In tema di licenziamento collettivo circoscritto ad un’unica unità produttiva è intervenuta nuovamente la Corte di Cassazione, con due recenti ordinanze, una del 17 settembre 2020 n. 19416 ed una successiva del 09 ottobre 2020, n. 21886.
Le dette pronunce ricostruiscono il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi in relazione a tale fattispecie, andando a chiarire alcuni concetti fondamentali.
Innanzitutto, emerge come sia ormai noto che:
- la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale possa essere limitata agli addetti di un determinato reparto o settore aziendale;
- la comparazione dei lavoratori non debba necessariamente interessare l’intero complesso aziendale, ma possa avvenire nell’ambito della singola unità produttiva.
Allo stesso modo, la Cassazione ritiene altrettanto noto che, per legittimare quanto sopra, sia onere del datore di lavoro dimostrare:
- che ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive ed organizzative che giustifichino l’avvio di una simile procedura;
- che sulla base di quelle stesse esigenze tecnico-produttive ed organizzative si giustifichi la predeterminazione del limitato campo di selezione del personale oggetto della procedura;
- l’infungibilità dei lavoratori di quella unità produttiva, ossia che le risorse coinvolte non posseggano professionalità equivalenti a quelle degli addetti ad altri reparti o sedi e, quindi, non possano essere ai medesimi comparati.
Tutto quanto sopra, ribadisce la Corte, deve costruire oggetto di puntuale e specifica descrizione nella comunicazione di avvio della procedura, oltre che emergere chiaramente in sede di esame congiunto, al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare la sussistenza di quelle oggettive esigenze aziendali che hanno determinato la necessità dei programmati licenziamenti e che legittimino il più ristretto ambito di scelta dei lavoratori da licenziare.
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Lavoro e crisi d’impresa
Il lavoro quale elemento cardine dell’ordinamento italiano non trovava adeguato spazio, né tutela nel sistema complesso delle procedure concorsuali. Il d.lgs. n. 14/2019, che ha profondamente riformato la materia concorsuale e introdotto il “Nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza” prevede, per la prima volta, una disciplina ad hoc per i rapporti di lavoro dipendente. L’opera si propone di analizzare l’evoluzione della rilevanza che la tutela del lavoro dipendente, ma non solo, ha assunto nella disciplina concorsuale, fondata finora prevalentemente sulla tutela del diritto di credito. La ricerca e la rilevanza di soluzioni conservative, alternative alla liquidazione dell’impresa, l’introduzione di sistemi di allerta tali da assicurare un tempestivo e più proficuo intervento nella gestione della crisi rappresenta la chiave di volta nell’individuazione di punti di contatto tra due materie che, finora, sono state delineate quali due rette parallele dirette al perseguimento di obiettivi diametralmente opposti. Questa una delle linee fondamentali della riforma che viene compiutamente illustrata comunque nella prospettiva della sua entrata in vigore. Mariaelena Belvisoaffronta il tema della tutela del lavoro nella crisi d’impresa con una tesi di laurea in Giurisprudenza, dal titolo “Diritto del lavoro e diritto fallimentare: prospettive di dialogo”, votata con lode, presso l’Università LUMSA di Roma. Approfondisce tale tematica anche durante il tirocinio svolto, dal 2017 al 2019, presso la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione.
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Licenziamento collettivo: la comunicazione (ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991)
Qualora, infatti, nella comunicazione si faccia generico riferimento alla situazione generale del complesso aziendale, senza alcuna specificazione delle unità produttive da sopprimere, i licenziamenti intimati verranno considerati illegittimi per violazione dell’obbligo di specifica indicazione delle oggettive esigenze aziendali che hanno determinato l’avvio della procedura.
Allo stesso modo, qualora, anche in fase di esame congiunto, non siano stati acquisti quegli elementi che hanno condizionato la delimitazione della platea dei lavoratori in esubero e, quindi, qualora non sia emersa la loro infungibilità, la scelta deve interessare tutti i lavoratori addetti all’intero complesso aziendale e costruite il risultato di una loro completa e dettagliata comparazione, pena l’illegittimità del licenziamento.
Il licenziamento collettivo, quindi, può essere limitato agli addetti ad una singola unità o allo specifico settore da ristrutturare, purché tale scelta, non sia l’effetto dell’unilaterale determinazione del datore di lavoro, ma sia obiettivamente giustificata dalle esigenze organizzative fondanti la riduzione del personale tali, altresì, da giustificare la restrizione della platea dei lavoratori da comparare.
E soprattutto tali argomentazioni devono costituire oggetto di comunicazione, ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, per consentire alle organizzazioni sindacali di verificare il nesso fra le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intenda concretamente espellere.
Le pronunce della Corte di Cassazione
Per maggior chiarezza, riportiamo testualmente due citazioni richiamate dalla Corte nelle pronunce in esame:
“In tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la platea dei lavoratori interessati alla riduzione di personale può essere limitata agli addetti ad un determinato reparto o settore ove ricorrano oggettive esigenze tecnico-produttive, tuttavia è necessario che queste siano coerenti con le indicazioni contenute nella comunicazione di cui all’art. 4, terzo comma, legge n. 223 del 1991 ed è onere del datore di lavoro provare il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la Scelta è stata effettuata (Cass. nn. 203, 4678 e 21476 del 2015, Cass. n. 2429 e 22655 del 2012, Cass. n. 9711 del 2011). Ben può quindi il datore di lavoro circoscrivere ad una unità produttiva la platea dei lavoratori da licenziare ma deve indicare nella comunicazione ex art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, sia le ragioni che limitino i licenziamenti ai dipendenti dell’unità o settore in questione, sia le ragioni per cui non ritenga di ovviarvi con il trasferimento ad unità produttive vicine, ciò al fine di consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei programmati licenziamenti”.
“(…) La comparazione dei lavoratori – al fine di individuare quelli da avviare alla mobilità – non deve necessariamente interessare l’intero complesso aziendale, ma può avvenire (secondo una legittima scelta dell’imprenditore ispirata al criterio legale delle esigenze tecnico – produttive) nell’ambito della singola unità produttiva, purché, peraltro, la predeterminazione del limitato campo di selezione sia giustificata dalle suddette esigenze tecnico-produttive ed organizzative che hanno dato luogo alla riduzione del personale; deve escludersi la sussistenza di dette esigenze ove i lavoratori da licenziare siano idonei – per acquisite esperienze e per pregresso e frequente svolgimento della propria attività in altri reparti dell’azienda con positivi risultati – ad occupare le posizioni lavorative di colleghi addetti ad altri reparti o sedi (cfr. in particolare, Cass. n. 13783 del 2006)”.
Da quanto sopra, si può dedurre come sia posto in capo all’azienda una sorta di onere di trasparenza, sia nel comunicare e che nel giustificare le esigenze che hanno portato, da un lato, al licenziamento collettivo e, dall’altro, a restringere la platea dei destinatari alla singola unità.
Tale trasparenza deve, infatti, riguardare anche i profili professionali dei lavoratori addetti a quella specifica unità e le motivazioni sottese alla loro impossibilità di ricollocazione all’interno dell’azienda.
Laddove, infatti, emergesse la loro fungibilità, la comparazione non potrà essere limitata, ma dovrà necessariamente interessare l’intero complesso aziendale, in applicazione dei criteri di legge o di quelli eventualmente concordati con le associazioni sindacali.
Conclusioni
Le pronunce sopra richiamate si inseriscono in un dibattito Giurisprudenziale in corso da tempo ed esprimono un orientamento che sembrerebbe consolidarsi nel legittimare licenziamenti collettivi circoscritti ad un’unica unità produttiva, sempre che siano rispettati quegli oneri informativi e giustificativi previsti dalla legge.
La ratio è, evidentemente, quella di garantire il controllo da parte delle associazioni sindacali e quindi di garantire, anche in itinere, la massima tutela dei lavoratori coinvolti nella procedura.
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