requisiti, titoli, criteri di valutazione. Qui l’accesso si atteggia a controllo della sussumibilità del bando alle norme interne regolanti le selezioni.
La questione non è di poco conto se si guarda alla disciplina generale vigente in tema di procedure selettive pubbliche di cui all’art. 35.. del TUPI. La deregolamentazione della tematica, con l’abrogazione del DPR 487/1994 (fino ad ora caposaldo delle modalità di espletamento delle selezioni nella PA), impone alle Amministrazioni una gestione cosciente delle procedure, avendo come unica falsariga i Regolamenti Interni.
La realtà di questi Regolamenti, fatta di documenti spesso desueti o di normative stratificatesi nel tempo senza sistematicità ed aggiornamenti e non senza contraddizioni, generate quest’ultime anche dal mutante succedersi degli organi di direzione politica, rende tale fase preliminare un vero e proprio “obiettivo strategico” per chi vuole controllare, attraverso l’accesso agli atti, i fondamenti della legittimità del concorso bandito rispetto i Regolamenti Interni.
La Curia Amministrativa in tal senso ha prodotto Provvedimenti che danno sostegno a tale facoltà attraverso la formulazione del principio della impugnabilità delle norme del bando immediatamente lesive della posizione del partecipante: si evidenzia in tal senso CdS, I Sez, n. 1026/2000 “I bandi di concorso se contenenti clausole immediatamente lesive dell’interesse degli aspiranti devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati)”. Così esemplificativamente se un requisito previsto nel bando non risulta od è escluso nel Regolamento, l’Interessato procedendo preventivamente con la verifica dell’accesso agli atti “sussuntivo”, potrà contestare poi in via amministrativa o giudiziaria ogni incongruenza.
Un altro ambito oggettivo di accesso sugli atti è dato dalla facoltà di verifica della congruenza dei posti messi a concorso rispetto a tutti quegli adempimenti amministrativi relativi alla loro programmazione ed individuazione: si tratta dell’accesso verso quegli atti, sempre più onerosi dal punto di vista gestionale per i Responsabili del Personale delle PA, soprattutto Locali, poiché implementati annualmente dall’autorità governativa centrale con i documenti normativi di programmazione (Finanziaria e Leggi di Semplificazione), che riguardano la programmazione triennale del fabbisogno del Personale, la Rideterminazione delle Piante Organiche, il Rispetto del Patto di stabilità. L’interesse a tali controlli, a mio modesto parere, rappresenta l’ultima frontiera, in tale fase preliminare, perché involge un’attività amministrativa che pur ripartita nel tempo e dipendente anche da circostanze che prescindono la volontà amministrativa interna all’Ente che bandisce, costituiscono condizione di legittimità del bando e pertanto ambito entro il quale va rispettato il principio di trasparenza.
L’art. 24 u.c. della L. 241/1990 recita: “Non è comunque ammesso l’accesso agli atti preparatori nel corso della formazione dei provvedimenti di cui all’art. 13 (atti normativi generali tra i quali rientrano i bandi di concorso n.d.r.), salvo diverse disposizioni di legge”; sembra pertanto disattendere questa prospettata estensibilità del diritto di accesso, ma ritengo comunque necessario tenere in considerazione la delicatezza degli interessi in gioco in tali fasi preliminari, così come prospettato dal CdS nella Sentenza testè citata.
A tal proposito esemplificativamente quid iuris? In merito all’istanza di accesso del soggetto dipendente pubblico in mobilità rispetto alla correttezza della messa a concorso di posti da parte di una Amministrazione, obbligata preventivamente (ex art. art. 34 e 34 bis TUPI DLgs 165/2001) ad attingere alle Liste di mobilità dei Dipendenti Pubblici della Provincia di riferimento ed, in via gradata, alle Liste di mobilità presso il D.F.P. ove risulta il suo nome.
Si ha a che fare ovviamente con atti preparatori del bando-atto normativo generale sottratti pertanto per legge all’accesso, ma la sussistenza dell’interesse del Dipendente in mobilità è di evidenza palmare.
Sempre sotto il profilo dell’Oggetto vanno evidenziati come assoggettabili a controllo da parte dell’Interessato anche gli elementi di regolarità formale sui quali si fonda il bando: in ordine di susseguenza procedurale, la correttezza della nomina del Responsabile del procedimento, quale soggetto legittimato alla indizione del concorso quale firmatario del bando, la verifica sul rispetto dei termini di apertura e chiusura del bando, la regolarità delle modalità in cui si compie la pubblicazione e si rendono le comunicazioni in via ufficiale ai partecipanti.
In tale fase va analizzato l’aspetto del Soggetto Passivo del diritto, il problema della configurazione pubblicistica dell’Ente al quale si propone l’Istanza di accesso. Sul punto l’Art. 23 della stessa Legge afferma che “Il diritto di accesso di cui all’articolo 22 si esercita nei confronti delle amministrazioni dello Stato, ivi compresi le aziende autonome, gli enti pubblici ed i concessionari di pubblici servizi”.
Appare chiaro come il legislatore abbia voluto estendere la facoltà di accesso agli atti verso quei Soggetti Passivi che svolgano funzioni pubbliche in senso lato perché strutturati in forme sociali di stampo privatistico e comunque delegati a svolgere funzioni pubbliche attraverso:
deleghe generali espresse in atti normativi primari o secondari
deleghe specifiche e limitate rese attraverso atti di concessione di determinati servizi a seguito di stipula di convenzioni o assegnazione di gare di appalto di servizi
perdita della natura giuridica pubblica attraverso il meccanismo della “privatizzazione”
Portando tale dato alla relazione con le procedure concorsuali per l’accesso all’impiego presso Enti Pubblici va stabilito che la facoltà di accesso agli atti è esprimibile sicuramente verso le selezioni delle Amministrazioni dello Stato e Locali. Sulla applicazione del principio della trasparenza amministrativa nell’accesso agli Enti di cui sopra va segnalato come le vicende giurisprudenziali e dottrinali siano controverse.
La vicenda si è ulteriormente complicata, questa volta anche per le dette Amministrazioni Statali e Locali a seguito delle vicende legate alla privatizzazione del Pubblico Impiego che ha visto per un certo tempo sottratta la materia dei concorsi per le progressioni interne alla giurisdizione del Giudice Amministrativo. Sotto tale punto di vista i concorsi interni sono stati trasformati in atti di gestione privatistica del personale sottraibili pertanto anche al canone dell’evidenza pubblica sulla cui base si fonda il diritto di accesso agli atti di concorso. A seguito della ormai famosa Sentenza della Cass. Sez. Un n. 15403/2003, la materia è tornata nelle mani del Giudice Amministrativo ma il problema della trasparenza delle operazioni concorsuali interne è stato tenuto in considerazione anche durante l’insistenza della materia sulla giurisdizione civile.
Non vi è traccia, nella giurisprudenza del Giudice del Lavoro, di dubbi intorno all’accessibilità degli atti nell’ambito delle progressioni interne, v’è da registrare all’opposto l’esigenza di tutelare le posizioni giuridiche dei soggetti interessati anche nell’ambito di selezioni interne presso enti privatizzati. Esemplare a questo proposito è la Sentenza T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 17 luglio 1997, n. 512 “Illegittimamente una concessionaria “ex lege” di pubblico servizio ai sensi dell’art. 23 l. 7 agosto 1990 n. 241 (nella specie, la s.p.a. Ferrovie dello Stato), pur senza contestare il presupposto soggettivo legittimante rappresentato dall’interesse giuridicamente rilevante, nega l’accesso di una dipendente agli atti concernenti un concorso interno per il passaggio a qualifica superiore; la circostanza che il rapporto di lavoro sia regolato dalla disciplina privatistica non toglie, infatti, che l’ente in questione deve operare, anche nella gestione del rapporto con i dipendenti e, in generale, nell’ambito delle scelte di carattere organizzativo, nell’ottica del perseguimento degli interessi della collettività destinataria del servizio.”
Tale Massima è espressione di un ottica amministrativistica dell’attività dell’ente privatizzato Ferrovie dello Stato, ma la configurazione della procedura interna, in un ottica questa volta privatistica di “Offerta al Pubblico” ex art. 1336 CC, non elimina la necessità del rispetto dei crismi di trasparenza e par condicio sui quali si fonda la pretesa dell’accesso agli atti e difatti su ciò: Cassazione civile, sez. un., 29 agosto 1998, n. 8595 “Ove il datore di lavoro (Ente Poste) abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura dei posti di una determinata qualifica di un ente pubblicoeconomico attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali, prevedendo altresì il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un comportamento siffatto gli estremi propri di un’offerta al pubblico che impegna l’azienda non solo al rispetto delle norme con le quali essa stessa ha autodisciplinato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere a tale obbligazione secondo i principi di correttezza e buona fede, con piena possibilità di controllo giurisdizionale.”
Altro problema rilevante legato alla privatizzazione del lavoro pubblico è quello delle procedure selettive per la fruizione di forme flessibili di assunzione nella P.A.
Si può configurare per tali selezioni il diritto di accesso agli atti? Il problema non si pone per le selezioni riferite ai contratti di lavoro a tempo determinato subordinato, ivi compresi gli ormai abrogati contratti di formazione e lavoro, per i quali nulla cambia in ordine alla disciplina dei concorsi, se non margini di semplificazione delle procedure previste gia nelle discipline previgenti il TUPI; per i contratti di lavoro parasubordinato (Contratti di collaborazione coordinata e continuativa, ora abrogati, e contratti di collaborazione a progetto) invece, essendo ammissibile l’”intuitu personae”, l’assunzione a chiamata diretta, appare improbabile l’esercitabilità del diritto a meno che tali forme di assunzione non si inscrivano in forme selettive che rientrino nel genere dell’Offerta al Pubblico di cui sopra.
In tale ultima ipotesi a fronte delle adesioni all’Offerta di soggetti aspiranti, è possibile individuare interessi soggettivi differenziati legittimanti la partecipazione alle selezioni e la possibilità di accederne agli atti, ma quando la chiamata è diretta senza Offerta e senza selezioni risulta pressoché impossibile individuare margini di realizzabilità del diritto, non esistendo né canoni predefiniti di selezione né consequenziali procedure comparative.
La tematica non è di poco conto se si considera il proliferare di questo modo di gestire il lavoro negli Enti pubblici, più soggetto alle vicende alterne degli Organi politici, i quali trovano in queste forme di lavoro atipiche nuove modalità di influenza scevre dall’ostacolo di procedure formali.
Seguendo ora la falsariga del flusso procedurale tipico dei concorsi pubblici, va rilevato, dal lato della Titolarità all’accesso agli atti, come la presentazione della domanda di partecipazione al concorso rappresenti l’atto giuridicamente rilevante di discrimine per la sussistenza dell’interesse dei soggetti. Su tale punto quindi vale il principio generale espresso in astratto all’art. 22 della L.241/1990 e confermato nel concreto dalla giurisprudenza amministrativa che vede i candidati quali “portatori di un interesse sicuramente differenziato rispetto a quello della generalità degli appartenenti alla comunità, ossia dell’interesse alla regolarità della procedura svolta, in funzione della tutela di una posizione che ha rilevanza giuridica come è quella di partecipante a concorso”(TAR Veneto Sez. I n. 1771/1999; antea, TAR Sardegna n. 1572/1993)
Va detto comunque, come si è visto in tema di mobilità del Dipendente e come si vedrà in seguito in tema di assorbimento delle graduatorie finali, che tale Titolarità sancita giurisprudenzialmente non può essere discriminante verso ulteriori posizioni il cui interesse al controllo sul procedimento concorsuale è incontrovertibile
Ultra, Sul problema dell’Interesse va a definirsi un orizzonte finora scarsamente considerato dal cittadino nell’esercizio dei suoi diritti e consequenzialmente dalla Giurisprudenza: quello dell’interesse diffuso sotteso alle “azioni popolari” di cui all’art 9 del TUEELL: affronterò tale tematica più avanti trattando della fase valutativa del procedimento concorsuale.
Proseguendo nel discorso delle istanze di partecipazione al concorso, va rilevato come nella fase di accesso a tali atti preliminari si innesta per la prima volta quel conflitto tra opposti interessi che trova nella fase della valutazione comparativa di cui alla distinzione precedente il suo terreno di coltura più vasto è che comunque presenta in evidenza la figura del Controinteressato: è la tematica del rapporto tra accesso agli atti e diritto alla privacy.
Come si contempera nella fattispecie esaminata il diritto di disamina degli atti da parte del candidato-portatore di interesse rispetto ai contenuti giuridicamente protetti delle domande di partecipazione degli altri candidati? Il problema non è di poco conto se si associa alla necessità di verifica della veridicità delle dichiarazioni riportate in domanda da parte dei candidati, ovviamente sostituenti le certificazioni un tempo, prima della Riforma “Bassanini” cioè, necessariamente allegate alla domanda stessa.
Si pensi ipoteticamente ad un concorso che richiede un requisito attinente ai limiti minimi di altezza: il candidato che voglia, poiché portatore di interesse (in quanto ad esempio escluso per carenza di tale requisito), verificare la sussistenza di tale requisito verso altri candidati, deve prima superare lo scoglio della tutela della privacy per la disamina delle dichiarazioni su tale elemento e poi deve essere nelle condizioni di verificare la realtà della sussistenza di tale requisito: sotto tale punto di vista può il candidato verificare i dati relativi alla visita medica degli altri?
Ancora, nella stessa fattispecie concreta, il candidato può imporre un facere all’Amministrazione chiedendo in via di accesso agli atti la verifica della veridicità dei titoli dichiarati attraverso la ripetizione della visita medica?
Sono aspetti ai quali solo in parte la giurisprudenza riesce a dare una risposta, lasciando pertanto aperto il tema sul “limen extremum” dello spettro di esercizio del diritto. Su tale tema va comunque osservata la tendenza ad opporre dei limiti, visibile di recente nella Sentenza emessa dalla V Sez. del CdS, n. 231/2002 “…non configura l’esercizio del diritto di accesso come un facere imposto all’amministrazione, bensì un pati…” e più indietro nel tempo nella pareristica del Garante della Privacy, Parere 10 Giugno 1998, “…Nel caso di specie, l’impresa istante ha chiesto non tanto di avere accesso a determinati documenti quanto di ottenere, a cura del Comune, la redazione di appositi elenchi corredati di specifiche indicazioni volte a documentare distinti atti o documenti in possesso del Comune. La richiesta comporterebbe, nell’interesse esclusivo del privato richiedente, un facere non previsto dall’ordinamento.”
Di converso però la tendenza culturale a trasformare l’Amministrazione delle procedure in Amministrazione della “utilità” (concetto questo presente nell’art. 1 del progetto di riforma della 241/1990 in via di approvazione da parte del Legislatore) in Amministrazione cioè protesa al raggiungimento di risultati sostanziali ed equi, lascia margini di speranza verso coloro i quali intendano, con le loro istanze di accesso prevedenti un agire amministrativo, verificare la giustezza del procedimento.
Si pensi difatti che la succitata Sentenza del CdS contempla come facere, la mera trasmissione di atti per via postale da un Ufficio Centrale ad uno Periferico: in una ottica realizzativa attuale di E-Gov e di condivisione intersettoriale di dati telematici appare tutta la contraddittorietà e l’arcaicità del Provvedimento.
All’opposto una eccessiva intrusività del Cittadino-portatore di interesse all’accesso, potrebbe portare alla ridondanza degli atti ed in definitiva alla paralisi gestionale.
Tornando ai profili di tutela della riservatezza, i dati dichiarati in domanda dai candidati, rappresentano “dichiarazioni sostitutive di certificazioni” oppure “dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà” ex artt. 46 e 47 del DPR 445/2000. Ne consegue la loro possibile sottoposizione al regime dei dati “semisensibili”: sono dati personali a metà tra dati comuni e sensibili e vengono normati all’art. 24 bis della Legge 675/96: “Il trattamento dei dati diversi da quelli di cui agli articoli 22 e 24 che presenta rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità dell’interessato, in relazione alla natura dei dati o alle modalità del trattamento o agli effetti che può determinare, è ammesso nel rispetto di misure ed accorgimenti a garanzia dell’interessato, ove prescritti.”.
Non sono stati ancora esattamente circoscritti dal Garante, che doveva provvedere ad emettere il provvedimento attuativo, ma tra loro è facile immaginare l’inserimento di dati quali la votazione del titolo di studio, gli esiti degli esami svolti, i dati generali d’ordine somatico (es. il superamento di una data altezza od il rispetto di un determinato limite di visus), ancora, i dati relativi al curriculum lavorativo.
Con ciò assume importanza il problema del contemperamento degli opposti interessi tra esigenze di trasparenza ed esigenze di tutela della privacy, problema questo affrontato attualmente in Giurisprudenza solo per le prove di concorso con atteggiamento a volte favorevole al detrimento della riservatezza a volte invece ipergarantista (su ciò vedasi dappresso)
A mio modesto avviso va introdotto in tale frangente un criterio di ragionevolezza che, a prescindere dai casi concreti, vada a discernere le due categorie principali di dati inseriti in domanda: quelli sui requisiti per la partecipazione al concorso e quelli sui titoli di valutazione. Per la prima fattispecie si può pensare ad una prevalenza assorbente dell’interesse all’accesso, vista la staticità e formalità di tali dati legati alla legittimazione per la partecipazione stessa al concorso, nella seconda fattispecie invece, va seguita la falsariga oggetto di rinvio poco dinanzi, in quanto i titoli dichiarati in domanda rappresentano potenzialmente gli elementi fondanti della valutazione comparativa.
Passando alla fase “topica” della procedura concorsuale anche per ciò che riguarda l’accesso agli atti, e cioè la valutazione comparativa dei candidati, va anticipato l’ampio ventaglio di strumenti selettivi che caratterizzano tale fase, divergenti e per la forma e per le loro caratteristiche sostanziali.
Dal punto di vista formale, vi sono fondamentalmente prove scritte, prove orali, prove a test gestite con strumenti informatizzati; dal punto di vista sostanziale si rappresentano Pareri, Elaborati, prove teorico-pratiche, elaborazione Atti, colloqui interdisciplinari, analisi psicoattitudinali a test od a colloqui.
E’ qui che l’accesso agli atti trova la sua forma espressiva più elaborata per lo spettro di facoltà e per la numerosità di vincoli, derivanti anche dall’esercizio di quella discrezionalità tecnico-amministrativa, prodromica all’obbligo di motivazione del provvedimento.
La tutela della riservatezza conosce in tale fase la sua problematicità più estesa nel dare risposta al quesito giuridico circa l’accessibilità da parte di un candidato degli atti relativi alle prove degli altri candidati: premesso che la giurisprudenza e la dottrina sono unanimemente concordi nel ritenere sussistente il diritto di accedere a tali atti ex art. 22 L. 241/1990 (vd. Per tutti T.A.R. Veneto, sez. I, 3 novembre 1999, n. 1771), costituisce invece terreno di confronto la modalità specifica di esercizio di tale diritto.
La configurazione del diritto di accesso del candidato “portatore di interesse” come prerogativa per il controllo generale sulla imparzialità e selettività dell’attività valutativa concorsuale, si scontra con il diritto alla riservatezza degli altri candidati trovando forme di esecuzione “temperate”: il Giudice Amministrativo, riconosciuta la posizione di controinteressati nei procedimenti giudiziari a tali soggetti-candidati (cfr T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 28 settembre 2002, n. 5873), glissa tuttavia sulla modalità esecutiva concreta dell’accesso in tali circostanze, ponendo in oggettiva difficoltà il gestore del procedimento.
Ecco allora che è possibile assistere a prassi amministrative diversificate e contrapposte che oscillano dal diniego assoluto, come abbiamo visto comunque ritenuto illegittimo, all’assenso generalizzato, anch’esso tuttavia problematico.
Quid iuris? su tali ultima forme di consenso incondizionato quando si ha a che fare con prove sulla capacità psichica dell’individuo: si può pensare all’accesso agli atti relativi a dossier di colloqui concorsuali psico attitudinali di altri concorrenti?
Si è presa ad esempio questa fattispecie liminare per evidenziare la spinosità del tema, ma forse il Responsabile del procedimento rivolto all’accesso agli atti dovrebbe tenere a mente l’adagio latino, forse trito ma sempre valido, “in medio est virtus” per arrivare ad esempio alla semplice ostensione degli atti degli altri candidati con esclusione della copia oppure alla resa di copia con la criptatura dei dati relativi al nome dei candidati.
Sono queste prassi che rendono giustizia al principio di trasparenza e che tutelano comunque la privacy del cittadino-concorrente. Esse costituiscono le vie mediane per evitare dal lato dell’Amministrazione contenziosi e responsabilità e vedere soddisfatto dal lato del portatore di interesse-candidato il buon diritto a verificare la correttezza delle operazioni valutative.
Sul piano ancora delle operazioni valutative, va pleonasticamente evidenziata la piena facoltà del candidato di visionare gli atti ed i verbali relativi alla valutazione degli elaborati/colloqui propri e degli altri candidati con i correttivi sopra indicati circa la tutela della riservatezza.
Si pone in chiaro in tale ipotesi il nesso di continuità tra bando di concorso – criteri di valutazione individuati dalla Commissione antecedentemente lo svolgimento della selezione – valutazione dei candidati: il diritto di accesso a tali ultimi atti valutativi sottende alla funzione collazionante con gli atti precedenti e ribadisce pertanto la necessità di estendere il diritto di accesso a tutti gli atti presupposti o rinviati dal provvedimento con il quale si elabora un giudizio. Viene pertanto confermato qui quanto detto in precedenza circa l’estensione del diritto di accesso
Riprendendo il discorso sommariamente affrontato ante sull’Azione Popolare ex art. 9 TUEELL va detto che tale articolo prevede che ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al Comune e alla Provincia. Le azioni devono spettare all’ente locale, nel senso che a Comune e Provincia dev’essere riconosciuta la qualifica di legittimazione attiva alla proposizione del ricorso e del giudizio. La disposizione non prevede alcuna esclusione: pertanto l’iniziativa popolare potrà riguardare qualsiasi azione e ricorso in materia civile, penale, amministrativa o tributaria. Qualsiasi contenzioso potrà vedere schierato in prima linea il cittadino. Naturalmente un’operazione di questo tipo mette in evidenza il fatto che il comune e la provincia sono rimasti fermi e non hanno tutelato in giudizio gli interessi dell’ente e quindi della collettività.
La tendenza giurisprudenziale sull’ammissibilità dell’azione popolare di controllo sugli atti ed in via precipitata di un diritto di accesso agli atti “popolare”, frutto di un “Interesse Diffuso” alla correttezza dell’attività amministrativa è stata in ogni caso negativa, indirizzata sempre nel senso di escludere l’accesso da parte di soggetti non portatori di interesse specifico (vedasi per tutte la più recente Consiglio di Stato, Sezione Quarta n. 569 del 4 febbraio 2003).
A mio sommesso avviso tale forma di accesso agli atti potrebbe invece costituire un baluardo ulteriore a favore dell’imparzialità e trasparenza della procedura amministrativa concorsuale oggi fin troppo libera nelle sue forme poiché sciolta legislativamente da lacci stringenti (conseguenza della deregulation delle procedure selettive pubbliche avvenuta con l’emanazione del TUPI) ed altresì libera, così come in generale tutta l’attività amministrativa soprattutto dell’Ente Locale, da Controlli preventivi e successivi di legittimità e di merito.
Altra tematica pertinente il diritto di accesso agli atti valutativi è quella del differimento da parte dell’Amministrazione procedente “quando la conoscenza di essi possa impedire o gravemente ostacolare lo svolgimento dell’attività amministrativa” art. 24 u.c. L. 241/1990.
Questo limite ha costituito e costituisce nel suo realizzarsi secondo un criterio di ragionevolezza e “buona fede”, una garanzia verso la celerità dell’attività amministrativa, ma si potrebbe prestare e sovente si presta ad un utilizzo dilatorio che ha come ultimo scopo la paralisi dell’esercizio della facoltà, il consolidamento di situazioni instauratesi, la conseguente difficoltà nella tutela della posizione giuridica lesa nel processo valutativo.
Ecco, quindi che l’Amministrazione, in “buona fede” o meno, posterga l’esercizio della facoltà al momento della conclusione del procedimento concorsuale, al momento della stesura della graduatoria finale di merito (sulla cui base risultano i vincitori del concorso) anche per prove pre-selettive iniziali che rappresentano il preludio della selezione vera e propria che avverrà sulla base di prove scritte, di ulteriori prove orali o nell’ipotesi di corsi-concorso degli esiti dell’attività formativa svolta sul candidato.
Ciò seguendo l’errata interpretazione per la quale le prove iniziali od intermedie costituiscono fasi subprocedimentali senza caratterizzazione autonoma rispetto al provvedimento valutativo finale manifestantesi ricettiziamente nella pubblicazione della graduatoria finale dei vincitori.
Bisogna chiarire de contra che la prova iniziale o intermedia va sì legata teleologicamente all’approvazione della graduatoria finale, ma va considerata comunque una fase autonoma esplicandosi secondo modalità diverse dalla prova finale, con diversi criteri di valutazione, secondo diverse motivazioni valutative.
Il subprocedimento legato alla prova iniziale od intermedia trova la sua conclusione nella stesura della graduatoria dei candidati idonei per il passaggio alla fase successiva: come tale pertanto conserva una “individualità amministrativa” tale da giustificare, una volta conclusa, forme di controllo immediato al fine di evitare il consolidarsi di situazioni pregiudizievoli, non sanabili in via amministrativa alla conclusione del procedimento.
Sull’accesso agli atti “intermedi”, la Giurisprudenza ha mostrato in passato il suo favor verso il privilegio assorbente della celerità dell’azione amministrativa, denegando pertanto l’accesso per tali atti e postergandolo alla fine del procedimento concorsuale: di recente però con TAR Calabria Catanzaro 1106 – 14 settembre 2000: “Ai sensi degli artt. 24 comma 6 L. 7 agosto 1990 n. 241 e 8 commi 2 e 3 D.P.R. 27 giugno 1992 n. 352, legittimamente è differito al momento dell’ adozione del formale provvedimento di approvazione degli atti di concorso l’ accesso agli elaborati dei candidati, salvo che si tratti degli elaborati propri del titolare dell’ interesse” sembra invece lasciare uno spiraglio aperto verso una forma di controllo che può rappresentare, dal lato dell’Amministrazione diligente, anche uno strumento di autotutela contro errori ed incompletezze.
L’ultima tematica di interesse interpretativo legata all’accesso agli atti nelle procedure concorsuali è relativa alla gestione della graduatoria finale di merito.
Valgono per i limiti, i principi già espressi in tema di tutela della riservatezza; quanto all’interesse del Soggetto richiedente va segnalata la sua rilevanza soprattutto in ordine all’”assorbimento” della graduatoria per nuove ed ulteriori assunzioni rispetto a quelle dei vincitori da parte dell’Amministrazione che ha bandito.
Il controllo esercitato attraverso accesso agli atti per tali operazioni si connette al tema del rispetto dell’ordine della graduatoria, al tema dei suoi limiti temporali di durata, nonché al tema più ampio della economicità dell’attività amministrativa: la Giurisprudenza ha su quest’ultimo punto in particolare sancito ultimamente la prevalenza dell’assorbimento delle graduatorie rispetto alla nuova messa a concorso di posti.
Ecco quindi la possibile configurazione di un Interesse da parte di tali Soggetti a chiedere l’accesso ad atti determinativi della P.A. in ordine a tale gestione ed amplissime ad atti con i quali, a detrimento dell’assorbimento delle graduatorie degli Idonei, si dia favore all’attivazione di altre modalità gestionali (ad esempio con indizione di nuovi concorsi o stipulazione contratti di lavoro intuitu personae)
Per concludere questa panoramica sull’accesso agli atti nei concorsi, voglio aprire una finestra sugli strumenti di esercizio di tale diritto confrontandomi con il tema della prossima introduzione attraverso l’E-Technology di forme di “accesso agli atti On Line”.
La Legge di Semplificazione 2003, n. 229, prevede all’art. 1“l’adeguamento delle procedure alle nuove tecnologie informatiche” ed a tal uopo, art. 10, il Governo è delegato ad adottare decreti legislativi per l’informatizzazione delle “modalita’ di accesso informatico ai documenti e alle banche dati di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo”(co. 2 lett.f).
In sommi termini il Legislatore ha inserito programmaticamente la realizzazione normativa di forme di gestione di Accesso agli Atti On Line.
La prospettiva che si apre in pratica è quella che il Cittadino-portatore di interesse potrà gestire attraverso lo strumento telematico la conoscenza degli atti amministrativi che lo riguardano, quindi anche atti concorsuali.
Dal punto di vista tecnico le sperimentazioni sono state già avviate dal Formez per procedure di concorso curate dallo stesso Istituto: le medesime applicazioni hanno avuto successo anche in carenza di una apposita disciplina: in particolare si è data possibilità ai candidati di una prova preselettiva a test di verificare, ciascuno riservatamente per la sua prova attraverso l’attribuzione di un ID ed una Password: il proprio Questionario delle domande, il proprio foglio di prova, la propria griglia delle risposte esatte.
Da tutto ciò si deduce come lo strumento telematico applicato in generale al procedimento amministrativo e nella fattispecie al procedimento per l’accesso agli atti, non modifica le caratteristiche essenziali del diritto ma rappresenta una diversa modalità esecutiva che rende pienamente giustizia al canone della trasparenza e celerità dell’azione amministrativa, tenendo conto nelle sue caratteristiche di costruzione informatica anche delle tutele in ordine alla riservatezza.
Questo, in linea generale, conferma l’approccio dell’utilizzo dell’informatica nell’attività procedurale della PA: un utilizzo che rende salvezza a quelle norme che a partire dalla L. 241/1990 e per tutto l’ultimo decennio hanno rappresentato il testimone della trasformazione della posizione del cittadino: da cittadino- amministrato a cittadino-utente-fruitore di servizi.
La digitalizzazione, con la sua tipizzazione procedurale i suoi “step” automatizzati, rappresenta la vera scommessa della PA moderna: la standardizzazione delle procedure che ne deriverà non dovrà essere considerata come appiattimento ma come garanzia dell’imparzialità e della trasparenza.
L’attività amministrativa Digitale, resa libera dalle pastoie formali della sua mera
esecutività, potrà pertanto essere degnamente indirizzata verso quelle finalità alle quali sottende lo Stato Sociale previsto in Costituzione.
L’accesso agli atti, così trasformato, continuerà a rappresentare l’epifenomeno più acclarato del controllo democratico del Cittadino sulla Pubblica Amministrazione.
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