- La riforma delle pubbliche amministrazioni
- Il decreto legislativo del 30 luglio 1999, n. 286
- La Riforma Brunetta
- La Riforma Madia
1. La riforma delle pubbliche amministrazioni
La riforma delle pubbliche amministrazioni è un processo attualmente in atto e che ha avuto inizio nel 1993, con il decreto legislativo n. 29.
Tale provvedimento generalizza il principio di separazione tra potere politico ed attività amministrativa, una distinzione oggi recepita all’articolo 4 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165[1]. Tale principio conferisce agli organi di indirizzo politico la competenza nella definizione degli obiettivi, piano e programmi, oltre che l’assegnazione di risorse per realizzarli, e la verifica dei risultati, mentre ai dirigenti spetta la gestione dell’attività amministrativa con l’attuazione di tali obiettivi, piani e programmi[2]. Inoltre, il decreto in questione ha ribadito, come già anticipato, la gestione per obiettivi istituendo i nuclei di valutazione con competenze atte alla valutazione dell’attività degli uffici pubblici.
Il decreto, inoltre, ha attuato un rinnovo del controllo interno introducendo il controllo di gestione, puntando ad un miglioramento della funzionalità dell’amministrazione pubblica, coinvolgendo i soggetti interni, i controllori esterni e gli organi politici che hanno il compito di verificare l’andamento delle attività nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, economicità ed equità[3]. Il controllo interno, così modificato, ha per elementi essenziali l’oggetto, il parametro e la misura, dove per oggetto si intende l’insieme delle attività svolte, distinguendo il controllo sugli atti e il controllo sulla gestione. In secondo luogo, per parametri si intendono la capacità di misurare la funzionalità organizzativa prendendo in considerazione i criteri di efficienza, efficacia, economicità e conformità normativa dell’attività amministrativa. Infine, l’obiettivo del controllo interno è indirizzato ad evidenziare eventuali disfunzioni della gestione al fine anche di correggerle, per cui a garantire un miglioramento dell’attività amministrativa[4].
Altra novità riguarda la responsabilità dei dirigenti pubblici, costituita dall’introduzione di un controllo a consuntivo dell’azione amministrativa, nel quale i dirigenti hanno responsabilità diretta dell’azione amministrativa di loro competenza[5]. In questo modo si converte la figura del dirigente in un manager, figura tipica dell’impresa privata, che ha per obiettivo il raggiungimento del miglior risultato possibile, sempre nel perseguimento dell’interesse pubblico[6].
Inoltre, sempre in riferimento alla verifica dei risultati e della responsabilità dirigenziale, l’articolo 20 del provvedimento normativo del 1993 prevede l’istituzione in ogni amministrazione pubblica di un nucleo di valutazione, o di un servizio di controllo interno[7], con il fine di supportare l’organo di direzione politica nella verifica dell’imparzialità e del buon andamento dell’azione amministrativa[8].
In conclusione, si può sottolineare come i sistemi di controllo interno previsti dal provvedimento in questione hanno generato diverse perplessità applicative a seguito di imprecisioni del testo normativo, provocando un irrigidimento del sistema dei controlli stesso, troppo variegato per via dei diversi controlli interni, gerarchici, ispettivi ed esterni sugli atti. Inoltre, altra problematica fu rappresentata dalla funzione dei due diversi organi, servizio di controllo interno e nucleo di valutazione, ai quali apparentemente sembravano essere assegnati gli stessi compiti. Per ultimo, anche la previsione dei parametri di controllo è stata imprecisa, specie nella definizione dei termini di efficacia, efficienza ed economicità[9].
Tali problematiche sono state affrontate dalla normativa successiva, che ha avuto il compito di semplificare il sistema dei controlli.
2. Il decreto legislativo del 30 luglio 1999, n. 286
Gli intenti di miglioramento dell’attività amministrativa della pubblica amministrazione delle riforme precedenti stavano producendo gli effetti desiderati ma, come in ogni sistema economico mondiale, necessitavano di alcune rivisitazioni e di un consolidamento dei meccanismi di monitoraggio e di valutazione della spesa, in funzione del servizio reso al pubblico[10].
Pertanto, verso la fine degli anni Novanta del secolo scorso, fu emanato un altro importante provvedimento legislativo in tema di controlli nella pubblica amministrazione, adottato anche al fine di migliorare la macchina amministrativa, nello specifico il decreto legislativo del 30 luglio 1999, n. 286[11], che introdusse alcune novità tra cui una precisa individuazione della attività attribuibili alle strutture di controllo interno, l’affidamento di queste attività a strutture distinte, la fissazione di incompatibilità tra le varie funzioni di controllo interno, con l’obiettivo di evitare così la confusione tra controlli collaborativi e repressivi[12]. Tale decreto, inoltre, individua quattro tipologie di controllo, molto diverse tra loro ma che devono essere esercitate in modo integrato per garantire il buon funzionamento dell’apparato amministrativo[13]. Difatti, il provvedimento ha previsto una distinzione di attività di controllo interno, affidate a strutture diverse, con l’intento di evitare una inutile confusione di mansioni e competenze, nello specifico, come detto, furono previste quattro tipologie di controllo interno, di cui se ne è parlato in precedenza, ognuna delle quali si focalizza su un aspetto specifico della gestione e spetta ad organi e strutture con competenze attinenti nel campo[14].
In primo luogo, il controllo di regolarità amministrativo-contabile che deve garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa. In secondo luogo, il controllo di gestione, atto a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità della gestione amministrativa[15]. In terzo luogo, la valutazione dei dirigenti necessaria per la responsabilizzazione di chi riveste tale ruolo. Infine, il controllo strategico, avente l’obiettivo di realizzare un controllo a lungo termine al fine di verificare l’efficacia delle strategie aziendali e l’adeguatezza delle scelte compiute[16]. Tale attività di valutazione e controllo obbliga così la verifica dell’attuazione delle politiche pubbliche e degli atti di indirizzo politico in generale. Per la prima volta con il decreto del 30 luglio 1999, n. 286, veniva fatta una distinzione netta tra le attività di controllo gestionale, a supporto dei dirigenti, e i controlli ispettivi sulla regolarità degli atti amministrativi[17]. Inoltre, per la prima volta veniva introdotta negli enti pubblici la misurazione della performance[18].
Il legislatore ha così dato importanza alla pianificazione e al controllo della pubblica amministrazione, dimostrando come tali funzioni dovessero rivestire un ruolo di primo piano, anche se ancora il sistema era in fase di sviluppo.
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3. La Riforma Brunetta
Il decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150[19], c.d. Riforma Brunetta, ha dato enfasi ai concetti di efficacia, efficienza, produttività, accountability e trasparenza, introducendo per la prima volta nel quadro normativo di riferimento il termine performance. La Riforma Brunetta interviene profondamente sul sistema dei controlli interno così come definito dal decreto legislativo del 30 luglio 1999, n. 286 e, difatti, dal 30 aprile 2010 viene abrogata la disciplina sulla valutazione della dirigenza[20] e sostituita con quella relativa alla misurazione e valutazione della performance, la cui competenza spetta agli Organismi indipendenti di valutazione[21]. Gli Organismi indipendenti di valutazione sono dei soggetti nominati in ogni pubblica amministrazione dall’organo di indirizzo politico-amministrativo, composti in forma collegiale da tre componenti o in forma monocratica, cui spetta anche la funzione di valutazione e di controllo strategico[22] nella pubblica amministrazione[23]. Nello specifico tali organi hanno il compito di verificare l’andamento della performance rispetto agli obiettivi programmati nel periodo di riferimento, oltre che la segnalazione, se necessario, di interventi correttivi all’organo di indirizzo politico[24].
L’oggetto del presente decreto è, inoltre, quello di assicurare un miglioramento dei servizi pubblici tramite la valorizzazione dei risultati e della performance, sia organizzativa che individuale[25]. Gli elementi centrali della Riforma Brunetta possono essere inquadrati come una riduzione dei costi e degli sprechi, per cui un maggiore controllo della spesa pubblica, oltre che una semplificazione dei processi, il raggiungimento dell’efficienza e il miglioramento della produttività e dell’efficacia, quest’ultima intesa come la qualità dei servizi offerti all’utenza[26].
La Riforma Brunetta, inoltre, definisce i principi da applicare alla valutazione della performance al fine di realizzare un sistema premiante efficace, eliminando gli incentivi c.d. “a pioggia”[27]. In aggiunta, il provvedimento legislativo in questione si concentra sugli aspetti manageriali di pianificazione e controllo, unendo i momenti di misurazione e valutazione del personale, al fine di sviluppare il management, anche tramite l’introduzione di un sistema di controllo ben saldato, che viene così inquadrato come un dovere[28].
Difatti, la Riforma Brunetta propone innovativi strumenti manageriali in grado di incentivare l’organizzazione del lavoro nella pubblica amministrazione, al fine di ottenere adeguati livelli di produttività, anche con un sistema che sappia riconoscere i meriti e i demeriti[29]. In attuazione di tale previsione, il decreto del 2009 si concentra su un sistema di misurazione e valutazione della performance che ogni amministrazione deve adottare a livello organizzativo, per cui riferita all’amministrazione nel suo complesso e alle sue aree e unità organizzative, oltre che al livello individuale[30], per cui riferita ai singoli dipendenti[31].
Inoltre, al successivo articolo 3 del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, vengono specificate le finalità dell’adozione del sistema di misurazione e valutazione della performance, volto sia al miglioramento della qualità dei servizi offerti, sia alla valorizzazione del merito che della performance organizzativa ed individuale[32]. Con il termine valorizzazione si vuole intendere un maggiore spazio da dare al merito e alle best practices evidenziando il lavoro svolto nell’amministrazione, nonché la crescita delle competenze del personale[33]. Il perseguimento delle finalità elencate è possibile tramite l’adozione di un sistema di misurazione e di valutazione della performance in linea con alcuni principi specifici. In primo luogo, una forte centralità degli stakeholder[34], in particolare i cittadini cui l’amministrazione ha il dovere di soddisfare, il cui giudizio costituisce un valido ausilio alle scelte strategiche ed organizzative dell’amministrazione stessa[35]. In secondo luogo, il sistema di misurazione e valutazione della performance deve garantire, come già anticipato, un adeguato coinvolgimento di tutti i livelli dell’amministrazione, dalle unità organizzative, ai singoli dipendenti[36]. In terzo luogo, è essenziale garantire le pari opportunità di diritti e doveri, sia in riferimento al dipendente stesso, sia in riferimento alla sua responsabilità nei confronti della Nazione[37] e della collettività[38].
Inoltre, nella logica del decreto del 2009, la trasparenza viene considerata un principio chiave perché garantisce la conoscibilità delle attività interne dell’amministrazione all’esterno ed è così funzionale a tenere sotto controllo ogni fase del ciclo di gestione della performance, verificando anche il rispetto dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione[39] e, soprattutto, favorendo la prevenzione dei fenomeni corruttivi[40].
Si vuole puntare, anche tramite la centralità di una maggiore trasparenza, ad un miglioramento della performance in un’ottica di tipo aziendale, prevedendo l’introduzione di un ciclo di gestione della performance, garantendo un’organizzazione del lavoro della pubblica amministrazione basata su un miglioramento delle prestazioni e dei servizi resi[41].
Altro aspetto chiave su cui vale la pena svolgere una riflessione è l’accountability che, insieme alla trasparenza, rappresenta il fulcro della Riforma Brunetta sul quale ruota un vero e proprio sistema di valori[42], facenti capo agli stakeholder quali, nello specifico, i dirigenti pubblici, l’opinione pubblica, i cittadini e gli utenti[43]. L’obiettivo della riforma diviene, infatti, quello di valorizzare la customer satisfaction al fine di consentire alla pubblica amministrazione di uscire da una logica c.d. autoreferenziale, avvicinandosi verso una logica che ha come principale obiettivo la creazione, come anticipato, di un sistema di valori collegati tra loro, destinato a tutti gli interlocutori sociali della pubblica amministrazione e, inoltre, ad instaurare una relazione più forte e partecipativa, al fine di conoscere meglio i bisogni della collettività e di progettare politiche pubbliche il più possibile congrue, incisive ed inclusive[44].
Pertanto, il termine accountability è inteso come la necessità di rispondere adeguatamente alle esigenze crescenti dei cittadini, sia dal punto di vista delle politiche che dal lato dei servizi, data anche la scarsa dotazione di risorse, soprattutto economiche, che obbligano le pubbliche amministrazioni a conoscere a fondo la propria performance, con l’obiettivo di individuare le modalità e le opportunità più congrue per raggiungere gli obiettivi prefissati[45].
Inoltre, la Riforma Brunetta aveva previsto l’istituzione delle c.d. “fasce di merito”[46], rimettendo all’organismo di valutazione il compito di compilare una graduatoria delle valutazioni individuali di tutto il personale, compreso i dirigenti. Tale sistema prevedeva tre fasce di merito, quali alta, intermedia e bassa, a cui veniva destinato un trattamento accessorio proporzionato e collegato alla performance individuale[47]. Nonostante la forte spinta nell’introduzione di tale sistema, lo stesso non fu mai applicato.
In conclusione, secondo la dottrina[48] i provvedimenti legislativi precedenti alla Riforma Brunetta non hanno portato ai risultati sperati e, difatti, il decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, non ha introdotto sostanziali novità, ma ha avuto l’obiettivo di introdurre le condizioni di base per un cambio di mentalità della pubblica amministrazione[49].
Infatti, riforme tecniche e non culturali, errata interpretazione del ruolo del dirigente pubblico, mancanza di una cultura sulla pianificazione strategica, sulla programmazione operativa e sulla gestione, l’insufficiente o addirittura inesistente sistema di valutazione, di gestione e di premialità delle risorse umane, sono state solo alcune delle cause che hanno portato all’insuccesso delle riforme precedenti alla Riforma Brunetta[50].
Per quanto riguarda il miglioramento della performance, sia essa organizzativa che individuale, lo stesso deve essere conseguito tramite la realizzazione di un sistema che, partendo dai bisogni degli stakeholder[51], sappia valorizzare il merito e le competenze dei pubblici impiegati, garantendo allo stesso tempo la trasparenza dei processi e dei risultati, nonché le pari opportunità di diritti e doveri. Pertanto, tale sistema deve essere realizzato in un contesto di massima trasparenza delle informazioni riguardanti le misurazioni e le valutazioni della performance[52] e dei risultati conseguiti e, inoltre, deve essere orientato da un lato al miglioramento della qualità dei servizi pubblici offerti, adottando criteri connessi al soddisfacimento dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi[53], dall’altro alla crescita delle competenze professionali, alla valorizzazione del merito e all’erogazione di premi per i risultati conseguiti, corrisposti solo ai dipendenti più capaci e meritevoli[54]. Al fine di attuare tali principi e di costituire un efficace sistema di misurazione e valutazione della performance, il legislatore ha previsto il ciclo di gestione della performance[55], atto a specificare le modalità con le quali le amministrazioni sono chiamate a valutare la performance organizzativa ed individuale, articolato in diverse fasi, che sarà meglio affrontato nel secondo capitolo.
4. La Riforma Madia
Il disegno prefigurato dal decreto legislativo del 25 maggio del 2017, n. 74[56], si muove su quanto già tracciato dal precedente decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, che considera la valutazione come un criterio che misura in chiave istituzionale gli esiti dell’attività delle pubbliche amministrazioni[57].
Le disposizioni introdotte dal decreto legislativo del 2017, infatti, hanno rimesso al centro il tema di valutazione dei dipendenti pubblici, rinnovando la disciplina della gestione della performance e degli organismi indipendenti di valutazione con compiti di monitoraggio della stessa[58], nell’ottica di una maggiore semplificazione e chiarificazione del sistema stesso. Il testo normativo, in particolare, chiarisce che la valutazione dei dipendenti non incide solamente sull’erogazione dei premi e sul riconoscimento delle progressioni economiche, sia orizzontali che verticali, ma diviene anche una condizione necessaria per il conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilità[59] mentre, la valutazione negativa rappresenta un elemento da considerare anche ai fini della valutazione della responsabilità dirigenziale[60].
Il provvedimento in questione, pertanto, prevede una misurazione e una valutazione della performance individuale dei dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa, secondo le modalità specificate nello stesso decreto[61], la cui valutazione viene collegata, in primo luogo, con gli indicatori di performance relativi alla diretta responsabilità. In secondo luogo, al raggiungimento di specifici obiettivi individuali e, in terzo luogo, alla qualità del contributo assicurato alla performance e, infine, alla capacità di valutare i propri collaboratori, quest’ultima che risulta migliore se viene garantito un criterio di differenziazione di valutazione degli stessi[62]. A livello concettuale, inoltre, possiamo citare come il Dipartimento della funzione pubblica identifica la performance individuale come il contributo fornito dal singolo al conseguimento della performance nel complesso ottenuta dall’organizzazione[63].
Il monitoraggio della performance, che nel sistema delineato dalla Riforma Brunetta spettava agli organi di indirizzo politico-amministrativo, supportati dai dirigenti, viene invece conferito agli Organismi indipendenti di valutazione che hanno il compito di verificare l’andamento della performance rispetto agli obiettivi programmati nel periodo di riferimento e, inoltre, di segnalare eventuali scostamenti o di proporre interventi correttivi[64]. Difatti, gli Organismi indipendenti di valutazione risultano rinnovati sia nella loro struttura[65] che nella durata in carica che diviene pari ad un triennio rinnovabile per una sola volta, oltre che nella selezione dei componenti[66], che avviene tramite una procedura selettiva pubblica[67]. Un requisito indispensabile per prendere parte alle selezioni per gli Organismi indipendenti di valutazione è l’iscrizione nell’Elenco nazionale dei componenti degli Organismi indipendenti di valutazione della performance che richiede dei requisiti di competenza[68], esperienza e integrità[69]. Viene, inoltre, riconosciuto un ruolo importante ai cittadini che sono chiamati a valutare la performance dei dipendenti della pubblica amministrazione, e per cui sono chiamati ad esprimere il loro parere sul servizio di cui sono destinatari. Altro intervento da segnalare consiste nella previsione di una valutazione della performance che dovrà essere svolta, da ogni amministrazione, secondo un sistema “a cascata”, in riferimento a tutta l’amministrazione, alle unità o aree di responsabilità e fino ai singoli dipendenti o team[70].
Inoltre, la Riforma Madia ha agito anche al fine di superare il sistema delle fasce di merito, di cui già si è parlato, prevedendo il ripristino del protagonismo regolativo della contrattazione collettiva, stabilendo la quota di risorse destinate a remunerare la performance organizzativa e individuale[71] e, inoltre, fissando i criteri idonei a garantire una differenziazione dei giudizi in modo che venga differenziato anche il trattamento economico accessorio[72], considerando anche che la diversità del giudizio da parte del responsabile è anch’essa soggetta a valutazione[73].
In conclusione, con il provvedimento in questione il legislatore ha voluto introdurre alcuni punti innovativi al fine di rendere il sistema di misurazione e valutazione della performance nel suo complesso più produttivo rispetto a quello già esistente. Difatti, tra gli elementi caratterizzanti possiamo individuare le rinnovate funzioni degli Organismi indipendenti di valutazione, nonché la partecipazione dei cittadini alla valutazione, che sono stati solamente alcuni degli aspetti che hanno contribuito ad innovare il sistema di misurazione e di valutazione della performance. È chiaro, inoltre, come il legislatore intenda svincolare il dirigente da eventuali pressioni sindacali in materia di contrattazione integrativa, onde evitare che lo stesso abbia pressioni sociali e politiche. Una scelta comprensibile, ma allo stesso tempo incoerente perché va contro l’autonomia del dirigente nella gestione delle risorse umane che si evince ad esempio dal potere unilaterale di decisione su materie contrattabili in fase di trattativa[74], come previsto dalla normativa vigente[75]. In sostanza, la Riforma Madia ha garantito una continuità con il sistema previgente, cercando di costruire un sistema caratterizzato da una maggiore semplificazione e comprensibilità dei meccanismi[76].
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Note
[1] Recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[2] Collevecchio M., Il sistema dei controlli interni e della misurazione e valutazione della performance, www.guidaentilocali.it, 2013.
[3] Brandolini E., Il Nuovo sistema dei controlli, www.dsg.univr.it , 2003.
[4] Corteselli E., Evoluzione legislativa dei controlli nelle amministrazioni pubbliche, www.diritto.it, 2018.
[5] Galantino L., Diritto del lavoro pubblico, Torino, Giappichelli Editore, 2019.
[6] Corteselli E., Evoluzione legislativa dei controlli nelle amministrazioni pubbliche, www.diritto.it, 2018.
[7] Adinolfi R., Il percorso evolutivo dei controlli nella pubblica amministrazione, in Gestione e controllo delle pubbliche amministrazioni dopo la riforma Brunetta (a cura di) Adinolfi R, Mele R., Roma, 2010, 139 ss.
[8] Aldigeri P., Bertagna G., I soggetti della valutazione, www.publika.it, 2015.
[9] Corteselli E., Evoluzione legislativa dei controlli nelle amministrazioni pubbliche, www.diritto.it, 2018.
[10] D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Analisi del quadro ordinamentale in materia di Performance, in Manuale per la gestione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni, di D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2019, 19 ss.
[11] Recante “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”.
[12] Hinna L., Pubbliche amministrazioni: cambiamenti di scenario e strumenti di controllo interno, Cedam, Padova, 2002.
[13] Articolo 1, Co. 1, d.lgs. del 30 luglio 1999, n. 286.
[14] Brandolini E., Il Nuovo sistema dei controlli, www.dsg.univr.it , 2003.
[15] D’Alterio E., Lo stato dei controlli delle pubbliche amministrazioni, www.eticapa.it, 2013.
[16] Brandolini E., Il Nuovo sistema dei controlli, www.dsg.univr.it , 2003.
[17] Festa S., I controlli interni della pubblica amministrazione con particolare riferimento al Ministero dell’Interno, www.culturaprofessionale.interno.gov.it, 2004.
[18] Brandolini E., Il Nuovo sistema dei controlli, www.dsg.univr.it , 2003.
[19] Recante “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
[20] Prevista dall’articolo 5 del decreto legislativo del 30 luglio 1999, n 286.
[21] Pedaci A., Procedimento amministrativo, accesso e privacy, Napoli, Edizione Simone, 2020.
[22] Galantino L., Diritto del lavoro pubblico, Torino, Giappichelli Editore, 2019.
[23] Articolo 6 del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, così come modificato dal decreto legislativo del 25 maggio 2017, n. 74.
[24] Pedaci A., Procedimento amministrativo, accesso e privacy, Napoli, Edizione Simone, 2020.
[25] Articolo 2, rubricato “Oggetto e finalità”, decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150.
[26] Hinna L., La riforma: una lettura in chiave manageriale, in Gestire e valutare le performance nelle PA, Hinna L., Valotti G., (a cura di), Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010, 69 ss.
[27] Nurra A., La gestione della performance nella Pubblica Amministrazione, www.lulu.com, 2016.
[28] D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Analisi del quadro ordinamentale in materia di Performance, in Manuale per la gestione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni, di D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2019, 19 ss.
[29] Articolo 1, d.lgs. del 27 ottobre 2009, n. 150, rubricato “Oggetto e finalità”.
[30] Articolo 2, d.lgs. del 27 ottobre 2009, n. 150, anch’esso rubricato “Oggetto e finalità”.
[31] D’Adamo A., Lombardi C., Misurazione e valutazione della performance nella Pubblica Amministrazione, in Manuale per la gestione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni, di D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2019, 35 ss.
[32] Hinna L., La riforma: una lettura in chiave manageriale, in Gestire e valutare le performance nelle PA, Hinna L., Valotti G., (a cura di), Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010, 69 ss.
[33] D’Adamo A., Lombardi C., Misurazione e valutazione della performance nella Pubblica Amministrazione, in Manuale per la gestione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni, di D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2019, 35 ss.
[34] L’articolo 3, comma 4, del d.lgs. del 15 ottobre 2009, n. 150, fa esplicito riferimento al fatto che le amministrazioni pubbliche, nell’adottare strumenti idonei a misurare, valutare e premiare la performance, devono tenere conto della soddisfazione dell’interesse del destinatario dei servizi e degli interventi.
[35] Hinna L., La riforma: una lettura in chiave manageriale, in Gestire e valutare le performance nelle PA, Hinna L., Valotti G., (a cura di), Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010, 69 ss.
[36] Articolo 3, comma 2, del d.lgs. del 15 ottobre 2009, n. 150.
[37] Come dispone l’articolo 98 della Costituzione “I pubblici impiegati sono al servizio della Nazione”, per cui sono responsabili del servizio offerto.
[38] D’Adamo A., Lombardi C., Misurazione e valutazione della performance nella Pubblica Amministrazione, in Manuale per la gestione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni, di D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2019, 35 ss.
[39] Principi enunciati nell’articolo 97 della Costituzione.
[40] Verbaro F., Croce C., Quando trasparenza ed integrità fanno rima con performance, in Guida al Pubblico Impiego, Il Sole 24 Ore, n. 2, 2011.
[41] Gatti G. M., Il sistema di valutazione delle performance a seguito della riforma Brunetta: il caso ICE, www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2012.
[42] Tra i valori collegati all’accountability e alla trasparenza, si intendono anche la misurazione, la valutazione, la soddisfazione dell’utente e della qualità dei servizi, il merito e la premialità, il rispetto delle pari opportunità, l’integrità e la managerialità.
[43] Hinna L., La riforma: una lettura in chiave manageriale, in Gestire e valutare le performance nelle PA, Hinna L., Valotti G., (a cura di), Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010, 69 ss.
[44] Gatti G. M., Il sistema di valutazione delle performance a seguito della riforma Brunetta: il caso ICE, www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2012.
[45] D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., La Riforma della Pubblica Amministrazione, in Manuale per la gestione della performance nelle Pubbliche Amministrazioni, di D’Adamo A., Lombardi C., Rosa A., Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2019, 1 ss.
[46] Articolo 19 del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150.
[47] Cuttoni M., Ricci G., Valutazione e premi, in Il lavoro pubblico (a cura di) Amoroso G., Di Cerbo V., Maresca A., Milano, Giuffrè Editore, 2019, 802 ss.
[48] Bassanini F., L’amministrazione pubblica in Italia: riforma fallita, riforma tradita, riforma incompiuta? , www.bassanini.it, 2019.
[49] Hinna L., La riforma: una lettura in chiave manageriale, in Gestire e valutare le performance nelle PA, Hinna L., Valotti G., (a cura di), Santarcangelo di Romagna, Maggioli Editore, 2010, 69 ss.
[50] Ibid.
[51] Pedaci A., Procedimento amministrativo, accesso e privacy, Napoli, Edizione Simone, 2020.
[52] Articolo 3, comma 2, del d.lgs. del 15 ottobre 2009, n. 150.
[53] Pedaci A., Procedimento amministrativo, accesso e privacy, Napoli, Edizione Simone, 2020.
[54] Galantino L., Diritto del lavoro pubblico, Torino, Giappichelli Editore, 2019.
[55] Articolo 4 del d.lgs. del 15 ottobre 2009, n. 150.
[56] Recante “Modifiche al decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in attuazione dell’articolo 17, comma 1, lettera r), della legge 7 agosto 2015, n. 124”.
[57] D’Arcangelo L., La valutazione del dipendente, in Il lavoro pubblico (a cura di) Amoroso G., Di Cerbo V., Maresca A., Milano, Giuffrè Editore, 2019, 775 ss.
[58] Pedaci A., Il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, Napoli, Edizione Simone, 2019.
[59] Mattioli E., Riforma della P.A.: performance e pubblico impiego, www.edotto.com, 2017.
[60] Garilli A., Riccobono A., De Marco C., Lavoro alle dipendenze della p.a. dopo la riforma Madia, Padova, Cedam, 2018.
[61] Come meglio specificato nell’articolo 9, co. 1 del Decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, come modificato dal decreto legislativo del 25 maggio 2017, n. 74.
[62] Pedaci A., Il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, Napoli, Edizione Simone, 2019.
[63] Casillo R., La valutazione del personale non dirigente, in Il lavoro pubblico (a cura di) Amoroso G., Di Cerbo V., Maresca A., Milano, Giuffrè Editore, 2019, 775 ss.
[64] Così l’articolo 5 del Decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150, come modificato dal decreto legislativo del 25 maggio 2017, n. 74.
[65] Monocratica o collegiale, quest’ultima con tre membri.
[66] Mattioli E., Riforma della P.A.: performance e pubblico impiego, www.edotto.com, 2017.
[67] Articolo 14-bis del decreto legislativo del 27 ottobre 2009, n. 150.
[68] D’Arcangelo L., La valutazione del dipendente, in Il lavoro pubblico (a cura di) Amoroso G., Di Cerbo V., Maresca A., Milano, Giuffrè Editore, 2019, 751 ss.
[69] I requisiti per l’iscrizione nell’elenco sono elencati nell’articolo 2 del Decreto Ministeriale del Ministro della pubblica amministrazione del 6 agosto 2020 e sono classificati in generali, di competenza ed esperienza e di integrità.
[70] Garilli A., Riccobono A., De Marco C., Lavoro alle dipendenze della p.a. dopo la riforma Madia, Padova, Cedam, 2018.
[71] Così il nuovo testo dell’articolo 40, comma 3-bis del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165.
[72] Cuttoni M., Ricci G., Valutazione e premi, in Il lavoro pubblico (a cura di) Amoroso G., Di Cerbo V., Maresca A., Milano, Giuffrè Editore, 2019, 802 ss.
[73] Linee guida per la misurazione e valutazione della performance individuale, Dipartimento della funzione pubblica, www.performance.gov.it, n. 5, 2019.
[74] Saracini P., Organizzazione, gestione e valutazione nella riforma Madia: una chiosa introduttiva, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, n. 4/2019, 31 ss.
[75] In particolare, dall’articolo 40, comma 3-ter, decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165.
[76] Pedaci A., Il lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, Napoli, Edizione Simone, 2019.
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