Il dentista risponde delle lesioni causate al paziente durante l’estrazione di un dente. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Indice
1. I fatti: i danni durante l’estrazione di un dente
Una paziente di un dentista adiva il tribunale campano per chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa di un errato intervento di estrazione dentaria posta in essere dal sanitario.
In particolare, la paziente sosteneva che, essendo stata affetta da un edema nello zigomo sinistro, si recava dal dentista per una visita, all’esito della quale il sanitario decideva prima di praticare una apertura della camera pulpare del dente n. 26, senza però effettuare una terapia canalare dello stesso, e all’esito di una seconda visita di eseguire l’estrazione del dente, con applicazione di punti di sutura che venivano poi rimossi dopo qualche giorno.
Successivamente all’estrazione del dente, la paziente iniziava ad avvertire difficoltà nella masticazione, forte dolore e fastidi vari nella parte sinistra della mascella; inoltre l’edema allo zigomo sinistro aumentava e veniva rinvenuto in bocca del pus maleodorante.
Pertanto, la paziente si sottoponeva ad una visita presso uno specialista, il quale diagnosticava una sinusite di natura odontogena con una fistola oroantrale, e conseguentemente la paziente era costretta a sottoporsi ad un intervento chirurgico per chiudere la predetta fistola.
Parte attrice addebitava quindi al dentista la responsabilità per le lesioni subite, in quanto l’estrazione del dente avrebbe richiesto una maggiore e più attenta valutazione, al fine di evitare di asportare il fondo osseo dell’alveolo e quindi evitare di creare la fistola oro-antrale. L’attrice lamentava quindi danni relativi alla presenza di problemi nella chiusura del morso, per il mancato appoggio contrapposto durante la masticazione. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni del Tribunale
Preliminarmente, il tribunale ha precisato che la responsabilità del dentista, nel caso in esame, è di natura contrattuale, in quanto si tratta di prestazioni rese dal convenuto in qualità di libero professionista.
Nella responsabilità contrattuale di carattere sanitario, il danneggiato deve fornire la prova del contratto e dell’aggravamento della situazione patologica oppure dell’insorgenza di nuove patologie per effetto dell’intervento nonché del relativo nesso di causalità con la condotta dei sanitari (sia essa commissiva o omissiva). Il criterio da adottare per verificare la sussistenza del predetto nesso di causalità è quello del “più probabile che non”.
Invece, a carico dell’obbligato, grava la successiva prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti dannosi siano stati determinati da un evento imprevedibile ed inevitabile.
In altri termini, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, idonee a porsi come causa o concausa del danno; mentre il danneggiante dovrà dimostrare che non può essergli mosso alcun rimprovero di scarsa diligenza o imperizia oppure che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non ha avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno.
Pertanto, la distinzione fra prestazione di facile esecuzione e prestazione che implica problemi tecnici di particolare difficoltà rileva soltanto ai fini della valutazione del grado di diligenza e del corrispondente grado di colpa e comunque, in tal caso, il danneggiante dovrà provare che la prestazione era particolarmente complessa.
In applicazione di tali principi, la paziente deve fornire la prova del rapporto contrattuale con il dentista e dell’aggravamento della sua situazione patologica (alla mandibola / zigomo sinistro), nonché del nesso di causalità con l’estrazione del dente posta in essere dal dentista. Una volta assolta questa prova, resterebbe a carico del convenuto la prova che l’estrazione del dente era stata eseguita in modo diligente e che gli esiti problematici avuti dalla paziente erano stati determinati da un evento imprevedibile o comunque inevitabile.
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3. La decisione del Tribunale: responsabilità del dentista
Nel caso di specie, secondo il giudice, la parte attrice ha assolto all’onere probatorio sulla medesima gravante, in quanto è pacifico che abbia concluso un contratto d’opera professionale con il dentista convenuto e che quest’ultimo abbia eseguito una prestazione odontoiatrica consistente nell’estrazione del dente n. 26.
Inoltre, parte attrice ha provato anche il nesso di causalità tra la predetta estrazione dentaria del dentista convenuto e l’omessa / errata diagnosi che ha determinato la fistola sulla paziente.
Secondo la CTU svolta nel giudizio, infatti, l’evento traumatico subito dalla paziente durante l’estrazione del dente è stato la causa determinante ed efficiente per produrre le lesioni a carico della paziente: nell’estrarre il dente, il sanitario ha lacerato la membrana sinusale e la cortex alveoris sottostante il dente n. 26. Inoltre, nei successivi controlli, il dentista non si è accorto della presenza della comunicazione oro-antrale sinistra che, col passare del tempo, aveva infettato il seno mascellare sinistro.
Circostanza che, poi, hanno costretto la paziente ad eseguire l’intervento chirurgico in ospedale.
In tal modo, quindi, l’attore ha dimostrato il nesso causale fra la condotta del sanitario e l’aggravamento della patologia.
Pertanto, sarebbe stato onere del sanitario provare che la sua prestazione professionale era stata eseguita in maniera diligente e che la lesione alla ‘alveolo del dente e la conseguente fistola oro-antrale erano state determinate da un evento imprevedibile o inevitabile.
Tuttavia, secondo il giudice, il dentista non ha assolto a tale onere sul medesimo gravante, ma si è semplicemente limitato a delle contestazioni generiche.
In considerazione di tutto quanto sopra, il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere ha dichiarato la responsabilità del dentista in relazione all’esecuzione dell’estrazione chirurgica dell’elemento dentario n.26, per effetto della quale il sanitario ha lacerato la membrana sinusale e la cortex alveolaris sottostante, causando la formazione di una comunicazione oro – antrale che ha provocato la sinusite secondaria del seno mascellare sinistro, con la necessità poi di eseguire un intervento chirurgico in ambito ospedaliero, di endoscopia sinusale.
Conseguentemente, il giudice ha condannato il sanitario a risarcire a favore della paziente i danni da questa subiti a causa della predetta condotta inadempiente e quantificati in circa €. 6.600 (come accertati dallo stesso CTU) nonché a rifonderle le spese legali del giudizio.
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