La Corte costituzionale (sentenza n. 7, depositata il 2 gennaio 2024), ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale relativamente agli articoli 3, c. 1, e 10 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (licenziamenti collettivi), che, dando attuazione alla legge di delega n. 183 del 2014 (Jobs Act), aveva introdotto il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio, alla cui trattazione approfondita il volume “Il lavoro subordinato -Rapporto contrattuale e tutela dei diritti” dedica una sezione.
Indice
1. La disciplina incriminata
La Corte d’appello aveva censurato la disciplina dei licenziamenti collettivi in merito agli effetti della violazione dei criteri di scelta dei lavoratori in esubero, prevedendo una tutela indennitaria, compensativa del danno subito dal lavoratore, tuttavia non più la tutela reintegratoria nel posto di lavoro, e ciò in simmetria con l’ipotesi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In dettaglio, la legge di delega aveva escluso, per i “licenziamenti economici” di lavoratori assunti con contratti a tutele crescenti (a partire dal 7 marzo 2015), la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, e al contempo un indennizzo economico, limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato.
2. Il riferimento ai licenziamenti economici
La Consulta, considerando anche i lavori parlamentari e la finalità complessiva perseguita dal Jobs Act, ha ritenuto che il riferimento contenuto nella legge di delega ai “licenziamenti economici” riguardasse sia quelli individuali per giustificato motivo oggettivo, sia quelli collettivi. Ha quindi escluso che, sotto detto profilo, ci sia stata violazione dei criteri direttivi della legge di delega. Per approfondimenti sui licenziamenti economici, rimandiamo al volume “Il lavoro subordinato -Rapporto contrattuale e tutela dei diritti”
Il lavoro subordinato
Il volume analizza compiutamente l’intera disciplina del rapporto di lavoro subordinato, così come contenuta nel codice civile (con la sola eccezione delle regole relative al licenziamento e alle dimissioni). L’opera è stata realizzata pensando al direttore del personale, al consulente del lavoro, all’avvocato e al giudice che si trovano all’inizio della loro vita professionale o che si avvicinano alla materia per ragioni professionali provenendo da altri ambiti, ma ha l’ambizione di essere utile anche all’esperto, offrendo una sistematica esposizione dello stato dell’arte in merito alle tante questioni che si incontrano nelle aule del Tribunale del lavoro e nella vita professionale di ogni giorno. L’opera si colloca nell’ambito di una collana nella quale, oltre all’opera dedicata alla cessazione del rapporto di lavoro (a cura di C. Colosimo), sono già apparsi i volumi che seguono: Il processo del lavoro (a cura di D. Paliaga); Lavoro e crisi d’impresa (di M. Belviso); Il Lavoro pubblico (a cura di A. Boscati); Diritto sindacale (a cura di G. Perone e M.C. Cataudella). Vincenzo FerranteUniversità Cattolica di Milano, direttore del Master in Consulenza del lavoro e direzione del personale (MUCL);Mirko AltimariUniversità Cattolica di Milano;Silvia BertoccoUniversità di Padova;Laura CalafàUniversità di Verona;Matteo CortiUniversità Cattolica di Milano;Ombretta DessìUniversità di Cagliari;Maria Giovanna GrecoUniversità di Parma;Francesca MalzaniUniversità di Brescia;Marco NovellaUniversità di Genova;Fabio PantanoUniversità di Parma;Roberto PettinelliUniversità del Piemonte orientale;Flavio Vincenzo PonteUniversità della Calabria;Fabio RavelliUniversità di Brescia;Nicolò RossiAvvocato in Novara;Alessandra SartoriUniversità degli studi di Milano;Claudio SerraAvvocato in Torino.
A cura di Vincenzo Ferrante | Maggioli Editore 2023
50.40 €
3. Il riferimento temporale
Altresì, la Corte ha ritenuto infondata la censura di violazione del principio di eguaglianza, raffrontando i lavoratori “anziani” (cioè assunti fino al 7 marzo 2015), che conservano la più favorevole disciplina precedente e quindi la reintegrazione nel posto di lavoro, e i lavoratori “giovani” (quelli assunti dopo il 7 marzo 2015), ai quali si applica la nuova disciplina del Jobs Act. Il riferimento temporale alla data di assunzione consente di distinguere le situazioni: la nuova disciplina dei licenziamenti risulta diretta a incentivare l’occupazione come anche a superare il precariato, ed è quindi prevista unicamente per i “giovani” lavoratori. Il legislatore non era tenuto, sul piano costituzionale, a rendere applicabile tale nuova disciplina anche a chi era già in servizio.
4. La tutela indennitaria
La Consulta ha ritenuto non inadeguata la tutela indennitaria: ad oggi al lavoratore illegittimamente licenziato all’esito di una procedura di riduzione del personale spetta un’indennità, non assoggettata a contribuzione previdenziale, di importo pari al numero di mensilità, dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del t.f.r., determinato dal giudice in base ai criteri indicati dalla Consulta medesima nella sentenza n. 194/2018, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a 36 mensilità.
5. Il monito al legislatore
La Corte Costituzionale, ulteriormente, ha segnalato al legislatore che «la materia, frutto di interventi normativi stratificati, non può che essere rivista in termini complessivi, che investano sia i criteri distintivi tra i regimi applicabili ai diversi datori di lavoro, sia la funzione dissuasiva dei rimedi previsti per le disparate fattispecie».
Potrebbero interessarti anche:
Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?
Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia.
Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!
Iscriviti!
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento